sabato 8 novembre 2008

BARACK OBAMA : “UN NUOVO GIORNO”


Un nuovo giorno…” sono parole che erano dentro una canzone di Baglioni e che mi sono tornate alla mente con il loro seguito…”un giorno nuovo”. Sì, questo motivo del “nuovo” è dominante il giorno dell’elezione di un afro-americano, (“bello, giovane e abbronzato”, secondo la disdicevole definizione data dal nostro capo del Governo che sempre più spesso si diletta con battute da cabaret (leggi Veltroni) alla presidenza più importante ed ingombrante Paese del mondo.

Come al solito i giornali del Presidente del Consiglio non hanno perso occasione, anche per l’elezione del Presidente americano di spargere polemica verso l’opinione pubblica di sinistra che in Italia ha sicuramente sentito un po’ sua questa vittoria. “Hanno scoperto l’America” ha titolato il “Giornale “, con la manifesta voglia di accusare la sinistra di aver voltato gabbana, di non considerare più l’America come fonte di ogni male. Il provincialismo di certa destra italiana è davvero impagabile. Ogni occasione deve essere utilizzata per una polemica, spesso rozza, mirata sul cortile di casa; anche in questo caso un avvenimento di portata davvero planetaria si riduce a polemica con gli avversari politici di questa piccola parte del mondo.

Ma la risposta del leader del maggiore partito di opposizione, Walter Veltroni, ovviamente non si è fatta attendere, il quale, in un’intervista a Repubblica – dice: “Berlusconi ironizza sul nostro entusiasmo e dice “Obama sembra uno del PD”. Si sbaglia: non sembra, è uno di noi. Il leader di un grande movimento politico e civile che è il pensiero democratico”. Come Veltroni, anche noi siamo convinti che la vittoria di Obama sia una lezione per tutta la politica italiana.

Se poi vogliamo entrare nel merito, sicuramente l’America il 4 novembre ha voluto dare un segnale forte, ma non certo di per sé risolutivo di voler cambiare pagina, di voler misurarsi con i problemi della pace e della guerra, dell’ambiente, della povertà interna e mondiale, della recessione economica e in un modo diverso da quello egoista e gretto impersonato dall’amministrazione Bush, tanto stimato dal nostro presidente.

Ritengo che non sarà un percorso facile e certamente negli atti del Presidente Obama vivranno contraddizioni che faranno male al nostro cuore democratico. Abbiamo, però, la consapevolezza, che non sono sempre i Presidenti a fare la politica del mondo, ma è il mondo a determinare spesso la politica dei presidenti.

Quello che oggi, comunque, mi spinge a scrivere queste righe di riflessione è invitare gli esponenti della società civile, i partiti politici locali, l’Amministrazione comunale a salutare il 44° Presidente degli Stati Uniti d’America, anche a nome dei tanti coratini ivi residenti, ad inviare un messaggio di congratulazioni. Non solo, ma anche a tesaurizzare il linguaggio e le forme usati durante l’estenuante campagna elettorale, che ha visto contrapposti più che due uomini due diverse filosofie di governo, del tutto diverse dallo spettacolo cui siamo abituati come elettori nazionali e coratini.

In queste elezioni Obama ha difeso con orgoglio i valori progressisti e la superiorità delle politiche progressiste, tanto da essere accusato dal suo rivale John McCain di essere un socialista, un redistributore. E il popolo americano ha dato il suo verdetto. Ora inizia il lavoro.

Tutti lo abbiamo visto parlare alle donne, agli uomini, ai giovani, agli afroamericani, ai bianchi, ai gialli, ai latinos, agli italiani, ai ricchi, ai poveri. E la maggioranza di quei cittadini gli ha dato fiducia, sentendosi profondamente parte di un unico corpo: la nazione americana.

Dalle immagini delle piazze in festa che pervenivano dalle tv, dalla folla gioiosa del Grant Park abbiamo visto persone abbracciarsi commosse: la solidarietà e la speranza sono state le vere vincitrici di questa campagna elettorale e siamo sicuri che il nuovo Presidente saprà cogliere queste grandi aspirazioni.

“Change”, “Cambiamento”, è stata la parola d’ordine della sua campagna elettorale. L’hanno accompagnata “Hope”, “Speranza” e “”Believe”, “Credere” (“change we can believe in”). Cambiare cosa? La politica di Bush (economica e militare), ma anche il modo di fare politica e di rapportarsi ai cittadini ed agli elettori. Cosa che ci auguriamo possa avvenire anche in Italia, spesso messa in ridicolo agli occhi del mondo da certe “carinerie” dei suoi governanti.

Tanti auguri, Mr. President and good luck, because now, we can really change!.

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