sabato 6 aprile 2013

Ricordiamoci di ciò che Don Tonino Bello scriveva ai politici



Il 20 aprile, ricorre il 20° anniversario della scomparsa dell’indimenticabile ed amatissimo don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, Giovinazzo, Ruvo, Terlizzi e Ruvo dal 1982 al 1993. Egli non è ancora salito agli onori degli altari, ma è stato fatto santo dalla sua gente, dalle persone da tutti escluse e che per lui, invece, sono stati i tasselli mancanti per arrivare alla santità. I temi della sua umanità, nel ministero, nelle relazioni, nella solitudine, nella malattia, nell’amicizia e nei sentimenti sono stati trattati il 3 aprile scorso presso la libreria Secopstore in occasione della presentazione del libro di Agostino Picicco dal titolo “Nel riverbero di cento ideali”. A parlarne, oltre all’autore, c’è stato anche Don Benedetto Fiorentino, oggi parroco della concattedrale di Giovinazzo, e che negli anni dell’episcopato di don Tonino , è stato suo stretto collaboratore quale responsabile dell’ufficio catechistico e primo assistente diocesano unitario dell’Azione Cattolica.
     Questo ricordo viene a coincidere con un periodo elettorale in cui tanti candidati sindaci e aspiranti consiglieri comunali si stanno contendendo il potere di amministrare la città di Corato per i prossimi cinque anni.
     Tornano attualissime, in questo particolare momento della complicata vita politica nazionale e del circo equestre locale le sue “Lettere sulla politica” pubblicate dalle Edizioni della Meridiana. Lettura  che ritengo preziosa per tutti i candidati, credenti e non, che concorreranno al governo della nostra città. Impegno troppo spesso screditato in questo nostro tempo di esasperate tensioni e di conflitti non sempre disinteressati. La gente – è noto – accomuna tutti nell’ambizione e nell’affarismo. L’aggettivo più ricorrente accanto alla politica è “sporca”. “La gente – diceva il presule rivolgendosi ai politici - con voi è ossessivamente cortigiana o vi disprezza…anche quando vi siete prodigati con la generosità più pura vi sentite al centro di una nebulosa di sospetti”.
     Don Tonino conosce il disamore della gente verso la classe politica. Cita i versi di Pasolini ”Avete, accecati dal fare, servito il popolo non nel suo cuore ma nella sua bandiera”. Ma il vescovo vuol far sentire al popolo il valore autentico della politica. “Arte nobile e difficile”, secondo la parola del Concilio. Don Tonino va dritto alla realtà dei problemi. “Abbiate il coraggio di opporvi pagando anche di persona quando nella distribuzione degli incarichi, nell’assegnazione degli appalti, nella destinazione delle aree urbane si tengono presenti gli interessi di chi sta bene e si calpestano i diritti di chi versa nella disperazione”.
     Nell’ultima sua lettera politica, il vescovo esorta gli eletti del popolo alla sobrietà. “Che vuol dire non ubriacarsi di potere. Non montarsi la testa con i fumi della gloria. Partitocrazia non è altro che l’ubriachezza dei partiti che hanno espropriato i cittadini”. E poi l’invito più pressante “Privilegiate l’uomo più che la pietra”, più che le opere materiali. Ricostruire l’uomo vale infinitamente più che costruirgli la casa”.
     Motivo dominante delle sue riflessioni: rimettere la persona al centro di ogni impegno politico. La persona, non il calcolo di parte. La persona, non le astuzie del potere. Ascoltare le persone. Guardare in faccia gli ultimi. E’ l’etica del volto. Tre le parole che don Tonino sottolinea nella prefazione alle lettere: “annunciare, denunciare, rinunciare”. L’annuncio leale e chiaro. La denuncia profetica. La rinuncia eroica, testimonianza coerente. 
     Saremmo oltremodo grati al massimo rappresentante istituzionale del Comune di Corato, lo stimatissimo commissario prefettizio dott. Di Girolamo, così come fecero il sindaco di Terlizzi Vincenzo Di Tria nel 2005 con il libro citato “Don Tonino a Terlizzi” e il sindaco di Bari Michele Emiliano nel febbraio 2006, se anch’egli facesse dono alle segreterie dei partiti, dei movimenti e delle liste civiche di questi preziosi volumetti che suggerisco di andare a leggere, nel frattempo, presso la nostra Biblioteca civica.
     Quest’ultimo è un breve epistolario di 63 pagine, in cui sono raccolte le lettere scritte dal vescovo tra il 1985 e il 1988, in occasione degli incontri natalizi con gli operatori della politica dei Comuni della diocesi, con i quali dialoga sul bene comune, citando Giorgio La Pira, Alcide De Gasperi, Gaetano Salvemini, Pier Paolo Pasolini, Paolo VI, affermando l’imprescindibilità della politica, come “arte nobile e difficile” da difendere dall’integrismo e “per i credenti, da ogni ipoteca confessionale”. “Impegnatevi perché ogni scelta politica tenga sempre presenti gli ultimi” scriveva nella sua ultima lettera (che, citando San Paolo, aveva ribattezzato “Con sobrietà, giustizia e pietà”).
     Queste lettere sono state scritte nel cuore degli spensierati anni Ottanta  e sono rivolte a quei partiti,  poi travolti dal crollo della Prima Repubblica, che hanno tradito il messaggio dei loro stessi padri fondatori. Allora, pressoché inascoltate, caddero nel vuoto. Oggi, nella loro esortazione a pensare una politica che gestisca lo Stato senza occuparlo, che si faccia parte integrante della polis amministrata e non Palazzo che se ne distacca, risultano appassionanti quanto attuali.
    Sono trascorsi quasi ventisei anni, ma quelle lettere sono ancora di una disarmante attualità: vi si trova la questione morale, l’unità dei credenti, il loro impegno in politica, il rapporto di reciproco rispetto tra Chiesa e istituzioni laiche, lo iato crescente tra il Palazzo e i cittadini, il rischio insito nella partitocrazia di ingenerare la tentazione dell’antipolitica.
     Considerazioni queste quanto mai attuali di cui continuo a scrivere a nome del Centro Studi Politici” A. Moro” su questo sito e che ho fatto oggetto di analisi e di approfondite riflessioni nella mia ultima pubblicazione “Politica e morale viaggiano su binari diversi”.
     Aver conosciuto e seguito don Tonino Bello per me è stato oltre che un privilegio anche un’ arricchimento spirituale e culturale. Bastava incontrare quel suo sguardo intelligente e vivace, cogliere le sue affermazioni così spontanee, intuire al di là di un sorriso appena abbozzato quale ricchezza interiore avesse. Ascoltava, incoraggiava, sosteneva, orientava, condivideva. La sua presenza entrava nel cuore, era come un alone di luce che dava sicurezza. Possedeva una grande capacità di mettere a fuoco e sintetizzare gli avvenimenti della vita e quanto accadeva nella Chiesa e nel mondo. Riusciva ad intuire profeticamente e a leggere coraggiosamente i segni dei tempi.
     Sulla scia dei ricordi non posso non menzionare l’appassionata battaglia pacifista, una guerra alla guerra nelle trincee degli inglesi del Salvador, a Serajevo a capo del movimento Pax Cristi di cui dall’85 era presidente. Il male inesorabile che lo colpì a partire dal 1991 non riuscì a rallentare il suo cammino spirituale, né i suoi progetti. Il suo capezzale era diventato meta di autentici pellegrinaggi. Per ognuno aveva una parola di speranza, di conforto. Sembrava che fossero gli altri a star male e non lui. Con questa gente riusciva sempre a creare un clima familiare.
     Sarebbe oltremodo interessante conoscere le risposte alle domande che don Tonino rivolgeva ai diversi candidati alle elezioni. “Chi state servendo? Il bene comune o la carriera personale? Il popolo o lo stemma? Il municipio o la sezione di partito?”. La sua risposta era questa: “Siate soprattutto uomini. Fino in fondo. Anzi, fino in cima. Perché essere uomini fino in cima significa essere santi “. Come Lui.

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