domenica 30 maggio 2010

Bilancio e Comune Virtuoso: metodi e strumenti per la comprensione dei Bilanci pubblici

I Giovani democratici del Partito Democratico di Corato con l’avallo dei Gruppi politici dei Giovani Comunisti, del Partito Socialista, di Gioventù Italiana, della Democrazia Cristiana Libertas Puglia, dell’API, dell’Associazione Legambiente, del Centro Sudi Politici “A. Moro”, del Gruppo Giovani della Parrocchia Sacra Famiglia, dell’Azione Cattolica cittadina, della Caritas e della Pro Loco Giovani, nell’ambito del Corso “FORMARSI PER LA CITTADINANZA ATTIVA” hanno deciso di interrogare tre qualificati esperti sul tema “Bilancio e Comune virtuoso” nel corso di una conferenza-dibattito che si è tenuta presso la Biblioteca Comunale il giorno 28 Maggio.
Ne hanno discusso in modo pregevole e apprezzato da tutti i numerosi intervenuti Michelangelo Nigro, docente di Analisi finanziaria degli enti pubblici presso l’Università Carlo Cattaneo - LIUC - di Castellanza (VA), Massimo Mazzilli, Assessore del Comune di Corato alla Programmazione finanziaria e Pianificazione Strategica e Michele Monno, Consigliere Provinciale Presidente della Commissione consiliare Attività Produttive, Agricoltura, Artigianato, Caccia e Pesca della Provincia.
Moderatore del dibattito è stato il Prof. Vito De Leo, Presidente del Centro Studi Politici “Aldo Moro” che ha posto agli illustri relatori una serie di interrogativi legati all’attualità politica e amministrativa.
“Quanti coratini – ha cominciato - sono a conoscenza che ogni anno l’Amministrazione comunale deve preparare il Bilancio di previsione? Cioè deve stabilire quali sono le entrate e le uscite del nuovo anno? E se le entrate diminuiscono e le spese aumentano, come fare? La nostra esperienza ci dice che è proprio come in una famiglia: il papà e la mamma pensano spesso come fare se le proprie entrate non riescono a coprire le spese, che, come sappiamo, aumentano sempre. Magari loro decideranno di trovare qualche altro lavoro per aumentare le entrate. E se non lo trovano? Allora devono rivedere le spese e cercare di risparmiare da qualche altra parte. Ma non sempre è facile trovare una soluzione….
La differenza tra una famiglia ed il Comune – ha chiarito - è che la prima decide direttamente come comportarsi, mentre per i Comuni decidono altri: prima il Governo e poi il Parlamento, che impongono il cosiddetto “Patto di stabilità”. Difatti, ogni anno il Comune dovrebbe fare il bilancio di previsione per l’anno successivo entro il mese di dicembre. Il Parlamento, invece, da anni rinvia questa scadenza a marzo, ad aprile o addirittura a maggio”
“Questo è il primo danno, ha risposto il prof. Michelangelo Nigro - perché se il bilancio di previsione viene approvato dopo il 31 dicembre non si può spendere mensilmente più di un dodicesimo della spesa dello stesso anno. Se capita di dovere affrontare una spesa necessaria, questa, comunque, non deve superare l’entità di una mensilità dell’anno precedente. Questo è un problema di tutti i Comuni d’Italia”.
“Poi – ha aggiunto - abbiamo problemi territoriali (Nord, Centro, Sud). Ebbene è risaputo che nel settentrione le disponibilità di risorse (tributi propri) ed i servizi alle comunità sono maggiori delle altre zone. Dal dopoguerra si è cercato di porvi rimedio in tanti modi (prestiti, mutui) per coprire i disavanzi, contributi ordinari e/o straordinari, ecc., ma si è ancora lontani dalla soluzione. Forse col federalismo fiscale potremo avvicinarci”.
Intanto, ha chiesto il prof. De Leo, da diversi anni lo Stato riduce gradualmente i contributi (trasferimenti) a favore delle zone meno ricche e queste sono costrette ricorrere all’aumento dei propri tributi per assicurare le spese essenziali (personale, acqua, luce, manutenzione strade, pubblica istruzione, servizi sociali, ecc.). Con la recente finanziaria che cosa succederà al nostro Comune? Alla domanda ha risposto L’assessore Massimo Mazzilli il quale con dovizia di riferimenti alla situazione passata ed attuale del Comune di Corato, ha illustrato la situazione nei giusti termini. Ossia le procedure seguite, gli strumenti alternativi adottati, le difficoltà incontrate. Tra queste, quelle che hanno impedito al Comune di Corato, nel 2009, di rispettare il “Patto di stabilità”, il quale è stato oggetto di una lettera a sua firma e del sindaco al Presidente del Consiglio affinché – come richiesto anche dall’ANCI - “abroghi le sanzioni inique ai Comuni e riconosca loro una reale autonomia finanziaria”.
Rivolgendosi poi al dott. Michele Monno il moderatore prof Vito De Leo ha chiesto chiarimenti sul decreto legislativo che prevede, a partire dal 2014, che ogni Regione, Provincia e Comune provveda a trovare in proprio le risorse per tutte le spese, senza più contributi dallo Stato. Questo sicuramente - ha risposto il consigliere provinciale - aumenterà il dislivello delle disponibilità oltre che fra i Comuni anche fra le Regioni e le Province, obbligandoli ad intensificare la lotta all’evasione fiscale, anche nella prospettiva dell’annunciato federalismo fiscale.
Questo è il quadro entro cui ogni anno viene approntato e deliberato il bilancio di previsione.
Come è stato spiegato dai relatori, anche in risposta alle domande formulate dai signori Giuseppe Balducci, Benny Piarulli, Antonio Patruno, Getano Bucci e Sergio Torelli, non è un’impresa facile rispondere agli standard individuati per ottenere una certificazione di qualità, che aumenterà, per esempio, il potere contrattuale nei confronti degli istituti di credito, che impongono clausole capestro e tassi d’interesse da capogiro.
Ma il problema è che così come sono scritti oggi i bilanci sono incomprensibili ai più. Ecco perché è necessario puntare - così come dichiarato dall’assessore Massimo Mazzilli anche in risposta alle continue sollecitazioni fatte in questo senso dal prof. Vito de Leo - su forme di comunicazione più facilmente percepibili all’esterno come il “Bilancio sociale” e la “Certificazione di qualità”, al fine di realizzare il massimo della trasparenza e del coinvolgimento, oltre all’eccellenza nei risultati.
Lì,29/05/2010

lunedì 17 maggio 2010

CONGRESSO PD: CONTRIBUTO AL DIBATTITO

L’attualità politica
Il Partito Democratico si accinge a celebrare il Congresso di Circolo e Provinciale in un momento in cui si parla molto di disamore verso la politica da parte dei cittadini, che hanno disertato in massa le elezioni regionali e, dopo il caso Scajola, continuano a leggere un numero impressionante di nomi di politici implicati in affari di corruzione, di favoritismi e di privilegi, che hanno riaperto a tutti i livelli la “questione morale” che, alquanto ottimisticamente, si pensava fosse avviata a soluzione.
Marco Travaglio, provocatoriamente, tempo fa ha detto che oggi “Se hai fatto delle cose fuori dalla legge e vuoi evitare la galera, ti fai eleggere in Parlamento”. Vero o no, il pensiero dominante nei cittadini è questo. Sempre più frequentemente ci si domanda se la corruzione sia un male inevitabile e se ad essa ci si debba, un poco malinconicamente rassegnarsi.
Su questi temi gradirei che si aprisse il dibattito all’interno del Partito Democratico al fine di chiarire nel miglior modo possibile per quale idea di cultura, di società, di giustizia, di economia e di politica continueremo a batterci ed a confrontarci con le altre forze politiche.
Abbiamo bisogno di qualcuno che assuma su di sé con serietà e dedizione il compito di dare rappresentanza politica ai principi di libertà e di uguaglianza, del rispetto delle leggi e della giustizia, del primato del bene comune rispetto a quello particolare e tradurli in soluzioni legislative e amministrative.

Una democrazia dal basso
Il PD, avendo scelto di essere un partito aperto, dovrebbe usare i grandi momenti della sua vita interna, come il congresso di Circolo e Provinciale, non tanto per misurare la forza delle proprie componenti interne, ma per mettersi al servizio dei suoi elettori, delle loro speranze e aspettative.
Il PD ha scelto una democrazia di base che trova la sua espressione nei Circoli, dove il senso di appartenenza al tutto, le capacità e le disponibilità di ciascuno possono trovare maggiore spazio di espressione. E’ questa democrazia dal basso che dobbiamo potenziare, valorizzando, ad esempio, l’assemblea dei coordinatori dei circoli. Occorre dare voce - a Corato come a Bari - ad un’esigenza di maggiore autonomia ed è per questo che sono convinto che il Partito Democratico locale e provinciale abbia bisogno di grande unità e compattezza, di rafforzare la sua base ideale, la sua proposta politica, il suo stile d’impegno, la sua capacità organizzativa attraverso la piena, concorde e leale collaborazione di tutti.

La nostra forza: le persone, le idee, la coesione
La forza di un partito democratico, ossia di un partito popolare, sta nelle persone. E’ sulle persone che dobbiamo innanzitutto investire.
• La formazione delle persone
In vista delle prossime scadenze elettorali, in particolare quelle del rinnovo del Consiglio comunale previsto per il 2013, abbiamo di fronte una grande occasione per aprire le istituzioni al contributo di tante persone. Per praticare la politica in tutta la sua serietà si deve anche chiedere alle persone che intendono candidarsi anche ala disponibilità a formarsi, ad attrezzarsi adeguatamente prima di assumere un incarico pubblico. E’ quanto hanno iniziato a fare i Giovani del PD con il Forum tenuto a febbraio sulla “Costituzione e la Cittadinanza attiva” e quello previsto per il 28 maggio p.v. sul “Bilancio partecipato”.
E’ una grande servizio alla qualità della democrazia comunale che viene reso con questa “Scuola di formazione” rivolta in primo luogo a chi voglia orientarsi verso la politica attiva. E’ un grande investimento sul futuro per la formazione di una cittadinanza attiva e di una classe dirigente preparata, diffusa sul tutto il territorio.
• Studio e documentazione
Un secondo elemento fondamentale per una politica attenta ai problemi è quello di attuare una metodologia d’azione che coniughi studio e documentazione e che ci costringa anzitutto a confrontarci con i dati, per poi considerare le soluzioni adottate nelle altre realtà comunali e provinciali e che giunga poi a formulare proposte adeguate alla specifica realtà del nostro territorio.
Un partito che vuole essere il motore dell’innovazione all’interno delle nostre realtà istituzionali deve dotarsi di un Centro Studi capace di svolgere questa azione di supporto e di stimolo nei confronti dei consiglieri comunali, provinciali e regionali. Si tratta di creare una struttura agile ed essenziale che metta in rete le competenze dei singoli iscritti ed elettori, cittadini che hanno studiato, esperti e professionisti presenti nell’area partito per far conoscere esperienze e soluzioni a problemi o quesiti del nostro territorio. In questo modo l’intero metodo di lavoro del partito acquisirebbe autorevolezza e forza riformatrice.
• La coesione e il confronto
Il Partito Democratico deve farsi promotore, all’interno dell’alleanza cittadina e provinciale, di un rapporto di positiva collaborazione e ascolto rispettoso degli alleati e di tutte le forze politiche.
Nella coalizione di centro-sinistra il PD è il maggior partito;: per questo motivo ha il compito di ricondurre il confronto politico sul terreno dei valori in gioco, delle cose concrete da fare, dell’approfondimento del programma di coalizione. Nella sua collocazione di centro-sinistra il PD deve volere coniugare un profondo radicamento nel territorio e nelle sue tradizioni e una forte spinta all’innovazione: questa è la sfida con la quale il PD potrà misurare la propria maturità.

I contenuti dell’azione politica
La crisi economica ha posto in primo piano la questione della povertà e del lavoro. Il lavoro di innovazione, la formazione e la ricerca per affrontare e rispondere agli effetti della crisi, giocano un ruolo fondamentale e il PD deve farsi promotore di una maggiore razionalizzazione e di una maggiore qualificazione degli investimenti nel settore formazione/cultura/ricerca, che nel dibattito consiliare sul bilancio di previsione 2010 non sono stati sufficientemente sottolineati dai consiglieri di opposizione.
La formazione, la cultura, la ricerca saranno gli elementi che consentiranno alle persone e alle imprese di reggere la competizione, ma saranno anche gli elementi che consentiranno a noi di tutelare al meglio l’ambiente ed i beni collettivi che ci sono stati consegnati sperimentando nuove modalità e tecnologie nel campo dell’energia, dei trasporti, dell’organizzazione del lavoro.
Anche l’ambiente umano necessita di cura. Il PD deve riportare al centro dell’attenzione uno dei suoi principi fondanti: l’uguaglianza dei diritti di tutti i cittadini e di tutte le persone in quanto persone. In un momento in cui crescono gli atteggiamenti di intolleranza e di chiusura, il PD deve sforzarsi di ricostruire nel tessuto sociale i valori del rispetto di ogni essere umano e della sua dignità, della tutela dei suoi diritti, della valorizzazione del contributo che ogni persona e comunità possono dare all’intera società. Si dovrà quindi verificare come la distribuzione delle risorse pubbliche incide sulle condizioni di vita dei singoli e dei gruppi, per fare in modo che le risorse siano utilizzate per “rimuovere gli ostacoli” alla disuguaglianza.
Per fare questo abbiamo bisogno di una partecipazione sempre più vigile ed attenta dei cittadini, di un forte ed incessante ricambio nelle rappresentanze istituzionali, di un’amministrazione pubblica forte, trasparente, efficiente ed efficace.
Nella nostra città l’efficienza amministrativa non si accompagna sempre ad un’alta qualità della discussione democratica. L’atmosfera civile è stagnante, si è perso il gusto del confronto aperto e prevale il timore reverenziale nei confronti del potere. Privilegiando una dimensione verticale del potere si è messa in secondo piano quella orizzontale che è più antica e più tipicamente nostra e che trova nelle tradizioni di autogoverno delle nostre antiche comunità e libere città i suoi precedenti.
Perciò è necessaria un’opera di riequilibrio attraverso un rafforzamento del pluralismo delle istituzioni, il rispetto della loro autonomia, la valorizzazione dei corpi sociali e delle professioni. Tutto ciò può essere fatto anche mettendo in atto fin da subito pratiche più attente e rispettose, stili più dialogici e curiosi di interloquire con chi la pensa diversamente. Più amore e meno paura della libertà.
Se attraverso una sforzo comune il Partito democratico riuscisse a ridare coraggio alle molte persone che non hanno smesso di sperare e di impegnarsi per una democrazia autentica, sarebbe già qualcosa e sarebbe un buon segnale anche per il resto della città.

RESENTATO ANCHE A TERLIZZI PIL 2° ROMANZO DI GERO GRASSI “La principesso e il figlio del professore”

Il 15 maggio scorso, su iniziativa della Cooperativa culturale RTS, presieduta da Damiano Guastamacchia, e del mensile “Il Confronto delle idee”, nella sala-conferenze della Biblioteca comunale, Maria Teresa De Scisciolo ha presentato insieme all’autore Gero Grassi “La Principessa e il figlio del professore (Ed.Palomar –giugno 2009), un romanzo che parla di Terlizzi negli anni 1924-1948 e 1976-1978.
Alla presenza di un numeroso ed attentissimo pubblico, la direttrice del periodico locale ha introdotto i lavori evidenziando il percorso politico e letterario dell’autore. Ha ricordato, infatti, i diversi ruoli politici ed amministrativi svolti dall’on. Gero Grassi, deputato dal 2006 e attuale Vicepresidente della Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati e i contenuti essenziali del suo secondo romanzo.
Ma alla passione della politica – aggiungiamo - Gero Grassi ha affiancato da sempre quella del giornalismo e della scrittura. Dal 1984 al giugno 2009, contiamo ben 22 pubblicazioni, che hanno come soggetto la sua città natale, personaggi storici della D.C., la sanità e il cittadino. A questi libri, negli ultimi tre anni si sono aggiunti due romanzi: “Il Ministro e la Brigatista” e “La principessa e il figlio del professore”.
In quest’ultimo romanzo, l’autore - intervenuto subito dopo dichiara “ Con quest’ultimo lavoro, cui seguirà un altro a dicembre prossimo, continua la mia ossessione per il tempo, soprattutto il “corpo a corpo” con la vicenda nazionale italiana, luttuosa e grottesca insieme, sciagurata e grandiosa, che ha inizio con il Fascismo, a partire dal 1924. Ma è anche la storia degli albori della democrazia italiana all’indomani della fine della Seconda guerra mondiale, quando con l’avvento della Repubblica e le elezioni del 1948, una generazione di democratici avvia un nuovo processo costituente improntato ai valori di libertà, pace e giustizia”. Con un salto di quasi 28 anni, l’autore ci fa poi rivivere gli anni duri del 1976-77-78, gli anni del terrorismo e delle Brigate rosse, del rapimento e dell’omicidio di Aldo Moro, ma anche dell’approvazione della legge 833/1978, che sancisce la piena attuazione dell’art. 32 della Costituzione, quando prevede che ad ogni cittadino deve essere garantito il diritto alla salute.
“Ma questa – aggiunge – è anche la storia di due giovani terlizzesi: Teresa Tuberoso (“La principessa”) e di Daniele Del Mare (“il figlio del professore”), entrambi provenienti da modeste famiglie, attraverso sacrifici, impegno e studio, riescono a diventare medici e parlamentari. La loro vita e la loro storia s’intreccia con il Fascismo, l’avvento della Repubblica, il trionfo della D.C., gli anni del terrorismo. Questi due non più giovani politici, l’una 53 e l’altro 54 anni, pur avendo vissuto la stessa vicenda umana e politica e condiviso gli stessi valori, eletti nel 1976, si ritrovano ad essere avversari tra i banchi della Camera dei Deputati, dove l’una cattolica e democristiana è Ministro della Sanità (prima donna ministro nella storia della Repubblica, voluta fortemente da Aldo Moro), l’altro, comunista tra i banchi dell’opposizione. Sia pure in ruoli diversi sono entrambi impegnati a far approvare il 23 dicembre 1978 la nuova legge sulla sanità”. Ma, al termine dei lavori parlamentari, Daniele verrà colto da infarto e sarà cura di Teresa accompagnarlo nella loro mai dimenticata e sempre amata Terlizzi, attraversata senza essere riconosciuti da alcuno”.
L’interessantissimo intervento dell’autore, sempre corredato da documentati e particolarissimi riferimenti storici ai personaggi, ai luoghi, agli eventi, si conclude con la lettura del sedicesimo ed ultimo capitolo del romanzo: “Quasi nessuno a Terlizzi ricorderà quel ragazzo intelligente e battagliero, animato da buona volontà, entusiasta di vivere e di combattere per migliorare il mondo. Eppure Daniele, il grande ragazzo è vissuto desideroso di amore e capace di amare. Ha dato tanto amore, ricevendone ben poco”.
“Nemo profeta in patria”, ci suggerisce la nostra esperienza. Ma questo non vale sicuramente per l’autore, al quale auguriamo tanta fortuna e riconoscenza per il suo impegno politico e letterario.
In ogni caso, siamo grati all’amico Gero Grassi che, sempre con grande padronanza razionale, critica e veritiera della parola espressa senza mai arrestarsi per una pausa di pensamento o di ripensamento, ci ha fornito la possibilità di conoscere tanti lati oscuri ed ignoti della nostra storia cittadina. Leggere le sue opere, infatti, è un viaggio nello spazio, nel tempo, nella fantasia. Dalle righe di inchiostro arrivano emozioni che ci coinvolgono, ci fanno compagnia, ci fanno conoscere meglio no stessi. Leggere è un invito a un’altra avventura, a un’altra scoperta, un grande privilegio della nostra vita: un modo per informarci, per crescere, per conoscere il mondo. Leggere è il cibo della mente…passaparola”.

giovedì 13 maggio 2010

Mozione congressuale di Circolo

Dell’assemblea congressuale fissata per il 5 e 6 giugno p.v., pensando di fare cosa gradita ed utile, ho redatto la seguente bozza di un possibile documento di discussione tra gli iscritti interessati a costituire un Partito Democratico d’ispirazione cattolica, laica, socialista e liberal-democratica e sempre disponibili ad impegnarsi unitariamente nella prossima assemblea che darà vita ai nuovi organismi dirigenti, da impegnare sin da ora predisporre una bozza programmatica per il prossimo confronto elettorale amministrativo. Una competizione che dovrà vedere il PD alla guida di una coalizione di centrosinistra che si riconosce in un programma condiviso, efficiente ed efficace e, soprattutto, ben divulgato.

Questo “cantiere” di centro-sinistra, parallelo a quello del PD, non chiuso in se stesso, ma sempre aperto alla più vasta realtà umana, sociale e d economica di Corato, composto non solo da partiti ma anche da movimenti chiaramente orientati, nella pari dignità di soggetti politici e nella differente identità, a proporre all’elettorato coratino un’organico, unitario, coerente ed essenziale programma amministrativo, rappresentato da un candidato sindaco scelto attraverso lo strumento delle primarie, dovrebbe inevitabilmente e coerentemente collegarsi ad un analoga coalizione di forze disponibili a concordare sin da ora una comune strategia elettorale, programmatica e gestionale.

Condizioni pregiudiziali per la partecipazione a questo progetto-laboratorio nel quale far nascere l’embrione di una nuova città, di cui il partito Democratico dovrà essere componente intelligente, attiva, organizzata e presente, nella sua qualità di soggetto politico nuovo, autonomo, efficiente, sono le seguenti:

  • l’ispirazione democratica e costituzionale;
  • la cultura dell’evoluzione e del progetto;
  • la pratica della solidarietà, della sussidiarietà, della partecipazione, dei diritti di cittadinanza, dell’autonomia locale, del buon governo, della legalità, della trasparenza, della giustizia sociale, della pace, dell’ambiente, della salute, dei valori, della democrazia;
  • la volontà concreta di promuovere lo sviluppo della persona, della famiglia, della scuola, delle istituzioni, dell’economi, della politica, della cultura, dell’informazione, della società, dei più deboli, degli emarginati;
  • la capacità di dialogare, confrontarsi ed unirsi per elaborare un progetto credibile e convincente, nella misura in cui sarà espresso, illustrato e fisicamente rappresentato da persone responsabili, attive e presenti;
  • il bisogno di camminare insieme, con pari dignità, nel rispetto delle rispettive autonomie, per ritrovare da parte delle forze cattoliche, laiche e democratiche, il gusto dello stare insieme per operare concretamente nel senso del cambiamento e dello sviluppo, per partecipare con attenzione ed intelligenza all’organizzazione della città per creare un’abitudine alla civiltà, all’umanità, alla cultura, alla legalità, alla moralità, al bene comune, al senso del dovere, alla solidarietà.

Nel ringraziarVi per l’attenzione, Vi invito a scommettere su questo nuovo POLO DI FORZE PER IL CAMBIAMENTO E LO SVILUPPO NELLA SOLIDARIETA’, affinché diventi reale espressione di una nuova coesione culturale, sociale e politica, oltre che punto di riferimento per tutti i cittadini onesti e di buona volontà. Ma occorre anche rileggere Moro, l’Uomo che credette nella pedagogia democratica dell’agire politico. Rileggerlo oggi, in mezzo ad una politica vogare, spettacolarizzata e truffaldina, che nega con le sue leggi elettorali la scelta democratica da parte della gente, significa fare un’opera difficile che giova alla democrazia.

“Noi non vogliamo essere gli uomini del passato, ma quelli dell’avvenire. Il domani non appartiene ai conservatori e ai tiranni: è degli innovatori attenti, seri, senza retorica. Noi siamo diversi. Noi vogliamo essere diversi dagli stanchi e rari sostenitori di un mondo ormai superato. (Aldo Moro)

Proposte per un Comune “virtuoso”

L’ultimo giorno utile per deliberare il bilancio di previsione 2010 ed il bilancio pluriennale 2010 - 2012, abbiamo assistito ancora una volta al balletto delle cifre illustrate dall’Assessore alla Programmazione finanziaria Massimo Mazzilli e al solito dibattito dal quale non è mai possibile dedurre una visione strategica complessiva che lasci immaginare un futuro davvero migliore per la qualità della vita dei cittadini e del territorio amministrato. Come era previsto il bilancio di previsione è stato licenziato con i soli voti della maggioranza, l’astensione del consigliere DC e il voto contrario della minoranza.

Nella mia qualità di presidente del Centro Studi Politici “A. Moro” ho più volte proposto agli amministratori comunali di delineare, attraverso un accordo di programma, un piano di lavoro comune finalizzato a rendere più proficua ed efficace la collaborazione e più sistematica la partecipazione dei cittadini alle scelte politico-amministrative.

Quello che insistiamo a proporre, insomma, in coerenza con lo Statuto comunale, è la costituzione di un “Laboratorio urbano”, che faccia proprio il motto “Una città per tutti”, formato da cittadini stanchi di lamentarsi della bassa qualità della vita e di contestare l’inerzia delle istituzioni, la chiusura dei partiti ad un reale rapporto con la cittadinanza attiva, desiderosi di uscire dalla condizione di dipendenza, superficialità qualunquismo, deresponsabilizzazione e disaffezione alla politica.

In altri termini, proponiamo la condivisione di un impegno culturalmente e socialmente trasversale, lasciando che in altri ambiti i singoli e le associazioni operino in assoluta libertà le scelte più congeniali al proprio ruolo. Sarebbe utile ed interessante costituire una rete sinergica di forze singolarmente attive nella ricerca di una programmazione integrata sulla città, attraverso un costante confronto fra le diversità e le singole esperienze.

E’ questo il punto di partenza del sempre auspicato e mai realizzato “Bilancio partecipato”. Un bilancio, cioè, in cui la politica si fa incontro, ascolto, ma soprattutto azione diretta, partecipazione autentica che consenta ai cittadini di scegliere democraticamente come e dove investire le risorse del proprio Comune.

Proviamo ad immaginarne il percorso, le tappe, i tempi. In sintesi: il bilancio di previsione verrà redatto al termine di un ciclo di assemblee pubbliche, nel corso delle quali sindaco ed assessori discuteranno e decideranno insieme ai cittadini gli interventi più importanti da realizzare nel corso dell’anno.Questo rappresenterebbe il primo dei due momenti di confronto tra cittadini e amministratori da realizzarsi in tempo effettivamente utile, senza attendere le varie proroghe governative al termine fissato per legge al 31 dicembre. Il secondo ciclo di assemblee dovrebbe tenersi prima della discussione consiliare sul bilancio consuntivo, non più tardi del mese di ottobre, per rendere conto, in termini di efficacia, efficienza ed economicità, dei risultati raggiunti.

Se dunque il bilancio sociale annuale consente di rendere conto alla fine di ogni anno dei risultati raggiunti, il bilancio sociale di mandato consente di realizzare un vero e proprio bilancio complessivo di ciò che l’Amministrazione è riuscita a realizzare rispetto agli impegni presi con i cittadini sul programma amministrativo presentato in campagna elettorale.

Ma affinché partecipare significhi effettivamente “sentirsi parte” bisogna che ognuno di noi si senta soggetto di cittadinanza territoriale, che si confronti in rete con i diversi soggetti della società civile e politica intorno alla costruzione di risposte alle istanze comunitarie, ciascuno per la sua parte di responsabilità e competenze.

Ai partiti politici la nostra Carta Costituzionale affida la funzione di formazione e di orientamento della pubblica opinione nonché di mediazione fra la comunità dei cittadini e le istituzioni; a queste ultime essa affida le responsabilità di governo. Riconoscere e rispettare questo ruolo dei Partiti e delle Istituzioni non significa però che i cittadini e, in particolare, le molteplici formazioni sociali in cui si esprime la società civile, debbano delegare loro ogni decisione di rilevanza collettiva, limitandosi poi a valutarla periodicamente nel segreto dell’urna elettorale.

La società civile può e deve collaborare con i partiti e con le istituzioni anche nella formazione delle scelte di governo, deve far sentire la propria voce specie nelle decisioni di maggior impatto sociale, come appunto la redazione del Bilancio di previsione, del Piano Urbanistico Generale (PUG), del Programma Integrato di Riqualificazione delle Periferie (PIRP), del Piano Urbano del Traffico (PUT), delle Politiche ambientali, dei Sevizi sociali, culturali, e giovanili ecc.. Vi sono, infatti, momenti della vita di una comunità in cui si tratta di compiere scelte fondamentali, di grande rilevanza storica, sociale, economica, che influenzeranno pesantemente, nel bene e nel male, il suo futuro per generazioni. In quei momenti la società civile ha il dovere di scendere in campo, fornendo ai partiti e agli organi di governo la sua collaborazione, rappresentando loro le sue opinioni e le sue esigenze. Quello del bilancio di previsione è uno di quei momenti, ma nessuno se n’è ricordato!

9 maggio: in memoria di tutte le vittime del terrorismo

Il 9 maggio l’Italia celebra il “Giorno della Memoria”, in ricordo di tutte le vittime del terrorismo, ai sensi della legge n. 56 del 4/5/2007, votata all’unanimità dal Parlamento. Con questa legge il legislatore ha fornito nuova linfa ed un significato complessivo a questo giorno, in cui ricorre anche il 32° anniversario dell’uccisione dell’on. Aldo Moro e di Peppino Impastato.

Il primo, segretario della D.C., fautore insieme al segretario del P.C.I. Enrico Berlinguer, del famoso “compromesso storico”; l’altro, giovane giornalista siciliano, che denunciò la collusione della pubblica amministrazione e della società con la mafia.

Il nostro Centro Studi Politici, intitolato alla memoria dello statista pugliese, rapito il 16 marzo ed ucciso dopo 55 giorni di sofferta prigionia dalle Brigate rosse, che pure riuscì a conquistare con la forza del dialogo, abbandonato dagli amici paralizzati ed irretiti dal PCI e da uno Stato che affidò le indagini a generali piduisti, continua a ricordare a tutti di non cedere alla rassegnazione, ad invitare a fare i conti con Moro e di ricordare che via Fani, dove furono uccisi i suoi cinque uomini della scorta: Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi e via Castani, dove fu trovato morto nel bagagliaio di in una Renault 4 rossa, restano il crocevia della storia della nostra Repubblica.

La rimozione di Moro (non la sua morte nel cuore degli amici, ma la morte del cuore degli amici) iniziò già pochi giorni dopo il sequestro. E’ da allora che continuiamo a ricordarlo. In un tempo in cui, soprattutto in politica, avanzano semplificazione e sgangheratezza, riprendere un discorso di Moro è salire sulle spalle di un gigante. Ricchezza del linguaggio, spessore culturale, ironia, sottigliezza, simmetria, lucidità, sono, tra glia altri, i valori persi anche nel lessico del “Palazzo”.

Tra i non molti che continuano a coltivare la memoria di Aldo Moro, ci siamo modestamente anche noi, che non vogliamo essere i vacui custodi di un simulacro, ma degli amici che lo hanno conosciuto, seguito ed amato, che non si rassegnano e che, soprattutto, non vogliono dare pace a quanti lo hanno rimosso dalla propria coscienza.

La Puglia, Bari e Corato andavano al di là del lungimirante e generoso servizio di un politico alla terra e alla gente da cui traeva il mandato parlamentare. Questi erano i luoghi del ritorno, i luoghi dove ritrovava amicizia e affetti di folle, i luoghi dove riflettere sulle esperienze concluse e da dove ripartire. Il suo tornare aveva sempre il senso umano e politico insieme, di un rituffarsi nella familiarità di valori, sentimenti e radici culturali e psicologiche, quasi a voler sottoporre a verifica di autenticità quanto di volta in volta egli andava elaborando di analisi e disegni di linee strategiche.

Il Moro che abbiamo avuto la fortuna di conoscere e che ha segnato il nostro modo di vivere l’esperienza politica è il Moro del coraggio e della lucidità. La sua lezione etica e storica insieme è ben sintetizzata nelle parole-chiave di “strategia dell’attenzione”, “convergenze parallele” intese non riduttivamente in funzione di un atteggiamento tattico verso il P.C.I., bensì come capacità di dominare con l’intelligenza gli eventi della storia umana, al di là di pregiudizi di tipo ideologico o moralistico. “Più le masse popolari – egli diceva – avranno il senso dello Stato attraverso il proprio inserimento, più la democrazia sarà forte e le tentazioni autoritarie saranno eluse”.

Questa visione rimase sempre la via maestra del suo impegno e, forse, proprio per essa pagò con la propria vita. Ma era proprio per questa visione che il popolo e noi giovani lo capivamo e lo amavamo. Ed è per questo che non lo abbiamo mai dimenticato e, a 32 anni dalla sua morte, lo ritroviamo più che mai presente nel nostro ricordo, nel nostro animo e nella nostra azione culturale, sociale e politica, ma, soprattutto, nella nostra comune consapevolezza che la democrazia non è mai stata un atto dovuto, ma un traguardo raggiungibile solo dopo una lunga fatica.

Occorre oggi, più che mai, mantenere vivo il ricordo di Aldo Moro, di Peppino Impastato e di tutte le vittime del terrorismo, non soltanto per evitare il riprodursi di fenomeni terroristici e riaffermare il principio di legalità come criterio cardine dell’azione politica, ma anche per favorire l’affermarsi di un’alta concezione dell’impegno pubblico, il quale non parte da disegni personali di potere, ma da un’elevata coscienza storica della funzione del ruolo di chi è chiamato a perseguire l’interesse generale.

E’oggi responsabilità delle istituzioni ricordare e raccontare ai giovani la figura di tutti coloro che hanno dato la vita per la salvaguardia dei valori democratici. L’insegnamento di Aldo Moro resta sempre attuale: ieri - come oggi - è necessario dare vita ad un “nuovo senso del dovere” affinché il sistema politico approdi verso una democrazie reale e compiuta.

Il nostro auspicio è che il ricordo dei Martiri di Via Fani e di via Castani alimenti sempre più e meglio il confronto costruttivo, non pregiudiziale e ideologico, tra maggioranza e opposizione, a tutti i livelli istituzionali non dimenticando mai che “è la società italiana che sceglie da sé il suo cammino, ed il governo la guida e l’asseconda”. (Aldo Moro).