All'indomani del voto del 24 e 25
febbraio, appare chiaro che tanto il successo di Grillo quanto la rinascita di
Berlusconi sono indice soprattutto di un diffuso sentimento antiausterità. Per
il momento, esso assume in Italia e a Corato coloriture destrorse. Eppure, lo
spazio per una ripensamento generale esiste, a condizione che siano messi al
bando le scorciatoie e i tatticismi
Il risultato elettorale anche nella nostra città ci
consegna l'immagine di un paese egemonizzato dalla destra, che risorge come una
fenice in forme diverse. Parlando con amici e conoscenti, leggendo alcune
malinconiche analisi e scorrendo di tanto in tanto i numerosi post intrisi di
rabbia e pessimismo su Facebook sottrarsi al clima di scoramento e frustrazione
può sembrare impresa ardua. C'è chi è pronto a fare le valigie per espatriare,
chi propone improvvisate analisi sull'essenza culturale della nazione e sulla
psicologia di massa degli italiani, chi riversa palate di sarcasmo sul monitor
del computer, chi se la prende con Bersani e rimpiange il “grande Partito
Comunista” chi, infine, cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno aprendo a
Grillo, nuova “costola della sinistra”. Eppure, passato lo shock delle prime
ore, è un'analisi a mente fredda quella che si impone.
Quello del
24 e 25 febbraio è stato soprattutto un voto contro la disoccupazione,
l'impoverimento di massa e l'incertezza del futuro che incombono ormai da più
di un anno sulla testa degli italiani. I veri vincitori della consultazione, al
di là della vittoria tutta “tecnica” del Pd alla Camera, sono il Movimento 5 Stelle
e il redivivo Berlusconi, grazie al quale la Puglia di Fitto e la Corato di Luigi
Perrone hanno ottenuto uninsperatosuccesso.
Se è vero che il buon risultato di Grillo e quello, nettamente al di sopra delle aspettative, del centro-destra inducono un certo pessimismo circa la possibilità di ricostruire un centro-sinistra degno di questo nome nel nostro Paese, va anche detto che la situazione oggettiva ci parla, oltre che di tante difficoltà, anche di alcune opportunità per il futuro.
Se è vero che il buon risultato di Grillo e quello, nettamente al di sopra delle aspettative, del centro-destra inducono un certo pessimismo circa la possibilità di ricostruire un centro-sinistra degno di questo nome nel nostro Paese, va anche detto che la situazione oggettiva ci parla, oltre che di tante difficoltà, anche di alcune opportunità per il futuro.
Non ci
soffermeremo in questa sede ad analizzare il fenomeno Grillo. Qui ci interessa
soprattutto capire quali sono le lezioni che il centro sinistra nazionale e
coratino possono trarre dal successo del Movimento 5 Stelle.
Grillo non ha avuto fretta nel costruire il proprio movimento, concentrandosi innanzitutto sulla definizione della propria agenda, lavorando alla propria riconoscibilità pubblica e puntando a creare una comunità coesa e motivata. Ha sviluppato nel tempo un profilo radicalmente autonomo e indipendente dai due schieramenti avvicendatisi al governo negli ultimi venti anni e, se non è stupido (e non lo è) eviterà ora di stringere accordi organici con chicchessia, di proporre ad altri la propria agenda in una condizione che rimane comunque, nella aule parlamentari, di subalternità numerica. Punterà piuttosto a sviluppare ulteriormente i propri consensi e l'egemonia delle proprie parole d'ordine nella società, per passare all'incasso al momento debito. Attualmente, stando sotto i riflettori e disponendo di un nutrito drappello di deputati e senatori, può dedicarsi a quest'opera di ampliamento delle proprie basi di consenso con tanta più facilità e rapidità. La fase “eroica” della costruzione molecolare dell'organizzazione, per lui, si è definitivamente conclusa, anche se, come ha dichiarato il candidato-sindaco del Movimento 5 Stelle di Corato, Domenico Ungari nell’intervista rilasciata a Coratolive ”Non tutti quelli che hanno votato 5 Stelle l’hanno fatto per un consenso pieno alle idee del Movimento. In parte gli elettori ci hanno votato perché di questa politica non ne possono più e hanno visto in Grillo il “martello pneumatico” che va ad abbattere un sistema. A Corato siamo ilsecondopartito”.
Detto questo, è evidente che la situazione è oggi piuttosto complessa, e che nessuno ha la soluzione in tasca. Ripartire dal rifiuto di ogni ipotesi di alleanza con il centro (che oggi comprende anche il Pd, vista l'eterogeneità di questo partito), lavorare alla costruzione di un profilo programmatico e organizzativo indipendente e investire, prima ancora che sul momento elettorale, sul necessario insediamento sociale sono tutte cose essenziali ma, allo stato attuale, solo teoriche, non essendo state in grado le forze politiche locali di sottoscrivere una piattaforma programmatica comune realizzata attraverso l’ascolto, la partecipazione e la condivisione dei cittadini-elettori.
Grillo non ha avuto fretta nel costruire il proprio movimento, concentrandosi innanzitutto sulla definizione della propria agenda, lavorando alla propria riconoscibilità pubblica e puntando a creare una comunità coesa e motivata. Ha sviluppato nel tempo un profilo radicalmente autonomo e indipendente dai due schieramenti avvicendatisi al governo negli ultimi venti anni e, se non è stupido (e non lo è) eviterà ora di stringere accordi organici con chicchessia, di proporre ad altri la propria agenda in una condizione che rimane comunque, nella aule parlamentari, di subalternità numerica. Punterà piuttosto a sviluppare ulteriormente i propri consensi e l'egemonia delle proprie parole d'ordine nella società, per passare all'incasso al momento debito. Attualmente, stando sotto i riflettori e disponendo di un nutrito drappello di deputati e senatori, può dedicarsi a quest'opera di ampliamento delle proprie basi di consenso con tanta più facilità e rapidità. La fase “eroica” della costruzione molecolare dell'organizzazione, per lui, si è definitivamente conclusa, anche se, come ha dichiarato il candidato-sindaco del Movimento 5 Stelle di Corato, Domenico Ungari nell’intervista rilasciata a Coratolive ”Non tutti quelli che hanno votato 5 Stelle l’hanno fatto per un consenso pieno alle idee del Movimento. In parte gli elettori ci hanno votato perché di questa politica non ne possono più e hanno visto in Grillo il “martello pneumatico” che va ad abbattere un sistema. A Corato siamo ilsecondopartito”.
Detto questo, è evidente che la situazione è oggi piuttosto complessa, e che nessuno ha la soluzione in tasca. Ripartire dal rifiuto di ogni ipotesi di alleanza con il centro (che oggi comprende anche il Pd, vista l'eterogeneità di questo partito), lavorare alla costruzione di un profilo programmatico e organizzativo indipendente e investire, prima ancora che sul momento elettorale, sul necessario insediamento sociale sono tutte cose essenziali ma, allo stato attuale, solo teoriche, non essendo state in grado le forze politiche locali di sottoscrivere una piattaforma programmatica comune realizzata attraverso l’ascolto, la partecipazione e la condivisione dei cittadini-elettori.
Le
oligarchie partitocratiche locali non trascorrono giorni felici: specialmente
ora che sono alle prese con l’organizzazione della campagna elettorale
amministrativa. E’ arrivato il tempo che i padroni degli attuali partiti, da
destra a sinistra, allentino gli ormeggi se vogliono pensare ad una
sopravvivenza futura. E’ necessaria una tortale rifondazione degli apparati e
degli uomini.
A livello
locale occorre darsi un insieme di regole che ridisegnino l’organizzazione e il
funzionamento dei partiti, delle coalizioni, della maggioranza consiliare e
dell’opposizione. Con la revisione dello Statuto comunale bisogna porsi l’obiettivo
di creare uno strumento aperto ed accogliente di partecipazione dei cittadini
alla vita democratica.
Una risposta
democratica ed innovatrice richiede un nuovo modo di fare politica e di
governare, un’Amministrazione comunale accessibile a tutti i soggetti della
politica e della società, composta da persone il cui titolo di merito non può
essere solo la tessera di partito, ma anche e soprattutto la capacità
professionale, intesa come espressione della ricchezza sociale e culturale
della nostra città.
In
conclusione, per attivare mondi di consenso non consolidato, occorre far
emergere le grandi discriminazioni valoriali, personalizzare il rapporto con
l’elettore, ridurre al massimo le forme di mediazione della comunicazione,
coinvolgere attivamente nei processi di selezione della rappresentanza politica
gli iscritti e gli elettori, predisporre le condizioni per una militanza
attiva.
Sarebbe
questo – credo – un modo nuovo di fare politica, veramente dalla parte della
gente. Il che vuol dire trasformare i bisogni e le speranze di solidarietà in
concreta e creativa proposta politico-programmatica.
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