venerdì 13 luglio 2012

IL DECALOGO DEL BUON POLITICO


La parola “fiducia” è letteralmente sulla bocca di tutti. Invocata come una Musa, la parola ricorre oltretutto nel lessico parlamentare (quante polemiche sui continui ricorsi al voto di fiducia), nelle analisi dei sondaggisti e, ovviamente, in tutti gli indicatori che riguardano i consumatori, gli investitori, le aspettative delle famiglie, dei giovani, degli anziani, dei meno abbienti. Prima, durante e dopo la campagna elettorale amministrativa terlizzese la parola “fiducia” è stata invocata da tutti i protagonisti, singoli e associati. A quelli della coalizione di centro-destra è stata accordata in modo più ampio di quelli di centro-sinistra. Nel Consiglio comunale d’insediamento da parte delle minoranze è stata negata ai candidati alla presidenza e alla vicepresidenza del Consiglio comunale, contrariamente a quelli di maggioranza che l’hanno accordata unanimemente. Negli strascichi polemici che sono seguiti attraverso manifesti e comunicati stampa pubblicati da fronti contrapposti la parola “fiducia” è stata ancora al centro del dibattito e chissà per quanto tempo ancora continuerà ad esserlo.
   Se questa parola-concetto viene invocata così incessantemente, sia a livello nazionale che a livello locale, è indubitabile che proprio di “fiducia” c’è un deficit reale nel Paese. Con qualche buon motivo del resto: perché se si risale al verbo latino fido – che significa confidare in qualcuno – in tanti potrebbero giustamente sostenere: che cosa si pretende da una società parcellizzata e disarticolata come la nostra e da una classe politica non sempre all’altezza della gravissima situazione sociale, finanziaria ed economica?
     A questo punto la domanda è obbligatoria: come recuperare il legame tra popolazione e rappresentanza politica? A nostro modesto parere di Centro Studi Politici “A. Moro”, dovremmo fare nostro, tutti quanti – politici e non – il ”Decalogo del buon politico” di don Luigi Sturzo, che ho il piacere di sottoporre alla cortese attenzione dei lettori:
1.       E’ prima regola dell’attività politica essere sincero e onesto. Prometti poco e realizza quel che ti è permesso.
2.       Se ami troppo il danaro, non fare attività politica.
3.       Rifiuta ogni proposta che tenda all’inosservanza della legge per un presunto vantaggio politico.
4.       Non ti circondare di adulatori. L’adulazione fa male all’anima, eccita la vanità e altera la visione della realtà.
5.       Non pensare di essere l’uomo indispensabile, perché da quel momento farai molti errori.
6.       E’ più facile dal NO passare al SI che dal SI retrocedere al NO. Spesso il NO è più utile del SI.
7.       La pazienza dell’uomo politico deve imitare la pazienza che Dio ha con gli uomini. Non disperare mai.
8.       Dei tuoi collaboratori al Governo fai, se possibile, degli amici, mai dei favoriti.
9.       Non disdegnare il parere delle donne che si interessano alla politica. Esse vedono le cose da punti di vista concreti che possono sfuggire agli uomini.
10.   Fare ogni sera l’esame di coscienza è buona abitudine anche per l’uomo politico.
     Sarebbe interessante se su questi dieci punti s’instaurasse un confronto basato sulla ragione e non sull’emotività. Chi volesse usarli come strumento di misura del comportamento di uno o più politici attuali, dovrebbe farlo esclusivamente nei confronti del suo stesso schieramento politico, per esercitare una critica costruttiva, volta a cambiare le cose che non vanno. Altrimenti, cadremmo nel solito gioco delle accuse reciproche, che mai hanno cambiato e mai cambieranno alcunché, senza entrare nel merito delle questioni.

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