Il
titolo della tua opera individua la
categoria dei destinatari: “Vademecun per
gli autori esordienti”.
E
il sottotitolo precisa: “Un libro
offerto alla lettura di chi ama scrivere”.
Quanto
è ampia e composita la tipologia? Quali esigenze manifesta?
Questo libro
tenta di spiegare, a chi intende introdursi nel variopinto mondo degli autori,
quali sono i passi da compiere per passare dall’idea della composizione alla
scrittura vera e propria, all’editore, alla libreria.
Si tratta,
insomma, di una piccola guida contenente pareri e suggerimenti per gli
scrittori esordienti, affinché comprendano meglio qual è la propria strada e il
proprio stile nel mondo del giornalismo e della letteratura, le tappe da percorrere
e gli scopi da perseguire nella propria carriera, le tecniche da adottare e gli
errori da evitare nello scrivere i propri lavori.
Con i sottotitolo “Un libro da leggere per chi ama
scrivere” intendo evidenziare che esso è dedicato soprattutto a chi ha superato
la convinzione che per la redazione di un testo basti l’ispirazione. Il libro è
stato concepito come una sorta di decalogo per governare, con regole pratiche,
un testo letterario e non . Esso si avvale non solo della mia esperienza di
docente di materie letterarie, ma anche dei contributi di autorevoli scrittori.
Da Umberto Eco a Tullio De Mauro, da Roberto Lesina a Bianca Piztorno, da
Wallace Stegner a Carlo Fruttero.
Il
tuo lavoro insiste su come si scrive
un racconto, un romanzo, un testo poetico… proponendo, infine, le regole auree per fare lo scrittore e
per scrivere un bestseller: 10 “suggerimenti vitali” in ciascuno dei casi.
Ora,
dieci regole da commentare e illustrare nell’uno e nell’altro caso sono tante:
proviamo a ridurle a tre o quattro? Quali proporresti?
E’ evidente che sono necessari metodo e regole per
migliorare l’efficacia della propria scrittura. Le recenti Olimpiadi hanno
dimostrato che la partecipazione ed il successo sono il risultato di giorni,
mesi ed anni d’impegno. Lo stesso vale per gli scrittori. La maggior parte di
loro scrive per diletto, per hobby, non per mestiere. Anch’io sono soltanto un
dilettante. Ma il nostro essere dilettanti ci autorizza davvero a non seguire
alcuna linea-guida? A non curarci di nessuna delle regole che gli scrittori
professionisti adottano nello scrivere i propri lavori? A non lasciarci
consigliare da chi lavora ed opera nel mondo del libro?
La scrittura nei suoi momenti creativi è un’attività
solitaria, ma restare chiusi nella propria torre d’avorio può risultare, alla
lunga, anche controproducente. Chi scrive ha bisogno di confrontarsi e di
discutere con altri che condividano le sue stesse passioni. E’ importante anche
far leggere quello che si scrive a persone che, non essendo le nostre mamme o
inostri più cari amici e parenti, non si sentano inibiti nel rivolgerci anche
qualche critica. Oggi, soprattutto grazie ad internet, è diventato molto più
facile entrare in contatto con altri scrittori, aspiranti o anche già
affermati, discutere con loro, leggere e farsi leggere. Esiste una grande
quantità di siti dedicati alla scrittura, con la possibilità di inviare i
propri scritti e di averne una valutazione.
E veniamo alla seconda domanda: “Quali sono le regole
auree per fare lo scrittore e per scrivere un bestseller?’”
Ne ho individuate, per brevità di esposizione,
soltanto dieci indicate da scrittori importanti e famosi come, Marco Porcio Catone,
Giuseppe Giusti, Blaise Pascal, Umberto Eco, Francois René Chateaubriand,
Ernest Hemingwai, Walter Withman.
Mi chiedi di proporne almeno tre o quattro di quelle
che ho indicato nelle pagine 83 e 84.
La prima è di Giuseppe Giusti: “Il fare un libro è meno che niente se il libro fatto non rifà la gente”.
“Parti da questo principio: se chi leggerà il tuo futuro libro non resterà
appagato da un valore emozionale aggiunto, sarà come se non l’avesse letto e,
molto probabilmente, non ripeterà l’errore. Il primo pensiero di chiunque
scriva (per il gusto di essere letto, ovviamente), dovrebbe essere: ho
veramente qualcosa da dire?”.
La seconda è di Blaise Pascal: “Quando uno scrittore dice “Il mio libro” farebbe meglio a parlare del
“nostro libro”, poiché generalmente in esso c’è più di altri che di proprio”.
Non copiare! La tentazione a volte è forte ma, oggigiorno, per individuare
frasi o costruzioni “sospette” è sufficiente una banale ricerca su internet.
Quindi, fai molta attenzione a prendere “in prestito” frasi di altri, perché
non c’è fine peggiore dell’essere confinati nell’affollato Regno degli Emuli”.
La terza è di Francois Chateabriand: “Lo scrittore originale non è quello che non
imita nessuno, bensì quello che nessuno può imitare”. La scrittura può
essere considerata un’estensione naturale della nostra personalità e, come
tale, è per definizione unica e inimitabile. Non strafare, non barare e,
soprattutto, non tentare di stupire gli altri se non sei in grado di stupire te
stesso”.
Ci sono poi le dieci regole (semiserie) dello
scrittore indicate dall’americano Henry Miller, autore di celebri e discussi
romanzi, tra cui “Tropico del Cancro (1934) e Tropico del Capricorno (1939),
che vi invito a leggere a pag. 86 del mio libro.
E per concludere in modo ironico, non posso fare a
meno di citare il capitolo intitolato “Trasgredite,
diventerete scrittori famosi” (pag.87), nel quale sono riportati i dieci
comandamenti illustrati nel libro di Antonio D’Orrico “Come vendere un milione
di copie e vivere felici”, che così si esprime all’art. 10: “In altre scuole di
scrittura vi verranno forniti i comandamenti su come si deve scrivere. Ma con i
comandamenti, ricordatevelo, non si scrive una storia… Perché se non si ruba,
se non si desidera la donna (o l’uomo)
di altri, se non si disonora il padre e
la madre, se non si uccide, ditemi voi che razza di storie si potranno mai
scrivere. Per scrivere bisogna ubbidire ai comandamenti, ma alla
rovescia!”.
Dal
mio punto di vista è strano che si associ l’idea di scrittore unicamente
all’opera di fantasia, in poesia o in prosa. Figure inflazionate.
Perché
non invitare alla produzione di saggi
(narrazioni storiche, temi d’arte…) magari sullo specifico locale? Un po’ di
ricerca sul campo non farebbe male!
È
un capitolo da aggiungere per la ristampa del volume?
Qualche cenno in questa direzione lo faccio nel capitolo
intitolato “Come pubblicare un libro” (pag. 115).
“Sviluppare la consapevolezza, ovvero la capacità di
essere qui e ora. Lasciare andare il passato, ringraziarlo per tutti gli
insegnamenti che ci ha dato e cercare di vivere nel presente. Troppo spesso ci
dimentichiamo che è l’unica dimensione temporale in cui si vive veramente.
Passato e futuro, infatti, esistono solo nella nostra mente. Il passato vive
con il ricordo di eventi ormai vissuti e il futuro con l’immaginazione di
eventi che devono ancora arrivare. E’ qui che entra in gioco la tecnica per
eccellenza per connetterci con il momento presente: “la meditazione”.
“Scelta”, “Meditazione”, “Azione ispirata”, “Atteggiamento
positivo”: sono questi gli ingredienti fondamentali per avviarsi verso la
produzione di saggi su temi storici, artistici, sociali, politici, economici,
uscendo dal proprio sé. Bisogna farli diventare la spina dorsale dei propri
comportamenti e i risultati non tarderanno ad arrivare anche sul piano locale.
Il tema va approfondito anche attraverso iniziative come quella di questa sera
e sono sicuro che gli organizzatori terranno presente il suggerimento.
Passiamo
agli editori: un po’ promotori
culturali, un po’ imprenditori. Che idea te ne sei fatto? Cosa suggerisci agli
autori esordienti nel percorso di scelta del soggetto giusto?
Bisogna armarsi
non solo di molta pazienza, ma anche ponderare bene le proprie scelte.
Esistono tanti tipi di editori: grandissimi, grandi,
medio piccoli e piccolissimi. Poi esistono gli editori a contributo e i book on
demand (che meritano un discorso a parte). A pagina 96 illustro uno schema che
riassume le principali categorie: così suddivise.
Gruppi
editoriali inarrivabili, tipo la Mondadori, che pubblica migliaia di titoli
ogni anno. Pubblicate con questi tipi di editori è quasi impossibile e il
successo, in ogni caso è tutt’altro che scontato.
Editori
indipendenti (Grandi): Pubblicare con essi è importante, ma non semplice.
Molti nemmeno prendono in considerazione gli esordienti, ma selezionano in
maniera drastica e in tempi biblici.
Editori
indipendenti (Di media grandezza): Pubblicare con loro può essere possibile. Difficile
che trattino tutti i generi. E’ difficile individuarli, in quanto non li
troviamo quasi mai in libreria.
Editori
indipendenti (Piccoli ma
competenti): Sono editori seri ma con poca visibilità. Tirano a campare
grazie ad internet e agli ordini diretti. Sono gli unici che possono darci una
concreta possibilità di pubblicazione, anche se per ragioni economiche, possono
pubblicare solo tramite concorsi o comunque solo pochi titoli l’anno.
L’editore
piccolo (e un po’ incompetente, ma fortunato): i suoi
prodotti fanno spesso pena e gli autori non vedono quasi mai il becco di un
quattrino per i propri diritti, dietro scuse varie. Non ha distributori, e se
li ha, vende comunque poco e sempre gli stessi titoli.
Ecco
un dato di novità in editoria: l’innovazione tecnologica. Penso alla stampa
digitale e all’e-book.
In
che modo incentiva la pubblicazione e la diffusione dell’opera d’ingegno?
Ne parlo nel
capitolo di pag. 18, intitolato “Gli e-book sono davvero dei libri?”. La
risposta, nel lungo periodo, è senz’altro positiva, come afferma lo scrittore
Gino Roncaglia, il quale espone però alcuni dubbi in otto tesi che riassumono
secondo lui cosa non dovrebbero essere. Le riferisco in breve:
- Il libro elettronico non è un formato alternativo per visualizzare un testo sullo schermo di un computer tradizionale.
- Il libro elettronico non nasce per essere stampato.
- Il libro elettronico non deve essere un oggetto “volatile”.
- I meccanismi di tipo “pay per view” possono funzionare film, giornali, riviste, ma non per i libri.
- Il libro elettronico non deve basarsi su formati chiusi e proprietari.
- Il libro elettronico non deve essere un oggetto chiuso neanche dal punto di vista della fruizione. Deve poter essere commentato, annotato, prestato, regalato proprio come è possibile fare con i libri su carta.
- Il libro elettronico non deve essere pensato come strumento destinato unicamente alla lettura di informazioni testuali, deve essere possibile l’inserimento di illustrazioni, tabelle, formule, suoni e video.
- Il libro elettronico non deve orientarsi unicamente verso la visualizzazione e la lettura di testi lineari , così come non deve orientarsi programmaticamente verso la visualizzazione o la lettura di ipertesti: deve essere aperto ad entrambe le possibilità, permettendo all’autore di strutturare il proprio testo nel modo considerato da lui più conveniente.
Alla
fine… insistendo sulle insidie del mondo editoriale, e combinando il dato con
le opportunità offerte dalla nuova tecnologia, spunta l’idea di diventare editori di se stessi.
Vuoi
illustrare i vantaggi e gli svantaggi di questa formula tutt’altro che
improbabile?
Il popolo degli
aspiranti scrittori non cessa di stupire per creatività e mole di volumi
prodotta ogni anno. E le librerie sono invase da migliaia di libri. ma come può
un illustre sconosciuto riuscire a contattare una casa editrice e veder
pubblicato il suo testo? Le strade sono molte e non tutte facili. Ne abbiamo
parlato prima facendo l’elenco degli editori.
Chi invece ha
fretta e vuole vedere scritto su una copertina il proprio nome può giocare il
tutto per tutto e fare un investimento. Come? (Ne parlo a pag. 144) Pagandosi
la pubblicazione, rivolgendosi ad un tipografo anziché ad un editore, come ho
fatto io con questa pubblicazione. Provare per credere!
Sono
certo che pubblicare e distribuire è oneroso, e riguarda per lo più il privato.
Cosa proponi affinché la sfera delle istituzioni possa contribuire a scoprire e
incentivare i giovani talenti?
Ti
chiedo una proposta da indirizzare
al sindaco di Terlizzi, e un’altra (o magari la stessa, arricchita) da
rivolgere ai dirigenti scolastici locali.
A pag. 151 del libro
riporto una citazione della massima istituzione nazionale, la Presidenza del
Consiglio dei Ministri: “Leggere è un viaggio nello spazio, nel tempo, nella
fantasia. Dalle righe d’inchiostro arrivano emozioni che ci coinvolgono, ci
fanno compagnia, ci fanno conoscere meglio noi stessi. Leggere è un invito a un’altra
avventura, a un’altra scoperta, un grande privilegio della nostra vita: un modo
per informarci, per crescere, per conoscere il mondo. LEGGERE E’ IL CIBO DELLA
MENTE…PASSA PAROLA”.
Il Comune di
Terlizzi, attraverso la Biblioteca “Marinelli Giovine” abilmente e
intelligentemente diretta dall’attivissimo amico dott. Vito Bernardi,
nonostante i limiti di bilancio, ha fatto proprio l’invito del Governo. Prova
evidente sono gli eventi programmati – cito solo quelli dell’Estate - sotto il
titolo “Autori nel Borgo Antico” e realizzati sabato18 agosto con la presentazione del
volume di Orazio Manente “Armonia tra narrativa e pittura in Franco Tangari”,
questa sera con la presentazione del mio libro “Vademecum per gli autori
esordienti” ed il prossimo 25 agosto con la presentazione del volume di
Vincenzo Marzella e Gioacchino Antonelli “Con il minimo…andiamo al massimo”.
Al neosindaco
Ninni Gemmato, che ricordo sempre vicino al mondo della cultura e della
letteratura, chiedo di continuare non solo su questa interessante strada, ma
anche di patrocinare unitamente alle scuole cittadine, dei workshop di
scrittura creativa, considerati come l’”officina” in cui convergono e da cui
emergono non solo i talenti e gli aspiranti scrittori ma anche tutti quei “curiosi”
che hanno sentito un impulso creativo e che vogliono in qualche modo
esprimerlo. Sulle modalità organizzative ne faccio cenno a pag.153. Tanto l’autore
provetto, quanto il timido studente alle prime armi con la scrittura e la
partecipazione a questi eventi possono tirare fuori da sé la propria ”Musa”
ispiratrice
L’invito
a scrivere e a pubblicare, presuppone l’invito a leggere, che così motivi, in appendice, come titolo di uno fra i
paragrafi più belli dell’opera: “Leggere significa incontrare”.
Vuoi
ribadircene il contenuto?
Ne parlo a pag.
149. In questo capitolo nel quale cito uno straordinario articolo di cesare
pavese che parla di uomini e di libri. Egli dice che i libri non sono gli
uomini, ma sono i mezzi per giungere a loro. Chi ama i libri e non ama gli
uomini è un fatuo o un dannato. Leggere significa stabilire relazioni con la
realtà, con la vita, con le forme del mondo, le rappresentazioni del tempo, con
i dolori e gli stupori degli uomini, con le loro ragioni, i loro amori, i loro
disamori, le loro umiltà e le vanità, le loro fantasie e le loro ossessioni.
Soltanto la lettura consente di attraversare il passato con la compagnia di
personaggi che dicono in che modo le cose sono andate, oppure in che modo non
sono andate, che spiegano le cause e gli effetti delle scelte, delle decisioni,
che raccontano i modi di pensare e di agire in un tempo lontano e diverso di
quello che si vive. Pavese dice ancora che non si riesce a leggere , non si può
leggere se si è troppo sicuri di sé, se non si ha il senso dell’umiltà, se non
si sa accogliere l’altro, il lontano, il diverso, se non si riesce a capire che
i libri costano dolore, che non sin può sperare o pretendere di scandagliarli
se non si è disposti a pagare di persona.
Forse è soltanto
pagando di persona che il lettore può risarcire in qualche modo chi ha scritto
quella pagina, quella riga. O, più semplicemente, che può fargli il dono di capire
la profondità – l’abisso – di quello che ha scritto, di dimostrargli che quelle
parole non sono passate invano per i pensiero, per la coscienza, per i
labirinti del cuore.
Sulla
stessa onda, risulta preziosa la tua raccolta di citazioni e aforismi sul libro e sulla scrittura.
Fra
i tanti, vuoi scegliere la citazione e l’aforisma in cui più ti identifichi, e offrircelo
commentato?
Preferisco
rispondere alla tua domanda con un elenco di citazioni che riassumono un po’il
mio carattere, la mia esperienza e le mie idee in materia.
- “Il padre, per quanto imperfetto, di un perfetto Scrittore è costituito da tutti gli Scrittori che lo Scrittore si sceglie (unico fra gli umani, Egli si sceglie la paternità), ma la madre o è quella o è meglio sia orfano del tutto”. (Aldo Busi)
- “E’ bello scrivere perché riunisce le due gioie: parlare da solo e parlare a una folla”. (Cesare Pavese)
- “Scrivere è sempre nascondere qualcosa in modo che poi venga scoperto”. (Italo Calvino)
- “Esistono tre motivi per diventare scrittore: il primo è che vi servono i soldi, il secondo che avete qualcosa da dire che il mondo dovrebbe sapere; il terzo è che proprio non sapete cosa fare nelle lunghe sere d’inverno”. (Quentin Crisp)
- “Lo scrittore è essenzialmente un uomo che non si rassegna alla solitudine”. (Francois Mauriac)
- “La lettura rende l’uomo completo, la conversazione lo rende agile di spirito e la scrittura lo rende trasparente”. (Francis Bacon)
- “Spesso un libro ti sceglie, non lo scegli tu. Te lo trovi lì dinanzi al naso, magari a buon prezzo, e lo compri. Ma quando lo apri senza aspettarti nulla, ti accade che dalle sue pagine ti venga incontro qualcosa che sembra scritto apposta per te”. (Roberto Saviano)
- “Perché scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me. O anche solo per essere protetto da una storia e non essere più riconoscibile, controllabile, ricattabile”. (Fabrizio De André)
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