lunedì 30 aprile 2012

Politica, antipolitica, e (nuove) liste civiche


     Cresce la disaffezione verso i partiti. C’è chi resiste e c’è chi…si organizza. E’ quanto è successo anche a Terlizzi per l’elezione del Sindaco e del Consiglio comunale prevista per il prossimo 6 e 7 maggio.
     Dall’elenco pubblicato da alcuni giornali locali apprendiamo che a sostegno dei quattro candidati sindaci sono state presentate ben 20 liste comprendenti 310 candidati consiglieri comunali. Il dato più sorprendente è quello che registra che la metà di esse sono liste civiche, così ripartite: candidato sindaco Ninni Gemmato, n.9 (Ninni Gemmato Sindaco, Movimento Schittulli, Terlizzi Si Fa In  Quattro, Terlizzi Futura, La Puglia Prima di Tutto); candidato sindaco Pasquale Vitagliano n. 2 (Città Civile, Donne di Terlizzi); candidato sindaco Michele Dantes: n.1 (Terlizzi Libera); candidato sindaco Michele Berardi: n.2 ( Verdi Ecologisti Terlizzi, Agricoltura e Floricoltura).
     I 23.002 elettori, di cui 11.649 donne e 11.353 maschi, dovranno pertanto fare le proprie scelte fra 10 liste di partiti (Popolo della Libertà, Nuovo PSI, Io Sud, API, Futuro e Libertà per l’Italia, Partito Democratico,  Sel Vendola, Rifondazione-Comunisti Italiani, Di Pietro IDV, Casini UDC), e 10 liste civiche che si
contendono la poltrona di sindaco e 16 posti di consigliere comunale.
     I numeri parlano chiaro: stando ai sondaggi nazionali, gli italiani non credono nei partiti e nei politici. Il 91 per cento ha “poco o pochissima fiducia”, solo l’8 per cento degli elettori ha “molta o moltissima fiducia” nella politica.
    Questo dice il sondaggio fatto ad inizio febbraio da Ispo, numeri che confermano quel che tutti sentono e vedono in giro. All’opposto, crescono i candidati della politica, cioè le persone che ovunque intendono “correre” alle elezioni. Per lo più è gente non attrezzata a fare politica, né sul piano culturale né su quello politico.
     Perché nella prima Repubblica, con i partiti al massimo di forza e prestigio, ben pochi volevano entrare in politica, fare i funzionari nelle federazioni, e quei pochi schivavano incarichi istituzionali? E oggi, con i partiti inesistenti e non credibili, c’è la corsa alla carriera politica? Evidentemente oggi, a differenza di ieri, conviene. Non solo. Proprio perché i partiti sono in crisi e proprio perché è sempre più ampio il fronte degli elettori indecisi (oggi oltre il 40% con gli astensionisti) crescono a dismisura i candidati a formare “liste civiche”.
     Di fronte a queste numerose liste civiche e o personali che allungheranno le schede delle prossime comunali, ha buon gioco chi fa notare che se l'imprenditoria economica può dirsi in crisi, l’imprenditoria politica dimostra di essere in ottima salute.
     Perché il «combinato disposto» della debolezza dei partiti e dei difetti di un sistema elettorale che consente a chi ha pochi voti di farli valere «in altre arene» o di spenderli al secondo turno, produce fenomeni di questo tipo. Ma l’allarme lanciato dagli esperti è che la tendenza alla frammentazione che provoca i noti rischi di ingovernabilità, potrà riprodursi alle politiche se i partiti daranno seguito alla riforma elettorale che hanno in cantiere.
    
Non ci si può limitare certo a piangerne la scomparsa e il logoramento: viceversa, con una certa dose di volontarismo occorre pensare strategicamente alla costruzione di nuovo capitale sociale che sia all’altezza dei tempi. Il punto di partenza deve però essere chiaro: il funzionamento ordinario di partiti, sindacati e associazioni ha cessato da tempo di essere generativo di nuovo radicamento; occorre passare ad un nuovo paradigma, quello dei “progetti territoriali per così dire “straordinari”.
     La città vista non solo, dunque, agglomerato urbano, ma cittadini costituiti in una totalità, partecipi, della sfera del diritto, cittadini che convivono non come moltitudine dispersa in ragione di un insediamento ma in base allo “stare insieme e vicino” che evoca socievolezza, comunità, appartenenza.
     Riteniamo fondamentale, a questo punto, che sia elaborato, al di là degli slogan, dei volantini elettorali e dei comizi il progetto che dovrà disegnare il futuro di Terlizzi. Il progetto, appunto, non il programma delle cose da fare. Il primo, a differenza del secondo può cogliere, per sua natura, le relazioni, i nessi, i rapporti, le interdipendenze fra le azioni e le opere indispensabili per lo sviluppo del nostro territorio.
     Il progetto è decisivo per il buon governo della città. La sua costruzione, fondata sul dialogo e sul confronto, dà senso alla volontà di spendersi, in prima persona , nella buona politica. L’impegno del prossimo sindaco dovrà essere quello di realizzarlo con la piena condivisione di quanti, cittadini e politici, quel progetto hanno contribuito a creare.
     Siamo convinti che bisogna ridare entusiasmo agli elettori, che tutte le forze politiche debbono concentrarsi su questo problema prioritario, in contrapposizione alle alchimie che si consumano nelle segreterie dei partiti. La fiducia nella Politica e la partecipazione sono alla base del nostro ordinamento costituzionale, sia che si tratti di competizione elettorale nazionale che di elezioni amministrative comunali.      
     Terlizzi ha i requisiti e le risorse umane per diventare città d’alta cultura, centro di elaborazione dei temi della tolleranza e della pace, della convivenza, della solidarietà e del rispetto ambientale. Deve solo attivare gli istituti di partecipazione previsti dallo Statuto comunale, che per ora sono limitati solo alla recente elezione del presidente e del vicepresidente della Consulta delle Associazioni, che ci auguriamo facciano proprie le proposte che da anni sollecitiamo: il Bilancio sociale, il Bilancio ambientale, il Bilancio partecipato, la Certificazione ambientale, il Consiglio comunale dei ragazzi, il Forum dei giovani. Questa è la  scommessa su cui puntiamo: passare dalla teoria alla prassi quotidiana.
     Il tempo delle scelte è arrivato e qualunque sarà la propria personale espressione di voto, ognuno deve sinceramente chiedersi: ma io da che parte sto?
    


Cultura come intrattenimento o riscoperta della propria identità’


    L’Ente locale deve promuovere una politica culturale che sappia offrire organiche risposte alle esigenze formative e di socializzazione della propria comunità; tale esigenza si potrà esprimere in un impegno di forte respiro culturale quantitativo, ma soprattutto qualitativo che esige scelte coraggiose e ponderate, capaci di portare ad unità le molteplici tessere che compongono il mosaico della cultura contemporanea, anche nella nostra realtà di paese.
     E’ quindi necessario realizzare attività di animazione culturale complete, che interessino senz’altro i quattro assi formativi: linguistico, storico-geografico, scientifico e artistico; che siano aperte a tutte le età della vita, in un ottica di autentica formazione permanente del cittadino.
     La cultura non è monopolio delle istituzioni, il Comune deve operare in sintonia con il territorio; ne sono l’espressione più genuina i gruppi con gli interessi più vari (fotografia, archeologia, letteratura, ambiente, musica, teatro, ecc.) che ogni giorno si formano.
    La Scuola che si apre a nuove esperienze, avanza la richiesta di nuovi linguaggi; ad essa bisogna rispondere in maniera incisiva, seguendo una traccia di continuità col lavoro svolto nel passato.
     Sono questi, in sintesi, alcuni degli argomenti sviluppati per la presentazione del decimo libro “Le 83 Storie di Nonno Peppe”, edito dalla Cooperativa Culturale Radio Terlizzi Stereo, del maestro Peppino Grassi, svoltasi la sera del 27 aprile scorso presso la Biblioteca comunale, messa a disposizione dal direttore Vito Bernardi, con la collaborazione del periodico “Il Confronto delle idee” e il patrocinio del Commissario prefettizio dott. Mario Volpe.
     Una serata non solo degna di nota per l’opportunità offerta al numeroso pubblico presente di rivivere la propria condizione di cittadini legati al proprio territorio nel quale sono stati fanciulli, giovani, genitori e, in molti, anche nonni come lo è l’ottantatreenne, ma sempre giovane in spirito e impegno, lo scrittore Giuseppe Grassi, che in questa sua ultima fatica letteraria descrive il “meraviglioso mondo della nostra tradizione contadina: favole, novelle, racconti e storie”.
     Nel momento in cui in due piazze cittadine molti elettori si predisponevano ad ascoltare i comizi elettorali di altolocati personaggi politici: Massimo D’Alema in Piazza Cavour e Raffaele Fitto in Viale Roma, (che a quanto risulta nessun cenno hanno fatto alla cultura), i tanti amici convenuti alla presentazione del libro hanno potuto “gustare il vino” della memoria effervescente di saggezza e di insegnamenti contenuti nel meraviglioso mondo descritto nelle pagine del libro di Giuseppe Grassi, il quale, ancora una volta, ha ricevuto parole di stima e apprezzamento come persona e cittadino esemplare dai brillanti relatori intervenuti.
     Presentati e coordinati dalla giornalista Maria Teresa De Scisciolo hanno offerto interessanti spunti di riflessione, nella loro veste di professionisti della cultura, di amici e prefattori del testo le prof.sse Rosaria de Matteis , dirigente scolastico  dell’istituto Professionale di Stato “De Gemmis”, Nunzia Tarantini, dirigente scolastica del Liceo Statale “”Tommaso Fiore”, Margherita Bufi, dirigente scolastica del 1° Circolo didattico “Don Pietro Pappagallo”, e, in veste di amici, il dott. Mario Volpe, il colonnello Vitantonio Laricchia e il  prof. Michele De Palma.
     Ognuno dal proprio punto di vista con notevole abilità espositiva e contenutistica, ha illustrato le parti salienti nelle quali si articolano “Le 83 Storie di Nonno Peppe”, tutte di derivazione popolare, in cui una miriade di personaggi umani (straccioni, re e regine, principi e popolane) e animali parlanti (asini, cani, gatti, sorci, capponi, lupi e volpi) vivono e si esprimono in una realtà spicciola e quotidiana, fatta di borghi, castelli, foreste, villaggi contadini, paesi, che vengono recuperati attraverso la chiave della memoria.
     Ovviamente, non poteva mancare l’invito alla lettura rivolto in modo particolare ai genitori, agli insegnanti, ai nonni e, soprattutto, ai ragazzi e ai giovani, fatto, non a caso, a distanza di quattro giorni dal
23 aprile “Giornata mondiale del Libro e del Diritto d’autore” , promossa dall’Unesco, con cui prende il via “Il maggio dei libri”.
     Grazie a questo libro del maestro Giuseppe Grassi possiamo suggerire ai genitori, ai nonni e agli insegnanti di  proporre il libro giusto al momento giusto. Come? Mettendo in rete diverse professionalità (pediatri, bibliotecari, educatori, librai competenti, insegnanti e autori), che insieme creano occasioni di lettura ad alta voce. Si aiuterebbe così i genitori ad abituare i bambini ad ascoltare storie e filastrocche per tempi progressivamente più lunghi, a esplorare le immagini di un libro illustrato, a scoprire  che le storie ci riguardano, ci insegnano a nominare cose ed emozioni e ci aiutano a sviluppare un’immaginazione empatica.
     E’ inutile sottolineare l’importanza cruciale di intervento precoce; aspettare che il bambino impari a leggere e poi si rifiuti di farlo non è consigliabile: il piacere del leggere, così come altri piaceri della vita e tante altre buone (o cattive) abitudini si apprende molto presto, lo si assorbe dalla voce e dall’atteggiamento della mamma o di qualcuno che  ti reputa così importante da condividere con te una storia o una filastrocca.
     Che ne pensano il dirigente della Biblioteca “Marinelli Giovine”, dott. Vito Bernardi, il Commissario prefettizio dott. Mario Volpe e i quattro candidati sindaci?
     Il libro non è solo un oggetto: è un infinito contenitore di senso, di storie, di emozioni, di sapere, di vite. Leggere, da sempre, rappresenta una risorsa culturale e spirituale dell’essere umano, un mezzo personale, unico, senza tempo, con il quale la persone si arricchiscono, crescono in consapevolezza, cambiano scoprono se stesse, si divertono”. (Carlos Ruiz Zafon, “L’ombra del vento”.

      
    

La Corato che vogliamo: il non più e il non ancora

La Corato che vogliamo: il non più e il non ancora

giovedì 19 aprile 2012

INTERVISTA AL PRESIDENTE DEL CENTRO STUDI POLITICI “A. MORO” VITO DE LEO, AUTORE DEL LIBRO “PARTECIPARE PER CRESCERE…INSIEME”

Al prof. Vito De Leo, da sempre impegnato sul versante pedagogico-culturale e socio-politico, giornalista e scrittore, che da anni contribuisce con idee, proposte e progetti al dibattito sui principali problemi amministrativi della nostra città, abbiamo rivolto alcune domande sui temi dell’attualità politica nazionale e locale.

Esiste e che origine ha il sentimento di antipolitica?

Il popolo nutre sicuramente atteggiamenti negativi nei confronti della politica, ma la sua versione non è “anti”, ma “iper” politica; pretende che il gruppo dirigente prenda decisioni innovative, dia risposte al paese, spezzi i vecchi privilegi di casta, faccia ripartire il sistema paese.

Che cosa deve fare la casta politica per riacquistare credibilità?

Oggi, il popolo ritiene che tutte le ingiustizie sociali siano riconducibili al mondo politico, il quale non a caso riscuote il minor consenso tra le diverse caste sociali. Occorrono persone che elaborino, studino i provvedimenti, ne seguano l’attuazione, riescano a intersecare e mediare esigenze dei singoli con le esigenze collettive.

Cosa fare dei Partiti?

Bisogna allargare il ceto politico per cominciare quelle riforme che tutti dichiarano di voler fare, dopo aver fatto una caterva di denunzie, di colpevolizzazioni altrui. Bisogna cominciare con la selezione di una classe dirigente legittimata dal voto popolare e competente nella direzione amministrativa.

Tu usi spesso l’espressione “leve culturali positive” . Cosa intendi?

Intendo la capacità di saper cogliere dai comportamenti, dalle coscienze, dagli umori di una nazione e di una città quanto di positivo sia nella testa delle persone, per poi trasformare tutto in azioni di governo. E’ un’azione complicata, è necessaria una forte predisposizione all’ascolto, una grande formazione culturale multidisciplinare, persino una capacità di dubbio. Esiste una sintesi tra ascolto e formazione culturale, al fine di trarre da questi due elementi le leve culturali positive, corrette, condivise dai cittadini, in senso dinamico.

Puoi fare qualche esempio?

Oggi, è maturo un movimento culturale per la diversificazione delle fonti energetiche e per toglierci dalla schiavitù del petrolio, sono maturi i tempi per le auto elettriche o per quelle comunque mosse da energie alternative. E’ enormemente cresciuta l’attenzione per la raccolta differenziata dei rifiuti e per il loro riciclo. Una classe dirigente politica deve sempre saper interpretare questi movimenti della popolazione e avviare provvedimenti innovatori. Occorre sempre capire e agire di conseguenza!

Che cosa si dovrebbe fare a livello locale?

Il Comune costituisce uno dei livelli istituzionali fondamentali, anzi il livello di governo più vicino al cittadino. Ad esso la legislazione assegna compiti crescenti, avendone fatta l’istituzione che gestisce la gran parte dei servizi, in particolare quelli diretti alla persona.

Ritengo che nell’amministrazione di una città esistono esigenze inevase e scelte perfettibili, che riguardano le architetture tecnologiche, i sistemi della conoscenza interna, le modalità di erogazione dei servizi ai cittadini, il monitoraggio dei flussi finanziari, la ristrutturazione del debito e degli oneri finanziari.

Chi dovrebbe prendere l’iniziativa?

Sarebbe interessante se su questa linea si muovessero, a partire da ora, i partiti, i movimenti, le liste civiche, le associazioni culturali, le Consulte, tutti gli attori che chiedono il consenso elettorale i quali, offrendo un’articolata panoramica delle capacità normative, degli ambiti operativi, delle funzioni, delle attribuzioni e delle articolazioni del Comune, farebbero una cosa sicuramente utile per chi sarà impegnato a garantire funzionalità ed efficienza operativa, oltre che a dare risposte corrette ed esaurienti ai cittadini-interlocutori.

“Partecipare per crescere insieme”, insomma, così come proponi nel tuo ultimo libro?

Potrebbe essere questo un modo per applicare una delle principali disposizioni del nuovo Titolo V della Costituzione, che all’art. 118, attribuisce ai Comuni, sulla base dei principi della differenziazione e adeguatezza delle funzioni amministrative, la facoltà di realizzare la sussidiarietà orizzontale e verticale.

Vorrei sperare che una più approfondita conoscenza della molteplicità e complessità dei compiti di cui il Comune deve farsi carico possa contribuire ad avvicinarlo sempre più al cittadino, fino a renderglielo familiare, almeno quanto le figure conosciute e familiari dei suoi Amministratori, cui vanno i miei più sinceri auguri di buon lavoro.

mercoledì 18 aprile 2012

Ricordiamoci di ciò che Don Tonino Bello scriveva ai politici

Il 20 aprile, ricorre il 19° anniversario della scomparsa dell’indimenticabile ed amatissimo don Tonino Bello, vescovo di Molfetta, Giovinazzo, Ruvo, Terlizzi e Ruvo dal 1982 al 1993. Egli non è ancora salito agli onori degli altari, ma è stato fatto santo dalla sua gente, dalle persone da tutti escluse e che per lui, invece, sono stati i tasselli mancanti per arrivare alla santità.

Per chi volesse approfondire la conoscenza dei rapporti significativi ed indelebili che il compianto vescovo salentino ha saputo intrattenere con le singole comunità affidate alla sua cura pastorale, suggerisco la lettura del volume “Don Tonino a Terlizzi”, edito dalla Ed. Insieme e curato da Renato Brucoli, suo noto collaboratore, prima come responsabile Caritas e poi come direttore del settimanale diocesano “Luce e Vita”, oltre che come biografo e divulgatore della testimonianza e del messaggio del vescovo di Alessano, (che ce lo ricorda anche in una intervista recentemente pubblicata sul mensile cittadino “La Nuova Città”), nella quale si indaga sul binomio don Tonino e la “città dei fiori”, partendo dall’ingresso in paese, avvenuto il 5 dicembre 1982, quando il presule si autopropose come “vescovo della strada”.

L’edizione è fuori commercio, fu diffusa gratuitamente dal Comune di Terlizzi in segno di omaggio e di riconoscenza nei confronti di un grande vescovo che ha incisa con tanta efficacia sulle sorti della comunità locale.

Questo ricordo viene a coincidere con un periodo elettorale in cui 4 candidati sindaci e 310 aspiranti consiglieri comunali si stanno contendendo il potere di amministrare la città di Terlizzi per i prossimi cinque anni.

Tornano attualissime, in questo particolare momento della scandalosa vita politica nazionale e del circo equestre locale le sue “Lettere sulla politica” pubblicate dalle Edizioni della Meridiana. Lettura che ritengo preziosa per tutti i candidati, credenti e non, che concorrono al governo della nostra città. Impegno troppo spesso screditato in questo nostro tempo di esasperate tensioni e di conflitti non sempre disinteressati. La gente – è noto – accomuna tutti nell’ambizione e nell’affarismo. L’aggettivo più ricorrente accanto alla politica è “sporca”. “La gente con voi è ossessivamente cortigiana o vi disprezza…anche quando vi siete prodigati con la generosità più pura vi sentite al centro di una nebulosa di sospetti”.

Don Tonino conosce il disamore della gente verso la classe politica. Cita i versi di Pasolini ”Avete, accecati dal fare, servito il popolo non nel suo cuore ma nella sua bandiera”. Ma il vescovo vuol far sentire al popolo il valore autentico della politica. “Arte nobile e difficile”, secondo la parola del Concilio. Don Tonino va dritto alla realtà dei problemi. “Abbiate il coraggio di opporvi pagando anche di persona quando nella distribuzione degli incarichi, nell’assegnazione degli appalti, nella destinazione delle aree urbane si tengono presenti gli interessi di chi sta bene e si calpestano i diritti di chi versa nella disperazione”.

Nell’ultima sua lettera politica, il vescovo esorta gli eletti del popolo alla sobrietà. Che vuol dire non ubriacarsi di potere. Non montarsi la testa con i fumi della gloria. Partitocrazia non è altro che l’ubriachezza dei partiti che hanno espropriato i cittadini”. E poi l’invito più pressante “Privilegiate l’uomo più che la pietra”, più che le opere materiali. Ricostruire l’uomo vale infinitamente più che costruirgli la casa”.

Motivo dominante delle sue riflessioni: rimettere la persona al centro di ogni impegno politico. La persona, non il calcolo di parte. La persona, non le astuzie del potere. Ascoltare le persone. Guardare in faccia gli ultimi. E’ l’etica del volto. Tre le parole di don Tonino che il vescovo di Locri sottolinea nella prefazione alle lettere: “annunciare, denunciare, rinunciare”. L’annuncio leale e chiaro. La denuncia profetica. La rinuncia eroica, testimonianza coerente.

Saremmo oltremodo grati al massimo rappresentante istituzionale di Terlizzi, lo stimatissimo commissario prefettizio dott. Mario Volpe, così come fecero il sindaco di Terlizzi Vincenzo Di Tria nel 2005 con il libro citato “Don Tonino a Terlizzi” e il sindaco di Bari Michele Emiliano nel febbraio 2006, se anch’egli, facesse dono alle segreterie dei partiti, dei movimenti e delle liste civiche di questi preziosi volumetti che suggerisco di andare a leggere, nel frattempo, presso la nostra Biblioteca civica.

Quest’ultimo è un breve epistolario di 63 pagine, in cui sono raccolte le lettere scritte dal vescovo tra il 1985 e il 1988, in occasione degli incontri natalizi con gli operatori della politica dei Comuni della diocesi, con i quali dialoga sul bene comune, citando Giorgio La Pira, Alcide De Gasperi, Gaetano Salvemini, Pier Paolo Pasolini, Paolo VI, affermando l’imprescindibilità della politica, come “arte nobile e difficile” da difendere dall’integrismo e “per i credenti, da ogni ipoteca confessionale”. “Impegnatevi perché ogni scelta politica tenga sempre presenti gli ultimi” scriveva nella sua ultima lettera (che citando san Paolo aveva ribattezzato “Con sobrietà, giustizia e pietà”).

Queste lettere sono state scritte nel cuore degli spensierati anni Ottanta e sono rivolte a quei partiti, poi travolti dal crollo della Prima Repubblica, che hanno tradito il messaggio dei loro stessi padri fondatori. Allora, pressoché inascoltate, caddero nel vuoto. Oggi, nella loro esortazione a pensare una politica che gestisca lo Stato senza occuparlo, che si faccia parte integrante della polis amministrata e non Palazzo che se ne distacca, risultano appassionanti quanto attuali.

Sono trascorsi quasi venticinque anni, ma quelle lettere sono ancora di una disarmante attualità: vi si trova la questione morale, l’unità dei credenti, il loro impegno in politica, il rapporto di reciproco rispetto tra Chiesa e istituzioni laiche, lo iato crescente tra il Palazzo e i cittadini, il rischio insito nella partitocrazia di ingenerare la tentazione dell’antipolitica.

Considerazioni queste quanto mai attuali di cui abbiamo ampliamente scritto su questo sito qualche giorno fa e continueremo ad ascoltare e leggere nei diversi mass-media.

Aver conosciuto e seguito don Tonino Bello per noi è stato oltre che un privilegio anche un’ arricchimento spirituale e culturale. Bastava incontrare quel suo sguardo intelligente e vivace, cogliere le sue affermazioni così spontanee, intuire al di là di un sorriso appena abbozzato quale ricchezza interiore avesse. Ascoltava, incoraggiava, sosteneva, orientava, condivideva. La sua presenza entrava nel cuore, era come un alone di luce che dava sicurezza. Possedeva una grande capacità di mettere a fuoco e sintetizzare gli avvenimenti della vita e quanto accadeva nella Chiesa e nel mondo. Riusciva ad intuire profeticamente e a leggere coraggiosamente i segni dei tempi.

Sulla scia dei ricordi non posso non menzionare l’appassionata battaglia pacifista, una guerra alla guerra nelle trincee degli inglesi del Salvador, a Serajevo a capo del movimento Pax Cristi di cui dall’85 era presidente. Il male inesorabile che lo ha colpito a partire dal 1991 non è riuscito a rallentare il suo cammino spirituale, né i suoi progetti. Il suo capezzale era diventato meta di autentici pellegrinaggi. Per ognuno aveva una parola di speranza, di conforto. Sembrava che fossero gli altri a star male e non lui. Con questa gente riusciva sempre a creare un clima familiare.

Sarebbe oltremodo interessante conoscere le risposte alle domande che don Tonino ha rivolto ai diversi candidati alle elezioni. “Chi state servendo? Il bene comune o la carriera personale? Il popolo o lo stemma? Il municipio o la sezione di partito?”. La sua risposta è questa. “Siate soprattutto uomini. Fino in fondo. Anzi, fino in cima. Perché essere uomini fino in cima significa essere santi “. Come Lui.

Toccante e ancora attuale, infine, la domanda che don Tonino bello rivolse alla patrona di Terlizzi, pubblicata sulla copertina posteriore del quaderno “Don Tonino a Terlizzi”: “Che ne dici, Madonna bellissima di Sovereto: spunterà il giorno per la nostra città?.. E brillerà la stella del mattino che preluda ad una giornata carica di promesse?”. In tanti, come lui, ce lo stiamo chiedendo ancora.