mercoledì 18 gennaio 2012

PER UNA CITTA’ A MISURA DI CITTADINO

Governare Terlizzi per riconquistare il senso della storia, aggiornare i metri ed i modelli di valutazione, rompere alcuni degli anelli di una catena che potrebbero condurre alla progressiva marginalità del paese.
Questo è il grosso impegno che attende i futuri amministratori.
Lo scioglimento del Consiglio comunale ha evidenziato per l’ennesima volta l’esistenza del problema della collaborazione tra le forze interne ed esterne ai partiti. Ci si ostina a dire che la collaborazione debba comportare una sorta di mescolanza, di contaminazione di ideologie diverse; mentre, invece, la collaborazione e sulle cose da fare deve lasciare ben distinte le individualità, l’identità culturale e ideologica e deve saper trarre da queste diversità quel “prodotto” di idee e di stimoli che devono consentire l’azione fruttuosa di forze diverse.
Il punto di partenza è fare dei programmi che poi siano gestiti con uno sforzo di eccezionale solidarietà. Le contraddizioni più evidenti, i fenomeni più marcati nei loro aspetti macroscopici, relativi alla struttura demografica, allo sviluppo urbanistico, ai trasporti, alla sanità, all’occupazione, alle periferie, alle caratterizzazioni socio-culturali, alle emarginazioni, ai servizi devono poter trovare soluzioni omogenee di governo della città anche come sfida alla classe dirigente terlizzese che si è avvicendata nel tempo. Una sfida, cioè, tra i “vecchi” che fin qui hanno operato ed i nuovi che devono ancora entrare nella logica della gestione della cosa pubblica.
Per uscire da questa situazione d’impasse, i partiti politici alla vigilia della competizione elettorale come si pongono? Sono in grado di recuperare i ritardi accumulati? La nuova generazione non certo priva di tensioni e di posizioni differenti, come si presenta? Quali le idee e le proposte?
Una società ricca, articolata, pluralista – quella cittadina – deve rivendicare spazi di operatività, affrontando i problemi in maniera diversa: non più scaricando le responsabilità del non cambiamento su chi detiene il potere - cui il cittadino chiede assistenza, aiuto, favori – ma la società stessa deve sapersi assumere la responsabilità di concorrere concretamente al mutamento.
In questa speciale visione di governo deve essere costruita una strategia per Terlizzi, perché c’è l’esigenza di un grande patto tra le forze politiche che possano stare insieme per il governo della città al di là della stessa formula e della gestione comune, avendo prima la consapevolezza della necessità di questa cultura del cambiamento.
E’ necessario, però, tagliare alla radice le cause del clientelismo e dell’assistenzialismo o la stessa cultura dell’arroganza, intesa come cultura del “favore organizzato”, in contrapposizione alla tutela del diritto e della rivendicazione di questo “diritto”.
Occorre, allora, ricostruire un fronte su cui fondare un progetto di sviluppo per la vita e, quindi, un governo urbano, dignitoso e coerente. Non fare queste cose o, ancora peggio, far finta di non capirle, vorrebbe proprio dire ignorare e penalizzare i segnali che hanno portato allo scioglimento del Consiglio comunale.
Bisognerà non occuparsi esclusivamente di candidati sindaci, liste elettorali, campagna elettorale, ma anche e prioritariamente di programmi e progetti aperti e condivisi. Si dovrà, pertanto, avviare al più presto una fase di ascolto di tutte le realtà del territorio: sociali, sindacali, ambientaliste, culturali, imprenditoriali e di quartiere, per ritrovarsi poi tutti insieme in una convention di chiarificazione programmatica, che sancisca gli obiettivi prioritari da raggiungere nei cinque anni di amministrazione, a prescindere dal risultato elettorale e quindi dal ruolo di maggioranza o di minoranza.
Lo si deve fare investendo sulla società civile, ridando valore al ruolo storico della politica intesa come strumento pubblico al servizio della città e dei cittadini. Un rilancio programmatico che non può prescindere da un metodo fondato su una grande capacità di ascolto che solleciti una pratica partecipazione molecolare. Questo metodo, evidentemente, ci dirà che il tempo della mera amministrazione, dell’Ente locale come luogo di mediazione burocratica e del sottogoverno è finito per sempre.
Tutto questo si fonda sul ritorno al valore della polis, un ritorno alla centralità del locale, della città come risposta aperta e democratica ai problemi ed alle opportunità che la globalizzazione ci impone. Una comunità locale coesa e accogliente, con una identità in divenire, con un livello di cooperazione sociale e di attività culturali dispiegate territorialmente, è il miglior antidoto alla tentazione di chiudersi a riccio e respingere le diversità. E’ un lavoro necessario per combattere la solitudine, l’isolamento sociale, l’ignoranza e la diffidenza verso l’altro da sé.
Bisogna ripartire, dunque, dalla cosa pubblica, come cosa di tutti e di ognuno, come cosa da tutelare, difendere, autogestire, come cosa di cui farsi carico.
“La civiltà avrà veramente inizio quando il potere dell’amore sostituirà l’amore del potere” (Richard Aldington).

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