giovedì 21 luglio 2011

CARRO TRIONFALE: MORTE E RISURREZIONE

“II Carro trionfale rivisitato attraverso la stampa locale”, ne hanno discusso in una tavola rotonda con scrittori e giornalisti gli alunni guidati dal prof. Vito De Leo”: è questo il titolo dato dal periodico cittadino “Terlizzi 87”, pubblicato nel mese di novembre 1991, in occasione della presentazione della rassegna stampa curata insieme ai miei alunni della II° G della Scuola Media “Moro-Fiore” e del libro di Michele De Santis “Terlizzi brucia”.

“Terlizzi brucia come il carro?” Fu chiesto ai cronisti Franco dello Russo (Gazzetta del Mezzogiorno), Michele De Nicolo (Puglia) e Angelo D’Ambrosio, studioso di storia patria e componente del Comitato per la ricostruzione del Carro trionfale della Madonna di Sovereto, insieme a Mons. Gaetano valente e all’architetto Michele Gargano.

Il convegno e la domanda che li ispirò avevano la loro matrice nell’incendio del Carro trionfale, un vero capolavoro d’arte, valutato intorno ai trecento milioni di lire, avvenuto mentre stazionava dinanzi alla chiesa di S. Maria, in attesa di essere smontato, ad opera di ignoti, nella notte (ore 2,30) del 21 agosto 1991, di cui tra qualche giorno ricorre il ventennale.

In poco meno di un’ora, andarono distrutte pagine meravigliose della nostra storia: una storia plurisecolare di 123 anni, fatta soprattutto di emozioni indimenticabili. Ma allo scoramento e alla rabbia di quei giorni subentrò poi in tutti noi la voglia di riannodare quanto prima i fili recisi della nostra memoria.

In Italia l’uso delle macchine da festa è diffuso e di antica tradizione ed ha sicuramente aggiunto uno spazio peculiare nella storia del costume e del folclore, in particolare per la nostra cittadina. “Il Carro trionfale della Madonna di Sovereto, patrona di Terlizzi, fu allestito - per la prima volta nel 1868 dallo scenografo foggiano Raffaele Affatati con la collaborazione del terlizzese Michele De Napoli, pittore della scuola romantica napoletana e sindaco di quel tempo. Costruito di volta in volta da maestranze locali, collaudato da un ingegnere tecnico, è alto 22 metri su una base di 6,60 x 13, con un’architettura in tela e cartapesta su una struttura portante in legno risalente al 1800 circa. E’ una magnificente opera di carpenteria in grado di essere montata e smontata, con un peso complessivo aggirantesi intorno ad alcune centinaia di tonnellate, che vede sulla scalinata oltre alla patrona della Città un centinaio di giovanissimi festanti ed inneggianti, che sfila per le vie cittadine guidata da quattro timonieri, cui soprintende un timoniere, e trainata da sessanta uomini.

Elemento aggregante di fede e folklore, che vede le sue origini nella disputa con i bitontini per l’attribuzione dell’effige di Maria SS di Sovereto e che sfilava nell’agosto in occasione del ritorno della Vergine dalla frazione vicina, può essere assimilato ad un ostensorio mobile su ruote, della dimensione e della forma di un campanile.

Sono grato ai miei alunni autori della rassegna stampa e all’amico scrittore Michele De Santis che con il loro paziente e certosino lavoro hanno fotografato e commentato “l’iter fattuale” che ha macchiato in maniera pressoché irrimediabile l’immagine di una Terlizzi onesta e laboriosa.

Venti anni fa un distrutto un mito, un simbolo, un pezzo della storia terlizzese, in cui ciascuno di noi si sentiva titolare, fu incenerito, annichilito. Un atto di vile ed infame sopruso da parte di ancora ignoti autori, nei confronti di un’opera architettonica unica nel suo genere e nelle sue dimensioni, emblema paesano in Italia e nel mondo.

In particolare, sono andato a rileggermi le 140 pagine di “Terlizzi brucia”, che raccolgono tutta la documentazione sul Carro con la sua storia secolare, il dolore dei fedeli e le immancabili polemiche. Il libro, inoltre, è pieno di illustrazioni e fra l’altro riproduce circa una ventina di manifesti affissi dopo le fiamme dal Comitato per le feste, dal Comune, da tutti i partiti allineati e concordi e da tante organizzazioni tutte pronte nell’esecrare e nell’accusare e nel partecipare alla “marcia silenziosa” contro la criminalità. Escludendo la matrice politica, il libro di De Santis avanza due ipotesi: “Il gesto vandalico dei teppisti” e “intimidazione da parte di gente di malaffare, interessata alla gestione di un business come può essere la Festa patronale”.

“Considerato che questo Comune è ormai è esposto al concreto pericolo di infiltrazioni malavitose…che la criminalità esercita il controllo sul territorio…che questo fenomeno rischia di diventare un vero e proprio sistema di potere fondato sulle violazioni sistematiche della legge…il Consiglio comunale ritiene che sia indispensabile favorire e sostenere la nascita di un forte movimento di opinione, che faccia leva soprattutto sull’ansia di rinnovamento dei giovani…; che in tale prospettiva s’impegna a promuovere le più opportune iniziative atte ad arginare il fenomeno degenerativo malavitoso e per far crescere nei giovani la fiducia nelle istituzioni e in una società più giusta e migliore”. Questa è la sintesi del documento proposto dal sindaco Mauro Maggialetti votato dal Consiglio comunale, convocato in seduta straordinaria d’urgenza il 26 agosto.

“Terlizzi come Gioia Tauro?” Si chiedeva su “Luce e Vita” del 3 novembre 1991 Renato Brucoli in relazione alla notizia che il Ministero degli Interni stava indagando su alcuni esponenti politici terlizzesi sospettati di associazione a delinquere di stampo mafioso, che porterà – com’è noto – allo scioglimento del Consiglio comunale.

“In tanti – scrive Brucoli – hanno letto il gesto dell’incendio del Carro trionfale non solo come offesa al sentimento religioso dei terlizzesi, ma anche un autentico attentato alla città: al suo patrimonio culturale, all’integrità fisica dei cittadini, al senso della sicurezza personale. Altri lo hanno interpretato come un momento della lotta per l’accaparramento di spazi politici e di potere che ormai non esclude più neppure la sfera del sacro”.

Grande sconcerto – secondo quanto riportato da Franco Dello Russo nell’articolo pubblicato il 23 agosto 1991 sulla Gazzetta del Mezzogiorno – nelle parole di mons. Antonio Bello, vescovo, “per il grave atto di profanazione. E’ il sintomo del degrado spirituale”. E poi l’invito a “ricostruire il Carro e, soprattutto il tessuto politico, civile e religioso del paese”.

Invito subito accolto dal Comitato “Pro ricostruzione carro trionfale” e dai rappresentanti delle associazioni cittadine riunitisi presso la sala consiliare del Comune il giorno 17 ottobre, nel quale il sindaco Mauro Maggialetti fece il punto della situazione relativamente alle fasi ed ai costi della ricostruzione del Carro.

Con l’apporto della buona volontà dell’intera cittadinanza l’ambito progetto è stato realizzato, ma resta l’amaro in bocca se pensiamo che gli autori dell’insano e barbaro gesto restano dopo vent’anni sono ancora latitanti.

Contro chi puntare il dito? Quali le colpe? Quali gli obiettivi esecrabili’ Chi i vandali piromani volevano colpire? Chi ha mosso la mano incendiaria? Interrogativi che attendono una risposta “VERA”, concreta, trasparente. Il popolo terlizzese è stato umiliato: non solo sdegno, ma giustizia!

La Nuova Città – Agosto 2011

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