Un
famoso film dei fratelli Cohen ha per titolo “Questo non è un paese per
vecchi”. Ma proviamo a chiederci: Corato è una città per giovani? Che spazi e che attenzione offre ai
bambini, ai ragazzi, agli adolescenti?
Spesso
essi sono troppo spesso "invisibili", vivono in disparte e in zone
d’ombra, nella più totale disattenzione degli adulti e ancor più
dell’Amministrazione Pubblica, le proprie solitudini e le proprie incertezze, a
cui rimediano come possono (le bande, internet, i videogiochi, le chat in rete,
face book, un film il sabato sera). Non è proprio il massimo, per una città
come la nostra che si dice attenta ai giovani, non offrire alcuno spazio di
socializzazione, non farsi carico delle loro difficoltà.
Insomma,
per i giovani Corato oggi è
una fabbrica di solitudine. Chi può se ne va altrove! Evidente è lo squilibrio fra le
attenzioni dedicate alla popolazione adulta e quelle dedicate ai giovani..
Certo
ci sono gli oratori e gli scout, che svolgono un’importante funzione educativa,
ma anch’essi scontano nell’età della preadolescenza un abbandono massiccio da
parte dei giovani; esistono le società sportive, ma spesso le preoccupazioni
agonistiche (vincere la gara o la partita) non lasciano il tempo per altri tipi
di attenzione alla persona. Le scuole sono aperte solo nelle ore di attività
didattica, la biblioteca si limita a distribuire i libri, i bar a vendere
hamburger e birre)…
Occorre
un “progetto giovani” del Comune! Non solo per prevenire le sofferenze più gravi, ma per
consentire ai giovani di riappropriarsi di una città che li ignora o li
considera solo come acquirenti, che offre loro solo i marciapiedi o i
giardinetti desolatamente tristi. Serve un luogo di sperimentazione che offra
momenti di libero incontro, di festa, di discussione, di espressione musicale.
Non un semplice centro di aggregazione giovanile ma una o più case dei ragazzi,
dei preadolescenti, dei giovani, presidiate da educatori professionali e
psicologi, ma anche animate da personalità creative.
Non
potrebbe esprimersi anche qui, gratuitamente, il volontariato “sociale e
culturale”? Soprattutto devono essere luoghi di libero e gratuito accesso,
anche piccoli purché fruibili con continuità, luoghi che non chiedano ai
giovani di “comprare” qualcosa, ma al contrario di portare la loro ricchezza
personale (culturale, artistica, musicale, umana, morale… ). Non manca la
possibilità di ottenere finanziamenti dalle Istituzioni Europee e/o dalle
Fondazioni su un progetto certo ambizioso, ma indispensabile alla nostra città:
ed è anche in questa prospettiva che pensiamo anche alla “Città dei ragazzi”,
che potrebbe trovar posto in una delle grandi strutture inutilizzate dal Comune
e che potrebbe funzionare con il decisivo apporto del volontariato educativo e
culturale. Occorre infine creare su Internet una “piazza telematica”
destinata ai giovani di Corato e della zona e favorire la conoscenza diretta e personale dei membri di questa community mediante
feste, concerti, proiezioni, ecc.
La condizione degli anziani
Spesso
condannati ad una malinconica solitudine, o per mancanza di mezzi o per il
venir meno di quella fitta rete di relazioni sociali che li ha accompagnati
durante l’età lavorativa, i cittadini anziani non possono essere considerati
come passivi fruitori dei servizi sociali (anche domiciliari) e/o della
generosa presenza del volontariato. Essi hanno invece il diritto di essere ancora protagonisti della
propria esistenza e della vita comunitaria, attraverso attività di socializzazione
organizzate nei quartieri anche grazie al coinvolgimento del mondo giovanile,
delle parrocchie, del volontariato, così da tener vivo e creativo il contatto
con la comunità di appartenenza.
Tre
sono però gli ostacoli maggiori che si oppongono alla partecipazione
attiva degli anziani alla vita sociale: il permanere di barriere e ostacoli che
rendono pericolosi i percorsi stradali, spesso sconnessi e rischiosi, e
oltretutto afflitti da un traffico intenso e la mancanza nei quartieri di
luoghi aperti a chi voglia organizzare momenti di incontro. Inoltre con la
progressiva eliminazione dei negozi di vicinato, cioè quelli “sotto casa” di
cui si servirebbero volentieri se ci fossero, gli anziani perdono una
motivazione importante che potrebbe indurli ad uscire di casa e restano chiusi
nella loro solitudine in attesa di qualche anima buona che allievi
temporaneamente questa condizione. Quando poi lo stato di salute non consente
una vita sociale pienamente attiva (e la fragilità fisica si accompagna a
quella economica) la situazione non può che peggiorare. Allora la comunità
cittadina, attraverso il Comune, deve rendersi premurosamente presente:
-
mettendo a disposizione alloggi protetti per gli anziani - offrendo una capillare attività di assistenza domiciliare in modo da fornire loro un servizio
soddisfacente ad alto coinvolgimento umano che allontani il più possibile il
ricovero presso istituti di riposo;
-
mettendo a loro disposizione, in accordo con le famiglie, forme innovative di riabilitazione come la psicomotricità domiciliare;
-
incentivando anche in questo settore il volontariato dei pensionati giovani;
-
aiutando concretamente nei modi più diversi le famiglie che devono gestire gli
anziani non autosufficienti.
Chi si occupa dei più piccoli?
E’
davvero triste constatare che una società come quella nostrana, proprio mentre
lamenta con angoscia il calo delle nascite, dedica scarsa attenzione ai più
piccoli, rinunciando a investire risorse e creatività per rimodellare spazi e relazioni
sociali, in modo che siano il più possibile accoglienti nei confronti dei bambini
e dei ragazzi. Corato ha bisogno di rivedere il suo rapporto con loro,
anzitutto mediante una
pianificazione urbanistica e una ristrutturazione degli spazi urbani che tenga
conto delle loro primarie esigenze: la salubrità dell’aria, la sicurezza stradale, la
disponibilità nei quartieri di spazi di gioco all’aperto e al chiuso (giardini
e ludoteche), approfittando in questo anche della generosa disponibilità di
molte associazioni di volontariato.
A
tutti i bambini e alle loro famiglie vanno garantiti posti sufficienti nelle scuole materne e negli
asili nido,
servizi di scuolabus
capillarmente distribuiti nella città, mense adatte alle loro esigenze nutrizionali. A tutti i ragazzi deve essere
garantita la possibilità, di fare sport gratuitamente o a prezzi contenuti
(anche mediante accordi con le associazioni sportive), di disporre di luoghi di
ritrovo protetti, di sussidi didattici che i tagli ai bilanci scolastici non garantiscono
più, di occasioni di socializzazione durante le vacanze estive.
Ma
ci sono anche molti casi in cui malattia, invalidità e perfino violenza rendono difficilissima
la vita dei più piccoli. In tantissimi casi il volontariato (attivo soprattutto
mediante le specifiche associazioni che si dedicano a singoli handicap o a
particolari malattie) non può bastare. Il Comune deve farsi carico di questa sofferenza spesso nascosta che tocca i più piccoli,
favorendo la nascita di gruppi di lavoro interdisciplinari (psicologi,
pedagogisti, insegnanti, genitori, educatori, ecc.) che operino su queste
difficili e invisibili frontiere, finanziare corsi di formazione per i
genitori, creare luoghi di ascolto che affianchino quelli già attivi
all’interno dell’ASL che operano sulle emergenze più gravi.
La fatica di essere disabili
Non
hanno scelto di essere portatori di handicap e non si meritano la
commiserazione di chi ha avuto una diversa fortuna: sono semplicemente, per
noi, cittadini portatori di più
diritti degli altri
che vogliamo rispettare favorendo anche il loro apporto alla crescita non del
prodotto lordo, ma della ricchezza civile e morale della nostra comunità.
Certamente un buon numero di loro può messere accompagnato alla ricerca di un lavoro compatibile con la
disabilità, e per
questo il Comune deve potenziare le strutture di formazione e le convenzioni
già attive con imprese e laboratori artigianali, valorizzando le capacità
specifiche di ciascuna persona e adottando strumenti di analisi delle singole
situazioni al fine di creare le condizioni per una mirata programmazione di
progetti di vita.
Ma
ci sono anche molti casi in cui un’attività lavorativa non è praticabile: in
queste situazioni il Comune deve intervenire per rimuovere, direttamente o
attraverso convenzioni con enti e associazioni, gli impedimenti che si
frappongono alla
partecipazione dei disabili alla vita della comunità, promuovendo azioni volte alla loro
piena inclusione nelle attività ricreative, culturali, sportive e di
divertimento. Oggi, per fare un esempio, sono pochissimi gli sport praticabili
dai giovani disabili perché mancano spazi idonei; andare al cinema o al teatro
è per loro una scelta complicata; costosissime sono le vacanze per i portatori
di handicap. Per non dire delle troppe barriere architettoniche, di una città
adattata solo alle esigenze delle automobili e della fatica delle famiglie,
molto spesso lasciate sole a immaginare per il disabile un futuro del tutto
incerto e un presente difficilissimo.
Da
dove ricominciare è a tutti chiaro, ma al Comune è finora mancata la volontà
civile e politica di dar vita a quel grande “Progetto H” che dovrebbe costituire invece uno
degli obiettivi primari della nuova Amministrazione comunale alla cui
realizzazione dovrebbero collaborare scuola, mondo del lavoro, ASL,
volontariato, quartieri e associazioni del settore.
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