Camminando per strada la gente spesso mi
chiede: chi sarà il prossimo sindaco di
Corato? Beh, quelli come me ed il Centro Studi Politici “A. Moro” che seguiamo
da sempre le vicende politico-amministrative della città non sono maghi, conoscono magari meglio le
questioni politiche, possono fare solo pronostici,
ma con questo caos che esiste nella politica coratina, è una domanda
alla quale al momento è impossibile rispondere.
Rispondo così: non sappiamo neppure chi
sono i candidati certi, le varie coalizioni in campo, figurarsi il prossimo sindaco…
Da qui a marzo, aprile, maggio – non è stata fissata neppure la data in cui si
andrà alle urne – facile immaginare che ne succederanno tante.
In fin dei conti è facile solo indovinare
i papabili, come sempre: sono gli stessi più o meno, persone che stanno da 10
anni o forse più sulla cresta dell’onda, e pochi nuovi, che poi sarebbero
persone che fanno politica da meno tempo. Di nomi al di fuori della politica, esponenti
della società civile, che poi potrebbero essere i volti veramente nuovi,
neanche l’ombra. Anche perché la società civile non vuole “sporcarsi le mani” e
quindi il circolo diventa vizioso: ci sono sempre le stesse identiche facce
perché solo loro hanno il coraggio di candidarsi, che sia a sindaco o consigliere
comunale.
Intanto, la cosa più importante ora sono
le coalizioni. Il centro-destra, che ha il suo leader nell’attuale sindaco
Luigi Perrone, aspirante candidato al Parlamento, deve riannodare le fila della
sua compagine che non è più la stessa del 2008, essendo venuti meno alcuni
importanti componenti, che in consiglio comunale sono passati al gruppo misto
avendo dato vita ad altre formazioni politiche.
Anche al centro e a sinistra ancora nulla
di fatto, nonostante il susseguirsi di riunioni tese a concertare alleanze,
programmi, candidature, regolamenti ed eventi. Il Pd, partito di maggioranza
relativa della coalizione di centro-sinistra, che annovera cinque attivi
consiglieri comunali, ha convocato tutti, ma attende chiarezza, soprattutto
dall’Udc, il quale ufficialmente ancora deve comunicare le sue reali intenzioni.
Evidentemente, esistono anche diverse vedute interne. Ovviamente le alleanze
ipotizzate potrebbero rompersi a causa del nome del candidato a sindaco.
Molti sono convinti, a ragione
probabilmente, che i nomi verranno decisi dalle solite due-tre persone a coalizione
mentre le riunione ufficiali in realtà siano solo uno specchietto delle
allodole per far vedere ai militanti che qualcosa contano pure loro.
C’è il rischio, viste le tante ambizioni,
i vecchi rancori, la politica del dispetto, che ai nastri di partenza si
presentino
almeno quattro-cinque candidati.
Non tutti tengono presente i sondaggi
riferiti all’assenteismo elettorale, che assegna a chi non vuole andare a
votare ben il 50% perché delusi dai partiti, dalla politica e dai loro
rappresentanti a tutti i livelli.
Insomma, ci sono tanti ottimi solisti, senza
un autorevole direttore d’orchestra che crei l’armonia. Nessuno ha ancora
offerto il contributo per una futura Amministrazione che possa contare su una
maggioranza chiara e profondamente riformatrice, espressione di quel nucleo di
elettori innovativi, riflessivi, impegnati che sono la maggioranza politica e
sociale del paese, senza creare alcun conflitto di ruoli tra le parti in campo
perché decideranno gli elettori.
Se
ciò non avverrà, ancora di più il PD dovrà accentuare la propria fisionomia e
la propria leadership plurale, per conquistare quegli elettori che ho definito
innovativi, riflessivi ed impegnati: un popolo decisivo per il cambiamento
della città, che non segue fughe in avanti irresponsabili ed estremismi di
parte. Per questo è nato il PD, è nato per dare una casa anche a questa
maggioranza diffusa, lontano da ogni populismo insomma, una “Left of center”
(sinistra del centro), che vuole farsi perno di un reale contesto riformista,
un contesto che non tenta di aggiungere in extremis la lezione di Togliatti al
paradigma del riformismo italiano,
di cui certamente il PD non ha alcun
bisogno.
Quindi,
in questo quadro e con questa finalità, il mondo con cui si sta dialogando non
è solo un interlocutore, ma deve potersi sentire a casa propria nel PD veramente
e profondamente orientato al cambiamento, mostrando non solo la disponibilità,
ma anche l’onore di volerli sentire non solo amici, ma protagonisti di primo
piano.
Se si vogliono comunque
fare coalizioni, non credo sfugga a nessuno che il programma di governo debba essere chiaro e condiviso,
quindi i candidati-sindaci debbano confrontarsi su progetti di città
compatibili ed integrabili.
Ma come appare già da subito, il confronto
sarà su programmi sostitutivi e conflittuali. Bisogna assolutamente evitare che
questi progetti
non facciano sintesi, creino conflitto, accendano le tifoserie che al termine
della partita non confluiranno a sostegno dell’altro, ma si sottrarranno.
Così non si può. Non basta una carta
d’intenti, troppo generica, la firmerebbe chiunque di buon senso. Bisogna
adottare un programma e su quello i candidati-sindaci e consiglieri faranno
arricchimenti e non stravolgimenti, miglioramenti non abrogazioni sostitutive.
La nostra proposta è la seguente:
accettare di sottoporre i propri programmi alla valutazione di una commissione
di esperti che discuta pubblicamente le loro implicazioni finanziarie,
amministrative e sociali. Non si tratta di sottoporre i partiti a una
commissione d’esame, ma di aiutare il dibattito elettorale a focalizzarsi sui
contenuti e non sugli umori. I problemi che la città deve affrontare richiedono
competenze tecniche di cui il cittadino non può disporre.
Se la politica ha perso la fiducia di
molti cittadini, ha perso anche quella di coloro che contano nelle varie sfere
della società. Se occorre un nuovo patto tra politica e cittadini, occorre
anche una nuova responsabilità della politica nei confronti delle sue classi
dirigenti.
Se ci saranno primarie, queste vanno
affrontate nella logica del NOI e non dell’IO, che devono dare l’idea di una
squadra che vuole vincere per il Comune di Corato, e non di un continuo
randellarsi tra progetti conflittuali e
protagonisti che vogliono arrivare a qualunque costo anche “senza vincere” le
elezioni. Bisogna, insomma, trasmettere certezze e sicurezze di coesione, unità
e progetto. Questo è il senso di una classe dirigente responsabile e che vuole dare
una speranza vera alla città.
I cittadini, e noi con loro, alla fine del
percorso non vogliamo trovarci a scegliere una coalizione che evoca la sinistra
di ieri o meglio dell’altro altro ieri, o una brutta copia di un liberismo che
evoca invece scenografie e contenuti dell’ex Forza Italia.
Unico modo per impedirlo è un documento
programmatico chiaro, sottoscritto da tutti, su tutti gli elementi fondanti e
nella competizione si sceglierà l’integrativo o l’aggiuntivo, non il
sostitutivo. Questa è la condizione cardine per le primarie. Le altre sono
regole marginali e non importanti.
Insomma, le primarie devono essere fatte per
governare meglio e insieme, non per vincerle e dividersi. Ogni candidato alle
primarie non può avere le sue alleanze, i suoi veti o la furbizia di dire dopo.
Così è veramente come se si trasmettesse agli elettori l’idea di una Torre di
Babele.
Nella primavera del 2013 non ci dovrà
essere una campagna elettorale gridata, astiosa, e personalizzata. Ai
concittadini non interessa sapere chi ha fatto più disastri nel passato, ma
interessa conoscere i rimedi che si propongono per uscire da quei disastri.. E
su questa base, quindi, ognuno darà il proprio voto.
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