martedì 31 agosto 2010

PRIMA DELLA REPRESSIONE VIENE LA PREVENZIONE

Non giudicare, punire dopo che i reati siano stati commessi, ma operare prima, per tentare di impedirli. E’ la tesi sostenuta nel libro “Il bullismo” di prossima pubblicazione a cura della Casa Editrice Secop Edizioni di Corato.
Quest’estate, dopo tante prove sul campo, la riflessione personale si è incentrata sulla ricaduta effettiva dell’impegno di tante persone come me nella diffusione della cultura della legalità. In particolare, mi sono concentrato su un punto: come trasmettere il valore delle regole agli adolescenti, senza sapere chi sono, come sono fatti, che cosa pensano, che cosa li affascina e li turba?
Il ragionamento si è articolato sulla base di precedenti esperienze realizzate nella veste di docente di materie letterarie e di operatore psicopedagogico oltre che di vari autori che si sono occupati in modo particolare del fenomeno del bullismo. Di qui, l’idea di raccoglierle in un libro, intitolato “Il bullismo”, che ha trovato l’immediata disponibilità alla pubblicazione della Casa Editrice Secop Edizioni di Corato.
Un’esperienza nuova per me, temeraria: avrebbe potuto abortire subito o proseguire tra incontri, dialoghi, dibattiti, conferenze, letture, documenti, circolari ministeriali, proposte progettuali, ecc.
Obiettivo: puntare alla realtà, senza edulcorarla o drammatizzarla: la realtà e basta, per costruirvi sopra analisi oggettive e proposte percorribili, rifiutando tesi precostituite, con la voglia di offrire solo un contributo al dibattito in corso sul tema-problema. Come? Ripercorrendo le tappe di uno dei miei progetti realizzati a Terlizzi nella Scuola Media Statale “Moro-Fiore.
Dopo le perplessità iniziali degli alunni coinvolti, si è diffusa (anche grazie agli insegnanti, che non hanno mai espresso giudizi morali o comportamentali) un’aria di fiducia: i ragazzi hanno detto la loro, approvando e contestando, nel loro gruppo. Abbiamo coordinato incontri mensili delle singole classi, dibattiti fra i docenti e fra i genitori: le tre categorie hanno proceduto di pari passo nelle conversazioni orali e nella stesura di relazioni scritte… Più si andava avanti, più cresceva l’ansia di camminare insieme, di perfezionare i propri atteggiamenti, gli uni verso gli altri, dopo avere manifestato e ascoltato le gioie e le sofferenze, proprie e degli altri, i modi di pensare, divertirsi, avere paura, fuggire, di esserci o continuare a fuggire, nonostante il leale dialogo avviato.
Tutti siamo diventati consapevoli che il fine non era quello di individuare ciò che è giusto o sbagliato, ma di accogliere pensieri, sentimenti, emozioni, tutto quello che emergeva in piena libertà e sincerità, per fotografare un mondo con cui fare i conti, anche con le sue espressioni di onnipotenza, egocentrismo, cattiveria, virtualità, vigliaccheria, infantilismo, incapacità, sconfitta…
Abbiamo elaborato un percorso, degli argomenti. La legalità, l’apertura mentale, la felicità erano impalpabili, solo a volte evidenti, compagne di viaggio – quasi se ne parlava senza parlarne – erano lì nell’aria, nelle parole, sui muri. C’erano anche se non ce ne accorgevamo.
L’adolescenza, la famiglia, la scuola, il gruppo dei coetanei, gli adulti, le regole, il senso del dovere, la fragilità, la trasgressione, le dipendenze, lo svago, le passioni, i sentimenti, i valori, la politica, la religione, il lavoro, la vita…
Tutto ciò ha attraversato le nostre giornate per un anno intero e quasi un altro è stato necessario per completare gli obiettivi: offrire a studenti, insegnanti e genitori un itinerario comune, utile ad ognuno, per vivere meglio la vicenda individuale e sociale, nella specificità della propria età e del proprio ruolo. Di qui l’dea di scrivere un libro che documentasse l’esperienza vissuta e le ricerche effettuate, per metterlo a disposizione di tutti coloro ai quali interessano gli adolescenti, il loro presente prima ancora che il loro futuro.
Non si può che essere soddisfatti del lavoro svolto. Gli incontri con gli studenti sono stati appassionanti, autentici, ancora di più lo sono stati i loro appunti: un mare solcato da onde colorate, ora scure ora abbaglianti, sempre profonde. Anche insegnanti e genitori hanno proceduto con convinzione, dopo le prime, prevedibili titubanze.
La metodologia è stata rispettata, ha prodotto, attraverso un epistolario informatico, l’esatto profilo dell’adolescenza, senza inseguire verità fasulle quanto inutili.
Il libro sul bullismo costituisce la documentazione di un’esperienza e di una ricerca che testimoniano la fragilità dei nostri ragazzi, ma anche l’efficacia della prevenzione e la funzione insostituibile di famiglia, scuola, istituzioni, associazioni, sport, arte, musica. Sono questi gli strumenti più validi per neutralizzare ogni forma di deviazione – dal delitto alla dipendenza – dall’esaltazione alla depressione – perché contribuiscono a costruire personalità forti, che sappiano scegliere, siano capaci di dire no, di avvertire il pericolo delle suggestioni e dei condizionamenti. Basta adeguarsi ai mutamenti sociali, economici, culturali, tecnologici, con congrui ed improcrastinabili investimenti.
L’insegnamento prioritario di questa avventura è l’esigenza di lottare per una famiglia affidabile ed una scuola autorevole. Una famiglia più preparata, consapevole, sostenuta se necessario socialmente, intellettualmente, psicologicamente (e pecuniariamente…) crescerebbe figli vivaci e maturi, studiosi e svegli quanto basta.
E’ in gioco il futuro dei nostri figli, dei figli di tutti noi, nessuno escluso; l’interdipendenza dei rapporti sociali, dimostrata anche dal nostro lavoro e dalla nostra pubblicazione, non consente di salvare il proprio figlio, di farne l’unico che studia, non beve, non fuma, non si prende a botte….
Occorrerebbe, insomma, una struttura complessiva, solida e compatta, per i bambini e gli adolescenti, aperta dalla mattina alla sera, in cui far confluire famiglia, scuola, organismi sociali, per aiutare i ragazzi a trovare la loro strada, a conseguire il pieno sviluppo della loro persona, senza alcun ostacolo di ordine economico e sociale, come afferma l’art. 3 della Costituzione. Non importa se ciò avviene nello stesso edificio, negli stessi orari, con gli stessi soggetti, importano i nostri ragazzi, che non possono aspettare un minuto di più.
Non è facile, ma è essenziale, e non c’è costo che tenga: la società è malata gravemente e solo giovani sani, che sappiano vivere e convivere possono guarirla.
Ma nel frattempo possiamo cominciare da noi stessi, facendo meglio il genitore, l’insegnante, l’assessore, il professionista, l’operatore sociale, il figlio, lo studente, l’elettore, il paziente, il cliente, il volontario…
Come? Nel nostro volumetto ci sono moltissimi spunti, tutti percorribili, quando studenti, insegnanti e genitori lavorano insieme!

Intervista al presidente uscente della Consulta delle Associazioni prof. Vito De Leo PER LA RINASCITA DELLA CITTADINAZA ATTIVA

Vito De Leo, professore di lettere e psicopedagogista in pensione, ex amministratore comunale, da moltissimi anni impegnato sul versante culturale, sociale e giornalistico, ha da tempo lasciato l’incarico di presidente della Consulta delle Associazioni.
In attesa della prossima assemblea che, ai sensi del nuovo Regolamento dovrà eleggere i nuovi organi (presidente, vicepresidente e coordinamento), abbiamo fatto una conversazione sui temi che più lo hanno impegnato negli ultimi anni: quelli della partecipazione e della cittadinanza attiva.

Innanzitutto chiediamo: cos’è la Consulta della Associazioni?
La Consulta delle associazioni è un organismo di partecipazione democratica previsto dallo Statuto comunale che, ai sensi del Titolo III°, art.9 del nuovo Regolamento “dovrebbe” (uso il condizionale, perché durante tutto il mio mandato non è mai stato applicato) “essere preventivamente interpellata per atti di competenza del Consiglio comunale inerenti i servizi pubblici locali, gli strumenti di programmazione generale quali, ad esempio, i Piani generali urbanistici, le modifiche allo Statuto comunale, il Piano Sociale di Zona ed il Bilancio comunale, quando sono necessarie valutazioni di solidarietà sociale e di partecipazione. La Consulta potrà esprimere i pareri richiesti con apposite relazioni notificate entro 15 giorni dalla richiesta, salvo casi eccezionali ed urgenti”.

A fronte di questa situazione negativa come avete reagito?
In una prima fase sia attraverso i periodici locali e i siti web, sia attraverso documenti, incontri, assemblee. Con queste note ed interventi abbiamo sempre espresso la semplice esigenza di ricostruire uno spazio pubblico in cui rappresentare il bisogno di partecipazione emergente in diversi settori della comunità cittadina. Ma nessun segnale o invito ci è mai pervenuto dagli attuali e dai precedenti amministratori. Neanche dalla Commissione consiliare che ha redatto il nuovo regolamento che non sappiamo ancora quando entrerà in vigore e se mai sarà applicato.

Il mondo associativo, in parte iscritto all’albo della Consulta delle Associazioni, rappresenta le forze positive e culturalmente attrezzate della società civile. Rispetto alla politica intendete rimanere collaterali?
Costruire uno spazio pubblico di discussione è un atto politico-amministrativo. La nostra idea è sempre stata quella di trovare una sede di discussione in cui anche i partiti si misurino e si sottopongano al giudizio costante dei cittadini.

E’ questo allora il vero obiettivo che continuate a proporvi?
Sia chiaro: il nostro obiettivo non è mai stato quello di creare un uovo soggetto politico, ma rendere più complesso il sistema della discussione politica e quindi il processo di formazione delle decisioni della città. Abbiamo bisogno tutti di un momento di scambio, di cercare dentro le diverse sensibilità uno scenario positivo e propositivo, insomma un obiettivo comune da perseguire e raggiungere.

Parliamo, allora, delle vostre proposte. Quali sono i temi che avete affrontato nel passato e che volete continuare a dibattere?
Il nostro obiettivo è stato e sarà sempre quello di deprivatizzare la politica, senza occhi di riguardo per singoli partiti. Non avrebbe senso una doppiezza in tale direzione, non ci sono riserve mentali. Siamo aperti alla discussione con tutti.

Su quali temi in particolare?
Da anni insistiamo con dibattiti, documenti, lettere, articoli sulla necessità di revisionare, adeguare e regolamentare lo Statuto comunale, di eleggere il Difensore Civico, di promuovere la costituzione del Consiglio Comunale dei Ragazzi e del Forum dei Giovani, di istituire la Consulta per l’ambiente, la Consulta dei Disabili, la Consulta per le Pari opportunità, di realizzare veramente il Bilancio partecipato, di coordinare le politiche culturali, scolastiche e sociali con il mondo del volontariato e dell’associazionismo, di fare una politica di bilancio più attenta alle esigenze dei giovani, di coinvolgere maggiormente le forze sociali, sindacali e politiche nei processi decisionali attivati per lo sviluppo socio – economico della città, di rendere l’informazione sull’attività amministrativa più puntuale e più ricca, non solo attraverso il bollettino “Terlizzi informa”, che dovrebbe diventare un mensile, ma anche con incontri periodici aperti a tutta la cittadinanza. L’ottica era e rimane quella di trasformare, se possibile, una serie di problemi per fare in modo che la discussione superi il momento della critica e vada oltre, configurando la struttura costituente di uno sviluppo partecipativo possibile.

Quali sono i vostri programmi futuri?

Fino ad ora, nonostante la persistente mancanza di ascolto e di confronto, non ci siamo mai limitati a segnalare le urgenze e le necessità della nostra comunità o a fare una sterile e qualunquistica critica ai responsabili amministrativi. Sui vari problemi relativi al bilancio comunale, all’attuazione dello Statuto, al coinvolgimento dei giovani nelle scelte che li riguardano, alla rinascita culturale, alla valorizzazione del patrimonio ambientale, al recupero delle periferie, al potenziamento dell’informazione amministrativa, all’educazione alla legalità, ai diritti di cittadinanza, alle pari opportunità, alle politiche sociali e scolastiche, alla costruzione, insomma, di una città sempre più a misura dei suoi cittadini, abbiamo sempre – con spirito costruttivo – avanzato proposte concrete e senza eccessivi oneri per le casse comunali.

Possiamo definirvi un laboratorio di riflessione sulla rinascita, un laboratorio aperto, che raccoglie forze positive per individuare una via alla soluzione dei problemi?
Da molto tempo, purtroppo, a causa dell’indifferenza nei nostri confronti non pratichiamo più questo tipo di esperienza che ha caratterizzato i primi anni del mio mandato. Mi auguro che i nuovi dirigenti che andremo ad eleggere prossimamente, s’impegnino con tutte le associazioni iscritte e non all’albo, a promuovere una maggiore coscienza civile ispirata ai valori costituzionali della libertà, della giustizia e della legalità e a far sentire la propria voce quando questi vengono ignorati.

lunedì 30 agosto 2010

Festa Patronale: identità, continuità, rinnovamento

Al termine del tradizionale evento liturgico e popolare tradizionalmente detto Festa Patronale, che ogni anno si celebra in onore del santo Patrono San Cataldo, monaco irlandese del VII° secolo, non posso fare a meno di associarmi ai tantissimo cittadini che hanno espresso la loro entusiastica soddisfazione per aver potuto partecipare ed assistere ad un evento veramente eclettico.
Potremmo trovare tantissimi aggettivi per definire la nostra Festa per la sua bellezza, per la sua rarità, per il carico di folclore, storia, e di fede che rappresenta.
Più passano gli anni, più questa Festa acquista smalto, mordente, capacità di coinvolgimento, emoziona, apporta novità sia sul piano delle relazioni sociali e della cultura che dell’economia. Molti giovani sono rimasti in città, i commercianti hanno avuto una boccata di ossigeno, i forestieri guardano e passano volentieri. E’ stato un bel biglietto da visita, uno dei tanti fiori all’occhiello di questa bella città, specchio di una comunità spesso adagiata su se stessa e di un’amministrazione comunale sempre presente e incoraggiante l’entusiasmo di chi ha provato con grande coraggio e abnegazione a rivalutare questi momenti importanti.
Mi riferisco in modo particolare a Don Cataldo Bevilacqua, assistente ecclesiastico, alle Confraternite San Giuseppe e il Carmine, all’avv. Savino Arbore, presidente del Comitato Feste Patronali, all’dott. Savino Carbone, presidente della Deputazione Maggiore, al dott. Gerardo Strippoli, presidente della Pro Loco, all’assessore Carlo Roselli. Ma il sentimento di gratitudine deve essere indirizzato anche a tutti coloro che hanno contribuito alla sua realizzazione e all’evidente successo complessivo: le associazioni culturali e religiose, gli imprenditori, i singoli cittadini, i vigili urbani e le forze dell’ordine, che, a vario titolo ed in diverso modo, hanno dimostrato il senso di appartenenza alla città, alla sua storia e alle sue tradizioni.
Ma, come opportunamente dichiarato alla stampa dal presidente Savino Arbore,” I tre giorni di festa del mese di agosto devono rappresentare solo il vertice di una spiritualità accumulata quotidianamente, per ogni singolo giorno dall’uomo… Il nostro vuole essere un ritorno allo spirito più puro, intimo e umano della festa patronale e, soprattutto, del culto di San Cataldo, un santo che ci ha addomesticato e con il quale dobbiamo instaurare un legame inscindibile”.
Questo nobile e religioso obiettivo non è in contraddizione con la celebrazione dei diversi eventi liturgici, culturali, artistici, musicali e sociali ai quali abbiamo assistito insieme ai tantissimi cittadini di Corato, delle città limitrofe e dei tanti emigranti.
I giorni della Festa del Santo rivestono da sempre una grande importanza dal punto di vista sia della liturgia, sia della pietà popolare. In un medesimo breve spazio di tempo numerose espressioni culturali ora liturgiche, ora popolari, concorrono, non senza un rischio di qualche conflittualità, a configurare il “giorno del Santo”, così ben descritto nella brochure illustrativa della Festa patronale, nella quale molto significativamente vengono poste queste stimolanti domande. “Che farne? Come viverla? San Cataldo: ostacolo o chance per l’evangelizzazione?” e nel manifesto augurale del Sindaco.
Sarebbe molto interessante aprire un dibattito sul tema. In ogni caso, sono sicuro che i due presidenti Savino Arbore, Savino Carbone e don Cataldo Bevilacqua sapranno fare un consuntivo obiettivo di questa rinnovata esperienza caratterizzata dalle seguenti manifestazioni, tutte molto seguite ed apprezzate: esposizione del santo all’interno del palazzo San Cataldo, che per l’occasione è diventato tempio, la seguitissima processione, l’artistica e originale illuminazione di tutto il centro cittadino, i concerti bandistici quotidiani, le piazze divenute luoghi di aggregazione e di spettacoli teatrali, canori, musicali, tutti acclamatissimi anche grazie all’abile ed efficace programmazione e gestione dei maestri Rino Sgarra e Giuseppe Mintrone. Neanche i bambini sono stati dimenticati: a loro è stato dedicato un’ entusiastico spettacolo in piazza Mentana e nella villa comunale con le “Fontane danzanti”. Ai coratini all’estero è stato dedicato un concerto di musica popolare sudamericano in piazza Sedile. Non sono mancati, infine, i tradizionali spettacoli pirotecnici.
Il tutto, ovviamente, non solo dei tantissimi spettatori cittadini e forestieri, ma anche dei tanti bar, ristoranti, pizzerie e bracerie, che li hanno serviti abbondantemente e comodamente negli affollatissimi locali e spazi esterni. Sarebbe interessante sapere se il contributo richiesto dal comitato ed offerto per l’organizzazione della festa sia stato dato in misura proporzionata alla prevedibile quantità di clienti da servire.
Concludendo, la magica ritualità della Festa di San Cataldo, gli appuntamenti costituenti parte integrante del programma civile e religioso, pur permettendo di vivere in maniera unica e irripetibile la festa, deve poter avere uguale “appeal” nei confronti di tutti i segmenti demografici della popolazione. Nulla da dire con riguardo alle attività celebrative della festa cristiana e della storia ed origini della stessa, ma il format, a mio modesto parere - nel rispetto del budget disponibile – andrebbe ulteriormente integrato, reso estroverso ed elegante, assicurando più qualificati appuntamenti per i giovani.. E gli ambiti fondamentali dell’impegno dovrebbero includere anche un numero maggiore di azioni di educazione alla solidarietà e attenzione sociale.
Non bisogna fermarsi al contingente, ma lanciare sfide, aprire larghi orizzonti, ma, soprattutto, concertazione tra Istituzioni, Associazioni, Enti: sono certamente le carte vincenti anche delle prossime edizioni che gli attuali responsabili hanno dimostrato di saper giocare molto bene.

I GIOVANI E L’EDUCAZIONE ALLA LEGALITA’

E’ per me un grande motivo di orgoglio essere riuscito a portare a termine un lavoro di ricerca sui comportamenti antisociali in alunni della scuola dell’obbligo, sintetizzato in un libro intitolato “Il bullismo”, che presto sarà pubblicato a cura della Casa editrice Secop Edizioni di Corato.
E’ il frutto dell’esperienza condotta nella Scuola media Statale “Moro-Fiore” di Terlizzi nella mia veste di docente di lettere e di operatore psicopedagogico. E’ indirizzato agli studenti, agli insegnanti, ai genitori ed alle istituzioni. Contiene consigli chiari e mirati su come procedere nella costruzione di progetti di prevenzione primaria, su come affrontare le situazioni a rischio e come gestire quelle in cui i problemi già si presentano con una certa gravità.
La tesi di fondo, mutuata dai numerosi riferimenti bibliografici, muove dal concetto che la cultura della legalità non può consistere nella repressione del crimine, ma nella promozione di un nuovo atteggiamento verso la cultura della giustizia. Si reclama la piena attuazione del diritto alla legalità, ma tale diritto presuppone che sussista anche un dovere di legalità, inteso come obbligo di rispettare le regole riconosciute di convivenza civile.
Costruire il tessuto legalitario significa costruire una comunità coesa, fondata su una storia e una memoria identitaria, legalità si coniuga con solidarietà, responsabilità, giustizia, garanzia di benessere per i singoli individui.
Pertanto, il compito della scuola oggi non è solo quello di trasmettere cultura in senso tradizionale, ma di formare la coscienza dei giovani, educarli al senso etico, far capire loro quali siano i veri valori, che costituiscono il patrimonio morale, naturale e universale dell’uomo.
La scuola ha il dovere di riservare oggi più che mai una notevole attenzione a quelle azioni educative funzionali al contrasto dei mali più evidenti nella società contemporanea quali la violenza, il razzismo, l’intolleranza, l’aggressività, l’illegalità diffusa, il bullismo, l’esclusione dei diversamente abili e/o dei ragazzi cosiddetti fragili, nonché di promuovere l’implementazione e il consolidamento della coesione sociale e della giustizia.
L’educazione alla cittadinanza attiva e alla legalità rappresenta la dimensione trasversale dell’intero percorso formativo ed è parte integrante delle attività culturali. Costituisce il nucleo fondante per la formazione di personalità critiche, autonome, pluralistiche, aperte alla conoscenza, disponibili ad affrontar la realtà, a difendere la propria identità, in grado di riconoscersi, di definirsi e di vivere i valori della democrazia in modo consapevole, trasferendone i principi nella pratica quotidiana.
Voi ragazzi, aiutati da noi adulti, dai genitori e dai docenti, sappiate imparare a riconoscere e ad apprezzare il valore delle norme quali strumenti regolatori necessari dei comportamenti umani sia nella vita individuale sia nella vita collettiva.
Soltanto avviando un processo di sempre più diffusa educazione alla legalità, potremo efficacemente contrastare l’illegalità oggi esistente ed attuare una contrapposizione decisa a tutti i fenomeni di criminalità.
Prof. Vito De Leo – Presidente dell’Associazione contro la criminalità, per la legalità

UNA CITTA’ A MISURA DI BAMBINO: E’ ANCORA POSSIBILE?

Accade spesso di sentire genitori e nonni lamentarsi, nonostante le iniziative dell’Amministrazione comunale tese a rendere più accoglienti ed attrezzate le piazze comunali, della mancanza di interventi per realizzare un più proficuo rapporto bambini spazi-urbani.
Nelle more delle prossime deliberazioni consiliari relative al PUT (Piano Urbano del Traffico), del PUG (Piano Urbano Generale) e della fine della “sperimentazione” delle Piste ciclabili, mi permetto suggerire ai nostri amministratori alcuni interventi che possono essere raggruppati nelle seguenti quattro macroaree:
• Interventi sugli spazi intesi come luoghi per il gioco, il tempo libero, per migliorare la sicurezza, la fruibilità, la mobilità, l’autonomia di movimento. Sono riconducibili a questa area le tipologie di intervento che prevedono la creazione di spazi attrezzati sia all’aperto che in edifici particolari per il gioco, la scoperta, l’avventura, l’aggregazione, lo sport; la riqualificazione delle aree verdi, dei cortili condominiali; la creazione di città più sicure attraverso “percorsi” pedonali guidati e protetti, dotati di specifica segnaletica per i bambini per esempio da casa a scuola; la facilitazione della mobilità tramite la creazione delle piste ciclabili e iniziative “spot” per “sgombrare” le città dalle auto.
• Interventi sulla cultura del rapporto bambini e spazi urbani attraverso iniziative di animazione, sensibilizzazione, divulgazione, studio, formazione, educazione permanente. Sono compresi in quest’area l’organizzazione di seminari, corsi di formazione, giornate di studio rivolti sia agli amministratori del Comune e degli uffici tecnici, sia agli architetti, sia alla cittadinanza, per creare nuove competenze negli operatori e diffondere in tutti una nuova sensibilità che dedica maggiore attenzione alle esigenze dei bambini nella fruizione della città. Fanno parte di quest’area l’organizzazione di momenti di animazione, feste, iniziative informative sullo “stato di salute” della città con riferimento all’infanzia, azioni di comunità ed educazione permanente che vedono i vigili, i commercianti, gli anziani preoccuparsi per rendere sicura ed accogliente la città per i giovani e i cittadini.
• Interventi sulle strategie di coinvolgimento e partecipazione attiva per la progettazione, pianificazione e governo della città. Le tipologie comprese in quest’area fanno riferimento, anche attraverso l’utilizzo degli strumenti e dei metodi di progettazione partecipata, alla definizione dei piani urbani della mobilità, dei piani regolatori, di guide sulla città, sulle opportunità dei servizi esistenti, sui musei e la fruizione dei beni culturali, sulla progettazione di arredi e spazi interni di ludoteche, biblioteche, cortili scolastici, condominiali, spazi gioco.
• Interventi misti che abbracciano due o tre delle precedenti macroaree. Fanno parte di questo insieme anche le iniziative riconducibili al progetto del Ministero dell’Ambiente sulle città amiche delle bambine e del bambini, che prevedono un approccio globale, urbanistico e sociale, alla vivibilità della città.
Concludendo, l’azione intrapresa dai nostri amministratori va sicuramente continuata e potenziata poiché possa davvero imporsi come espressione di un rinnovato modo di pensare alla città e al benessere dei bambini. L’occasione è propizia per rinnovare, ancora una volta, la proposta avanzata dal sottoscritto circa tre anni fa, al Sindaco di far aderire il Comune di Corato al “Progetto Città Sane – OMS”. E’ questa un’iniziativa dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS/EURO), al fine di fornire uno strumento per la realizzazione, a livello locale, dei 21 obiettivi “Health fot All, ossia Salute per Tutti. I comuni della provincia di Bari e della BAT che vi hanno aderito sono numerosi e si sono organizzati in rete nazionale e regionale allo scopo di rafforzare l’impegno delle municipalità per divulgare i principi e le strategie di attuazione del progetto “Città sane”-OMS” in tutta la realtà regionale. I Comuni più vicini a noi che vi hanno aderito risultano essere quelli di Bisceglie, Terlizzi e Molfetta, cui è stato affidato il coordinamento. Quello di Corato risulta ancora assente. Come mai?

DEVIANZA GIOVANILE E DROGA: CAUSE E POSSIBILI RIMEDI

Se c’è un problema di natura sociale che necessita di risposte fattive, è proprio il problema della devianza, con particolare riferimento al problema droga, perché investe, ormai, larghe fasce del nostro territorio e soprattutto larghi strati delle nuove generazioni, cioè il futuro delle nostre città e del nostro paese.

Si parla molto di questi problemi, soprattutto dopo i recenti fatti di cronaca registrati nelle città di Bari, (Leggi appello del Sindaco Emiliano a non acquistare droga), Bitonto (Donna incinta, custode di un deposito di armi e droga della mafia), Corato (Diciottenne tenta di violentare una donna di 57 anni) e Terlizzi (Giovane coltivatore di marjuana sul balcone di casa), ma raramente si cerca di capire le cause profonde che stanno dietro di essi, per potervi così porre rimedio.
Certo, c’è il problema della disoccupazione, il problema dell’evasione dall’obbligo scolastico, un ambiente di vita sociale che non offre punti di ritrovo e di socializzazione per i giovani. Sono tutti fattori oggettivi che interagiscono nel determinare questo grave fenomeno personale e sociale, eppure non lo spiegano totalmente.
Perché la devianza e la droga sono sintomo di un malessere più profondo che svela un sintomo del male: questo male sta nella persona umana.
Più di ogni altra cosa, dunque, ciò che determina il verificarsi della devianza è una caduta del tenore morale della nostra società, cioè una caduta di valori.
Il valore e la dignità della persona, la giustizia sociale, la solidarietà, il valore e il diritto alla libertà dell’educazione e della formazione, il pluralismo sociale, la difesa dei più deboli, devono sempre più determinare il clima, l’humus, il terreno su cui i nostri giovani devono poter intraprendere solidarmente il loro cammino.
Solo questi valori possono dar loro il gusto del lavoro ed anche del sacrificio, la gioia di vivere e di appartenere alla comunità umana.
Dobbiamo, come adulti, come cristiani, come persone impegnate nel sociale, lasciarci interrogare da tutto ciò e metterci in discussione, per essere punto di riferimento per i nostri figli, per i nostri giovani.
Non sono forse la solitudine personale e l’individualismo sociale le prime cause della devianza e del bullismo? Per chi volesse approfondire l’analisi suggerisco la lettura del mio libro:“Il Bullismo”- Ricerca sui comportamenti antisociali in alunni della scuola dell’obbligo. Come reagiscono, scuola, famiglia, società e istituzioni?” oppure l’intervista su tali temi pubblicata sul sito Coratolive.it il 12 agosto scorso e su Terlizzilive.it il 18 agosto o il mio articolo su Eventiecommentoi.it (rubrica:flash).
Nell’aprirsi alle esigenze reali dei cittadini più indifesi ed alla collaborazione con la società civile, chiamandola ad essere protagonista attiva, si crea quell’osmosi che riavvicina i cittadini alle istituzioni, favorendo così i veri interessi della gente e ristabilendo il ruolo del mass-media e degli Enti locali.
Spetta, però ai Comuni ed alle Istituzioni scolastiche promuovere, programmare e coordinare iniziative sociali, valorizzando i soggetti vivi della società civile, senza sostituirsi ad essi, quando ciò sia possibile.
Concretamente questo significa attuare la CM. n. 7215 del 4 giugno 2010 dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia avente ad oggetto “Un progetto per la legalità in ogni scuola”, finalizzata alla realizzazione di interventi formativi sulle tematiche della legalità, dei Diritti Umani, del rispetto dell’ambiente, dell’educazione interculturale, anche attraverso modalità di apprendimento informale e cooperativo. Proprio nel contesto di tali ampie sinergie territoriali, le nostre scuole potranno farsi promotrici di messaggi di grande valore civile e sociale.
I progetti fin qui realizzati, ad alcuni dei quali ho anche avuto recentemente l’onore di partecipare come esperto presso le Scuole medie di Corato, “Imbriani” e ”De Gasperi”, sono sin troppo chiari e precisi nella loro articolazione tecnico-pedagogica. Gran parte del risultato, però, dipende proprio dalla capacità degli operatori di farsi testimoni attivi, attualizzatori del messaggio insito nel progetto. Ecco perché il punto problematico forte non è dato dalla tecnica progettuale, ma dai soggetti che nel territorio concretamente dovranno viverla sulla loro pelle.
E’ importante, dunque, che, cammin facendo, essi, non solo
• affinino le loro competenze scientifiche, ma riscoprano un supplemento di impegno morale e ideale;
• che siano i primi interlocutori delle famiglie e dei ragazzi;
• che antepongano il bene dei ragazzi loro affidati ad ogni altro criterio di valutazione;
• che cerchino la solidarietà di altre agenzie educative con l’atteggiamento di chi vuole interagire e non di chi cerca coperture;
• che siano disposti a pagare prezzi di sofferenza interiore per gli scarti che inesorabilmente ci saranno tra risultati e ideali di fondo.
Con questi presupposti, che sempre vogliamo alimentare e che costituiscono il contenuto della formazione, per l’azione degli operatori, il progetto di educazione alla legalità che il Comune e le Scuole si accingono a realizzare nell’ambito della Programmazione dei Fondi Strutturali Europei 2007-2013 – PON “Competenze per lo sviluppo” – Obiettivo C3 “Le(g)ali al Sud: “Un progetto per la legalità in ogni scuola” e per il quale abbiamo offerto la nostra disponibilità come “Associazione contro la criminalità, per la legalità” potrà sicuramente dare buoni risultati.
Un’educazione permanente, dunque, che deve accompagnarsi ad una verifica puntuale degli obiettivi raggiunti e che deve svilupparsi orizzontalmente tra gli operatori e le altre agenzie di base ed innalzarsi verticalmente sino a coinvolgere Comune, Provincia, Regione e Ministero.
Ritengo che l’occasione offerta dal direttore generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia, dott. Lucrezia Stellacci, ci pone ancora una volta in una posizione di frontiera.
Siamo, anzi, ad un crocevia. Non è un crocevia politico, ma soprattutto morale e culturale, dove il rischio non è tanto un “salto nel buio” ma un “salto nel vuoto”: un vuoto di valori, di significati, di umanità.
Credo che insieme, anche con questa iniziativa, possiamo dare ai giovani testimonianza concreta di una speranza possibile.