La
crisi economica e sociale sta aumentando il bisogno di servizi dei singoli e
delle famiglie e il principio della solidarietà sociale, in presenza delle
enormi difficoltà dei bilanci pubblici, impone agli amministratori locali di
affrontare con decisione le tante emergenze imposte da una congiuntura così
difficile.
Famiglie
e Anziani vivono con grande dignità un progressivo impoverimento, spesso nascosto per comprensibile
pudore. Il Comune non può dimenticare coloro che sono in difficoltà: la prima
fondamentale emergenza è quella di garantire il sostegno a chi è più esposto
alla crisi, nella fiducia che chi ha meno difficoltà di reddito comprenderà e
apprezzerà le linee di intervento scelte dall’ Amministrazione Comunale, perché
la città non è solo un luogo in cui vivere, ma anzitutto una comunità di cui si
fa parte.
L’emergenza delle famiglie
L’emergenza delle famiglie, se
si vuole essere concreti, la si affronta soprattutto dando la possibilità di
avere un lavoro, una casa e di garantire la fruizione di servizi
sociali. Lavoro e
casa (cioè
stipendio e affitto) costituiscono per moltissimi coratini il problema
principale, insieme con la difficoltà delle spese ordinarie per il vitto, la scuola dei
figli, la sanità, l’assistenza agli anziani, i trasporti.
Una nuova
politica della casa
L’urgenza
di una politica sociale della casa si è fatta drammatica. In città moltissimi
appartamenti rimangono inutilizzati, gli sfratti continuano ad aumentare, così
come le persone senza casa: un esito inevitabile quando il problema è lasciato
in balia degli interessi immobiliari, senza un adeguato intervento pubblico.
Si è
certo rivelato provvidenziale, in moltissimi casi, l’intervento delle
associazioni caritative del volontariato, ma troppe volte il Comune ha lasciato sole le famiglie in difficoltà,
lavandosi le mani rispetto alle più gravi emergenze sociali. Noi siamo convinti
che bisogna affrontare, con una nuova strategia complessiva, il problema ed evitare che esso assuma
dimensioni ancora più drammatiche.
E’
questa la prima vera politica a sostegno della famiglia di cui abbiamo bisogno,
non i proclami vuoti e le prediche ipocrite che, per difendere le rendite di
pochi, impediscono alle famiglie perfino di nascere!
Il settore dell’affitto rappresenta una indiscutibile priorità.
Accanto ad una popolazione che in larga parte è proprietaria di casa, vi è una
parte significativa, soprattutto fra i giovani, che proprietari non sono. Una
efficace politica sociale deve puntare anzitutto ad accrescere l’offerta in affitto a canoni
accessibili:
affitti compatibili con i redditi, soprattutto con i redditi molto bassi,
quelli delle famiglie che le indagini sulla povertà ci dicono più vulnerabili
dal punto di vista economico: le famiglie numerose, le famiglie monoreddito, le
famiglie con anziani non autosufficienti, con malati o con disabili.
L’area
del disagio comprende ormai una varietà di situazioni, che riguardano molti
differenti gruppi sociali: le politiche locali devono dovranno quindi muoversi
lungo diverse linee, coinvolgendo diversi soggetti, sia pubblici che privati
(in particolare soggetti e risorse del settore associativo/non profit e delle
fondazioni):
-
rilanciare
l’edilizia sociale pubblica: riqualificare il patrimonio pubblico, con un piano
straordinario di recupero e manutenzione; rivedere il sistema delle
assegnazioni; ma anche realizzare nuovi programmi per estendere l’offerta di
abitazioni sociali, sfruttando tutte le opportunità offerte dai finanziamenti
regionali e statali;
-
progettare un piano straordinario di interventi congiunti
pubblico-privato, allo scopo di realizzare un’offerta di case in affitto sia a canoni
sociali, sia a canoni calmierati per le categorie che hanno redditi più alti di quelli previsti
per l’edilizia residenziale pubblica. E’ un tipo di interventi che fa parte di
quelli che di solito vanno sotto il nome di “housing sociale” o di “social
housing”: che spesso però si risolvono in iniziative che rispondono unicamente
alle esigenze di ceti medi, alla domanda di abitazioni in proprietà, alle
esigenze degli operatori immobiliari. Invece anche con questi nuovi strumenti
bisogna dare priorità alla domanda di affitto e alle situazioni di disagio
abitativo;
-
allestire una
“rete di salvataggio” per le situazioni di emergenza (sfratti esecutivi, persone e/o
famiglie senza casa, ecc.); sostenere enti, associazioni, comunità che offrono
ospitalità a persone senza casa, soprattutto se portatrici di
fortissimo disagio sociale.
-
infine, intervenire
sul mercato dell’affitto, contrastando la pratica dei canoni in nero e facilitando la
formazione di contratti a “canone concordato”. In questa prospettiva
occorre sfruttare l’opportunità
offerta dalle molte abitazioni inutilizzate: sia rendendo più costosa la scelta dei
proprietari a mantenerli sfitti, sia attivando contratti di solidarietà
garantiti dal Comune. La rimessa in circolo di una parte anche modesta di
questo patrimonio rappresenterebbe per molti cittadini, soprattutto i
giovani, a basso reddito o con lavoro precario, desiderosi di formarsi una
famiglia, una chance significativa.
Una nuova politica dei Servizi Sociali
Anche
i servizi sociali e di assistenza alle famiglie necessitano di una profonda
rivisitazione alla luce della crisi e dlla pericolosa diffusione di tante nuove
povertà. Al fine di costruire una politica sociale più aderente ai bisogni
della popolazione è perciò necessario:
-
strutturare il bilancio del sistema sociale includendo non solo le quote del
Piano di Zona ma anche l’ammontare complessivo delle somme destinate a servizi;
-
programmare gli interventi del Piano di Zona nella logica di una
efficiente integrazione dei servizi sul versante sanitario e
socio-assistenziale
- superare il sistema degli interventi a pioggia che
vedono solo i singoli casi di bisogno (interventi per anziani, per disabili, per minori ecc.),
progettando un “sistema” organico capace di difendere la comunità migliorando e
valorizzando ciò che già viene svolto con competenza e generosità dal personale
di questo settore;
- potenziare la collaborazione con il terzo settore
e con il volontariato,
dotandoli di mezzi e di risorse, nell’ambito di accordi pubblici e trasparenti;
- adottare rigorosi criteri per l’affidamento degli
incarichi e degli appalti a società, cooperative ed enti esterni e attivando severi sistemi di controllo
sulla qualità dei servizi effettivamente erogati, evitando che tutto questo sia
lasciato alla discrezionalità dell’assessore competente attraverso la
possibilità di accesso alle informazioni da parte dei cittadini;
-
coordinare gli interventi di Comune, ASL e altri Comuni del comprensorio, allo
scopo di rendere omogenei gli interventi su tutto il territorio, per evitare
che alcune zone siano meno servite di altre;
-
chiamare il Privato Sociale, il No Profit e il Volontariato alla costruzione di
un Progetto comunale per gli Interventi Sociali per valorizzare tutti i
soggetti portatori di valori solidali, di idee e anche di risorse
aggiuntive;
-
utilizzare i gruppi del Volontariato diffusi in città anche come “sensori” del disagio sociale e come “rilevatori”
delle nuove povertà,
in modo che dove non può arrivare il personale comunale e degli enti pubblici,
operi attivamente questa rete per il monitoraggio del bisogno e della sofferenza,
che spesso tendono a nascondersi per comprensibile pudore e legittimo riserbo;
-
promuovere e patrocinare interventi per progetti sostenibili favorendo
l’accesso ai finanziamenti dell’UE e delle fondazioni bancarie.
-
finanziare corsi di formazione e perfezionamento del personale volontario
addetto all’assistenza diretta alle persone in stato di disagio.
Tutto
questo, avendo ben chiari i principi che devono ispirare la collaborazione fra
le Associazioni Caritative e del Volontariato e l’Amministrazione Pubblica. La generosità dei volontari, infatti, non deve
essere strumentalizzata per diminuire i costi dei servizi, magari mettendolo in concorrenza con
altri soggetti del Terzo settore, né essere abbandonata a se stessa,
contribuendo così ad aumentare il discredito delle istituzioni. Al contrario,
il Volontariato, senza sostituirsi al pubblico ma attraverso la sua specificità
e autonomia, può e deve con esso facendo rete, mobilitare persone, idee,
proposte e costruire legami e relazioni sociali, in coerenza con il principio di sussidiarietà
orizzontale, sancito dalla Costituzione.
La questione Immigrazione
Come
tutti constatano di persona, l’inserimento di oltre 1000 stranieri nella nostra comunità ha
colmato i vuoti lasciati liberi dai coratini in molti settori (assistenza agli anziani, manovalanza
industriale e nel settore edile, ristorazione, ecc.) e molti di loro hanno
offerto preziosissime competenze tecniche e professionali. La quasi totalità
rispetta le regole civili e le leggi del nostro paese, moltissimi hanno subito
imparato la nostra lingua e si sono inseriti positivamente nel tessuto sociale.
Tutti pagano le tasse (le trattenute sugli stipendi) quando non sono obbligati al lavoro nero e aumentano anche il gettito dell’Iva ogni volta che vanno alla cassa del
supermercato; senza i contributi da loro versati sarebbe molto più difficile
garantire le prestazioni previdenziali a chi ha lasciato il lavoro. E come
accade in tutte le società, solo una minoranza, per bisogno o per condizioni di
estrema marginalità, infrange la legge con atti di microcriminalità (furti, piccole rapine, aggressioni)
che qui a Corato non hanno mai superato il livello di guardia.
Dobbiamo
onestamente chiederci se questi nostri nuovi concittadini hanno il diritto di
“avere dei diritti”. Noi pensiamo di sì. Se obiettivo primario nella politica
dell'Amministrazione locale è la coesione sociale, è dunque indispensabile agevolare le
associazioni (di ispirazione religiosa, ma non solo) che già operano per
l’integrazione degli stranieri e soprattutto dei loro figli, che costruiranno
con i nostri la città del futuro.
Ma
questo non basta: il Comune stesso deve promuovere ed intensificare interventi
diretti come:
- la
consulenza per le pratiche amministrative (rinnovi dei permessi di soggiorno,
iscrizioni alle scuole dei bambini, accesso alla sanità pubblica) mediante lo “sportelli immigrazione”;
-
l’allestimento di corsi per l’apprendimento della lingua italiana e la conoscenza dei
diritti e dei doveri
in conformità ai dettati della Carta Costituzionale e della Dichiarazione dei
diritti universali dell’umanità;
-
controlli finalizzati alla prevenzione
degli abusi da parte dei proprietari degli immobili;
- la
creazione di spazi di
socializzazione disponibili per le varie comunità, che hanno bisogno sia di inserirsi
nella rete sociale locale, ma anche di mantenere legami di coesione al proprio
interno;
-
l’organizzazione e/o patrocinio di feste, concerti, manifestazioni culturali e gastronomiche,
proiezioni cinematografiche, dibattiti pubblici tesi a far conoscere le culture delle
comunità immigrate ma anche ad affrontare i seri e complessi problemi di un
società multietnica (diversità di storie, tradizioni, religioni, consuetudini,
regole sociali e civili, ecc.)
Ma
più decisiva di tutte dovrà essere, in prospettiva, una politica di intervento
per il sostegno
dell’integrazione scolastica dei giovani immigrati o dei figli di seconda
generazione (la G2),
che costruiscono una percentuale sempre più significativa nelle nostre aule
scolastiche. E’ qui che si costruisce positivamente la Corato di domani, mentre
marginalità ed emarginazione fomentano senso di esclusione, risentimento,
aggressività, violenza, insicurezza collettiva.
Infine,
in una prospettiva più ampia di autentica solidarietà sociale, non si può
passare sotto silenzio il fatto che esistono anche fra gli stranieri casi di
bisogno e di fragilità sociale (licenziamenti, cassa integrazione, difficoltà
nel pagamento dell’alloggio, handicap, malattie gravissime e invalidanti, ecc.),
che meritano di ottenere l’aiuto del Comune come quelli che possono
malauguratamente accadere nelle nostre famiglie.
Per
raggiungere questi obbiettivi sarà decisivo l’apporto della “Consulta dei Migranti” che si dovrebbe costituire come strumento di analisi delle dinamiche
dell’immigrazione nel nostro territorio, per l’individuazione delle situazioni
più critiche, per l’elaborazione di proposte e progetti di intervento mirati.
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