sabato 27 febbraio 2010

OPERAZIONE STATUTO

Di Statuto comunale si è parlato recentemente nel convegno, tenutosi il 26 febbraio scorso presso il salone della Sacra Famiglia, su iniziativa di molti rappresentanti di partiti ed associazioni orientati a dare vita ad un corso permanente di educazione alla cittadinanza attiva. Ben fatto, perché amara è stata la constatazione che pochissimi sono quelli che conoscono la Costituzione e le leggi che hanno imposto ai Comuni l’adozione degli Statuti, per alcuni versi ancora inadempienti rispetto ad i principi di partecipazione in esso contenuti.

Epocale è la legge da cui trae origine: la 142 del 1990. Chi se ne intende sostiene che segna il definitivo passaggio dal Comune dello Stato liberale (che si limita ad ordinare, vietare, autorizzare) al Comune dello Stato sociale (tenuto a programmare lo sviluppo della comunità con la partecipazione dei cittadini).

Lo Stato, insomma, ha offerto ai Comuni, circa 20 anni fa, la possibilità, anzi ha loro imposto un’autentica rivoluzione circa l’obbligo di fissare principi propri sulle finalità e sull’organizzazione, sull’ordinamento degli uffici e dei pubblici servizi, sulla partecipazione popolare, sull’accesso dei cittadini alle informazioni e ai procedimenti amministrativi. Una rivoluzione che passa attraverso due strumenti: lo Statuto, Carta civica che fissa i principi; i Regolamenti, a seguire, che dovrebbero disciplinarli.

Il cittadino perde, pertanto, la qualifica di spettatore ed acquista legittimamente quella di partecipe delle scelte comunali. Scompare definitivamente la figura del Comune “in mano” alla classe politica. Si crea il Comune in cui i cittadini, associati o singoli, intervengono per concorrere alle scelte strategiche della comunità.

Sono tanti gli istituti che la legge prevede per realizzare la partecipazione attiva dei cittadini: referendum, consulte, difensore civico, consigli di quartiere ed altro ancora.

La partecipazione attiva dei cittadini viene interpretata dalla 142 come momento continuo di confronto tra amministrati ed amministratori. Non è inteso come scontro, ma armonica sintesi per addivenire insieme al miglioramento delle condizioni di vita della comunità.

Assolto, però, l’obbligo dell’approvazione degli Statuti, la maggior parte dei Comuni, ha ritenuto esaurito il proprio compito senza portare in realizzazione i contenuti dello Statuto stesso.

Proviamo a verificare quelle che devono essere le modifiche da apportare al nostro Statuto comunale per renderlo veramente “fruibile” da parte dei cittadini. Nessuna pretesa di imporre niente ad alcuno. Né quella di essere onniscienti. Solo un contributo alla riflessione ed allo studio di operatori del settore e di cittadini.

Con le procedure di cui all’art. 6 del D.Lgs.267/200 proponiamo quanto segue:

Innanzitutto sono da definirsi esattamente le deleghe assessorili, statutariamente disciplinate in modo che si evitino accorpamenti e smembramenti occasionali, inserendo, tra le altre anche quella relativa alla partecipazione, alla cittadinanza attiva ed alla trasparenza.. A queste aree vanno ricondotte le Commissioni consiliari.

All’art. 48 - Partecipazione popolare, va specificato che un’Associazione può aderire all’Albo in qualsiasi momento, purché ne abbia i requisiti.

All’art. 55 – Referendum – va modificata la norma che prevede per la sua indizione un numero eccessivo di elettori, pari al 5% del corpo elettorale. Il numero dei sottoscrittori non solo dovrebbe essere ridotto, ma anche esteso ai giovani che abbiano compiuto 16 anni ed ai non residenti che lavorano stabilmente nel Comune.

L’art 63 – Elezione del Difensore Civico (previsto dopo 16 anni), va corretto. L’elezione deve essere diretta. E’ il cittadino che deve eleggerlo, non il Consiglio comunale, in coerenza con l’art. 62 che lo istituisce affermando “Il Difensore civico è garante del buon andamento, della imparzialità e della tempestività dell’azione amministrativa (comma 2). E non è sottoposto ad alcuna forma di dipendenza, gerarchica o funzionale degli Organi del Comune “(comma 3).

All’art 89 – Attività finanziaria del Comune, va espressamente previstala possibilità che il Comune alieni determinati beni finalizzandoli denaro ricavato ad importanti opere sociali.

All’art. 94 – Organo di revisione economica e finanziaria, contrariamente da quanto previsto, non deve essere prevista la rieleggibilità dei Sindaci Revisori, ma la loro durata in carica deve essere limitata ad un solo mandato triennale.

All’art. 42 Facoltà di istituire le Circoscrizioni . Questa “facoltà” dovrebbe diventare “obbligo”, nella misura in cui questa ulteriore forma di partecipazione dia vita ai cosiddetti “Consigli di Quartiere, che potrebbero essere tanti quante sono le parrocchie ed essere decisivi nelle decisioni che interessano il rispettivo quartiere.

Questi possono essere alcuni suggerimenti, altri se ne possono aggiungere. Una cosa, però, va chiarita: la partecipazione dei cittadini alla gestione della “cosa pubblica2 non deve essere blindata, ma concreta. Tale partecipazione è un diritto. Tale rimane quello di amministrare. I due diritti devono non conflittuali, né alternativi. Entrambi devono tendere alla realizzazione completa dell’uomo in quanto cittadino.

Lo Statuto comunale non è un’arma che il cittadino deve usare contro l’Amministrazione; né può essere un mezzo per “tappare” la bocca al cittadino.

Lo Statuto va interpretato come la sintesi operativa di un diritto di cittadinanza che non si ferma all’urna elettorale.

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