giovedì 6 settembre 2012

PER UNA CITTA’ APERTA, COLLABORATIVA E AMICA


Partecipare alla vita della città è un modo per espandere la propria identità di cittadini. E' una condizione che si esprime al di là delle diverse forme di governance amministrativa e di democrazia rappresentativa, per liberare un ruolo attivo che per troppo tempo è rimasto inespresso o limitato in una condizione implicita e trincerata nell'area di un generico associazionismo. Una città, il suo essere spazio pubblico, ha bisogno delle idee e delle competenze di chi la abita, cittadini (residenti o fluttuanti che siano) che sono in grado d'interpretare, da diversi punti di vista, le dinamiche di una città, intesa come spazio pubblico urbano.
     Sono questi alcuni dei concetti espressi dai rappresentanti delle associazioni locali invitati alla presentazione del mio ultimo libro “Partecipare per crescere insieme” tenutasi il 29 agosto scorso nel chiostro del Comune con l’intervento del sindaco Luigi Perrone, dell’assessore Franco Caputo, del consigliere provinciale Malcangi, e dei consiglieri comunali Tommaso Loiodice, Pasquale Aloiso, Luigi Musci e Francesco Mazzilli. Con una serie di proposte avanzate all’amministrazione comunale ho sottolineato la necessità di dare risposte serie e concrete al bisogno di ripristinare il patto di amicizia tra la città e i suoi abitanti.
    Ma torniamo all’oggi. In vista delle prossime elezioni amministrative si parla da ogni parte di “patto”, di accordi, intese, contratti. La nascente coalizione di centrosinistra (PD-Sel-Psi-Puglia per Vendola-UDC?), che si appresta a riprendere gli incontri dopo le vacanze estive, oltre alle intese di massima sulle scelte fondamentali (regolamento, primarie, candidato sindaco, programma), secondo noi del Centro Studi Politici “A. Moro”, deve cominciare a discutere di un “progetto nuovo” per Corato, di costruzione della città amica e solidale, partecipata e collaborativa, che chiama in causa non soltanto gli amministratori comunali ma anche i cittadini.
     Tutti, infatti, siamo chiamati a ricreare le condizioni perché torni la fiducia, cresca la sicurezza, si affermi la gioia di vivere nella città e il gusto di lottare per rendere sempre migliore la civile convivenza.
     Come costruire dunque la città solidale la “città amica”, che si pone al servizio dei suoi abitanti e dell’intero territorio di riferimento? Innanzitutto, occorre rafforzare il punto di saldatura, sempre fragile e insidiato, tra società civile e politica, per reggere all’urto delle scelte difficili che attendono la città nel prossimo futuro. Occorrerà coinvolgere sempre più i cittadini, insieme ad esperti e politici.
     E con essi discutere maggiormente del destino della città, chiamato com’è a profonde trasformazioni, a rifare qualità e coesione sociale, a dare cittadinanza al lavoro e all’economia, a gestire i conflitti e le tensioni tra le forze sociali e politiche.
     Il secondo orientamento di ordine generale risiede nell’idea che la città non possa più limitarsi a pensare se stessa e a progettare da sola il proprio sviluppo. Più che operare come monade isolata, essa è chiamata a fare tessuto, ricercando sinergie e momenti di cooperazione al suo interno, per puntare sullo sviluppo dell’intero sistema locale di riferimento. In altri termini, la città dovrà essere concepita come luogo privilegiato di relazioni, piuttosto che di conflitti, cardine di un contesto urbano più ampio, in grado di sostenere e valorizzare il reticolo delle realtà associative, razionalizzando l’assetto del territorio e promuovendo dal basso la programmazione comunale.
     Bisogna, perciò, sperimentare al più presto tutte quelle politiche di tipo “leggero” o immateriale, caratterizzate da costi contenuti, ma capaci di aggredire le grandi questioni cittadine in maniera nuova e moderna. Mi riferisco alle “Politiche dei tempi”, per vivere la città secondo le esigenze dei cittadini e per migliorare la situazione della mobilità urbana; alle “Politiche urbanistiche” per rendere più vivibile e bella la città e farla sviluppare armonicamente; alle “Politiche della riqualificazione per poli” (piazze, strade, quartieri, ecc.), allo scopo di contagiare in maniera esemplare il resto del tessuto urbano; alle “Politiche di relazione, comunicazione, informazione” per rendere effettiva la partecipazione, alle“Politiche di snellimento burocratico” per agevolare le attività produttive e commerciali; alle “Politiche di affiancamento sociale ai bisogni emergenti”, per irrobustire l’azione dei soggetti sociali (famiglie, volontariato, associazionismo, ecc.) e raccordarla in una rete solida e solidale; alle “Politiche culturali”, valutando bene a quali eventi assegnare la priorità e quali abbandonare per i costi eccessivi. Occorre puntare sulla qualità, rendendo gli eventi un grande “evento” della regione, dove tutti si sentono coinvolti, con la consapevolezza che non è il numero delle attività proposte a rendere interessante un cartellone, ma la “solidità” dell’offerta.
     Con questi problemi – e con altri ancora – si deve misurare l’iniziativa politica. La città partecipata e collaborativa che auspichiamo, insomma, è una città che sappia attivare processi attraverso cui i cittadini possano mettersi in gioco, promuovendo partecipazione e di conseguenza  sviluppare particolari ambienti sociali, a partire da quelli nel web, perché possa tradursi in collaborazione attiva e progettuale. 
     Alla generica – e a volte strumentale – volontà di riscatto di un passato non condiviso occorre dare un seguito di risposte concrete, tangibili, all’insegna della riscoperta del significato di concetti come “bene collettivo”, “comunità”, “politica”. E’ ora di varare e di aderire a progetti aggreganti, solidali e trasparenti, che accettino di misurarsi con le esigenze di ogni giorno, ponendo il servizio alla collettività e il progresso alla base e come fine del proprio esistere
     Come intervenire? Non parlare soltanto, ma agire e, soprattutto, aprire un tavolo permanente con le associazioni per stabilire i temi e le priorità. Bisogna, innanzitutto, puntare sull’ascolto dei giovani, sulla capacità di leggere i nuovi linguaggi, sulla sensibilità dell’ambiente e sulla partecipazione attiva dei cittadini. 
     Il tempo delle scelte, qualunque sia stata la personale espressione di voto, è giunto ed ognuno deve sinceramente chiedersi: ma io da che parte sto? “Non tutto ciò che viene affrontato può essere cambiato, ma niente può essere cambiato finché non viene affrontato” (J. Baldwin).

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