domenica 12 maggio 2013

ALDO MORO: SEMPRE ATTUALE



La Camera dei Deputati ha approvato, la proposta di legge n. 2.489 riguardante l’istituzione del 9 MAGGIO come giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice. Per quale motivo? Perché il 9 maggio di 35 anni fa, il presidente della DC Aldo Moro veniva ritrovato morto all’interno di una Renault 4 rossa in via Caetani a Roma, vicino la sede storica della Dc, in Piazza del Gesù, e via delle Botteghe Oscure, anche essa sede storica del Partito comunista. Aveva 61 anni. Fu sepolto nel comune di Torrita Tibertina, piccolo paese della provincia di Roma ove lo statista amava soggiornare.
     Un commando delle Brigate Rosse lo aveva rapito il 16 marzo in via Fani dopo aver ucciso i cinque uomini della scorta: Oreste Leopardi, Domenico Ricci, Francesco Zizzi, Giulio Rivera e Raffaele Iozzino.
     Moro comunicò molto in quelle giornate, molte furono le lettere che scrisse sia per la famiglia sia per gli uomini del Governo e del suo partito. Tra questi destinatari non poteva mancare il presidente del Consiglio Giulio Andreotti, insediatosi per la quarta volta il giorno del suo rapimento e deceduto il 5 maggio scorso. A questo proposito torna molto utile la conversazione pubblicata sulla Gazzetta del Mezzogiorno del 7 c.m. tenuta con l’on. Gero Grassi 15 anni fa a Noci. “Da amico e studioso di Moro – scrive il vicecapogruppo del Pd alla Camera - la prima domanda non poteva che essere: Ritiene di aver fatto tutto per salvare Moro? “Sì”, fu la risposta secca. E aggiunse che il Governo da lui presieduto “fece tutto, proprio tutto. Non si poteva accettare lo scambio con le Brigate Rosse, né di fatto ci furono possibilità serie di mediazione cui pure il Governo acconsentì. Anche il pagamento di un lautissimo riscatto fu tentato invano. Moro, ovviamente, in una condizione di estrema difficoltà quale quella del sequestro, non poteva che reagire duramente nelle sue lettere”. 
     Come sempre nei momenti critici, l’Italia seppe trovare, in quei drammatici 55 giorni, una straordinaria compattezza sociale e partitica che portò poi il Paese fuori dalla risacca sociale e dalla crisi economica. Le forze politiche si unirono come un sol uomo per reagire davanti alla barbarie e per testimoniare il valore della democrazia e del supremo interesse del Paese.
      L’istituzione di una data dedicata alla memoria è importante per le nuove generazioni, consente di salvaguardare sempre la verità relativa agli eventi, all’impegno di tali vittime e aiuta i più giovani a capire come la Storia sia stata determinata dal sacrificio di molti cittadini.
      In questi giorni difficili per l’Italia e di confronto elettorale per Corato, come Centro Studi Politici “A. Moro, vogliamo rievocare la forza della visione profetica della politica, della cultura della moderazione, del confronto pacato e dell’alto senso dello Stato dell’on. Aldo Moro. Pochi giorni prima di essere rapito, in uno degli ultimi suoi interventi al Gruppo DC alla Camera ebbe a dire che “Talora è meglio sbagliare restando uniti che avere ognuno ragione per proprio conto”. Che queste nobili parole risuonino oggi nei nostri cuori e ci diano la forza di guardare al domani con la sola volontà del bene dell’Italia.
     Adoperiamoci perché il ricordo di quanti si sono sacrificati sia sempre vivo. Rendere onore ai caduti si può e si deve farlo impegnandosi nell’agire quotidiano per il bene comune.
     A trentacinque anni di distanza, riflettere sul pensiero e sulla lezione che Aldo Moro ci ha lasciato rappresenta un obbligo morale e politico per cercare di capire ed interpretare i segni del nostro tempo.
     Siamo in una fase di svolta della vita del Paese che ha bisogno di stabilità, di certezze di un rinnovato spirito di concordia nazionale che consenta di superare divisioni esasperate per “disegnare” un nuovo rinascimento. E il pensiero di Moro può aiutarci a comprendere in quale direzione stiamo andando.
     Aldo Moro fu un illuminato precursore politico e culturale dei problemi della contemporaneità. Fu tra i pochi, nel mondo cattolico, a capire la portata innovativa e dirompente, nonostante tutti i suoi limiti, del Sessantotto. Ebbe la consapevolezza che quel sommovimento avrebbe fatto scricchiolare le fondamenta culturali del Paese. Fu mite e tollerante, quanto deciso e lungimirante.
     La sua grande eredità si fonda su una concezione della politica come terreno di confronto da cui far emergere il bene comune. Quindi, la capacità di ascoltare le ragioni degli altri, di confrontarsi, di dialogare, senza steccati politici, ideologici o religiosi.
     Abbiamo il dovere di recuperare e far rivivere questi insegnamenti, questi “pensieri lunghi”, affinché l’uomo ridiventi il centro dell’azione sociale e per realizzare finalmente una politica dal volto “mite”.
     “Se fosse possibile dire: saltiamo questo tempo e andiamo direttamente a domani tutti accetteremmo di farlo. Ma, cari amici, non è possibile: oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità”. (Aldo Moro, 28 febbraio 1978).

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