domenica 17 gennaio 2010

IL BULLISMO: ricerca sui comportamenti antisociali in alunni di scuola dell’obbligo.

L’obiettivo di questa rubrica è quello di descrivere, osservandolo da vicino, un fenomeno che negli ultimi anni sta catturando l’attenzione sia dell’opinione pubblica che degli studiosi: il bullismo, una manifestazione di disagio e di violenza con caratteristiche ben precise.

La letteratura sull’argomento, a partire da Dan Olweus, psicologo norvegese che per primo se ne è interessato, ha definito con dovizia di particolari gli aspetti peculiari del bullismo, innanzitutto considerandolo come fenomeno di gruppo ed in questo differenziandolo quindi dalle prepotenze a carattere individuale o dai litigi tra coetanei.

La gravità del bullismo risiede nella continuatività degli episodi a danno di una o più vittime, che subiscono inermi, e nella chiara intenzionalità di fare del male attraverso varie modalità di tipo diretto o indiretto, fisico o verbale, che variano a seconda del genere e dell’età dei protagonisti.

Gran parte degli studiosi che si sono interessati empiricamente al bullismo hanno un’impostazione psico-pedagogica; dal punto di vista sociologico negli ultimi anni c’è stato un discreto sviluppo di ricerche riguardanti la qualità della vita dei giovani, ma quasi nulla su quella fase della vita a cavallo tra l’infanzia e la giovinezza, la cosiddetta preadolescenza, compresa tra i 9 e i 14 anni.

Nella frenetica era postmoderna del consumismo e della globalizzazione stiamo assistendo ad un crollo dei tradizionali modelli valoriali comuni sostituiti da un’individualizzazione esasperata. Di quest’epoca di incertezze e repentini cambiamenti risentono molto i preadolescenti e gli adolescenti, i quali sono alla continua ricerca di sicurezze e stabilità per contrastare la natura instabile e in via di formazione propria della loro condizione.

Da questo presupposto parte lo studio empirico sul bullismo fatto dal sottoscritto nella sua veste di docente di suola media, di psicopedagogista e di esperto PON.

La teoria a cui si rifà la mia ricerca fa risiedere le cause della diffusione crescente degli episodi di bullismo nella “socializzazione disadattate” attuata da diversi agenti quali la famiglia, la scuola, il gruppo dei pari.

Lo studio si sofferma in particolare sul peso che possono avere, nello sviluppo dei fenomeni di prevaricazione, stili educativi familiari autoritari o al contrario eccessivamente lassisti, clima familiare e scolastico caratterizzati da anomia relazionale e normativa e coinvolgimento dell’intero gruppo scolastico.

Per verificare se ipotesi e risultati relativi alla ricerca potessero essere validi anche in contesti sociali diversi tra loro ho condotto una ricerca sperimentale, sottoponendo a 200 alunni di scuola elementare e media di due città del circondario nord-barese un questionario strutturato. In seguito, all’analisi multidimensionale delle risposte degli intervistati ho comparato i risultati delle due ricerche al fine di comprendere se e come cambiano le dinamiche sottese alla diffusione del bullismo in relazione al fattore territoriale.

Ne è venuto fuori un volume che presto verrà dato alle stampe, con la speranza di aver offerto un contributo ai docenti ed alle famiglie per comprendere le dinamiche che sottendono il fenomeno del bullismo e per favorire la realizzazione di interventi volti a rafforzare il ruolo delle agenzie di socializzazione nell’educazione dei ragazzi, soprattutto attraverso un lavoro sinergicop tra scuola e famiglia, che renderebbe sicuramente più stabile ogni passo avanti fatto verso la lotta al disagio adolescenziale.

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