Partecipare alla vita della città è un modo per
espandere la propria identità di cittadini. E' una condizione che si esprime al
di là delle diverse forme di governance amministrativa e di democrazia
rappresentativa, per liberare un ruolo attivo che per troppo tempo è rimasto
inespresso o limitato in una condizione implicita e trincerata nell'area di un
generico associazionismo. Una città, il suo essere spazio pubblico, ha bisogno
delle idee e delle competenze di chi la abita, cittadini (residenti o
fluttuanti che siano) che sono in grado d'interpretare, da diversi punti di
vista, le dinamiche di una città, intesa come spazio pubblico urbano.
Sono questi
alcuni dei concetti espressi dai rappresentanti delle associazioni locali
invitati alla presentazione del mio ultimo libro “Partecipare per crescere insieme” tenutasi il 29 agosto scorso nel
chiostro del Comune con l’intervento del sindaco Luigi Perrone, dell’assessore
Franco Caputo, del consigliere provinciale Malcangi, e dei consiglieri comunali
Tommaso Loiodice, Pasquale Aloiso, Luigi Musci e Francesco Mazzilli. Con una
serie di proposte avanzate all’amministrazione comunale ho sottolineato la
necessità di dare risposte serie e concrete al bisogno di ripristinare il patto
di amicizia tra la città e i suoi abitanti.
Ma torniamo
all’oggi. In vista delle prossime elezioni amministrative si parla da ogni
parte di “patto”, di accordi, intese, contratti. La nascente coalizione di centrosinistra
(PD-Sel-Psi-Puglia per Vendola-UDC?), che si appresta a riprendere gli incontri
dopo le vacanze estive, oltre alle intese di massima sulle scelte fondamentali
(regolamento, primarie, candidato sindaco, programma), secondo noi del Centro
Studi Politici “A. Moro”, deve cominciare a discutere di un “progetto nuovo”
per Corato, di costruzione della città amica e solidale, partecipata e
collaborativa, che chiama in causa non soltanto gli amministratori comunali ma
anche i cittadini.
Tutti, infatti,
siamo chiamati a ricreare le condizioni perché torni la fiducia, cresca la
sicurezza, si affermi la gioia di vivere nella città e il gusto di lottare per
rendere sempre migliore la civile convivenza.
Come
costruire dunque la città solidale la “città amica”, che si pone al servizio
dei suoi abitanti e dell’intero territorio di riferimento? Innanzitutto,
occorre rafforzare il punto di saldatura, sempre fragile e insidiato, tra
società civile e politica, per reggere all’urto delle scelte difficili che
attendono la città nel prossimo futuro. Occorrerà coinvolgere sempre più i
cittadini, insieme ad esperti e politici.
E con essi
discutere maggiormente del destino della città, chiamato com’è a profonde
trasformazioni, a rifare qualità e coesione sociale, a dare cittadinanza al
lavoro e all’economia, a gestire i conflitti e le tensioni tra le forze sociali
e politiche.
Il secondo
orientamento di ordine generale risiede nell’idea che la città non possa più
limitarsi a pensare se stessa e a progettare da sola il proprio sviluppo. Più che
operare come monade isolata, essa è chiamata a fare tessuto, ricercando
sinergie e momenti di cooperazione al suo interno, per puntare sullo sviluppo
dell’intero sistema locale di riferimento. In altri termini, la città dovrà
essere concepita come luogo privilegiato di relazioni, piuttosto che di
conflitti, cardine di un contesto urbano più ampio, in grado di sostenere e
valorizzare il reticolo delle realtà associative, razionalizzando l’assetto del
territorio e promuovendo dal basso la programmazione comunale.
Bisogna,
perciò, sperimentare al più presto tutte quelle politiche di tipo “leggero” o
immateriale, caratterizzate da costi contenuti, ma capaci di aggredire le
grandi questioni cittadine in maniera nuova e moderna. Mi riferisco alle
“Politiche dei tempi”, per vivere la città secondo le esigenze dei cittadini e
per migliorare la situazione della mobilità urbana; alle “Politiche
urbanistiche” per rendere più vivibile e bella la città e farla sviluppare armonicamente;
alle “Politiche della riqualificazione per poli” (piazze, strade, quartieri,
ecc.), allo scopo di contagiare in maniera esemplare il resto del tessuto
urbano; alle “Politiche di relazione, comunicazione, informazione” per rendere
effettiva la partecipazione, alle“Politiche di snellimento burocratico” per
agevolare le attività produttive e commerciali; alle “Politiche di
affiancamento sociale ai bisogni emergenti”, per irrobustire l’azione dei
soggetti sociali (famiglie, volontariato, associazionismo, ecc.) e raccordarla
in una rete solida e solidale; alle “Politiche culturali”, valutando bene a
quali eventi assegnare la priorità e quali abbandonare per i costi eccessivi.
Occorre puntare sulla qualità, rendendo gli eventi un grande “evento” della
regione, dove tutti si sentono coinvolti, con la consapevolezza che non è il
numero delle attività proposte a rendere interessante un cartellone, ma la “solidità”
dell’offerta.
Con questi
problemi – e con altri ancora – si deve misurare l’iniziativa politica. La città partecipata e collaborativa che auspichiamo,
insomma, è una città che sappia attivare processi attraverso cui i
cittadini possano mettersi in gioco, promuovendo partecipazione e di
conseguenza sviluppare particolari
ambienti sociali, a partire da quelli nel web, perché possa tradursi in
collaborazione attiva e progettuale.
Alla generica – e a volte strumentale –
volontà di riscatto di un passato non condiviso occorre dare un seguito di
risposte concrete, tangibili, all’insegna della riscoperta del significato di
concetti come “bene collettivo”, “comunità”, “politica”. E’ ora di varare e di
aderire a progetti aggreganti, solidali e trasparenti, che accettino di
misurarsi con le esigenze di ogni giorno, ponendo il servizio alla collettività
e il progresso alla base e come fine del proprio esistere
Come intervenire? Non parlare soltanto, ma
agire e, soprattutto, aprire un tavolo permanente con le associazioni per
stabilire i temi e le priorità. Bisogna, innanzitutto, puntare sull’ascolto dei
giovani, sulla capacità di leggere i nuovi linguaggi, sulla sensibilità
dell’ambiente e sulla partecipazione attiva dei cittadini.
Il tempo delle scelte, qualunque sia stata
la personale espressione di voto, è giunto ed ognuno deve sinceramente
chiedersi: ma io da che parte sto? “Non
tutto ciò che viene affrontato può essere cambiato, ma niente può essere
cambiato finché non viene affrontato” (J. Baldwin).
Nessun commento:
Posta un commento