sabato 2 ottobre 2010

LA SFIDA EDUCATIVA TRA EMERGENZA E CRISI ANTROPOLOGICA

Il giorno 29 settembre nella bella sala dell’Istituto Statale d’Arte di Corato, alla presenza di un folto gruppo di docenti delle scuole di ogni ordine e grado di Corato e di Andria, su iniziativa della Consulta permanente della Cultura, e dalla Commissione pedagogica, coordinata da Arcangelo Speranza, con il patrocinio dell’Amministrazione comunale, abbiamo potuto partecipare al convegno sul tema “La sfida educativa tra emergenza e crisi antropologica: a scuola da protagonisti”, organizzato nell’ambito delle manifestazioni previste per il “Settembre pedagogico”.
All’interessante relazione tenuta dal prof.Giuseppe Desideri, presidente nazionale dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici (A.I.M.C.) sono seguiti, oltre ai saluti della presidente della Consulta Permanente della Cultura Stefania Stefanachi, dell’assessore alla P.I. Franco Caputo e del consigliere delegato alla Cultura Giuseppe D’Introno, gli interventi, regolati dal coordinatore Franco Zucaro, dei docenti Lucrezia Colucci (3° Circ. didattico), Giuseppe D’Ercole (Liceo classico “Sylos”), delle dirigenti Tina Rutigliano (1° Circolo) e Stella Ribatti (di Andria) e dei docenti in pensione Pina Masciavè, don Cataldo Bevilacqua e del sottoscritto.
L’occasione è stata propizia per fare il punto della situazione scolastica, anche alla luce dei recenti provvedimenti governativi, al centro – com’è noto - di animate discussioni politiche e proteste, soprattutto da parte dei docenti precari e delle famiglie.
E’ solo colpa dei ragazzi, della loro svogliatezza e del loro profitto deludente, se la scuola versa in una crisi strutturale, pedagogica, metodologica e didattica? O c’entrano qualche cosa anche i metodi d’insegnamento, la capacità di un professore di far presa sulla sua classe, senza imporre e senza accondiscendere, la sua buona cultura personale e la sua passione professionale? Sono state queste le domande alle quali il relatore Giuseppe desideri ha tentato di fornire una risposta convincente.
Il passaggio da una scuola elitaria, per i pochi che avrebbero dovuto costituire la classe dirigente del futuro, ad una scuola di massa, aperta ad una popolazione studentesca estremamente eterogenea per bisogni formativi, interessi, aspirazioni ha trovato – secondo il relatore - la classe docente impreparata sia dal punto di vista metodologico sia da quello organizzativo e relazionale.
La risoluzione dei problemi volti a garantire il successo scolastico e lo sviluppo armonico e integrato della personalità dei discenti – è stato detto - non può avvenire attraverso una prassi didattica prevalentemente basata sulla lezione frontale e attraverso gli strumenti valutativi del passato.
La rapida evoluzione industriale, postindustriale, informatica e tecnologica – ha proseguito - ha portato ad un cambiamento del modo di vivere, ha allargato gli orizzonti di interesse, ha ridotto la possibilità di interazione con la natura e con gli oggetti che ci circondano, divenuti sempre più complessi, ha accelerato i ritmi di vita e ha ridotto alcune modalità di interazione e di comunicazione, creandone di nuove.
Il cambiamento – è la conclusione condivisa da tutti gli intervenuti - al di là delle recenti disposizioni ministeriali, deve avvenire a partire da coloro che la scuola la vivono e la subiscono direttamente, in quanto nessuna formazione imposta e forzata che non sia frutto di una spontanea ricerca lascia traccia, diventa conoscenza e consapevolezza; questo richiede da parte di tutti i soggetti interessati (studenti, famiglie, docenti e istituzioni) anche una sensibilità, una disponibilità a mettersi in discussione, a confrontarsi, a condividere e a collaborare.
Nel mio breve intervento ho evidenziato che in realtà molti insegnanti si sono fatti carico dei problemi nuovi che la scuola doveva risolvere, molti hanno cercato, in modo più o meno autonomo ed empirico – come ho avuto modo di evidenziare nel mio libro di prossima pubblicazione sul bullismo scolastico - di trovare soluzioni e strategie per superare gli incidenti di percorso. Alcuni hanno intrapreso corsi di formazione nella speranza di ricevere indicazioni e supporti che, trasferiti nella classe, consentissero di fare meglio il loro lavoro, di costruire con gli alunni un percorso di crescita e di maturazione condiviso.
Il loro entusiasmo, il loro impegno (come mi hanno confessato i colleghi delle due scuole medie con le quali ho collaborato nella mia veste di esperto PON per i corsi di educazione alla legalità ed alla cittadinanza) non sono stati sempre riconosciuti e gratificati, spesso i successi preventivati ed attesi non si sono avuti e ciò ha portato, in alcuni casi, ad uno strato di frustrazione e di sconforto, anche per mancanza di un’assistenza qualificata che una volta era fornita dall’operatore psicopedagogico.
Celebrare il 5 ottobre la 10^ “Giornata mondiale degli insegnanti”, istituita dall’Unesco nel 1993, può essere l’occasione per ricordare a tutti che i docenti, giorno per giorno, promuovono e costruiscono, con i loro studenti, i valori del dialogo, della tolleranza, del rispetto e della solidarietà, che sono le basi del vivere democratico.
La giornata mondiale degli insegnanti - ha evidenziato il presidente nazionale dell’AIMC - è una data poco ricordata. Facciamo nostro - come Centro Studi Politici “A. Moro” - il suo invito a considerare gli insegnanti non più burocrati esecutori, ma responsabili professionisti di scuola, che godono del giusto riconoscimento sociale.
Proprio in nome della professionalità riconosciuta ai docenti, chiediamo anche noi per questi ultimi condizioni per poter esercitare legittima e competente partecipazione ai processi innovativi della scuola sia nel momento attuativo, sia nella fase progettuale. La competenza acquisita attraverso percorsi formativi ed arricchita dal riflettere sulla pratica scolastica è patrimonio che essi desiderano mettere a disposizione in un confronto aperto e connotato da un corretto gioco delle parti nel quale il piano legislativo, quello sindacale e quello più propriamente professionale trovano complementarietà nel rispetto della specificità di ognuno.
Ricordare la “Giornata degli insegnanti” non è, dunque, né gesto corporativo, né puro atto celebrativo, ma occasione per riproporre all’opinione pubblica, al mondo politico ed alle istituzioni il lavoro silenzioso e, spesso, poco apprezzato di quanti si sono spesi e si spendono quotidianamente per la scuola

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