domenica 31 luglio 2011

DIALOGHI PER COSTRUIRE LA CITTA’

Le recenti dichiarazioni pubblicate su “il Confronto delle idee” e su “Coratolive”, del sindaco Vincenzo di Tria, dei consiglieri comunali Paolo Ceci e Michele Grassi e del segretario del PD Mario de Leo sulla comune volontà di ”cambiare passo” e di “dare una svolta” nei rapporti interni al Pd e alla coalizione di centro - sinistra, potendo contare su una maggioranza più sicura, lasciano ben sperare per il prossimo futuro dal punto di vista degli equilibri interni al partito di maggioranza relativa. Si tratta ora di passare dalle parole ai fatti, ossia di cominciare a fare quello che i cittadini attendono da tre anni. Vedere un’Amministrazione e un partito che ascoltano.

Per quanto concerne l’Amministrazione comunale rimandiamo alle numerose lettere di sollecito inviate a come Centro Studi Politici “A. Moro” a chi di dovere per l’attivazione degli istituti di partecipazione previsti dallo Statuto comunale (Consulta delle Associazioni, Consiglio comunale dei Ragazzi, Forum dei Giovani, Bilancio partecipato, Difensore civico, ecc.); relativamente al partito, invece, ci permettiamo, anche qui, di ripetere alcuni suggerimenti che non hanno trovato ancora riscontro.

L’analisi di partenza è quella che in molte sedi ci siamo più volte ripetuti. Le forme di partecipazione politica sono ormai in crisi evidente ed è impossibile aspettarsi un inversione di tendenza senza offrire segnali di cambiamento rispetto al ruolo dei partiti, percepiti sempre meno credibili anche perché più distanti ed autoreferenziali rispetto al reale vissuto dei cittadini.

E’ un problema di temi (pensiamo in queste settimane ai costi della politica e alle varie indagini della magistratura su noti esponenti di destra e di sinistra) ma non solo.

Se, infatti, le forme organizzate della politica ricalcano ancora modelli e strutture del ‘900 e utilizzano strumenti (la “fidelizzazione” attraverso il tesseramento, il circolo/sezione di base, le assemblee, il comizio…) che sembrano avere sempre meno a che fare con i tempi e i modi di una società “liquida”, possiamo ben dire che anche il problema dei contenitori diventa sostanza politica, in quanto i partiti sono di fatto divenuti l’ambito di azione di un ristretto gruppo di persone, in cui l’effettivo spazio di militanza è quasi esclusivamente limitato ai dirigenti di partito e ai pubblici amministratori.

“Aprirsi nuovamente alla partecipazione dei cittadini”, Tornare sul territorio ed incontrare la gente” hanno ripetuto in Consiglio comunale, nei comizi e sulla stampa i rappresentanti dei diversi partiti. Ma queste, al momento, appaiono solo buone intenzioni, nessuna di esse, infatti, ha ancora portato alla realizzazione di modalità più moderne attraverso le quali costruire percorsi innovativi di coinvolgimento e protagonismo di una stragrande maggioranza di cittadini, progressivamente scivolati verso forme di apatia se non di aperta ostilità verso la “casta” dei partiti.

Come invertire questa pericolosa linea di tendenza? Mi permetto di fornire alcuni suggerimenti di carattere organizzativo. Realizzando quanto anticipato nel titolo: “Dialoghi per costruire la città”. Questi devono essere l’espressione di un desiderio e di un bisogno, quelli di riannodare i fili della relazione diretta con parti di cittadinanza e di elettorato che i partiti di oggi fanno fatica a raggiungere e, al tempo stesso, di proporre una “pedagogia” positiva anche ai militanti del PD attraverso la prevalente dimensione dell’ascolto.

Quale metodo usare? Primo presupposto: gli invitati, al massimo una quindicina individuati al di fuori dei classici canali di partito, una sede neutra e accogliente, un “facilitatore” che detta i tempi e fa rispettare le regole d’ingaggio, che raccoglie le domande e i contributi dei partecipanti, ed infine un politico, o il sindaco, o un assessore per una volta non protagonisti diretti, costretti (come un novello Ulisse legato all’albero della sua nave pur di ascoltare le sirene) ad una inedita e quasi scioccante dimensione di uditore passivo e silenzioso. E cosa è meglio di un politico silenzioso che rinuncia al suo “comizio” per dare spazio agli interventi dei cittadini “qualunque” che senza rete possono svolgere le proprie riflessioni, anche “sparare sul pianista” mentre il segretario del partito, il parlamentare, il sindaco, l’assessore, il consigliere prende nota diligentemente sul suo block notes…?

Sto descrivendo, insomma, un esperimento di cittadinanza partecipativa, la scommessa di importare all’interno dell’attività di un partito strumenti e metodi ( i focus group) caratteristici della ricerca sociale.

E’ questo un modo per realizzare la logica e il coinvolgimento personale, in piccoli gruppi, su temi specifici o di approccio più generale alle sfide dell’impegno per il bene comune, caratterizzati prevalentemente dall’idea di un partito strutturato ma “aperto” e da una rinnovata capacità di ascolto da parte della politica.

L’obiettivo è quello di riavvicinare ad un dialogo “caldo” e partecipato con la politica chi ha ormai cancellato dal proprio orizzonte la possibilità di partecipare ad un classico evento di partito.

La credibilità è data dalla capacità di feedback e dalla messa in rete delle energie positive che si sprigionano nelle circa due ore in cui si svolge l’incontro. Per fare questo sono utili strumenti innovativi di presenza sulla Rete e di socialnetworking (il sito dedicato, la pagina Facebook, che, in alcuni casi raccoglie in tempo reale gli interventi e rende possibile l’intervento e rende possibile l’intervento anche di partecipanti esterni attraverso il web), ma anche la capacità “tradizionale” di dare risposte a quesiti puntuali dei cittadini, ad esempio attraverso l’interessamento di qualche amministratore pubblico che, raccolta una segnalazione, la verifichi e ricontatti la persona interessata dimostrando una capacità di ascolto che sa tradursi in azione concreta.

Se la politica è “costruire insieme la città dell’uomo” questa esperienza risponderebbe al desiderio di condividere speranze e difficoltà da parte di moltissimi cittadini e che è sufficiente creare modalità nuove e “calde” per far esprimere e raccogliere attraverso l’esperienza del PD le energie positive e l’aspirazione a relazioni “buone” che continuano, nonostante tutto, a manifestarsi nella nostra comunità.

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