“Chi sarà il successore del sindaco Luigi
Perrone al Comune di Corato? ”. E questa la domanda che molti cittadini si
rivolgono da qualche tempo. Purtroppo, al di là di qualche nome emergente dai diversi
schieramenti politici, nessuno ha ancora avuto l’opportunità di trovarsi di
fronte ad una persona che abbia espresso pubblicamente la sua chiara volontà di
candidarsi alla carica di primo cittadino.
A
nostro modesto parere, prima del programma e della coalizione, così come
solitamente avviene nelle competizioni elettorali amministrative, è la scelta
del candidato sindaco che deve avere carattere prioritario, possibilmente
attraverso le elezioni primarie nell'ambito delle coalizioni, precedute,
eventualmente da quelle di partito nel caso in cui ci fossero più aspiranti.
Nel frattempo, è opportuno che anche la
società civile faccia conoscere le sue idee in proposito. E noi del Centro
Studi Politici “A. Moro”, che ne facciamo attivamente parte, non ci sottraiamo
a questo imprescindibile dovere civico.
Più che la decisione, la qualità
prima che un sindaco, e in generale colui che è impegnato nel servizio alla
città, deve possedere è l’ascolto. Le scelte, specie quelle più difficili,
devono affondare le loro radici nell’ascolto profondo della realtà. Il sindaco
è un crocevia. Nella deriva delle diverse istituzioni politiche tradizionali,
il sindaco resta uno dei pochi riferimenti sicuri per la comunità, ben al di là
dei suoi già vasti ambiti di competenza. Padre, confessore, garante, potente:
nell’immaginario collettivo il sindaco è una figura straordinariamente
polifunzionale.
Parlare col singolo cittadino e guardare
gli orizzonti della comunità. Freddo e inflessibile nell’applicazione delle
procedure amministrative, ma caldo e appassionato nello slancio testimoniale.
Non potrebbe sostenere quest’ incessante dilatazione del suo sguardo, non gli
sarebbe possibile se non fosse capace di ascoltare profondamente, se non fosse
cioè un abituale frequentatore dell’intimità collettiva. Profondamente dentro
la città e le sue dinamiche, ma anche oltre, almeno quel tanto di distacco
sufficiente ad osservarla nel suo insieme. E’ il più osservato della città, ma
anche il suo migliore osservatore.
Non una, ma cento, mille città convivono
nella stessa città. Mondi diversi s’intersecano e condizionano in un’intricata
rete di relazioni, scambi, culture, stili di vita e anche conflitti. Cento
città, ciascuna delle quali pensa se stessa come unica, essenziale, centrale.
Che lotta perché il proprio bisogno sia riconosciuto per il suo superiore
valore rispetto a quello degli altri.
Il dibattito in corso tra i dirigenti, gli
iscritti, i simpatizzanti ed i liberi cittadini evidenzia, senza ombra di dubbio,
la comune volontà di non dare spazio alcuno a posizioni correntizie e
strumentali, ma solo alle idee, ai progetti, ai metodi di lavoro che devono
caratterizzare tutti coloro che intendono impegnarsi a livello politico e
amministrativo, offrendo così un’immagine della politica più attraente e più
vicina ai cittadini.
Fare politica non è governare a tutti i
costi, non è essere capaci di allearsi in modo mercenario, non è cambiare
bandiera per opportunismo personale. Fare politica significa, principalmente,
programmare e lottare per i programmi in cui si crede.
E’ ovvio che all’appuntamento elettorale della
primavera prossima non si può giungere affidandosi soltanto alla mobilitazione per le primarie. Ci sono due versanti, l’uno
di organizzazione interna e l’altro di cultura politica. Bisogna rompere ogni
indugio, aprendosi a mondi con i quali non si sono intessuti proficui dialoghi.
Sono i mondi della società civile e delle articolazioni professionali, che si
connaturano per l’espressione del consenso rivolto alle idee piuttosto che
all’ultimo servigio, che esprimono professionalità e talenti che desiderano
essere protagonisti più che comprimari.
In questo senso sicuramente i candidati
alle primarie si porranno come esempio di un nuovo modo di fare politica,
caratterizzato dall’ascolto, dal confronto e dalla condivisione. Di pari passo,
ritengo vada approfondita e realizzata l’organizzazione del partito per
dipartimenti tematici amministrativi a carattere locale, provinciale e
regionale, lasciando a chiunque la possibilità di mettere a disposizione
cultura, esperienza e passione, prescindendo dall’età e dal sesso.
In conclusione, esprimiamo tutti la
speranza che le cose che si vogliono fare coincidano con quelle che realmente
si faranno. Indispensabile, a questo punto, diventa l’assemblea programmatica di partito e/o di coalizione,
nella quale i candidati dei due distinti saranno presentati alla cittadinanza,
illustreranno il lavoro svolto e le strategie future sia personali che del proprio
partito e ascolteranno le proposte relative alle varie problematiche
amministrative.
Occorre, insomma, che si faccia non solo una
campagna d’immagine, ma anche di contenuti. Occorre che emergano proposte
chiare e nette, per evitare il rischio che durante la campagna elettorale, per
esempio, la differenza tra il PD e il PDL, si riduca ad una sola consonante.
Su questi ed altri temi confermiamo il
nostro impegno con la forza che ci riviene dal metodo, dagli insegnamenti del
nostro grande Maestro Aldo Moro: “Noi non vogliamo essere gli uomini del
passato, ma quelli dell’avvenire…. Noi vogliamo essere diversi dagli stanchi e
rari sostenitori di un mondo ormai superato”.
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