Sarà questo il tema che la capolista del PD al Senato
Anna Finocchiaro tratterà su invito del Partito Democratico di Corato domenica
17 febbraio alle ore 18,00.
Un ‘argomento di grande attualità, poco trattato non
solo nella corrente campagna elettorale, ma anche nelle sedi istituzionali,
politiche, sociali e culturali.
La democrazia incompiuta: uomini prepotenti e donne
invisibili
Basta guardare
pochi dati per capire la dimensione della disparità di genere nella
politica italiana. L’ 82% dei senatori, il 79% dei deputati e il 79% dei
ministri sono uomini. La situazione è particolarmente sbilanciata in alcuni
partiti (PdL, Lega, UdC, IdV), ma anche nel PD gli uomini superano il 70%. Una
situazione analoga si presenta nel parlamento europeo, dove l’Italia si colloca
al quartultimo posto tra i 27 paesi membri, con il 78% di uomini. Che questa
percentuale sia pressoché identica per i partiti di destra e di sinistra
dimostra che l’esclusione delle donne non è questione di orientamento politico.
Sessismo e misoginia non abitano solo a destra. Si tratta di un fenomeno
generale che veicola un messaggio semplice: le donne non devono entrare in politica.
Non parliamo
della nostra città, dove negli ultimi dieci anni soltanto una donna, Maria
Bovino, del PD, ha potuto sedersi sugli scanni del Consiglio comunale e mai
nessuna nelle giunte presiedute dal sindaco Luigi Perrone.
In Italia e a
Corato serve un antitrust della politica. Non è ammissibile che un paese
formato da metà uomini e metà donne sia governato da un unico gruppo, non
importa quale. E’ a dir poco sconcertante che ci si scandalizzi davanti a un
tribunale islamico in cui la testimonianza della donna vale metà di quella di
un uomo, ma si accetti come normale un Parlamento in cui per ogni voce
femminile ci sono quattro voci maschili.
Una democrazia moderna non può rinunciare alle donne
Esistono molti
motivi per cui un paese democratico non può rinunciare al contributo delle donne.
Ne citiamo quattro:
1) E’ una
questione di giustizia. La costituzione (art. 3 e art. 51) sancisce
l’eguaglianza di genere nell’accesso agli uffici pubblici e alle cariche
elettive. La sistematica esclusione delle donne dalle cariche politiche è
anti-costituzionale.
2) Le leggi
proposte e approvate in Parlamento riguardano donne e uomini in ugual misura.
Anzi, alcuni temi su cui si esprime il Parlamento sono di particolare e, a
volte, esclusiva rilevanza per le donne. Quando si decide di ridurre il tempo
pieno nelle scuole pubbliche, chi pagherà maggiormente le conseguenze? Quando
si decide sulla fecondazione assistita, sullo stupro, sull’ aborto, quali sono
le persone direttamente interessate? In una vera democrazia, quale logica può
giustificare l’esclusione di uno o dell’altro gruppo dal potere legislativo?
Per una logica analoga sembra ingiustificabile che la corte costituzionale,
organo vitale in qualsiasi democrazia, sia composta al 93% da uomini.
3) Le donne sono
portatrici di una cultura diversa. Ricerche psicologiche e sociologiche
dimostrano che, mediamente, le donne sono più propense a condividere valori
democratici come l’uguaglianza, la responsabilità sociale, l’accoglienza, la
protezione dell’ambiente e meno propense ad accettare una struttura sociale
gerarchica in cui un gruppo domina su di un altro e in cui le minoranze non
vengono rispettate. In altre parole, sono loro le portatrici dei valori
democratici per eccellenza. E’ proprio per questo che le istituzioni e, in
particolare, i partiti progressisti non possono fare a meno delle donne, a meno
che non vogliano rinunciare proprio alla realizzazione dei valori che li
distinguono.
4) Infine, la
presenza delle donne potrebbe dare un importante contributo per “fare pulizia”
all’interno della scena politica italiana. Sotto il profilo etico le donne sono
meno accomodanti degli uomini. E’ ben documentata la loro minore propensione
alla delinquenza di qualsiasi natura, dai furti agli omicidi: solo una piccola
parte dei reati commessi in Italia è imputabile a donne. Questo vale anche per
molti crimini di tipo economico, come le truffe e le frodi informatiche,
settori in cui solo il 22% dei reati sono compiuti da mani femminili Esiste
evidenza empirica che le donne sono, mediamente, meno tolleranti rispetto alla
disonestà e a pratiche immorali negli affari.
Negli ultimi
anni, la politica italiana ha conosciuto un degrado etico senza confronti nel
mondo occidentale, a cominciare dallo sfruttamento sessuale delle donne. In
Italia, ma non solo, gli scandali a sfondo sessuale coinvolgono quasi
esclusivamente politici uomini. Anche quando esercitano il potere, in genere le
donne non usano la propria posizione o i propri soldi per comprare sesso e non
decidono le carriere altrui in base alla disponibilità a passare per il loro
letto. Lo sfruttamento sessuale non fa parte della loro cultura. Ben venga,
quindi, la presenza femminile in politica.
Lo zip in politica
E’ quindi
necessario un intervento drastico che favorisca il riequilibrio della
rappresentanza in base al genere. Una prova evidente dell’utilità delle quote è
fornita da una ricerca condotta in Italia (De Paola, Scoppa e Lombardo, 2010).
L’introduzione obbligatoria delle quote di genere per le elezioni comunali è stata
in vigore nel nostro paese per un breve periodo (aprile 1993 – settembre 1995) e
ha quindi interessato solo i Comuni in cui si è votato in quel periodo. Si noti
che la legge imponeva un numero minimo di donne (1/3) nelle liste, ma non
garantiva seggi riservati alle donne. La ricerca ha rilevato che, durante
quel periodo, la rappresentanza femminile nei Consigli comunali è più che
raddoppiata. Inoltre – ancora più importante – confrontando i Comuni in cui si
è votato in quel periodo con quelli in cui non si è mai votato con il sistema
delle quote, si è visto che nei primi la rappresentanza delle donne in politica
si è mantenuta più alta che nei secondi anche dopo che le quote sono state
abolite (1996-2007). Le quote, quindi, contribuiscono a cambiare la mentalità
e la cultura e il loro effetto permane anche quando non sono più in vigore.
Quale regola può
ristabilire l’equilibrio tra i generi? La regola più semplice, applicabile
nelle elezioni nazionali, locali ed europee, è che in ciascuna lista elettorale
un posto ogni due sia assegnato a una donna, ossia che uomini e donne siano presenti in lista in modo alternato, come i denti
di una cerniera lampo, come uno zip. Non è complicato. È solo questione di
logica.
Bisogna dare la
possibilità alle donne che ne hanno capacità, predisposizione e vocazione per
l’attività politica di partecipare alla “gara” senza penalizzazioni rispetto ai
colleghi maschi. Crediamo, quindi, che in Parlamento e nei Consigli regionali,
provinciali e comunali, in rappresentanza dei cittadini, debbano sedere donne e
uomini che abbiano dato prova di possedere competenze politiche di alto livello
e grandi motivazioni.
La selezione
quindi deve essere sulla qualità e non cero sulla quantità. Ciò non toglie che
riteniamo necessaria un’opera di sensibilizzazione nella società, affinché
sostengano con il voto quelle donne che abbiano dimostrato capacit-à. Si
avverte, infatti, un grande bisogno del ,loro apparto, della loro sensibilità e
della loro visione delle cose, anche ai
massimi livelli.
Siamo sicuri che
il Partito Democratico, che nel proprio Statuto prevede la parità di genere,
andrà oltre la data del 17 febbraio riproponendo una battaglia ideale e
culturale che individui nella concezione e nella pratica della politica e
nell’uso del potere uno dei fondamenti, uno dei tratti distintivi della
sinistra. La politica come realizzazione del bene comune, come decisione
sottoposta alla verifica dei cittadini e delle cittadine, la politica come
responsabilità individuale e collettiva.
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