martedì 6 aprile 2010

ASTENSIONISMO: FENOMENO DA NON TRASCURARE

Un elettore su tre ha deciso di non andare a votare nella tornata elettorale appena conclusasi. Le cause possono essere molte: disaffezione per la politica, disorientamento, caos liste. Il calo è stato più contenuto nella nostra Regione anche grazie all’effetto trascinamento del candidato alla presidenza Nichi Vendola.
Ma anche nella sua Terlizzi, rispetto alle precedenti competizioni elettorali amministrative, il numero dei cittadini che hanno deciso di non votare, per sfiducia nelle istituzioni, per scelta o semplice pigrizia, è stato rilevante. Alle urne, infatti, si è recato solo il 63% (14471) degli aventi diritto al voto (22744). Più di ottomila terlizzesi, dunque, hanno disertato i 22 seggi elettorali
La disaffezione è sicuramente causata dalle tante variabili impazzite introdotte nel confronto politico. A risentirne maggiormente sono stati i giovani, così angosciati per l’incertezza del futuro, che vengono poco invogliati ad esercitare il diritto - dovere di scegliere i propri rappresentanti.
I ragazzi, abituati ai messaggi diretti della cultura mediatica, in cui sono impastati e cresciuti, provano difficoltà a capire il linguaggio criptico di tanti politicanti. Nonostante Nichi Vendola, il cantastorie e uomo del web dall’eloquio alato, che ha costruito la sua campagna elettorale con un gruppo di ragazzi che non arrivano ai trent’anni: “la Fabbrica di Nichi”, anche la Puglia, sia pure in formato ridotto rispetto alle altre Regioni, ha risentito di questa scarsa partecipazione al voto.
La questione, in ogni caso, è troppo seria per non rappresentare il primo punto nell’agenda, se non l’incubo, di quanti hanno scelto di fare politica, di interessarsi, cioè, delle sorti degli altri.
Nonostante la distanza tra il linguaggio di certa politica e le ansie e le domande dei cittadini, è giusto ricordare come sia assolutamente importante non rinunciare al fondamentale diritto di partecipazione democratica.
Perché è importante partecipare alla vita politica? La domanda è stata formulata dall’Istat nella rilevazione sulla “partecipazione politica” degli italiani, i quali in grande maggioranza si sono dichiarati lontani dalla politica perché sfiduciati. Circa due terzi di chi non s’informa di politica (66,4%) sono motivati dal disinteresse, un quarto (24,8%) dalla sfiducia nella politica. Il 13,8% considera la politica troppo complicata e il 6,% non ha tempo da dedicarvi.
Le donne esprimono più degli uomini, tra le motivazioni, il disinteresse e il linguaggio troppo complicato; gli uomini più delle donne il non avere tempo e la sfiducia nella politica. La mancanza d’interesse è particolarmente diffusa tra i giovani fino a 24 anni (oltre il 72%).
Questi dati confermano la progressiva disaffezione dei giovani e dei meno giovani dalla politica. Forse, è un allontanarsi dalla politica delle promesse e delle parole. E ogni qualvolta vi sono elezioni nell’aria, sono molti i cittadini che si domandano: “Perché devo andare a votare?”, “Per chi devo votare?”, “Tanto non cambia nulla: quelli sono uguali agli altri”.
L’allarme astensione dei sondagisti si è rivelato quindi centrato, dopo una campagna elettorale segnata da scandali, da liste non presentate e da decreti per salvarle, dai ricorsi e dai casi di corruzione e tangenti. Il calo è un trend che ha coinvolto tutte le 13 regioni al voto .
Quel che si temeva, dunque, è purtroppo accaduto e in una misura assai impressionante. Evidentemente, il Paese è stanco, infastidito, preoccupato, deluso. E’ il segno di un disagio, di una lucida disaffezione, una calcolata risposta ad una deriva giudicata evidentemente insopportabile, che merita molta attenzione. E’ qualcosa di più di un campanello di allarme: è un autentico segnale di pericolo per il nostro futuro democratico.
E’la prova evidente dello scollamento ormai quasi drammatico tra la politica, per come viene percepita, e i bisogni, le domande, le aspirazioni del nostro popolo.
Ma è anche evidente quella che potremmo definire la qualità della democrazia. Se si svuota giorno dopo giorno il contenuto partecipativo dell’esperienza democratica, la pienezza delle sue articolazioni e dei suoi equilibri, la sua capacità di coinvolgimento quotidiano nelle scelte e nelle decisioni collettive, se la si riduce a puro assenso alle azioni di un leader, è inevitabile, che la stessa cerimonia del voto perda senso nella percezione di molti, scda a rituale in fondo inutile, da cui ci sipò facilmente distogliere.
E’ il segno di un Paese che si scopre, ancora una volta, drammaticamente incompiuto, eternamente sospeso tra dannazione e riscatto.

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