lunedì 12 aprile 2010

Recupero di Piazza Abbazia: contributo al dibattito.

Siamo molto grati all’organo d’informazione cittadino Coratolive ed alla sua brava redattrice Marzia Ferrante per aver sottoposto all’’attenzione dei lettori e dei cittadini l’originale ed interessante progetto alternativo al recupero di Piazza Abbazia. Com’è stato opportunamente ricordato, l’Amministrazione comunale e la Pro Loco “Quadratum”, il 10 febbraio 2010, promossero un incontro con la cittadinanza al fine di illustrare il progetto dell’architetto napoletano Francesco Venezia, che non riscosse, per la verità, molti consensi, soprattutto da parte dei residenti e degli architetti intervenuti.
Ci ha fatto molto piacere venire a conoscenza della proposta progettuale alternativa illustrata dall’architetto Gioacchino Rubini che “contrappone all’idea di piazza intesa come luogo di riposo e tranquillità, l’idea di piazza come salotto e luogo di vita, area di passeggio e ristoro, su cui si affacciano negozi, uffici e palazzi di rappresentanza come salotto e luogo di vita…Un progetto ambizioso e costoso, ma che renderebbe Largo Abbazia una piazza di grande richiamo artistico ed architettonico e darebbe a Corato un grande prestigio”.
La ridefinizione, in termini strutturali, funzionali ed architettonici degli spazi illustrati anche con bellissime immagini fotografiche, segna e sancisce i cambiamenti, addirittura epocali, nella vita della nostra comunità. Pensare in questa ottica la ridefinizione delle piazze cittadine ed, in particolare, di Piazza Abbazia, significa infatti chiedersi che senso ha farlo oggi, in questo momento storico della vita del paese.
Condividiamo, pertanto, il programma dell’Amministrazione comunale, teso a ridefinire spazi che rappresentano il cuore propulsore del vivere collettivo. Nel triangolo segnato da Piazza Indipendenza, Piazza Vittorio Emanuele, Piazza Abbazia s’intrecciano attività commerciali da secoli linfa dell’economia di questa comunità, e attività aggregative di gruppi diversi di cittadini, accomunati da diversi interessi, talvolta attorno a temi specifici e talvolta a specifici bisogni, legati all’appartenenza ad un'unica fascia generazionale.
S’intrecciano, inoltre, per questi luoghi le comunicazione interne ed esterne del paese che ha protetto e custodito questa coesistenza, con la quale oggi si deve confrontare per adeguare, velocizzandola, la percorrenza delle arterie di traffico alle mutate esigenze, anche di tipo ecologico alle quali si cercherà di venire incontro con le piste ciclabili attualmente in cantiere.
Bisogna, quindi, ripensare questi luoghi per un paese che cambia e che vuole porsi in osmosi diretta con un mondo che cambia, un mondo che impone la capacità di relazionarsi con flussi informativi e di aggregazione, che si muovono a velocità spesso estremamente differenziate tra loro, e che quindi richiedono grossa duttilità e capacità di reggere un saldo senso di identità, in situazioni in continuo cambiamento. Identità e cambiamento, sembra questo il binomio che guida il nuovo essere nel mondo e che il progetto dell’architetto Gioacchino Rubini interpreta brillantemente.
E’ lungo queste linee di riferimento che si snoda il suo lavoro progettuale. Esso, infatti, pur rispettando l’architettura preesistente, tende a reinterpretarla, puntando - se abbiamo ben compreso - a marcare la base identitaria dei luoghi, per marcare la base identitaria della vita collettiva; accogliere e sostenere le spinte al cambiamento evidenziando, confrontandole, le differenti velocità esistenziali, intergenerazionali e interindividuali; sancire la coesistenza rigeneratrice di progresso delle varie spinte aggregative.
Riservandoci di avere maggiori delucidazioni dall’autore, esprimiamo l’auspicio che, come è stato fatto con l’architetto Francesco Venezia, anche al suo collega Gioacchino Rubini fosse data l’opportunità di illustrarlo direttamente ai cittadini, agli organismi politici, amministrativi, sociali, culturali, turisitici e ai liberi professionisti.
In attesa di riscontro, invio cordiali saluti.

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