giovedì 25 aprile 2013

LETTERA APERTA DI DON TONINO BELLO AI POLITICI



Ho ascoltato con attenzione il discorso di Giorgio Napolitano fatto dopo la rielezione alla carica di presidente della Repubblica. Mi hanno particolarmente colpito le seguenti parole: “Dopo aver pesantemente dimostrato all’intera nazione il livello di incapacità, personalismo e meschinità della classe politica italiana……”  mi sono andato a rileggere la lettera scritta da Don Tonino Bello ai politici 25 anni  orsono, nella quale sono espresse osservazioni simili a quelle del nostro acclamato presidente proprio da quei signori che sono oggetto di tali rampogne.
    E’ appena trascorso il 20° anniversario della scomparsa dell’indimenticabile ed amatissimo Don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, Giovinazzo, Ruvo, Terlizzi e Ruvo dal 1982 al 1993. Questo ricordo viene a coincidere con la particolare situazione politica nazionale e la campagna elettorale per le imminenti elezioni amministrative.
    Sono trascorsi ormai venti anni, ma quelle lettere sono ancora di una disarmante attualità: vi si trova la questione morale, l’unità dei credenti, il loro impegno in politica, il rapporto di reciproco rispetto tra Chiesa e istituzioni laiche, lo iato crescente tra il Palazzo e i cittadini, il rischio insito nella partitocrazia di ingenerare la tentazione dell’antipolitica.
     Siamo sicuri di fare “cosa buona e giusta” riproducendo in forma integrale alcune riflessioni che Don Tonino rivolse ai politici della sua città il 22/12/1988 e che ho avuto il piacere di pubblicare nel mio ultimo libro “Politica e morale viaggiano su binari diversi” e che avrò l’onore di presentare tra breve.
     “I partiti – scrive Don Tonino -  secondo la Carta costituzionale, dovrebbero essere i cosiddetti “corpi intermedi” la cui funzione è paragonabile a quella che il fusto svolge nella pianta. Il nostro modello di Stato Sociale, infatti, assomiglia proprio ad un albero, le cui radici sono costituite dal popolo e i cui rami sono dati dalle pubbliche istituzioni. Il compito del fusto, cioè dei partiti, è quello di raccogliere e coordinare le istanze vive della base per tradurle in domanda politica organica che vada ad innervarsi sui rami.
     I cittadini, quindi, sia singolarmente presi, sia associati in raggruppamenti primari detti “mondi vitali”, sono le radici del sistema in quanto detengono la sovranità e delegano il potere ai loro rappresentanti affinché lo esercitino nell’interesse del bene comune. I partiti, invece, hanno il compito di incanalare le spinte sociali organizzando il consenso popolare attorno a una determinata politica.
     La politica, perciò, secondo una splendida espressione dei vescovi francesi, può essere definita “coagulante sociale’, in quanto stringe forze diverse attorno ad un medesimo progetto.
     E’ successo, però, purtroppo, che il fusto è impazzito a danno delle radici e dei rami. I partiti, cioè, si sono ubriacati. Verso il basso, hanno espropriato i cittadini e i “mondi vitali” di alcune loro mansioni primarie, assorbendo, per esempio, l’informazione, l’editoria, la cultura, lo spettacolo, e spesso condizionando la vita di gruppi e associazioni.
     Verso l’alto, hanno invaso quasi tutte le istituzioni dello Stato, non solo lottizzandosi gli enti pubblici esclusivamente secondo criteri di appartenenza politica, ma mitizzando la disciplina di partito se non addirittura di corrente) a scapito della coscienza individuale e snervando perfino la sovranità del Parlamento, sempre più ridotto a cassa di risonanza per accordi presi al di fuori di esso. 
     Non è più lo Stato sociale, ma lo Stato dei partiti. Le conseguenze di questo circuito sono drammatiche. Da una parte, i problemi ristagnano , gli intoppi burocratici si infittiscono, e perfino certe provvidenze di legge si incagliano sui fondali della sclerosi amministrativa, si usurano negli intrighi delle clientele, e naufragano nel gioco delle correnti.
     Dall’altra parte, cala la fiducia nella politica, visto che è stata ridotta alla partitocrazia non a “coagulante”, ma a “dissolvente” social. L’opinione pubblica accentua sempre più la tendenza ad angelicare la Società e a demonizzare lo Stato.
     I giovani, pur sentendo una vivissima vocazione alla solidarietà, preferiscono riservare il loro impegno nel volontariato: questa sta a dire che rifiutano ormai le semplici proposte di gestione e cercano altrove i laboratori per la rigenerazione dell’humus etico della politica.
     Si tirano indietro anche gli adulti, disgustati dallo spettacolo dei partiti che, abusando di reciproche interdizioni per osceni motivi di ingordigia nella spartizione delle pubbliche spoglie, producono, anche nelle nostre amministrazioni locali, paurosi ristagni, incredibili paralisi di governo.
     E’ urgente che i partiti, i quali restano sempre strumento essenziale della nostra democrazia rappresentativa, si disintossichino dall’ubriacatura. Si ravvedano dal loro delirio di onnipotenza. Riacquistino la sobrietà. “Concorrano, cioè, come dice l’art. 49 della Costituzione “a determinare la politica nazionale”, ma senza la pretesa di monopolizzarla definitivamente. E tornino al loro compito fondamentale, che è quello di ascoltare la gente, educare i comportamenti, mediare gli interessi, e non certo di trasformarli in forche caudine, da cui, anche per il più semplice sospiro, bisogna necessariamente passare, attraverso sistemi di tessere, clientele e patronati correntizi.
     Attenzione, amici. Aggiustate le bilance! Perché non si ruba solo quando si ricava profitto sulla merce. Si ruba anche quando si ricava potere sulle coscienze. Mettete più spirito di sacrificio per arginare i guasti di tanta disoccupazione giovanile: non con palliativi demagogici e superficiali, ma con investimenti seri di tempo più che di soldi, di cervello più che di espedienti, di passione più che di calcolo.
     Aprire gli occhi sul degrado umano procurato dalla droga, dalla delinquenza minorile, dai cento fenomeni di malcostume che indicano un forte abbassamento di orizzonti etici. La siringa trovata in villa deve far impallidire la giunta comunale più dei liquami di una fognatura, fuoriusciti in piazza durante una cerimonia ufficiale.
     Impegnatevi perché ogni scelta politica tenga sempre presente gli ultimi. Misuratevi più decisamente con la povertà aborrendo dal gestire i bisogni con atti occasionali, e favorendo, invece, quei piani complessivi di intervento per i quali sono predisposte anche delle provvidenze di legge, ma che la pigrizia o la leggerezza o l’incompetenza lasciano scandalosamente inutilizzate.
     Vigilate affinché i processi di screscente disuguaglianza tra cittadini, o gruppi o categorie, non finisca col favorire sempre chi è in grado di organizzare meglio la domanda, trasformando così lo Stato in commesso degli interessi dei più forti.
     Se questa “pietà”  per l’uomo vi farà anteporre alle pietre i problemi pubblici della salute, dell’educazione, della cultura, del lavoro, del rispetto dell’ambiente, della partecipazione… Gesù Cristo, che ha promesso il Regno a chi avrà dato un solo bicchiere d’acqua fresca per amore, non sarà avaro neppure con chi è convinto di non averlo mai incontrato su questa terra”.

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