lunedì 18 giugno 2012

GIOVANI, ANZIANI, MINORI, DISABILI: CHI SI OCCUPA DI LORO?


Un famoso film dei fratelli Cohen ha per titolo “Questo non è un paese per vecchi”. Ma proviamo a chiederci: Corato è una città per giovani? Che spazi e che attenzione offre ai bambini, ai ragazzi, agli adolescenti?
Spesso essi sono troppo spesso "invisibili", vivono in disparte e in zone d’ombra, nella più totale disattenzione degli adulti e ancor più dell’Amministrazione Pubblica, le proprie solitudini e le proprie incertezze, a cui rimediano come possono (le bande, internet, i videogiochi, le chat in rete, face book, un film il sabato sera). Non è proprio il massimo, per una città come la nostra che si dice attenta ai giovani, non offrire alcuno spazio di socializzazione, non farsi carico delle loro difficoltà.
Insomma, per i giovani Corato oggi è una fabbrica di solitudine. Chi può se ne va altrove! Evidente è lo squilibrio fra le attenzioni dedicate alla popolazione adulta e quelle dedicate ai giovani..
Certo ci sono gli oratori e gli scout, che svolgono un’importante funzione educativa, ma anch’essi scontano nell’età della preadolescenza un abbandono massiccio da parte dei giovani; esistono le società sportive, ma spesso le preoccupazioni agonistiche (vincere la gara o la partita) non lasciano il tempo per altri tipi di attenzione alla persona. Le scuole sono aperte solo nelle ore di attività didattica, la biblioteca si limita a distribuire i libri, i bar a vendere hamburger e birre)…
Occorre un “progetto giovani” del Comune! Non solo per prevenire le sofferenze più gravi, ma per consentire ai giovani di riappropriarsi di una città che li ignora o li considera solo come acquirenti, che offre loro solo i marciapiedi o i giardinetti desolatamente tristi. Serve un luogo di sperimentazione che offra momenti di libero incontro, di festa, di discussione, di espressione musicale. Non un semplice centro di aggregazione giovanile ma una o più case dei ragazzi, dei preadolescenti, dei giovani, presidiate da educatori professionali e psicologi, ma anche animate da personalità creative.
Non potrebbe esprimersi anche qui, gratuitamente, il volontariato “sociale e culturale”? Soprattutto devono essere luoghi di libero e gratuito accesso, anche piccoli purché fruibili con continuità, luoghi che non chiedano ai giovani di “comprare” qualcosa, ma al contrario di portare la loro ricchezza personale (culturale, artistica, musicale, umana, morale… ). Non manca la possibilità di ottenere finanziamenti dalle Istituzioni Europee e/o dalle Fondazioni su un progetto certo ambizioso, ma indispensabile alla nostra città: ed è anche in questa prospettiva che pensiamo anche alla “Città dei ragazzi”, che potrebbe trovar posto in una delle grandi strutture inutilizzate dal Comune e che potrebbe funzionare con il decisivo apporto del volontariato educativo e culturale. Occorre infine  creare su Internet una “piazza telematica” destinata ai giovani di Corato e della zona e favorire la conoscenza diretta e personale dei membri di questa community mediante feste, concerti, proiezioni, ecc.
La condizione degli anziani
Spesso condannati ad una malinconica solitudine, o per mancanza di mezzi o per il venir meno di quella fitta rete di relazioni sociali che li ha accompagnati durante l’età lavorativa, i cittadini anziani non possono essere considerati come passivi fruitori dei servizi sociali (anche domiciliari) e/o della generosa presenza del volontariato. Essi hanno invece il diritto di essere ancora protagonisti della propria esistenza e della vita comunitaria, attraverso attività di socializzazione organizzate nei quartieri anche grazie al coinvolgimento del mondo giovanile, delle parrocchie, del volontariato, così da tener vivo e creativo il contatto con la comunità di appartenenza.
Tre sono però gli ostacoli maggiori  che si oppongono alla partecipazione attiva degli anziani alla vita sociale: il permanere di barriere e ostacoli che rendono pericolosi i percorsi stradali, spesso sconnessi e rischiosi, e oltretutto afflitti da un traffico intenso e la mancanza nei quartieri di luoghi aperti a chi voglia organizzare momenti di incontro. Inoltre con la progressiva eliminazione dei negozi di vicinato, cioè quelli “sotto casa” di cui si servirebbero volentieri se ci fossero, gli anziani perdono una motivazione importante che potrebbe indurli ad uscire di casa e restano chiusi nella loro solitudine in attesa di qualche anima buona che allievi temporaneamente questa condizione. Quando poi lo stato di salute non consente una vita sociale pienamente attiva (e la fragilità fisica si accompagna a quella economica) la situazione non può che peggiorare. Allora la comunità cittadina, attraverso il Comune, deve rendersi premurosamente presente:
- mettendo a disposizione alloggi protetti per gli anziani - offrendo una capillare  attività di assistenza domiciliare in modo da fornire loro un servizio soddisfacente ad alto coinvolgimento umano che allontani il più possibile il ricovero presso istituti di riposo;
- mettendo a loro disposizione, in accordo con le famiglie, forme innovative di riabilitazione come la psicomotricità domiciliare;
- incentivando anche in questo settore il volontariato dei pensionati giovani;
- aiutando concretamente nei modi più diversi le famiglie che devono gestire gli anziani non autosufficienti.
Chi si occupa dei più piccoli?
E’ davvero triste constatare che una società come quella nostrana, proprio mentre lamenta con angoscia il calo delle nascite, dedica scarsa attenzione ai più piccoli, rinunciando a investire risorse e creatività per rimodellare spazi e relazioni sociali, in modo che siano il più possibile accoglienti nei confronti dei bambini e dei ragazzi. Corato ha bisogno di rivedere il suo rapporto con loro, anzitutto mediante una pianificazione urbanistica e una ristrutturazione degli spazi urbani che tenga conto delle loro primarie esigenze: la salubrità dell’aria, la sicurezza stradale, la disponibilità nei quartieri di spazi di gioco all’aperto e al chiuso (giardini e ludoteche), approfittando in questo anche della generosa disponibilità di molte associazioni di volontariato.
A tutti i bambini e alle loro famiglie vanno garantiti posti sufficienti nelle scuole materne e negli asili nido, servizi di scuolabus capillarmente distribuiti nella città, mense adatte alle loro esigenze nutrizionali. A tutti i ragazzi deve essere garantita la possibilità, di fare sport gratuitamente o a prezzi contenuti (anche mediante accordi con le associazioni sportive), di disporre di luoghi di ritrovo protetti, di sussidi didattici che i tagli ai bilanci scolastici non garantiscono più, di occasioni di socializzazione durante le vacanze estive.
Ma ci sono anche molti casi in cui malattia, invalidità e perfino violenza rendono difficilissima la vita dei più piccoli. In tantissimi casi il volontariato (attivo soprattutto mediante le specifiche associazioni che si dedicano a singoli handicap o a particolari malattie) non può bastare. Il Comune deve farsi carico di questa sofferenza spesso nascosta che tocca i più piccoli, favorendo la nascita di gruppi di lavoro interdisciplinari (psicologi, pedagogisti, insegnanti, genitori, educatori, ecc.) che operino su queste difficili e invisibili frontiere, finanziare corsi di formazione per i genitori, creare luoghi di ascolto che affianchino quelli già attivi all’interno dell’ASL che operano sulle emergenze più gravi.
La fatica di essere disabili
Non hanno scelto di essere portatori di handicap e non si meritano la commiserazione di chi ha avuto una diversa fortuna: sono semplicemente, per noi, cittadini portatori di più diritti degli altri che vogliamo rispettare favorendo anche il loro apporto alla crescita non del prodotto lordo, ma della ricchezza civile e morale della nostra comunità. Certamente un buon numero di loro può messere accompagnato alla ricerca di un lavoro compatibile con la disabilità, e per questo il Comune deve potenziare le strutture di formazione e le convenzioni già attive con imprese e laboratori artigianali, valorizzando le capacità specifiche di ciascuna persona e adottando strumenti di analisi delle singole situazioni al fine di creare le condizioni per una mirata programmazione di progetti di vita.
Ma ci sono anche molti casi in cui un’attività lavorativa non è praticabile: in queste situazioni il Comune deve intervenire per rimuovere, direttamente o attraverso convenzioni con enti e associazioni, gli impedimenti che si frappongono alla partecipazione dei disabili alla vita della comunità, promuovendo azioni volte alla loro piena inclusione nelle attività ricreative, culturali, sportive e di divertimento. Oggi, per fare un esempio, sono pochissimi gli sport praticabili dai giovani disabili perché mancano spazi idonei; andare al cinema o al teatro è per loro una scelta complicata; costosissime sono le vacanze per i portatori di handicap. Per non dire delle troppe barriere architettoniche, di una città adattata solo alle esigenze delle automobili e della fatica delle famiglie, molto spesso lasciate sole a immaginare per il disabile un futuro del tutto incerto e un presente difficilissimo.
Da dove ricominciare è a tutti chiaro, ma al Comune è finora mancata la volontà civile e politica di dar vita a quel grande “Progetto H” che dovrebbe costituire invece uno degli obiettivi primari della nuova Amministrazione comunale alla cui realizzazione dovrebbero collaborare scuola, mondo del lavoro, ASL, volontariato, quartieri e associazioni del settore.

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