mercoledì 27 febbraio 2013

Post-elezioni: il Pd discute e programma



     Il Partito democratico locale, riunitosi per analizzare il voto cittadino, dopo la relazione introduttiva del segretario Luigi Gagliardi, ha democraticamente espresso una serie di valutazioni sulle risultanze elettorali a livello nazionale, ragionale e locale. I numerosi interventi protrattisi per oltre tre ore, orientati ad evidenziare un processo di cambiamento della politica in generale e del partito in particolare, anche in vista delle prossime elezioni amministrative, hanno anche testimoniato l’obiettivo riconoscimento, al di là dei risultati insoddisfacenti, del lavoro svolto con passione e competenza dal segretario politico e da alcuni dirigenti.
     I risultati delle urne hanno delineato una congiuntura politica incerta dove gli equilibri non sono per nulla scontati, ed ogni partito sembra poter proseguire sul filo del rasoio. Necessitano valutazioni e scelte rapide, probabilmente (e purtroppo) frutto di patti risicati e coalizioni inaspettate, per impedire che sul Paese, questa volta, ricada pesante lo spauracchio-Grecia. Sono stati questi i denominatori comuni dei tanti e interessanti interventi. Ma uno in particolare ha acceso il dibattito: Matteo Renzi, leader mancato del Pd.
     Si contano a migliaia le persone che, soprattutto in rete, invocano la discesa in campo del “Rottamatore, quale unico profilo ancora in grado di portare a netta vittoria un centrosinistra che si è rivelato, confutando le ipotesi di vittoria predefinita, incapace di raccogliere consensi schiaccianti.
     E’ proprio il web, dunque, a 24 ore dal risultato elettorale, a fare appello a Matteo Renzi. I social network gestiti dal sindaco fiorentino e dal suo entourage, sia la pagina Facebook che Twitter , sono stati letteralmente presi d’assalto da una folla di elettori disillusi. Cercasi rinnovamento nel Pd = Matteo Renzi, ”Matteo ti prego candidati”, ”Renzi scalda i motori!”, ‘Renzi salvaci o il meno informale ”Signor Renzi, la prego di considerare una candidatura per il bene del nostro Paese’‘, sono solo alcuni dei migliaia di post che si trovano, dal 26 febbraio, in bella vista sulla bacheca del primo cittadino.
     Sono tanti, troppi, quelli che a posteriori rimpiangono per il centrosinistra la candidatura di Matteo Renzi, prospettando come la coalizione progressista avrebbe in tal modo eroso consensi sia sul fronte moderato, che su quello ‘protestatario’ del Movimento Cinque Stelle.
     Di analogo tenore i post su Twitter: “Scritto e riscritto: se avesse vinto @matteorenzi tutto questo non sarebbe successo“, si legge in un tweet. “Il Pd aveva un fuoriclasse alle primarie e lo ha mandato in tribuna per la partita del governo“, tuona un altro. Al di là dei toni delusi dilaga, misero, qualche commento ironico: “Tutti a prendersela con chi ha votato Berlusconi. Prendetevela con Bersani e il Pd o con voi stessi che non avete voluto Renzi!“. “Bisogna pur ammetterlo: con Renzi sarebbe andata in altro modo“, chiude in coda la nota amara che riassume così uno stato d’animo diffuso tra chi ci ha creduto ed è rimasto inascoltato.
     Ma un altro argomento è stato inserito nell’agenda dei lavori del coordinamento cittadino e che dovrà essere al più presto dibattuto e deciso: l’organizzazione della prossima campagna elettorale per le elezioni amministrative in grado di rispondere alla domanda: «Chi sarà il successore dell’ex sindaco Luigi Perrone e neosenatore al Comune di Corato?». 
     Parte da questa domanda la riflessione del Centro Studi Politici "A. Moro". É questa, infatti, la domanda che molti cittadini si rivolgono da qualche tempo. A nostro modesto parere, prima del programma e della coalizione, così come solitamente avviene nelle competizioni elettorali amministrative, è la scelta del candidato sindaco che deve avere carattere prioritario.
     Nel frattempo, è opportuno che anche la società civile faccia conoscere le sue idee in proposito. E noi del Centro Studi Politici “A. Moro”, che ne facciamo attivamente parte, non ci sottraiamo a questo imprescindibile dovere civico.
     Più che la decisione, abbiamo già scritto in una precedente lettera aperta, la qualità prima che un sindaco, e in generale colui che è impegnato nel servizio alla città, deve possedere è l’ascolto. Le scelte, specie quelle più difficili, devono affondare le loro radici nell’ascolto profondo della realtà. Il sindaco è un crocevia.
     Nella deriva delle diverse istituzioni politiche tradizionali, il sindaco resta uno dei pochi riferimenti sicuri per la comunità, ben al di là dei suoi già vasti ambiti di competenza. Padre, confessore, garante, potente: nell’immaginario collettivo il sindaco è una figura straordinariamente polifunzionale.
     Parlare col singolo cittadino e guardare gli orizzonti della comunità. Freddo e inflessibile nell’applicazione delle procedure amministrative, ma caldo e appassionato nello slancio testimoniale. Non potrebbe sostenere quest’incessante dilatazione del suo sguardo, non gli sarebbe possibile se non fosse capace di ascoltare profondamente, se non fosse cioè un abituale frequentatore dell’intimità collettiva.   Profondamente dentro la città e le sue dinamiche, ma anche oltre, almeno quel tanto di distacco sufficiente ad osservarla nel suo insieme. E’ il più osservato della città, ma anche il suo migliore osservatore.
     Il dibattito in corso tra i dirigenti, gli iscritti, i simpatizzanti ed i liberi cittadini evidenzia, senza ombra di dubbio, la comune volontà di non dare spazio alcuno a posizioni correntizie e strumentali, ma solo alle idee, ai progetti, ai metodi di lavoro che devono caratterizzare tutti coloro che intendono impegnarsi a livello politico e amministrativo, offrendo così un’immagine della politica più attraente e più vicina ai cittadini.
     Fare politica non è governare a tutti i costi, non è essere capaci di allearsi in modo mercenario, non è cambiare bandiera per opportunismo personale. Fare politica significa, principalmente, programmare e lottare per i programmi in cui si crede.
     É ovvio che all’appuntamento elettorale della primavera prossima non si può giungere affidandosi soltanto alla mobilitazione  per le primarie. Ci sono due versanti, l’uno di organizzazione interna e l’altro di cultura politica. Bisogna rompere ogni indugio, aprendosi a mondi con i quali non si sono intessuti proficui dialoghi.
     Sono i mondi della società civile e delle articolazioni professionali, che si connaturano per l’espressione del consenso rivolto alle idee piuttosto che all’ultimo servigio, che esprimono professionalità e talenti che desiderano essere protagonisti più che comprimari.
     Di pari passo, ritengo vada approfondita e realizzata l’organizzazione del partito per dipartimenti tematici amministrativi a carattere locale, provinciale e regionale, lasciando a chiunque la possibilità di mettere a disposizione cultura, esperienza e passione, prescindendo dall’età e dal sesso.
     Occorre, insomma, che si faccia non solo una campagna d’immagine, ma anche di contenuti. Occorre che emergano proposte chiare e nette, per evitare il rischio che durante la campagna elettorale, per esempio, la differenza tra il PD e il PDL, si riduca ad una sola consonante.
     Su questi ed altri temi confermiamo il nostro impegno con la forza che ci riviene dal metodo, dagli insegnamenti del nostro grande Maestro Aldo Moro: "Noi non vogliamo essere gli uomini del passato, ma quelli dell’avvenire. Noi vogliamo essere diversi dagli stanchi e rari sostenitori di un mondo ormai superato"».

giovedì 7 febbraio 2013

PIU’ DONNE IN POLITICA E NELLE ISTITUZIONI



Sarà questo il tema che la capolista del PD al Senato Anna Finocchiaro tratterà su invito del Partito Democratico di Corato domenica 17 febbraio alle ore 18,00.
Un ‘argomento di grande attualità, poco trattato non solo nella corrente campagna elettorale, ma anche nelle sedi istituzionali, politiche, sociali e culturali.
La democrazia incompiuta: uomini prepotenti e donne invisibili
Basta guardare pochi dati per capire la dimensione della disparità di genere nella  politica italiana. L’ 82% dei senatori, il 79% dei deputati e il 79% dei ministri sono uomini. La situazione è particolarmente sbilanciata in alcuni partiti (PdL, Lega, UdC, IdV), ma anche nel PD gli uomini superano il 70%. Una situazione analoga si presenta nel parlamento europeo, dove l’Italia si colloca al quartultimo posto tra i 27 paesi membri, con il 78% di uomini. Che questa percentuale sia pressoché identica per i partiti di destra e di sinistra dimostra che l’esclusione delle donne non è questione di orientamento politico. Sessismo e misoginia non abitano solo a destra. Si tratta di un fenomeno generale che veicola un messaggio semplice: le donne non devono entrare in politica.
Non parliamo della nostra città, dove negli ultimi dieci anni soltanto una donna, Maria Bovino, del PD, ha potuto sedersi sugli scanni del Consiglio comunale e mai nessuna nelle giunte presiedute dal sindaco Luigi Perrone.
In Italia e a Corato serve un antitrust della politica. Non è ammissibile che un paese formato da metà uomini e metà donne sia governato da un unico gruppo, non importa quale. E’ a dir poco sconcertante che ci si scandalizzi davanti a un tribunale islamico in cui la testimonianza della donna vale metà di quella di un uomo, ma si accetti come normale un Parlamento in cui per ogni voce femminile ci sono quattro voci maschili.
Una democrazia moderna non può rinunciare alle donne
Esistono molti motivi per cui un paese democratico non può rinunciare al contributo delle donne. Ne citiamo quattro:
1) E’ una questione di giustizia. La costituzione (art. 3 e art. 51) sancisce l’eguaglianza di genere nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive. La sistematica esclusione delle donne dalle cariche politiche è anti-costituzionale.
2) Le leggi proposte e approvate in Parlamento riguardano donne e uomini in ugual misura. Anzi, alcuni temi su cui si esprime il Parlamento sono di particolare e, a volte, esclusiva rilevanza per le donne. Quando si decide di ridurre il tempo pieno nelle scuole pubbliche, chi pagherà maggiormente le conseguenze? Quando si decide sulla fecondazione assistita, sullo stupro, sull’ aborto, quali sono le persone direttamente interessate? In una vera democrazia, quale logica può giustificare l’esclusione di uno o dell’altro gruppo dal potere legislativo? Per una logica analoga sembra ingiustificabile che la corte costituzionale, organo vitale in qualsiasi democrazia, sia composta al 93% da  uomini.
3) Le donne sono portatrici di una cultura diversa. Ricerche psicologiche e sociologiche dimostrano che, mediamente, le donne sono più propense a condividere valori democratici come l’uguaglianza, la responsabilità sociale, l’accoglienza, la protezione dell’ambiente e meno propense ad accettare una struttura sociale gerarchica in cui un gruppo domina su di un altro e in cui le minoranze non vengono rispettate. In altre parole, sono loro le portatrici dei valori democratici per eccellenza. E’ proprio per questo che le istituzioni e, in particolare, i partiti progressisti non possono fare a meno delle donne, a meno che non vogliano rinunciare proprio alla realizzazione dei valori che li distinguono.
4) Infine, la presenza delle donne potrebbe dare un importante contributo per “fare pulizia” all’interno della scena politica italiana. Sotto il profilo etico le donne sono meno accomodanti degli uomini. E’ ben documentata la loro minore propensione alla delinquenza di qualsiasi natura, dai furti agli omicidi: solo una piccola parte dei reati commessi in Italia è imputabile a donne. Questo vale anche per molti crimini di tipo economico, come le truffe e le frodi informatiche, settori in cui solo il 22% dei reati sono compiuti da mani femminili Esiste evidenza empirica che le donne sono, mediamente, meno tolleranti rispetto alla disonestà e a pratiche immorali negli affari.
Negli ultimi anni, la politica italiana ha conosciuto un degrado etico senza confronti nel mondo occidentale, a cominciare dallo sfruttamento sessuale delle donne. In Italia, ma non solo, gli scandali a sfondo sessuale coinvolgono quasi esclusivamente politici uomini. Anche quando esercitano il potere, in genere le donne non usano la propria posizione o i propri soldi per comprare sesso e non decidono le carriere altrui in base alla disponibilità a passare per il loro letto. Lo sfruttamento sessuale non fa parte della loro cultura. Ben venga, quindi, la presenza femminile in politica.
Lo zip in politica
E’ quindi necessario un intervento drastico che favorisca il riequilibrio della rappresentanza in base al genere. Una prova evidente dell’utilità delle quote è fornita da una ricerca condotta in Italia (De Paola, Scoppa e Lombardo, 2010). L’introduzione obbligatoria delle quote di genere per le elezioni comunali è stata in vigore nel nostro paese per un breve periodo (aprile 1993 – settembre 1995) e ha quindi interessato solo i Comuni in cui si è votato in quel periodo. Si noti che la legge imponeva un numero minimo di donne (1/3) nelle liste, ma non garantiva seggi riservati alle donne. La ricerca ha rilevato che,  durante quel periodo, la rappresentanza femminile nei Consigli comunali è più che raddoppiata. Inoltre – ancora più importante – confrontando i Comuni in cui si è votato in quel periodo con quelli in cui non si è mai votato con il sistema delle quote, si è visto che nei primi la rappresentanza delle donne in politica si è mantenuta più alta che nei secondi anche dopo che le quote sono state abolite (1996-2007).  Le quote, quindi, contribuiscono a cambiare la mentalità e la cultura e il loro effetto permane anche quando non sono più in vigore.
Quale regola può ristabilire l’equilibrio tra i generi? La regola più semplice, applicabile nelle elezioni nazionali, locali ed europee, è che in ciascuna lista elettorale un posto ogni due sia assegnato a una donna, ossia che uomini e donne siano presenti in lista in modo alternato, come i denti di una cerniera lampo, come uno zip. Non è complicato. È solo questione di logica.
Bisogna dare la possibilità alle donne che ne hanno capacità, predisposizione e vocazione per l’attività politica di partecipare alla “gara” senza penalizzazioni rispetto ai colleghi maschi. Crediamo, quindi, che in Parlamento e nei Consigli regionali, provinciali e comunali, in rappresentanza dei cittadini, debbano sedere donne e uomini che abbiano dato prova di possedere competenze politiche di alto livello e grandi motivazioni.
La selezione quindi deve essere sulla qualità e non cero sulla quantità. Ciò non toglie che riteniamo necessaria un’opera di sensibilizzazione nella società, affinché sostengano con il voto quelle donne che abbiano dimostrato capacit-à. Si avverte, infatti, un grande bisogno del ,loro apparto, della loro sensibilità e della loro visione  delle cose, anche ai massimi livelli.
Siamo sicuri che il Partito Democratico, che nel proprio Statuto prevede la parità di genere, andrà oltre la data del 17 febbraio riproponendo una battaglia ideale e culturale che individui nella concezione e nella pratica della politica e nell’uso del potere uno dei fondamenti, uno dei tratti distintivi della sinistra. La politica come realizzazione del bene comune, come decisione sottoposta alla verifica dei cittadini e delle cittadine, la politica come responsabilità individuale e collettiva.