La
parola “fiducia” è letteralmente sulla bocca di tutti. Invocata come una Musa,
la parola ricorre oltretutto nel lessico parlamentare (quante polemiche sui
continui ricorsi al voto di fiducia), nelle analisi dei sondaggisti e,
ovviamente, in tutti gli indicatori che riguardano i consumatori, gli
investitori, le aspettative delle famiglie, dei giovani, degli anziani, dei
meno abbienti. Prima, durante e dopo la campagna elettorale amministrativa
terlizzese la parola “fiducia” è stata invocata da tutti i protagonisti,
singoli e associati. A quelli della coalizione di centro-destra è stata
accordata in modo più ampio di quelli di centro-sinistra. Nel Consiglio
comunale d’insediamento da parte delle minoranze è stata negata ai candidati
alla presidenza e alla vicepresidenza del Consiglio comunale, contrariamente a
quelli di maggioranza che l’hanno accordata unanimemente. Negli strascichi
polemici che sono seguiti attraverso manifesti e comunicati stampa pubblicati
da fronti contrapposti la parola “fiducia” è stata ancora al centro del
dibattito e chissà per quanto tempo ancora continuerà ad esserlo.
Se questa parola-concetto viene invocata
così incessantemente, sia a livello nazionale che a livello locale, è
indubitabile che proprio di “fiducia” c’è un deficit reale nel Paese. Con
qualche buon motivo del resto: perché se si risale al verbo latino fido – che significa confidare in
qualcuno – in tanti potrebbero giustamente sostenere: che cosa si pretende da
una società parcellizzata e disarticolata come la nostra e da una classe
politica non sempre all’altezza della gravissima situazione sociale,
finanziaria ed economica?
A questo punto la domanda è obbligatoria:
come recuperare il legame tra popolazione e rappresentanza politica? A nostro
modesto parere di Centro Studi Politici “A. Moro”, dovremmo fare nostro, tutti
quanti – politici e non – il ”Decalogo
del buon politico” di don Luigi Sturzo, che ho il piacere di sottoporre
alla cortese attenzione dei lettori:
1.
E’
prima regola dell’attività politica essere sincero e onesto. Prometti poco e
realizza quel che ti è permesso.
2.
Se
ami troppo il danaro, non fare attività politica.
3.
Rifiuta
ogni proposta che tenda all’inosservanza della legge per un presunto vantaggio
politico.
4.
Non
ti circondare di adulatori. L’adulazione fa male all’anima, eccita la vanità e
altera la visione della realtà.
5.
Non
pensare di essere l’uomo indispensabile, perché da quel momento farai molti
errori.
6.
E’
più facile dal NO passare al SI che dal SI retrocedere al NO. Spesso il NO è
più utile del SI.
7.
La
pazienza dell’uomo politico deve imitare la pazienza che Dio ha con gli uomini.
Non disperare mai.
8.
Dei
tuoi collaboratori al Governo fai, se possibile, degli amici, mai dei favoriti.
9.
Non
disdegnare il parere delle donne che si interessano alla politica. Esse vedono
le cose da punti di vista concreti che possono sfuggire agli uomini.
10.
Fare
ogni sera l’esame di coscienza è buona abitudine anche per l’uomo politico.
Sarebbe interessante se su questi dieci
punti s’instaurasse un confronto basato sulla ragione e non sull’emotività. Chi
volesse usarli come strumento di misura del comportamento di uno o più politici
attuali, dovrebbe farlo esclusivamente nei confronti del suo stesso
schieramento politico, per esercitare una critica costruttiva, volta a cambiare
le cose che non vanno. Altrimenti, cadremmo nel solito gioco delle accuse
reciproche, che mai hanno cambiato e mai cambieranno alcunché, senza entrare
nel merito delle questioni.
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