giovedì 13 maggio 2010

9 maggio: in memoria di tutte le vittime del terrorismo

Il 9 maggio l’Italia celebra il “Giorno della Memoria”, in ricordo di tutte le vittime del terrorismo, ai sensi della legge n. 56 del 4/5/2007, votata all’unanimità dal Parlamento. Con questa legge il legislatore ha fornito nuova linfa ed un significato complessivo a questo giorno, in cui ricorre anche il 32° anniversario dell’uccisione dell’on. Aldo Moro e di Peppino Impastato.

Il primo, segretario della D.C., fautore insieme al segretario del P.C.I. Enrico Berlinguer, del famoso “compromesso storico”; l’altro, giovane giornalista siciliano, che denunciò la collusione della pubblica amministrazione e della società con la mafia.

Il nostro Centro Studi Politici, intitolato alla memoria dello statista pugliese, rapito il 16 marzo ed ucciso dopo 55 giorni di sofferta prigionia dalle Brigate rosse, che pure riuscì a conquistare con la forza del dialogo, abbandonato dagli amici paralizzati ed irretiti dal PCI e da uno Stato che affidò le indagini a generali piduisti, continua a ricordare a tutti di non cedere alla rassegnazione, ad invitare a fare i conti con Moro e di ricordare che via Fani, dove furono uccisi i suoi cinque uomini della scorta: Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi e via Castani, dove fu trovato morto nel bagagliaio di in una Renault 4 rossa, restano il crocevia della storia della nostra Repubblica.

La rimozione di Moro (non la sua morte nel cuore degli amici, ma la morte del cuore degli amici) iniziò già pochi giorni dopo il sequestro. E’ da allora che continuiamo a ricordarlo. In un tempo in cui, soprattutto in politica, avanzano semplificazione e sgangheratezza, riprendere un discorso di Moro è salire sulle spalle di un gigante. Ricchezza del linguaggio, spessore culturale, ironia, sottigliezza, simmetria, lucidità, sono, tra glia altri, i valori persi anche nel lessico del “Palazzo”.

Tra i non molti che continuano a coltivare la memoria di Aldo Moro, ci siamo modestamente anche noi, che non vogliamo essere i vacui custodi di un simulacro, ma degli amici che lo hanno conosciuto, seguito ed amato, che non si rassegnano e che, soprattutto, non vogliono dare pace a quanti lo hanno rimosso dalla propria coscienza.

La Puglia, Bari e Corato andavano al di là del lungimirante e generoso servizio di un politico alla terra e alla gente da cui traeva il mandato parlamentare. Questi erano i luoghi del ritorno, i luoghi dove ritrovava amicizia e affetti di folle, i luoghi dove riflettere sulle esperienze concluse e da dove ripartire. Il suo tornare aveva sempre il senso umano e politico insieme, di un rituffarsi nella familiarità di valori, sentimenti e radici culturali e psicologiche, quasi a voler sottoporre a verifica di autenticità quanto di volta in volta egli andava elaborando di analisi e disegni di linee strategiche.

Il Moro che abbiamo avuto la fortuna di conoscere e che ha segnato il nostro modo di vivere l’esperienza politica è il Moro del coraggio e della lucidità. La sua lezione etica e storica insieme è ben sintetizzata nelle parole-chiave di “strategia dell’attenzione”, “convergenze parallele” intese non riduttivamente in funzione di un atteggiamento tattico verso il P.C.I., bensì come capacità di dominare con l’intelligenza gli eventi della storia umana, al di là di pregiudizi di tipo ideologico o moralistico. “Più le masse popolari – egli diceva – avranno il senso dello Stato attraverso il proprio inserimento, più la democrazia sarà forte e le tentazioni autoritarie saranno eluse”.

Questa visione rimase sempre la via maestra del suo impegno e, forse, proprio per essa pagò con la propria vita. Ma era proprio per questa visione che il popolo e noi giovani lo capivamo e lo amavamo. Ed è per questo che non lo abbiamo mai dimenticato e, a 32 anni dalla sua morte, lo ritroviamo più che mai presente nel nostro ricordo, nel nostro animo e nella nostra azione culturale, sociale e politica, ma, soprattutto, nella nostra comune consapevolezza che la democrazia non è mai stata un atto dovuto, ma un traguardo raggiungibile solo dopo una lunga fatica.

Occorre oggi, più che mai, mantenere vivo il ricordo di Aldo Moro, di Peppino Impastato e di tutte le vittime del terrorismo, non soltanto per evitare il riprodursi di fenomeni terroristici e riaffermare il principio di legalità come criterio cardine dell’azione politica, ma anche per favorire l’affermarsi di un’alta concezione dell’impegno pubblico, il quale non parte da disegni personali di potere, ma da un’elevata coscienza storica della funzione del ruolo di chi è chiamato a perseguire l’interesse generale.

E’oggi responsabilità delle istituzioni ricordare e raccontare ai giovani la figura di tutti coloro che hanno dato la vita per la salvaguardia dei valori democratici. L’insegnamento di Aldo Moro resta sempre attuale: ieri - come oggi - è necessario dare vita ad un “nuovo senso del dovere” affinché il sistema politico approdi verso una democrazie reale e compiuta.

Il nostro auspicio è che il ricordo dei Martiri di Via Fani e di via Castani alimenti sempre più e meglio il confronto costruttivo, non pregiudiziale e ideologico, tra maggioranza e opposizione, a tutti i livelli istituzionali non dimenticando mai che “è la società italiana che sceglie da sé il suo cammino, ed il governo la guida e l’asseconda”. (Aldo Moro).

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