domenica 28 febbraio 2010

Conferenza stampa del candidato coratino del PD al Consiglio regionale

Domenica scorsa, presso il bar-ristorante Carlo’s, è stato presentato il prof. Riccardo Mazzilli nella sua veste di candidato coratino al Consiglio regionale pugliese. Ne hanno descritto il lungo curriculum professionale, sociale, amministrativo e politico i dirigenti del Circolo del PD Mariangela Mosca, Maria Stella Tarantini, il delegato giovanile Francesco Marcone ed i consiglieri comunali Michele Arsale e Tommaso Loiodice.

Nel suo breve intervento, il prof. Riccardo Mazzilli ha ringraziato gli iscritti ed i dirigenti del suo partito che lo hanno proposto agli organi provinciali riponendogli la massima fiducia, ma anche tanta responsabilità nel rappresentare le loro istanze di unità, solidarietà e cambiamento della politica, fondata non più sul personalismo e il semplice “fare”, ma sulla trasparenza, sulla partecipazione e sui valori fondanti della democrazia.

Su quest’ultimo tema è intervenuto in modo particolare il prof. Vito De Leo nella sua veste di opinionista politico del nostro giornale e di presidente del Centro Studi Politici “A. Moro”. Richiamandosi al costante impegno del prof. Mazzilli nel campo del sociale e del volontariato ed al recente convegno sulla “Partecipazione e la Cittadinanza attiva” in cui, ancora una volta, si è reso promotore, in veste di segretario politico, insieme ai giovani del PD e di tante altre associazioni dell’avvio di un processo costituente di una rete cittadina orientata a stimolare il confronto e la progettualità condivisa per migliorare sempre di più la comunità di appartenenza, il prof. De Leo lo ha invitato a proseguire anche in questo settore l’esperienza già avviata con successo dalla Regione Puglia.

sabato 27 febbraio 2010

OPERAZIONE STATUTO

Di Statuto comunale si è parlato recentemente nel convegno, tenutosi il 26 febbraio scorso presso il salone della Sacra Famiglia, su iniziativa di molti rappresentanti di partiti ed associazioni orientati a dare vita ad un corso permanente di educazione alla cittadinanza attiva. Ben fatto, perché amara è stata la constatazione che pochissimi sono quelli che conoscono la Costituzione e le leggi che hanno imposto ai Comuni l’adozione degli Statuti, per alcuni versi ancora inadempienti rispetto ad i principi di partecipazione in esso contenuti.

Epocale è la legge da cui trae origine: la 142 del 1990. Chi se ne intende sostiene che segna il definitivo passaggio dal Comune dello Stato liberale (che si limita ad ordinare, vietare, autorizzare) al Comune dello Stato sociale (tenuto a programmare lo sviluppo della comunità con la partecipazione dei cittadini).

Lo Stato, insomma, ha offerto ai Comuni, circa 20 anni fa, la possibilità, anzi ha loro imposto un’autentica rivoluzione circa l’obbligo di fissare principi propri sulle finalità e sull’organizzazione, sull’ordinamento degli uffici e dei pubblici servizi, sulla partecipazione popolare, sull’accesso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti amministrativi. Una rivoluzione che passa attraverso due strumenti: lo Statuto, Carta civica che fissa i principi; i Regolamenti, a seguire, che dovrebbero disciplinarli.

Il cittadino perde, pertanto, la qualifica di spettatore ed acquista legittimamente quella di partecipe delle scelte comunali. Scompare definitivamente la figura del Comune “in mano” alla classe politica. Si crea il Comune in cui i cittadini, associati o singoli, intervengono per concorrere alle scelte strategiche della comunità.

Sono tanti gli istituti che la legge prevede per realizzare la partecipazione attiva dei cittadini: referendum, consulte, difensore civico, consigli di quartiere ed altro ancora.

La partecipazione attiva dei cittadini viene interpretata dalla 142 come momento continuo di confronto tra amministrati ed amministratori. Non è inteso come scontro, ma armonica sintesi per addivenire insieme al miglioramento delle condizioni di vita della comunità.

Assolto, però, l’obbligo dell’approvazione degli Statuti, la maggior parte dei Comuni, ha ritenuto esaurito il proprio compito senza portare in realizzazione i contenuti dello Statuto stesso.

Proviamo a verificare quelle che devono essere le modifiche da apportare al nostro Statuto comunale per renderlo veramente “fruibile” da parte dei cittadini. Nessuna pretesa di imporre niente ad alcuno. Né quella di essere onniscienti. Solo un contributo alla riflessione ed allo studio di operatori del settore e di cittadini.

Con le procedure di cui all’art. 6 del D.Lgs.267/200 proponiamo quanto segue:

Innanzitutto sono da definirsi esattamente le deleghe assessorili, statutariamente disciplinate in modo che si evitino accorpamenti e smembramenti occasionali, inserendo, tra le altre anche quella relativa alla partecipazione, alla cittadinanza attiva ed alla trasparenza.. A queste aree vanno ricondotte le Commissioni consiliari.

All’art. 48 - Partecipazione popolare, va specificato che un’Associazione può aderire all’Albo in qualsiasi momento, purché ne abbia i requisiti.

All’art. 55 – Referendum – va modificata la norma che prevede per la sua indizione un numero eccessivo di elettori, pari al 5% del corpo elettorale. Il numero dei sottoscrittori non solo dovrebbe essere ridotto, ma anche esteso ai giovani che abbiano compiuto 16 anni ed ai non residenti che lavorano stabilmente nel Comune.

L’art 63 – Elezione del Difensore Civico (previsto dopo 16 anni), va corretto. L’elezione deve essere diretta. E’ il cittadino che deve eleggerlo, non il Consiglio comunale, in coerenza con l’art. 62 che lo istituisce affermando “Il Difensore civico è garante del buon andamento, della imparzialità e della tempestività dell’azione amministrativa (comma 2). E non è sottoposto ad alcuna forma di dipendenza, gerarchica o funzionale degli Organi del Comune “(comma 3).

All’art 89 – Attività finanziaria del Comune, va espressamente previstala possibilità che il Comune alieni determinati beni finalizzandoli denaro ricavato ad importanti opere sociali.

All’art. 94 – Organo di revisione economica e finanziaria, contrariamente da quanto previsto, non deve essere prevista la rieleggibilità dei Sindaci Revisori, ma la loro durata in carica deve essere limitata ad un solo mandato triennale.

All’art. 42 Facoltà di istituire le Circoscrizioni . Questa “facoltà” dovrebbe diventare “obbligo”, nella misura in cui questa ulteriore forma di partecipazione dia vita ai cosiddetti “Consigli di Quartiere, che potrebbero essere tanti quante sono le parrocchie ed essere decisivi nelle decisioni che interessano il rispettivo quartiere.

Questi possono essere alcuni suggerimenti, altri se ne possono aggiungere. Una cosa, però, va chiarita: la partecipazione dei cittadini alla gestione della “cosa pubblica2 non deve essere blindata, ma concreta. Tale partecipazione è un diritto. Tale rimane quello di amministrare. I due diritti devono non conflittuali, né alternativi. Entrambi devono tendere alla realizzazione completa dell’uomo in quanto cittadino.

Lo Statuto comunale non è un’arma che il cittadino deve usare contro l’Amministrazione; né può essere un mezzo per “tappare” la bocca al cittadino.

Lo Statuto va interpretato come la sintesi operativa di un diritto di cittadinanza che non si ferma all’urna elettorale.

LETTERA APERTA SUL FORUM

Ai cittadini “liberi e forti”, organizzati e non, ai rappresentanti delle istituzioni scolastiche, politiche ed amministrative, ai promotori del 1° Forum sulla cittadinanza attiva.


In riferimento al meeting sulla “PARTECIPAZIONE ATTIVA: istruzioni per l’uso”, svoltosi il giorno 26 febbraio presso l’Auditorium della “Sacra famiglia”, promosso dai giovani del PD con la collaborazione di numerose associazioni e rappresentanti di partiti politici, nel quale sono intervenuti il prof. Leo Palmisano, sociologo dell’Università di Bari ed il dott. Giuseppe Scelsi, sostituto procuratore della Repubblica, ritengo utile fornire alcune delucidazioni in merito ad uno degli aspetti del tema oggetto della discussione, ossia “L’ordinamento delle autonomie locali ai sensi delle leggi 241/90, dopo le modifiche introdotte dalle leggi n. 267/200 e n. 15/ 2005, con particolare riferimento agli Statuti comunali ed agli istituti di partecipazione”.

Non v’è dubbio che la legge 8/6/1990 n.142 abbia voluto affidare agli Enti locali una capacità specialissima di autogoverno, sostanziando così di contenuto moderno ampio ed aperto il postulato autonomistico dell’art 5 della Carta costituzionale.

L’art. 59 al primo comma stabilisce che Comuni e Province devono adottare lo Statuto ed i regolamenti entro un anno dall’entrata in vigore dalla legge. Quello del Comune di Corato, approvato dal Consiglio comunale il 27/3/2001 è stato modificato il 28 febbraio 2008 in sostituzione di quello precedente, dopo aver introdotto l’istituto del Difensore civico, il cui titolare, però, non è stato ancora messo in condizione di operare.

Quale atto normativo lo Statuto è costitutivo di diritti soggettivi e di interessi legittimi, pertanto, nel caso di atti contrari alle norme statutarie, sarà proponibile l’azione presso il giudice ordinario, con possibilità di ricorso in cassazione, per violazione o falsa applicazione della norma statutaria stessa.

In caso di inerzia del Comune, competenti ad adire il giudice potranno essere anche i cittadini attraverso l’azione popolare.

Una prima considerazione quindi, al di là delle pur logiche considerazioni giuridiche sul quantum di funzioni proprie e derivate attribuito dalla legge, deve riguardare necessariamente l’ambiente sociale.

Esso deve essere sconsiderato in relazione ai seguenti aspetti:

a) il territorio, e quindi la possibile geografia istituzionale ed i rapporti con gli altri enti locali,

b) cittadini e le associazioni costituenti, in genere, in stretta connessione con il territorio, la fonte dei bisogni e delle esigenze di socialità e pubblicità, dalla quale l’ente locale trae i propri fini e organizza le funzioni in ordine al raggiungimento degli stessi.

Tutto questo è chiaramente previsto nel TITOLO II: Istituti di partecipazione popolare e diritto all’informazione.

Alle radici del nostro discorso sul tema sta, perciò, la domanda di fondo: “Che cosa significa oggi partecipare alla vita del Comune?”

In una democrazia ideale il cittadino, preso come singolo o come corpo sociale, è attento alla gestione della cosa pubblica, è con dovizia informato dai suoi rappresentanti politici sulle più importanti questioni, è in grado di scegliere tra le varie opzioni proposte dai partiti, risultando così impegnato direttamente o indirettamente.

Purtroppo, ai nostri giorni ciò non si verifica quasi mai. Al massimo si può osservare un coinvolgimento passivo o inerte tramite i mass-media quasi sempre su temi che non sono di interesse politico generale.

Non ci dobbiamo però illudere che tutti i cittadini “uti singuli” od “uti universi” possano partecipare su tutto ed a tutto. Saremmo nel campo dell’utopica “Città del sole”. Oppure, rischieremmo l’anarchia assembleare di una democrazia completamente partecipativa.

Oggi, il massimo di partecipazione è il momento elettorale, ma, esso stesso, risulta sempre più essere confezionato su volontà predisposte dai partiti politici sempre più avulse dalla realtà di base.

A maggior ragione crediamo sia importante puntare molto sugli istituti di partecipazione, che a nostro avviso possono assumere:

a) da un lato, la fisionomia della partecipazione diretta nei vari organi istituzionali. Consiglio, Giunta, Sindaco, Consiglio di circoscrizione, Consigliere di unione di Comuni, Consigliere di amministrazione di una istituzione o di azienda speciale o di consorzio;

b) dall’altro, la partecipazione per interesse, non istituzionalizzata. Ed è di questa forma che desideriamo parlare.

Chi possono essere i soggetti interessati a questa partecipazione non istituzionalizzata?

Riteniamo, per esperienza, che in linea di massima siano: Associazioni sindacali, imprenditoriali ed economiche, culturali, turistiche e del tempo libero, assistenziali, sportive; Enti: scuole, università, fondazioni varie, banche, istituzioni industriali; Gruppi non associati: anziani, giovani, cittadini distinti per tipo d’istruzione, cittadini distinti per reddito.

Appare evidente che ciascuno dei soggetti suddetti è utente di servizi svolti dal Comune o dalla Provincia.

Quale migliore occasione, quindi, di regolare via statuto la partecipazione degli stessi al controllo sulla erogazione dei servizi. E’ chiaro che ciò comporta un cambiamento culturale sia dell’amministratore politico che della tecnostruttura, ma la sua attuazione porterebbe dritta all’ottenimento di risultati efficaci ed al soddisfacimento di bisogni ed interessi vari.

Ecco che le pubbliche iniziative dovranno essere preparate in modo mirato e per gruppi di destinatari ben delimitati.

Si tratta, in buona sostanza, di attivare una consistente azione di marketing sociale, le cui premesse statutarie devono poi essere dettagliate in un regolamento per la consultazione dei soggetti di partecipazione individuati fra quelli sopra evidenziati a titolo di mera esemplificazione.

Quindi, partecipazione intesa come interrelazione costante fra corpo sociale e istituzione stessa al fine di ottenere risultati efficaci.

E’ chiaro che intesa in questa veste la partecipazione diventa dialogo, che presuppone anche la capacità di ascolto dell’istituzione.

Predisporre momenti di consultazione diretta (istituzionalizzazione di momenti di incontro periodici in occasione dell’adozione di atti o di provvedimenti fondamentali per la vita dell’ente) o indiretta, attraverso sondaggi di opinione, misurazione telematica dell’audience attraverso i “media”, risulterà determinante per l’Ente locale moderno, che, in ciò facendo, otterrà non solo una partecipazione credibile e non avvolta in un lussuoso quanto inutile cellophane, ma risparmi consistenti di risorse umane e finanziarie derivate da una previsione mirata e precisa circa l’attività da intraprendere.

Ora, se ciò è vero per il privato, ove al cliente passivo si è sostituito al cliente partecipe ed attivo, non si vede perché il “pubblico” non possa agire nella stessa identica maniera.

Basterà sostituire al concetto di mercato, il concetto di corpo sociale o comunità organizzata, ed all’ azienda produttrice il nuovo Comune orientato non più al suo interno ma al servizio.

Quindi, canonizzazione del momento dell’ascolto attraverso il marketing sociale, ma creazione anche di norme che sanciscono il dovere all’informazione del cittadino da parte del Comune o della Provincia.

Senza informazione non ci potrà essere comunicazione e quindi ritorno della stessa informazione sotto forma di partecipazione cosciente.

Quindi, informare il cittadino significa rendere possibile l’accesso ai servizi e rendere nota l’attività dell’istituzione in relazione agli stessi.

Lo Statuto, insomma, potrebbe essere migliorato e aggiornato prevedendo, ad esempio, la costituzione di un organismo consultivo in ordine alla gestione dei servizi, chiamandone a far parte le associazioni sopra evidenziate. Il regolamento relativo dovrebbe poi, in concreto, disciplinare gli ambiti di intervento consultivo preventivo, dettagliandone i modi, le forme, i tempi di questo strumento di partecipazione.

Il Centro Studi Politici “A. Moro” mette a disposizione non solo la propria pluriennale esperienza relativa alla tutela dei diritti dei cittadini nei settori dei servizi di pubblica utilità, della legalità, della scuola, ma soprattutto alcune competenze maturate nell’ambito degli istituti di partecipazione previsti dallo Statuto comunale in materia di sussidiarietà e di audit civico, sulla qualità del rapporto dei pubblici amministratori con i diversi esponenti della società civile. Diceva un vecchio saggio che i muri ribaldati diventano ponti: è quello che ci proponiamo di essere e fare.

Da ultimo, ma più stella polare che punto cardinale, la dimensione strategica che per noi assume il processo del bilancio sociale. Non ci stancheremo mai di considerarlo come la funzione di riferimento principale dello Statuto comunale e quindi del programma amministrativo di tutti i partiti che si definiscono democratici perché non solo disegna una modalità aperta e democratica di gestione della cosa pubblica, ma anche perché allude ad un altro mondo possibile, perché sperimenta una risposta locale alla globalizzazione, perché il mandato elettorale impone il ragionamento e la pratica di nuove forme di democrazia.

In conclusione, l’auspico è che questo progetto di programmazione che allude ad un incrocio di esperienze, idee, bisogni, tensioni, desideri di donne, uomini, bambini, anziani, cittadini, lavoratori, decisori politici, professionisti dell’Amministrazione, partiti, società civile organizzata, diventi il frutto degli sforzi di tutti i veri democratici e rappresenti il nucleo forte di una proposta politica rigorosamente incardinata sull’interesse collettivo: “La civiltà avrà veramente inizio quando il potere dell’amore sostituirà l’amore del potere”. (Richard Aldinton).