All’indomani delle primarie del 25
novembre e del 2 dicembre per l’elezione del candidato premier, che hanno
registrato il successo del segretario del PD Pier Luigi Bersani e di quelle
svoltesi unitariamente tra PD e SEL nella stessa sede il 30 dicembre, avendo
stazionato davanti ai seggi in entrambe le circostanze, per sostenere prima la
candidatura di Matteo Renzi per la premierschip e poi quelle dei parlamentari
Gero Grassi e Giusy Servodio abbiamo preso atto che la parola “fiducia” è stata
sempre letteralmente sulla bocca di
tutti. Invocata come una Musa, la parola, abbiamo letto sulla stampa nazionale,
è ricorsa spessissimo nel lessico parlamentare (quante polemiche sui continui
ricorsi al voto di fiducia), nelle analisi dei sondaggisti e, ovviamente, in
tutti gli indicatori che riguardano i consumatori, gli investitori, le
aspettative delle famiglie, dei giovani, degli anziani, dei meno abbienti.
Se questa parola-concetto viene invocata
così incessantemente, sia a livello nazionale che a livello locale, è
indubitabile che proprio di “fiducia” c’è un deficit reale nel Paese. Con
qualche buon motivo del resto: perché se si risale al verbo latino fido – che significa confidare in qualcuno
– in tanti potrebbero giustamente sostenere: che cosa si pretende da una
società parcellizzata e disarticolata come la nostra e da una classe politica
non sempre all’altezza della gravissima situazione sociale, finanziaria ed
economica?
A questo punto la domanda è obbligatoria:
come recuperare il legame tra popolazione e rappresentanza politica? A nostro
modesto parere di Centro Studi Politici “A. Moro”, dovremmo fare nostro, tutti
quanti – politici e non – il ”Decalogo
del buon politico” di don Luigi Sturzo, che ho il piacere di sottoporre
nuovamente alla cortese attenzione dei lettori:
1.
E’
prima regola dell’attività politica essere sincero e onesto. Prometti poco e
realizza quel che ti è permesso.
2.
Se
ami troppo il danaro, non fare attività politica.
3.
Rifiuta
ogni proposta che tenda all’inosservanza della legge per un presunto vantaggio
politico.
4.
Non
ti circondare di adulatori. L’adulazione fa male all’anima, eccita la vanità e
altera la visione della realtà.
5.
Non
pensare di essere l’uomo indispensabile, perché da quel momento farai molti
errori.
6.
E’
più facile dal NO passare al SI che dal SI retrocedere al NO. Spesso il NO è
più utile del SI.
7.
La
pazienza dell’uomo politico deve imitare la pazienza che Dio ha con gli uomini.
Non disperare mai.
8.
Dei
tuoi collaboratori al Governo fai, se possibile, degli amici, mai dei favoriti.
9.
Non
disdegnare il parere delle donne che si interessano alla politica. Esse vedono
le cose da punti di vista concreti che possono sfuggire agli uomini.
10.
Fare
ogni sera l’esame di coscienza è buona abitudine anche per l’uomo politico.
Sarebbe interessante se su questi dieci
punti s’instaurasse un confronto basato sulla ragione e non sull’emotività. Chi
volesse usarli come strumento di misura del comportamento di uno o più politici
attuali, dovrebbe farlo esclusivamente nei confronti del suo stesso
schieramento politico, per esercitare una critica costruttiva, volta a cambiare
le cose che non vanno. Altrimenti, cadremmo nel solito gioco delle accuse
reciproche, che mai hanno cambiato e mai cambieranno alcunché, senza entrare
nel merito delle questioni.