martedì 24 febbraio 2009

DIFENSORE CIVICO: FUMATA BIANCA


Con un voto quasi unanime il Consiglio comunale del 19 febbraio scorso ha decretato l’elezione del tanto atteso Difensore Civico. Corato è, pertanto, tra i pochissimi Comuni italiani ad averlo istituito. Sono, infatti, appena 6oo, su 8000, quelli che lo hanno istituito in base all’art. 8 della Legge 142/90 e alla legge n.267/2000 e ai rispettivi statuti che accolgono tale possibilità, dopo averne regolamentato l’attuazione e il funzionamento. Così è stato anche per noi. Il Consiglio comunale, in seconda battuta, lo ha individuato nella persona dell’avv. Antonio Dell’Accio, che ha ottenuto 27 voti su 31. Non si conoscono gli autori delle 4 schede bianche, dal momento che anche i consiglieri di minoranza si sono espressi in suo favore

Se la sua esistenza, grazie agli organi di stampa, è ormai nota ai più, non altrettanto si può dire per le sue competenze. Con le leggi sopraccitate entrano per la prima volta in scena i concetti, quali principio di legalità, buona amministrazione, imparzialità, trasparenza, efficacia ed efficienza della pubblica amministrazione, partecipazione dei cittadini al procedimento amministrativo, responsabilizzazione dei dirigenti e funzionari.

E, affinché tali concetti non restassero mere affermazioni di principi o mere norme programmatiche, ma costituissero, invece, ulteriori strumenti di effettive garanzie e di tutela dei diritti e degli interessi del cittadino, tale figura, benché prevista come mera facoltà di ogni singolo Ente, è stata prevista negli Statuti di quasi tutti i Comuni d’Italia. Ma, una volta prevista, la nomina del Difensore civico non costituisce più un “atto facoltativo”, ma un atto obbligatorio per legge”(art.136 del T.U. 267/2000).

Quali sono, dunque le funzioni che la legge assegna al Difensore civico? Potrebbe essere il miglior amico del cittadino. Un po’ consigliere, un po’ moderno tribuno della plebe: un aiuto nella quotidiana lotta contro le magagne della pubblica amministrazione lenta, distratta e borbonica E, invece, i Difensori civici non li conosce quasi nessuno: poco più di 600 in tutta Italia, un piccolo esercito di semiclandestini. Forse perché nel viaggio che dalla Svezia, la quale lo ha inventato nel 1800, chiamandolo “Ombudsman” (“Uomo che fa da tramite”), lo ha portato fino in Italia il Difensore civico ha cambiato faccia. Altro che miglior amico del cittadino. In molti casi è solo l’ennesima poltrona su cui far accomodare la politica, una sala d’attesa per candidati trombati, una casella per far quadrare i conti del pallottoliere della lottizzazione. Scelto dalla politica, parte integrante della burocrazia. Difensore del potere, delle sue logiche non sempre logiche ma non di chi le subisce. E, allora, nessuna sorpresa se pochi sanno che esistono e pochissimi si rivolgono a loro negli uffici.

Si tratta, quindi, solo di aggiungere un altro posto a tavola? Non è – evidentemente – il caso del Comune di Corato, che ha indetto un pubblico bando, cui sono pervenute soltanto 5 istanze, ridotte poi a tre, “per alcune imperfezioni nelle domande che il segretario comunale si è trovato costretto a scartare”. I nominativi sottoposti al vaglio del Consiglio comunale nella seduta 26 gennaio erano, oltre all’avv. Antonio Dell’Accio, gli avvocati Sergio Quatela e Giuseppe Pisicchio.

Ma, per mancanza dei parametri per l’elezione – com’ è noto – la seduta fu aggiornata al 19 febbraio, che ha confermato le previsioni che vedevano favorito l’avvocato Dell’Accio. Non si sarebbe creata questa situazione se lo Statuto, che ne prevedeva l’elezione da parte di 1000 cittadini sorteggiati proporzionalmente in tutte le sezioni elettorali, con divieto di campagna elettorale da parte dei partiti non fosse stato modificato. A nulla servirono nell’estate 2007 le proteste dell’ex presidente della commissione che redasse lo Statuto, avv. Francesco Stolfa, e di pochi altri cittadini secondo cui, così facendo, si sarebbe “annacquata la portata innovativa e svuotato di poteri i cittadini”.

Comunque, sic stantibus rebus, bisogna guardare al presente ed al futuro. Innanzitutto l’istituzione deve rispondere in modo chiaro e costante alla domanda.”Quali sono i compiti del Difensore civico? Nelle more di una pubblica discussione sul tema, azzardiamo qualche ipotesi.

In generale, il Difensore civico può intervenire per assistere, fornire consulenze ed informazioni, contribuire ad incoraggiare la partecipazione del cittadino e delle associazioni culturali, sociali e politiche all’attività del Comune. In pratica, il cittadino può interpellarlo in maniera assolutamente gratuita, per segnalare ritardi od omissioni degli impiegati e dei funzionari preposti agli uffici pubblici, per sollecitare il rilascio di certificati, per snellire l’iter di una pratica: è utile, insomma, per far valer i propri diritti.

I suoi compiti, insomma, non sono limitati alle sole situazioni di cattivo funzionamento della macchina burocratica, ma si estendono a tutti qui casi in cui il cittadino, per un interesse legittimo o per necessità, voglia chiedere conto di scelte e iniziative della pubblica amministrazione; desideri farsi consigliare circa le procedure da seguire per ottenere la licenza per l’apertura di un esercizio commerciale,intenda sapere quali adempimenti svolgere per ottenere una concessione edilizia; voglia verificare in base a quale criterio siano avvenute le assegnazioni degli alloggi popolari; decida di farsi assistere quando sia autorizzato a prendere visione di documenti che lo riguardano, ecc.

I cittadini devono sapere che il Difensore civico non è dotato di poteri coercitivi e quindi non può costringere l’Amministrazione ad ottemperare e ad adeguarsi alle proprie richieste: egli agisce in virtù del suo prestigio personale e della pubblica funzione che riveste. In alcuni casi, se il funzionario non mostra la volontà di collaborare, può proporre nei suoi confronti un’azione disciplinare.

La conoscenza diretta dell’avv.Antonio Dell’Accio del suo ruolo e dei suoi compiti, se sarà resa pubblica, favorirà sicuramente la creazione di un nuovo “patto istituzionale” tra l’Ente locale ed i cittadini, da cui potrà scaturire un tavolo permanete di confronto programmatico per rendere più adeguata la risposta amministrativa alla domanda individuale e sociale, soprattutto dei giovani e delle fasce più deboli della società. Siamo sicuri che il “nostro” Difensore civico al requisito della oggettiva competenza aggiungerà sicuramente quelli della disponibilità e della dedizione alla carica, così come emerge dal suo curriculum, la non organicità ad alcun partito, la capacità di mediare e di essere stimolo nei confronti dell’Amministrazione comunale

Siamo sempre convinti, infatti, che non potrà certo essere la norma a cambiare i comportamenti, ma, soprattutto, una nuova cultura civica, realmente capace di rinnovare le modalità di approccio ai problemi che affliggono la comunità nel suo insieme e nelle sue singolarità.

Auguri e buon lavoro a tutti.


martedì 17 febbraio 2009

PATTO DI STABILITA’ E BILANCIO PARTECIPATO TRA “VIRTU’” E VIRTUOSISMI


Ho letto con molta attenzione il contenuto della lettera che il sindaco Luigi Perrone ha indirizzato al presidente Berlusconi per chiedere “la modifica delle norme vigenti in materia di Patto di stabilità”, pubblicata da Coratolive il 15 febbraio scorso. Il documento, già preannunciato dall’assessore alle finanze Massimo Mazzilli nella 1° Commissione consiliare presieduta da Pasquale Aloiso, segue alla lettera del presidente dell’ANCI, Leonardo Domenici, relativa alla circolare del Ministero dell’Economia sul rispetto del patto di stabilità interno, considerata dall’autore “una provocazione grave e intollerabile” e, pertanto, preannunciava che nella riunione del 5 febbraio avrebbe proposto la “rottura totale di ogni rapporto con il Governo, l’abbandono della Conferenza Unificata e il blocco di ogni collaborazione istituzionale, in particolare sul Federalismo fiscale e Codice delle Autonomie”. La richiesta del nostro sindaco al Capo del Governo di “adoperarsi per correggere dette norme” è quindi in linea con quanto sostenuto dall’ANCI, secondo cui la grave crisi che attanaglia il Paese costringerà l’80% dei Comuni a non rispettare il Patto di stabilità interno.

Il problema è della massima attualità, in quanto tutti i Consigli comunali devono entro il 31 marzo deliberare il bilancio di previsione 2009. Manca, però, poco più di un mese alla scadenza e nessuna notizia di convocazione è ancora apparsa all’orizzonte. Evidentemente, l’espressione “bilancio partecipato” è un eufemismo che trova spazio soltanto nelle interviste giornalistiche del sindaco e nelle dichiarazioni dell’assessore alla programmazione finanziaria, ma non nella effettiva partecipazione dei cittadini. Prova ne è che per quattro anni consecutivi, a pochi giorni di distanza dalla riunione del Consiglio comunale, un pubblico manifesto ha sempre invitato i cittadini ad una pubblica assemblea per discutere il bilancio di previsione, ma, come già accaduto per altre iniziative analoghe (DDP del PUG, PIRP, GAL, Consiglio comunale dei ragazzi, Consulte comunali e, il 26 febbraio prossimo anche il Forum dei giovani), la partecipazione è stata sempre limitata a pochissime persone. La sistematica assenza della società civile e politica, nonché dei singoli cittadini, al di là di mere denunce verbali, non ha messo mai in condizione i nostri attivissimi amministratori di riflettere sui motivi di tanto scarso interesse da parte della comunità amministrata, i cui membri, evidentemente, preferiscono essere spettatori anziché attori nel processo di sviluppo della propria città. Delegare è più comodo che partecipare! Ma aiuta a crescere?

Anche quest’anno, pertanto, ci troveremo a leggere 4 o 5 giorni prima della discussione in Consiglio comunale, un manifesto o una notizia di cronaca, dove ai soliti quattro gatti verrà servito un piatto già pronto, che non sarà possibile condire in alcun modo. Evidentemente, i cittadini, per quanto riguarda la politica, non la pensano come il sindaco: “Politica è confronto e dialogo anche con chi la pensa diversamente da te, perché così si superano i propri limiti e si arriva alla migliore decisione per risolvere un problema. Politica, per questo, è anche rispetto dell’altro, aprirsi alle idee altrui, pensare che oltre te ci sono gli altri, con i quali devi confrontarti e dai quali puoi sempre imparare” (leggi Lo Stradone di febbraio).

Come non condividere! Chi mi legge sa quante volte ho sottolineato tale necessità, soffermandomi soprattutto sul significato da attribuire all’espressione “bilancio partecipato”. Un bilancio, cioè, in cui la “politica si fa incontro, ascolto, ma soprattutto azione diretta, partecipazione autentica, che consenta ai cittadini di scegliere democraticamente come e dove investire le risorse del proprio Comune. Che non si limita ad un incontro preliminare preconfezionato, ma che continua con incontri tematici, che danno vita ad un “Laboratorio urbano”, che svolge oltre alla funzione di proposta anche quella di verifica, all’insegna della massima trasparenza, dell’efficacia e dell’efficienza dei provvedimenti adottati o in via di adozione”. Eppure sono a tutti noti lo Statuto comunale, le dichiarazioni programmatiche dell’Amministrazione e la Direttiva del 17 febbraio 2006 del Ministero della Funzione Pubblica relativa alla rendicontazione sociale nelle Amministrazioni pubbliche, nella quale sono dettate le linee guida per la stesura del bilancio sociale, visto come completamento del processo di trasparenza iniziato negli anni ’90 con la legge n. 241 /’90, recentemente riformata dalla legge n. 15/2005.

Il mio auspicio è che al sindaco “virtuoso”(IL GIORNALE- 7/1/09), che “mette sul piatto aiuti per famiglie e Pmi” (Il Sole -24 ore Sud-11/2/09) e che scrive a Berlusconi per chiedere “la modifica delle norme vigenti in materia di patto di stabilità “(Coratolive - 28/209) possa corrispondere quanto dichiarato dall’assessore alle finanze Massimo Mazzilli: “L’intero iter del bilancio, per volontà dell’amministrazione, prima della discussione e dell’approvazione, sarà aperto ai contributi che perverranno dalle associazioni di categoria, organizzazioni sindacali, scuole, semplici cittadini ed il contenuto definitivo del provvedimento sarà con gli stessi partecipato. Tutti saranno coinvolti nel normale iter di bilancio partecipato per l’anno 2009 sia nell’ambito di “tavoli” specifici che in quelli che i singoli assessorati convocheranno”. (Gazzetta del Mezzogiorno – 25/1/09).

Il bilancio, infatti, non è soltanto un insieme di numeri o uno strumento riservato agli esperti: esso influisce sul vivere quotidiano dei cittadini, dà l’impronta alla comunità e stabilisce le priorità in tanti settori diversi:dagli aiuti sociali (vedi misure anticrisi) al turismo, alla scuola, alla cultura, alle opere pubbliche, alle opportunità economiche, ecc. E, pertanto, imprescindibile la necessità di renderlo comprensibile a tutti, assolvendo così a criteri di chiarezza, trasparenza e comunicazione di cui l’Amministrazione deve occuparsi nella sua funzione di dialogo costante con i cittadini.

Si tratta, insomma, di passare da una logica di “resa” ai numeri ad una logica di “ragionare” su di essi per restituirli alla loro funzione di strumento che va “amministrato”.

martedì 10 febbraio 2009

Eluana: ci sarà “quiete” dopo la tempesta ?

Si chiama la”Quiete “ la clinica di Udine dove ha esalato l’ultimo respiro Eluana. La cosa della quale probabilmente lei, e questo Paese devastato dalle parole, dalle accuse e dalle invettive, aveva bisogno. Chiunque si è sentito in dovere e in diritto di dire la propria, di dire “io so cosa vorrebbe Eluana”, travalicando ogni limite del dolore verso di lei e verso la famiglia.

Non ho verità granitiche su questa vicenda, e invidio chi pensa di averle. Gli unici che possono averle sono i genitori le cui parole vanno rispettate. Parole da sottoscrivere, non fossero arrivate tardive dopo il diluvio di pareri e certezze che ogni rappresentante di qualcosa ha sentito il dovere e il diritto di esprimere. Forse quando calerà davvero la quiete su questa terribile vicenda che dura da 17 anni, si riuscirà a tessere un filo che porti a prevenire scelte così devastanti.

Si chiami testamento biologico o difesa ad oltranza delle funzioni vitali, si chiami diritto all’accanimento terapeutico o eutanasia, qualunque cosa purché questo Paese sia capace di dotarsi di strumenti giuridici in grado di evitare la lacerazione delle coscienze. Insomma, occorre una legge per il testamento biologico. Solo senza ansie emotive questo potrà accadere. Ma sembra che il nostro Parlamento sia incapace di esprimersi su questioni che non siano sollecitate dall’urgenza della cronaca. Siano le intercettazioni piuttosto che la crisi dell’auto, siano le nuove povertà che la giustizia, se non c’è la forza e l’urgenza enorme della cronaca che impone l’agenda, non se ne parla.

Vedrete, chiuso il caso Eluana non ci sarà politico o ministro che ricorderà che bisogna regolamentare la materia. Perché occuparsi della vita delle persone prima di arrivare a scelte ineluttabili è un impegno troppo gravoso per la politica. Vuoi mettere partecipare in un talk show e dire la propria a cadavere ancora caldo?

Non tutti sanno che ogni anno 160 pugliesi sono vittime di gravi lesioni cerebrali. Non tutti muoiono subito. In molti sopravvivono, nonostante il coma e, trascorso il primo anno di criticità, vanno a nutrire quell’esercito di “invisibili” – circa 700 in tutta la regione – che ogni giorno lottano non solo per la propria vita ma per non restare fredda casistica. Una guerra silenziosa, portata avanti dalle famiglie e dai volontari che, nel giorno della morte di Eluana assume un significato particolare. L’Italia, soprattutto il Sud ha scarsità di strutture dove poter affrontare, se non serenamente, almeno seriamente la malattia e, dunque, per creare qui un centro capace di sostenere malati e famiglie. A questo scopo è nata la fondazione “Giulia e Maria” alla quale mancano poche migliaia di euro per potersi accreditare e poter iniziare a raccogliere i fondi per creare la struttura. (Info. allo 080/3004569).

Sarebbe questo un modo per evitare che un problema drammatico di questo tipo, diventato oggetto di un conflitto politico-ideologico, che sarebbe meglio non ci fosse stato e non ci sia. Una tragedia si è consumata contro i nostri occhi e non è stata solo la fine della non-vita di una povera ragazza in realtà già morta, come ha detto un suo medico, 17 anni fa. La tragedia ha superato l’evento e fa registrare, come nei momenti peggiori, la strumentalizzazione del fatto a fini diversi ed oscuri. Ricordo un’atmosfera analoga negli ultimi giorni della prigionia di Moro. Anche allora i motivi umanitari e la difesa dello Stato si mescolarono a torbidi disegni politici sia da parte di alcuni che sostenevano la “fermezza”, sia da parte dei “trattativisti”.

Ora penso allo strazio dei genitori di Eluana, ai quali bisogna riconoscere maggiore riservatezza e rispetto per il dramma che hanno vissuto e continueranno a vivere chissà per quanto tempo ancora. Penso con Valter Veltroni che “Questa è una materia molto delicata sulla quale credo che la politica debba fare un passo indietro lasciare che le cose siano determinate da questi unici due fattori oggettivi:l’amore dei genitori per Eluana e le sentenze. Non è materia su cui fare colpi di scena propagandistici”.


lunedì 2 febbraio 2009

APPELLO CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

Non passa giorno in cui giornali e televisioni giornali e televisione ci fanno assistere ad un crescendo di episodi di violenza contro le donne, dalle atroci aggressioni allo stupro di gruppo. Come ha dimostrato una recente ricerca dell’Istat sono 7 milioni le donne tra i 16 e i 70 anni ad avere subito nel nostro Paese violenza sessuale o fisica nel corso della vita, pari ad una donna su tre Di queste, 5 milioni hanno subito violenza sessuale,1 milione ha subito stupri o tentati stupri. La violenza di genere è soprattutto domestica e avviene ad opera di familiari e conviventi. Ma certo quella che accade casualmente in strada ad opera di sconosciuti non è meno drammatica. C’è un grande problema di sicurezza nelle città per le donne, che riguarda le periferie isolate e buie, la mancanza di servizi e strumenti adeguati al contrasto tempestivo, la carenza di strutture di sostegno per la prevenzione.

La giornata internazionale contro la violenza sulle donne, che ricorre il 25 novembre, ha rappresentato l’occasione per dare vita anche a Corato ad una campagna di sensibilizzazione sulla condizione femminile iniziata nella Chiesa Matrice il 4-5 6 dicembre con il titolo “Volti di donna” e seguita da quella di quattro giorni (29 gennaio – 1 febbraio) promossa dalla Federazione Donne Evangeliche Italiane, con l’Associazione Artistica Culturale Nazionale “La CARVELLA”, presieduta dal maestro d’Arte Antonio Russo. La “Staffetta per la donna” si è articolata i diversi momenti molto interessanti presso la Chiesa Valdese in C.so Mazzini, 27, con una mostra collettiva d’arte di giovanissime pittrici: Cinzia Matteucci, Annamaria De Bellis, Letizia Konderak, Yanira Delgado Altamirano, Silvia Tolomeo e la nostra concittadina Chiara Bruno, ed una conferenza tenutasi domenica 1 febbraio sul tema “Se questa è una donna…Scenari e significati delle violenze sulle donne”. Relatrici Antonella De Benedittis, coordinatrice area migrazioni della Comunità Oasi 2 di Trani, Marisa Mastrototaro della Federazione Donne Evangeliche Italiane di Corato. E’ intervenuta anche Angela Bini di Trani con una sua performance di Trani. Il consigliere delegato alla cultura Giuseppe D’introno ha portato il saluto dell’Amministrazione comunale che è stata anche tra i patrocinatori dell’evento.

“Le donne – è stato detto da diversi punti di vista dalle relatrici – da tempo immemorabile hanno fatto i conti con la violenza degli uomini. Evidente,ente, la libertà femminile rappresenta per tanti uomini una minaccia anziché un’opportunità per costruire un rapporto più ricco ed impegnativo. Si rende necessaria l’uscita definitiva da ogni residuo di visione patriarcale del rapporto fra i sessi. Inoltre, deve essere chiaro che la lotta contro la violenza sulle donne non può essere solo un problema femminile, è necessaria un0assunzione di responsabilità individuale e collettiva maschile, perché il ricorso alla violenza congela la maturazione affettiva degli uomini e offre uno sbocco regressivo alla necessità del cambiamento”.

Questi temi, come quelli della pace, della non violenza e dei diritti umani, recentemente fatti oggetto di discussione dall’Associazione locale “Cristiani in dialogo”, nel forum del 16 gennaio scorso e proposti al Consiglio comunale del successivo 26 gennaio, rivelatosi a tal proposito sordo e muto, devono diventare oggetto sistematico di discussione e di prevenzione a partire dalle scuole, nelle quali si può sviluppare un rapporto intergenerazionale altamente significativo, nelle istituzioni e nella società civile.

Ma non basta. Di fronte a tanti casi così allarmanti ciò che vogliamo denunciare – da parte nostra – sono la sottovalutazione del problema e un clima culturale di svilimento della dignità femminile. Le dichiarazioni del Presidente del Consiglio sull’ineliminabilità dello stupro per le italiane sono inaccettabili, offensive per le donne che ne sono drammaticamente vittime, lesive della dignità di tute. Su questo tema non tolleriamo battute e leggerezza. Queste parole destano gravissime preoccupazioni, perché sono insieme sintomo e causa di questo clima che va combattuto in modo fermo e deciso.

Contro la violenza sulle donne è necessario lavorare sulla prevenzione e promuovere una cultura del riconoscimento della libertà reciproca e del reciproco rispetto tra uomini e donne. Occorrono politiche concertate, dal trasporto pubblico e privato al commercio, amministratori che non si limitano al patrocinio e a portare un breve saluto ma che promuovano iniziative sul territorio, periferie meno abbandonate, una rete di sostegno. Ciò presuppone che si riconosca che il problema esiste, che riguarda le relazioni stesse tra uomini e donne e che richiede un impegno straordinario, anche sotto l’aspetto delle politiche d’integrazione delle persone immigrate.

A livello amministrativo non esiste un piano contro la violenza di genere, nei bilanci non vengono stanziate risorse in questa direzione. E’ ora che l’Amministrazione comunale metta in campo una campagna antiviolenza la quale informi le donne sulle strutture e i servizi di prevenzione e contrasto e preveda corsi di educazione al rispetto della differenza femminile nelle scuole, per promuovere il rispetto della dignità e dei diritti delle donne.

Occorre realizzare un vero e proprio progetto di diffusione e di sensibilizzazione della cultura delle pari opportunità e di genere, a partire da un primo livello di conoscenza e consapevolezza delle conquiste culturali e sociali in materia di diritti delle donne, cercando di comprendere l’evoluzione e le ricadute che queste hanno avuto sulla vita sociale e lavorativa delle stesse.

Il prossimo 8 marzo, dedicato alla Festa della donna” potrebbe essere un’utile occasione per inaugurare uno sportello informativo sull’orientamento professionale delle donne, con l’intento di favorire un dialogo costruttivo fra le diverse generazioni su tematiche di particolare rilievo come le pari opportunità politiche, la legislazione nazionale ed europea e la ricerca dei relativi finanziamenti, le nuove professioni e la riforma del mercato del lavoro, le imprese al femminile, la salute e il benessere delle donne tra prevenzione e cura.

Nel frattempo ci auguriamo che la Consulta per le Pari opportunità possa presto insediarsi ed assolvere ai compiti previsti dal regolamento: espressione di pareri sugli atti amministrativi, presentazione di proposte, organizzazione di incontri, attività di ricerca e indagini sulla condizione femminile, con la speranza di vederle, in futuro, maggiormente rappresentate un Consiglio comunale e in una Giunta meno “maschiliste”.

Un segnale potrebbe essere dato istituendo la delega alle “Pari opportunità ed alle differenze di genere” da affidare a un assessore o a un consigliere comunale, con il compito di migliorare la conoscenza delle condizioni della donna nel territorio urbano, sia sotto il profilo dell’occupazione che sotto il profilo delle infrastrutture e dell’efficienza dei servizi e dei livelli di partecipazione. Una più illuminata, corretta politica dei servizi sociali, infatti, una più adeguata politica delle infrastrutture, che costituiscono il tessuto irrinunciabile per la promozione non solo della donna , è soltanto u o dei contributi che l’Amministrazione cittadina deve garantire per consentire alle donne il libero inserimento nel mondo del lavoro e la effettiva partecipazione alla organizzazione politica e sociale della città.

Le istituzioni hanno il dovere di fare autocritica , poiché la “politica al maschile” riesce con irrisoria facilità ad aggirare quei pochi vincoli che imporrebbero una reale parità di accesso alla vita pubblica (vedasi l’art. 51 della Costituzione, che sancisce “Tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici ed alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”).

PER LE PRIMARIE


L’evento politico – elettorale, denominato “Primarie”, proposto dal Partito democratico a tutti gli elettori di Corato e di Ruvo di Puglia con una libera votazione che si svolgerà domenica 8 febbraio dalle ore 9 alle ore 20 presso la sede del Circolo, in Corso Cavour, 14 per la scelta dei candidati al Consiglio provinciale, merita alcune riflessioni sul significato di questo nuovo meccanismo elettorale che serve per conoscere, scegliere ed eleggere buoni amministratori e vincolare gli eletti a svolgere un’attività al concreto servizio dei cittadini.

La prima occasione è stata data nella conferenza stampa del 29 gennaio e nell’assemblea tenutasi, alla presenza dell’on. Dario Ginefra, segretario provinciale del PD, il giorno dopo nel cinema Elia, nella quale il coordinatore di Corato, Riccardo Mazzilli e quello di Ruvo, Pasquale De Palo, hanno presentato i rispettivi candidati di collegio: Maria Bovino, Natalino Petrone e Benny Piarulli (Collegio Corato n.18) e Rino Basile, Vito Ottombrini e Ciccio Cecalupo (Collegio Ruvo-Corato n. 32).

Tutti gli intervenuti, in sostanza, sia pure con accenti e riferimenti personali diversi, hanno tenuto a precisare che le “Primarie” sono uno strumento democratico che garantisce la più ampia partecipazione nella fase di designazione di una candidatura. Non solo, esse consentono la massima trasparenza ed evitano – come è sempre avvenuto nel passato e avviene tuttora negli altri partiti - una candidatura imposta dall’alto.

In un contesto politico caratterizzato dalla disaffezione alla politica e dalla scarsa partecipazione alla vita amministrativa, le primarie, indubbiamente, rappresentano un nuovo rapporto di responsabilità civile e di partecipazione politica, basati su di un metodo semplice, trasparente, democratico che garantisce una sana competizione elettorale, tra persone, proposte ed idee.

Un primo, storico esempio lo si è avuto il 14 ottobre 2007, quando quattro milioni e mezzo di italiani hanno dato vita al PD eleggendo con le primarie il segretario nazionale (Valter Veltroni) e quello regionale (Michele Emiliano).

A Corato e Ruvo, l’ 8 febbraio, per la prima volta, per quanto concerne le elezioni provinciali, accadrà la stessa cosa, segnando così una netta differenza con i metodi del passato e accorciando la distanza tra i cittadini e gli eletti.

Troppe volte abbiamo notato delusione o disinteresse, anche da parte degli organi dirigenti. Ovviamente anche per i militanti è un mondo ancora tutto da scoprire, per questo il clima che si respira è veramente nuovo, anche perché le primarie favoriscono l’alternanza, aiutano selezionare nuove rappresentanze politiche e possono far emergere nuovi amministratori.

Ma le primarie rafforzano anche i partiti politici e le coalizioni, in quanto li costringono a presentare i loro uomini e donne migliori, i più radicati nel territorio e li sottraggono al gioco senza regole della selezione verticistica, correntizia e lobbistica. Dall’altro lato è un’occasione per le forze politiche di costruire un rapporto diretto con gli elettori, coinvolgendoli nell’elaborazione dei programmi, nell’ascolto e nella raccolta di idee, proposte ed adesioni.

Le primarie sono anche uno strumento di verifica dell’opera degli eletti e degli amministratori: con le primarie, infatti, i cittadini hanno la possibilità si sostituire i rappresentanti che non hanno rispettato gli impegni presi con gli elettori.

Le primarie, infine, danno spazio alla società civile: attraverso esse possono emergere candidature che sono espressione di movimenti e gruppi o semplicemente cittadini che hanno le idee e le capacità di comunicarle per attrarre consenso all’interno del loro schieramento.

Con le primarie diminuiscono gli ostacoli e aumenta l’opportunità di una politica migliore.