venerdì 12 giugno 2009

”UN NUOVO MODO DI FARE POLITICA”.

Uno degli obiettivi fondamentali che, all’indomani della seconda competizione elettorale in cui si è cimentato nel breve arco di un anno ed in vista delle prossime scadenze congressuali ed elettorali (rinnovo del Consiglio regionale), il Partito Democratico si deve dare è quello di recuperare la fiducia dei cittadini nei partiti e in chi fa politica. Occorre convincere che non è vero che tutti i partiti e i politici sono uguali e che la politica non è una cosa sudicia. Per questo è sempre più necessario esercitare “un nuovo modo di fare politica”.

Certo, sarebbe da sciocchi pensare che la politica possa essere del tutto disinteressata dal gioco dei contrapposti interessi “particolari”, ma va riaffermato che essa mette in gioco anche e soprattutto ideali e tra questi il perseguimento del bene comune e dell’interesse generale. Per questo occorre opporsi ai comportamenti fondati sul doppio gioco, sull’insincerità, sull’inganno, sul dire una cosa e farne un’altra.

Il nuovo modo di fare politica dovrebbe quindi aumentare drasticamente la trasparenza e la coerenza dei comportamenti.

Come applicare questo principio ai processi di scelta dei responsabili ai vari livelli del Partito Democratico, ad esempio alle prossime designazioni dei Coordinatori dei circoli locali e del Segretario nazionale?

Per evitare il rischio di cadere nella pratica del doppio gioco e delle vecchie logiche consociative, la mia opinione è che sia preferibile un confronto tra più candidature, inteso non come contrapposizione di persone, ma come competizione di idee e di progetti, di linee politiche e programmatiche distinte, che valorizzi il dibattito e favorisca la partecipazione, così com’è stato per la designazione de Segretario nazionale il 14 ottobre 2007, del Coordinatore di circolo l’anno successivo e del candidato al Consiglio provinciale quest’anno.

Certo, è legittimo che i dirigenti del partito formulino delle proposte e cerchino un'intesa unitaria, purché questa rappresenti un progetto politico omogeneo e coerente e non sia il frutto di accordi verticistici di potere. Quando invece è evidente la sussistenza di più orientamenti è salutare che vi sia la possibilità di un confronto leale e democratico. Ossia un'articolata discussione sulle distinte proposte di progetto politico, aperta a tutti coloro che hanno il diritto di elettorato (non solo i componenti delle assemblee costituenti, ma anche i partecipanti alle primarie) e che si concluda con un voto. Chi avrà la maggioranza guiderà il partito in coerenza ai contenuti del progetto presentato, chi sarà in minoranza alimenterà la dialettica interna nell'interesse generale del partito.

Vi è chi sostiene che la pluralità di candidature costituirebbe una divisione dannosa per il Partito Democratico. A mio avviso, invece, una candidatura unitaria è positiva in quanto presupponga una convergenza sulla medesima proposta politica. Se, al contrario, vi sono più orientamenti la competizione trasparente tra la pluralità di proposte è garanzia di reale democrazia.

Da quando nel 2002 ho dato la mia disponibilità a lavorare prima per la per la Margherita e poi per il PD ho avuto la buona sorte di lavorare insieme a tante persone appassionate della politica degli ideali, attraverso percorsi trasparenti nell'interesse generale del partito e del territorio, sulla base della condivisione del medesimo progetto politico. Ora dobbiamo misurarci con la capacità di declinare i valori della trasparenza, coerenza e rispetto delle persone all'interno di un partito "plurale".

E, infine, come non vedere la straordinaria attualità di una concezione della politica non scissa da principi etici e regole morali. Per aver evocato la “questione morale” Berlinguer di cui il 10 giugno abbiamo ricordato il 25 anno dalla scomparsa, fi accusato di settarismo e moralismo. In realtà, in quella espressione c’era non soltanto la consapevolezza del degrado a cui il tessuto politico era pericolosamente esposto, ma soprattutto la ferma convinzione che la credibilità della politica e di chi la rappresenta consiste nella trasparenza, nella onestà, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni, nell’osservanza delle leggi e nell’adozione di comportamenti che non violino essenziali principi etici e morali in cui i cittadini si riconoscono. Valori e concetti di cui possiamo ben apprezzare la necessità in un tempo in cui la politica italiana ci consegna ogni giorno immagini assai deprimenti.

Riflettere , dunque, su Berlinguer e su Aldo Moro, di cui abbiamo ricordato il 31 anniversario del rapimento e dell’uccisione, non per un’antistorica nostalgia, ma per avvalersi delle loro intuizioni, delle loro riflessioni e del loro esempio. In particolare non possiamo – noi del Centro Studi Politici “Aldo Moro” - dimenticare le sue virtù politiche, l’animo innovatore, la capacità di andare “oltre” e di anticipare i tempi, la propensione al dialogo. L’insegnamento di Moro mantiene ancora oggi una sua attualità forte e contro le odierne semplificazioni, l’esperienza morotea dovrebbe essere se non fonte di ispirazione, perlomeno spunto di riflessione.

Non possiamo più permetterci soluzioni di alchimia politica, basate sulla composizione ingegneristica degli organismi o sugli “imbellettamenti”. Dobbiamo interrogarci e confrontarci sul profilo del partito, sulle risposte ai grandi temi sociali, culturali, etici, economici e amministrativi. Occorre, insomma, far nascere un nuovo profilo e una nuova identità del partito.

Spero che si accantoni l’idea di essere autosufficienti per lavorare invece in termini di alleanze costruttive.

1 commento:

LORCA ha detto...

Sante e giuste parole.