venerdì 6 gennaio 2012

QUALI POLITICHE CULTURALI? RIFLESSIONI E PROPOSTE

All’indomani di un “Dicembre coratino” ricco di vari eventi che hanno dimostrato, ancora una volta, la capacità delle associazioni culturali e sociali, nonché dei diversi artisti locali di impegnarsi in un’attività organizzativa complessa e faticosa, sostenuta da patrocini sicuramente insufficienti da parte dell’amministrazione comunale e delle imprese cittadine, ci siamo chiesti se non sia giunto finalmente il momento di affrontare nelle sedi competenti il tema delle cosiddette “politiche culturali”, non sempre fatte oggetto di analisi e proposte da chi di dovere.
Innanzitutto dovremmo rispondere alla domanda: Cos’è la cultura? Se non si rischiasse di scivolare nel luogo comune si potrebbe, rispondere che ”Tutto è cultura”. Cultura, innanzitutto, è ciò che serve a coltivare l’animo umano: i libri degli scrittori, le opere degli artisti, le scoperte degli scienziati, le riflessioni dei filosofi. E nello stesso tempo cultura è ciò che da forma alla vita materiale e spirituale di una società: è l’insieme dei saperi, delle credenze, dei costumi. La cultura ci dice ciò che siamo.
Ma la cultura ci dice anche ciò che non siamo. La cultura, infatti, è nello stesso tempo ciò che differenzia una persona dall’altra, un popolo dall’altro, un mondo dall’altro: una precisa tradizione letteraria, una cucina tipica, uno stile architettonico, un certo modo di fare cinema e teatro, sono espressione di precise identità culturali.
Tutto, dunque, è cultura. Poi c’è chi è acculturato e chi deculturato. C’è chi scommette sulla cultura e chi la ignora. Chi la valorizza e chi la disprezza. Non solo ogni persona, ma ogni momento storico ha la sua cultura. Noi stimo vivendo il momento in cui la maggior parte dei cittadini rifiuta i temi forti della politica e della società, dell’etica e della morale. E’ quanto dimostrano le ultime vicende politiche a livelle nazionale e locale.
Con questa realtà si devono misurare gli attuali e i futuri amministratori comunali: tutti alle prese con ridotte disponibilità di bilancio e con la necessità di offrire ai cittadini stimoli intelligenti, e di fare in modo che le iniziative promosse producano significativi ritorni, anche economici, a favore della propria città.
Sarà loro dovere tenere innanzitutto in conto che la cultura non può e non deve essere ritenuta, un “corpo separato” rispetto all’idea di città che un buon sindaco e la sua giunta devono possedere e saper trasmettere. Al contrario, la cultura è parte integrante della “civitas”. Di nuovo, dunque, assessori alla cultura come “impresari”? E di nuovo un’amministrazione con tentazioni dirigistiche? Assolutamente no. Ma una municipalità non passiva, che sappia promuovere, sollecitare, interloquire con soggetti produttivi diversi: questo sì, è certamente auspicabile.
Soltanto facendo leva su una simile prassi, faticosa ma feconda, credo che l’iniziativa pubblica dell’Ente locale possa andare a farsi punto di riferimento per tutti, a cominciare dagli operatori più giovani e meno “istituzionalizzati”, investendo sui servizi, alimentando con finanziamenti mirati la diversità degli orientamenti, delle proposte e dei contenuti, così favorendo un autentico e irrinunciabile pluralismo.
Alla funzione della pubblica amministrazione, nel comparto delle attività culturali, è assegnato un ruolo primario nelle fasi di promozione, di stimolo, di coordinamento, della produzione territoriale. Un ruolo delicato e importante, che va svolto in forme e secondo modalità tali da consentire piena espressione a tutte le componenti creative del tessuto civile: sociali ed economiche oltre che, ovviamente, intellettuali e artistiche. Lo Stato, l’ente pubblico non devono “elaborare” cultura, ma “politica della cultura”. Una politica autenticamente capace di creare spazi, di fornire strumenti ed occasioni per fare cultura.
La progettualità dell’ente pubblico locale si manifesta anche nella capacità di “mettere in rete“ ogni singola e diversa realtà creativa, intellettuale, artistica che si manifesti nel proprio ambito culturale. Ai pubblici amministratori il compito di “governare” la vitalità: termine che va esclusivamente inteso come sforzo grande e sincero di interpretare globalmente la città, favorendo la fioritura e il libero intreccio di tutte le esperienze ideative che in essa si manifestano. Un approccio di sistema che, se ci è consentito esprimerci per un istante secondo categorie tecniche, significa in primo luogo creazione e incentivazione di elementi infrastrutturali, nonché di interrelazioni precisamente coordinate.
Questa è la “politica della cultura” che vorremmo vedere realizzata nella nostra città: essa si dimostrerebbe, ne siamo certi, uno strumento potente e utile nel ridurre la lamentata distanza tra cittadini e pubblici amministratori e nel restituire alla Politica con la “P” maiuscola il suo ruolo più autentico.

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