domenica 20 novembre 2011

L’anzianità torna ad essere virtù

La prima novità del dopo Berlusconi è il ritorno all’antico regime: esimi baroni universitari, burocrati inossidabili, imperatori di grandi potenze economiche e banchieri veterani. L’anzianità torna ad essere una virtù.

In questo momento della storia italiana i vecchi, cioè il passato, sono l’unica risorsa per riprenderci il futuro. Il vecchio è il n uovo. Dove sono i giovani? Prima, al tempo di Berlusconi, i giovani erano trattati da veline o paggetti. Oggi i giovani rischiano addirittura di restare fuori.

Non è un caso se Matteo Renzi e la sua turbolente macchina per rottamare i vecchi siano precipitati nel silenzio mediatico da quando Monti è salito al potere. A destra come a sinistra, i giovani d’oggi vivono da esiliati in patria. Quasi il 30% di essi è disoccupato. In una simile situazione è difficile pensare con serenità alla politica. Eppure, sono loro i primi a subirne i costi e i guasti.

Se questi illustri “senatori” d’Italia falliranno, i giovani non avranno santi a cui votarsi, ma solo diabolici avventurieri che sapranno approfittare delle paure collettive, come già è successo nel 1994. Se invece i grandi vecchi li salveranno, allora l’unico consiglio per i giovani, quelli ancora rimasti, è truccare il proprio certificato anagrafico per sembrare più vecchi. E fare una rivoluzione? No, anche questa è un’idea troppo …vecchia.

Che fare allora? Svecchiare la classe dirigente sarebbe possibile, anzi sarebbe doveroso, se si facessero avanti persone giovani, o relativamente tali, dotate di competenza, di serietà, di capacità decisionali e di lungimiranza. Se ci sono (e ci sono di certo) probabilmente non entrano in politica, o almeno io ne vedo molto pochi. Nel frattempo teniamoci i vecchi: a volte sono una garanzia, anche se l’equazione “età avanzata=saggezza” non è sempre valida.

Qualunque sia la nostra età anagrafica dobbiamo farci carico tutti quanti della nostra responsabilità di cittadini e ricreare tra noi stessi le regole e le condizioni per un nuovo patto sociale. Non dobbiamo continuare nel l’errore di restare alla finestra o sul divano in salotto a guardare il solito teatrino della politica. Dobbiamo agire e dobbiamo farlo con intelligenza e preparazione. Scendere in piazza non basta. Disertare le urne, nemmeno. Bruciare le macchine? Fa solo danni e impedisce qualsiasi forma di dialogo.

Ribaltiamo la situazione. Cominciamo a guardare alla nostra Repubblica e al nostro Comune non più come uno Stato o un Ente governati da una casta, ma a qualcosa che appartiene a tutti noi. Cominciamo allora a selezionare un Parlamento e un Consiglio comunale composti da uomini liberi e non da dipendenti di un padrone.

Pensiamo alla politica come servizio, così come ci hanno insegnato i nostri padri costituenti. “Si parla molto di chi va a sinistra o a destra, ma il decisivo è andare avanti e andare avanti vuol dire che bisogna andare verso la giustizia sociale”. (Alcide de Gasperi).

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