martedì 31 gennaio 2012

GENNAIO: IL MESE DELLA “MEMORIA”

Nel mito greco Mnemosyne, la memoria, è la madre delle Muse ossia di tutte le arti, di ciò che dà forma e senso alla vita, proteggendola dal nulla e dall’oblio. E’ il senso che, in occasione della “MESE DELLA MEMORIA 2012” diverse associazioni culturali, invitate anche dall’ARCI, presieduta da Rossella Marcone, stanno dando a tante manifestazioni sul tema dell’Olocausto.
La memoria, infatti, è il fondamento di ogni identità, individuale e collettiva, che si basa sulla libera conoscenza di se stessi, anche delle proprie contraddizioni e carenze, e non sulla rimozione, che crea paura ed aggressività. Custode e testimone, il ricordo è pure garanzia di libertà.
Dedicare ufficialmente il 27 gennaio al “Giorno della memoria”, istituito dal Parlamento italiano nell’anno 2000 in ricordo della Shoah: lo sterminio di sei milioni di ebrei nei campi di concentramento del Terzo Reich, comporta sicuramente un momento di riflessione, di cordoglio, di espiazione al pensiero di migliaia di famiglie trucidate, volutamente fatte sparire dalla storia e dalla coscienza storica. Una mattanza orribile, attuata con fredda ferocia dai nazisti agli ordini di un folle dittatore. Un genocidio pianificato ed attuato sulla scorta di pregiudizi razziali secolari e di teorie pseudoscientifiche.
Meritoria quindi è ogni iniziativa di tutte quelle scuole della nostra città che hanno voluto coinvolgere gli studenti, bisognosi, più che mai, di non dimenticare, di alimentare la propria coscienza di uomini e di futuri cittadini con la memoria di ciò che è accaduto e che mai vorremmo che fosse successo.
“Ricordate che questo è stato”: è il comando di Primo Levi nel suo libro “Se questo è un uomo” ed esso è e deve essere sempre vivo, sempre attuale. Perché la memoria è un bene fragile e facile a disperdersi sotto il peso potente e grave del quotidiano che ci distrae, ci disorienta, ci porta altrove.
Ben venga quindi la “Giornata della memoria”, ben vengano mille “Giornate della memoria”, perché il nostro ricordo sia puntuale e sia completo, e la nostra indignazione non si eserciti solo sul passato, e su un passato. E dalla pietà per i cremati nei lager e dalla condanna implacabile degli aguzzini con la svastica tragga linfa la nostra memoria, perché sia vigile e accorta nel considerare anche altre violenze, altre vittime, altri olocausti. Perché la memoria, la storia, letteralmente, ciò che abbiamo visto e possiamo raccontare, hanno un senso solo se, contemplando il passato, si rivolgono al presente, se lo rendono avvertito degli errori fatti, se, insomma, contribuiscono a costruirlo e a migliorarlo.
Il giorno del ricordo deve rappresentare per tutti noi l’impegno ad essere promotori di pace contro ogni conflitto e discriminazione, perché crimini come quelli delle foibe non abbiano più a ripetersi.
Un messaggio in tal senso ci piacerebbe poterlo ricevere dal nostro Consiglio comunale, appositamente convocato dal suo presidente Pasquale Tarantini, aperto ai giovani, a chi ha vissuto in quel tragico periodo storico, alle istituzioni scolastiche e culturali, per la votazione di un apposito ordine del giorno nel quale si esprime solidarietà al popolo ebraico, ai deportati italiani e a tutti coloro che subiscono violenze per la propria razza, per la propria ideologia, condannando ogni costrizione da qualsiasi colore politico essa provenga.
Nella consapevolezza che solo attraverso la memoria storica la convivenza civile di una nazione possa fondarsi su veri valori della democrazia. Riflettere sui gravi errori del passato significa poter preparare un futuro migliore alle giovani generazioni, valorizzando, in antitesi alla violenza e alla discriminazione, i principi di solidarietà, di pluralismo, di pace.

lunedì 23 gennaio 2012

MISERIA E NOBILTA’ NELL’ULTIMO ROMANZO DI GERO GRASSI

Tra un impegno politico e l’altro l’on. Gero Grassi continua instancabilmente nel suo lungo e apprezzato percorso letterario. Sono, infatti, una trentina le pubblicazioni che non solo i terlizzesi ma anche tanti cittadini italiani hanno avuto il piacere di vedere presentate dall’autore e di essere fatte oggetto di attenta lettura.
La sua città natale, come sempre, ha il privilegio e l’onore di conoscerle in anteprima. Un pubblico numeroso e attento, attraverso tali presentazioni, ha modo di riscoprire e riconoscere personaggi, luoghi e momenti della storia di Terlizzi raccontata nel contesto più ampio delle vicende storiche della Puglia, del Mezzogiorno e dell’Italia.
E’ quanto si è ripetuto il 21 gennaio scorso, nella Sala Eventi di Via Aminale, alla presenza di oltre cinquecento invitati provenienti da diverse province pugliesi e del Commissario prefettizio Mario Volpe, con la presentazione dell’ultimo romanzo storico dal titolo ”Il sacerdote e il calzolaio, dai confini di Puglia ai reali di Piemonte ai tempi dell’Unità d’Italia”, edito dalla Cooperativa culturale R.T.S. e patrocinato dal mensile “Il Confronto”.
Tra i relatori non potevano mancare i concittadini che hanno fatto anch’essi della letteratura la loro seconda attività: Nichi Vendola, presidente della Regione Puglia e notissimo poeta e scrittore e Giuliano Volpe, magnifico rettore dell’Università di Foggia, autore della prefazione del libro. Anche la dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale Lucrezia Stellacci ha avuto modo di esprimere il suo compiacimento per una pubblicazione che ha tra i protagonisti il fondatore della prima scuola pubblica terlizzese, Don Ferdinando Fiore.
Ha aperto l’incontro con la sua solita verve narrativa l’amico Nichi Vendola secondo il quale “il vuoto di memoria rende sempre più opaca la nostra epoca e, quindi, bisogna essere grati allo scrittore Gero Grassi che nei suoi libri ripercorre vicende in cui le storie familiari e cittadine s’intrecciano con quelle nazionali e che fanno dell’istruzione, dell’educazione e della scuola il fondamento civile e politico della comunità.
Ha preso la parola, nella sua veste di prefattore dell’opera, l’altro amico dell’autore, Giuliano Volpe, Magnifico Rettore – Università di Foggia, il quale ha introdotto la sua presentazione con la segiuente citazione di Nelson Mandela, secondo cui “La scuola aiuta a crescere e a vivere. L’educazione è il grande motore dello sviluppo personale. E’ grazie all’educazione che la figlia di un contadino può diventare medico, il figlio di un minatore il capo miniera o un bambino nato in una famiglia povera il presidente di una grande nazione. Non ciò che ci viene dato, ma la capacità di valorizzare al meglio ciò che abbiamo è ciò che distingue una persona dall’altra”. Queste belle parole - ha continuato – riassumono bene il senso profondo del nuovo libro di Gero Grassi, che narra le vicende reali (raccolte in famiglia dai racconti del bisnonno calzolaio Cosimo Damiano Grasso, del nonno scalpellino Girolamo Grassi e della prozia ostetrica comunale Paolina Grassi), cioè di una modesta famiglia terlizzese negli anni dell’Unità d’Italia.
Ha preso poi la parola l’autore il quale ha ringraziato tutti i presenti ed i relatori ed ha raccontato un po’ la storia dei protagonisti del libro, che, ancora una volta, sono personaggi “normali”: Cosimo Damiano, figlio del calzolaio Domenico Gioacchino e di Paolina Carpino, il quale trova grande compagnia ed affetto in don Ferdinando Fiore, chiamato il Maestro.
“Il prete – racconta l’autore - insegna a Cosimo Damiano a leggere e scrivere, ma anche tanta storia e umanità. Cosimo Damiano impara il mestiere del calzolaio e quando don Ferdinando muore, va a Torino, la vecchia capitale d’Italia, per il servizio di leva. Trova un altro mondo. I Re non ci sono più, ma l’aria che si respira è quella dei Savoia e di Cavour. A Torino Cosimo Damiano vive con Maria Rosaria Del Cielo ed ha il primo figlio sino a che il dolore per la prematura morte della moglie lo riconduce a Terlizzi dove si risposa con Teresa Tuberoso con la quale ha cinque figli: Paolina, Girolamo, Fedele, Giuseppe, Francesco e Antonio. A Terlizzi passa gli anni della prima Guerra Mondiale, vive un clima diverso da quello della mitteleuropea e reale Torino. Assapora sapori ormai dimenticati. Apprende la notizia di Caporetto e del Piave, festeggia la fine della Guerra e il 4 novembre 1918 e pensa di entrare in un mondo migliore. Quando il peggio sembra passato, arriva il fascismo e Cosimo Damiano, che ha superato tante difficoltà, si ammala gravemente. La sera della Festa patronale del 1933, mentre è a casa con figli e nipoti, Cosimo Damiano parla, parla, con gli occhi che luccicano. Sa bene che la sua fine è prossima. Un discorso premonitore che in realtà è un testamento spirituale, che nessuno si è mai ricordato di raccogliere almeno con l’intitolazione di una via a suo imperituro ricordo”.

venerdì 20 gennaio 2012

Il Cambiamento non è Utopia, se è sorretto da forte condivisione territoriale

Esaminare ciò che sta accadendo sullo scenario politico-amministrativo è doveroso da parte di tutti i partiti politici, ma analizzare la fase Storico- politica che stiamo vivendo nella nostra Città non riesce evidentemente a tutti!
Eppure è il compito più importante, impellente, poiché ci consentirebbe quantomeno di provare a trovare delle soluzioni in prospettiva, che sovvertano l'attuale andamento politico, amministrativo, istituzionale e sociale, in un momento in cui anche la forte crisi economica, sta infliggendo un colpo durissimo alla nostra comunità.
L'assenza di una forte passione per la politica intesa come servizio al cittadino, il prevalere degli interessi personali, delle ambizioni, del clientelismo e dell'arrivismo, associati ad una mediocrità culturale e ad una scarsa capacità nell'affrontare e risolvere tutti problemi che ci circondano, da parte degli attuali rappresentanti istituzionali, sono esattamente l'espressione più lampante del dilagante stato di arretratezza in cui versa Terlizzi. Lo scioglimento anticipato del Consiglio comunale ci ha oltremodo confermato questa drammatica realtà.
Noi pensiamo che il problema sia di natura culturale e, proprio per questo motivo, occorre lavorare a far nascere una concezione nuova della politica, immediatamente, così come è urgente sradicare questa mentalità malata, inquinata da una visione distorta della gestione del bene pubblico.
E' fondamentale il rispetto, con onestà e trasparenza del patto con gli elettori al momento del voto, così come è necessario anche un rinnovamento delle classi dirigenti e istituzionali.
Constatiamo, inoltre, che il problema è trasversale a tutti i partiti che e che un'ondata nuova debba arrivare direttamente dalla gente di Terlizzi, a partire dai giovani, ai quali chiediamo uno sforzo di maggiore di partecipazione alla vita politica di questa Città, nonché un'azione di verifica costante ed oculata sull'operato delle Amministrazioni comunali.
Siamo convinti che solo con l'introduzione del concetto di democrazia partecipata, sia possibile debellare ogni strana concezione di gestione della cosa pubblica, ma anche di offrire uno stimolo importante ai partiti presenti sul territorio. Questo è ciò a cui il Centro Studi Politici ”A. Moro” sta lavorando da quando si è insediato sul territorio.
Continueremo a proporre un modo diverso di intendere e di fare politica, una visione di società diversa, la realizzazione di uno stato sociale forte, in cui i diritti fondamentali siano garantiti a tutti.
Il fallimento dell' Amministrazione uscente, che è sotto gli occhi di tutti, non è il fallimento di un progetto politico, ma bensì, di una cultura che fa prevalere gli interessi verticistici ed oligarchici di chi muove la macchina amministrativa, su quelli legittimamente rivendicati da tutte le classi sociali, soprattutto da quelle più disagiate.
Infine, l'appello che rivolgiamo a tutti coloro che si identificano con la nostra idea di Società è quello di convincersi ad avere un ruolo attivo, propositivo, poiché è solo così che si può vincere una sfida troppo importante, per il nostro futuro e quello delle prossime generazioni.
Riteniamo opportuno riavviare al più presto un approfondito dibattito politico – programmatico non solo tra le realtà politiche ma anche e soprattutto tra tutti gli organismi di rappresentanza e di tutti i cittadini consapevoli della necessità di costituire un’alternativa credibile al modo di fare politica e amministrazione cui abbiamo assistito in questi ultimi anni.
Quello che auspichiamo e proponiamo è la stipula di un Patto di Responsabilità Cittadina, inteso come impegno serio, solenne e responsabile di piena disponibilità al servizio della città per fronteggiare uno stato di emergenza, che nasce dalla triste constatazione della drammatica situazione sociale, economico-finanziaria, politica e amministrativa nella quale versa ormai l’Italia con innegabili riflessi sul piano locale.
Il Patto di Responsabilità deve mirare ad unire in una Coalizione qualificata, senza pregiudiziali di appartenenza, tutte quelle realtà che, in concreto, si configurano come forze diverse e originali nei metodi e nella capacità propositiva, animate da sincero spirito di servizio e seriamente coinvolte in un progetto di recupero dell’efficienza e dell’efficacia nell’amministrazione della città; forze che dimostrino di avere a cuore in via prioritaria l’interesse della comunità, e che si impegnino in un intervento a carattere straordinario atto a risollevare le sorti della città. Tale Patto deve essere costruito sul dialogo, sul confronto democratico e sulla condivisione degli obiettivi programmatici e deve trovare i propri fondamenti costitutivi in una decisa e qualificata azione amministrativa
L’Azione Amministrativa del Patto di Responsabilità deve perseguire come primo obiettivo il risanamento e il riequilibrio dei conti pubblici in condizioni oggi gravemente deficitarie, con il coinvolgimento dei cittadini organizzati che, come noi credono nell’importanza del “bilancio partecipato”, per poi, in tempi brevi, iniziare a riprogettare lo sviluppo ed il progressivo recupero economico, sociale e civile di Terlizzi.
L’Azione Amministrativa del Patto deve essere regolata da valori ed ideali imprescindibili quali: trasparenza e imparzialità, etica politica e comportamentale, rispetto della legalità, competenza ed esperienza, equilibrio ed efficacia, efficienza ed economicità, rispetto per l’ambiente, coinvolgimento e partecipazione sostanziale dei cittadini, in particolare dei giovani, alle scelte fondamentali per il rilancio della città, salvaguardia del lavoro e della dignità dei lavoratori, adeguatezza dei servizi, tutela delle fasce deboli della popolazione, sostegno all’imprenditoria locale, spirito innovatore e riformatore, massima valorizzazione delle opportunità costituite dalle risorse e dai progetti comunitari, piena ed incondizionata adesione ai principi della Costituzione Repubblicana.
Tutto questo per credere ancora in Terlizzi, nella sua Storia, nelle sue tradizioni, nei suoi valori culturali e morali, nelle sue grandi potenzialità inespresse ma, soprattutto, nei suoi cittadini e nel riscatto che meritano.

mercoledì 18 gennaio 2012

LA CULTURA COME RISORSA

Secondo tutti gli indicatori economici, l’investimento in offerta culturale rende più di qualsiasi altro investimento economico. Corato negli ultimi anni ha visto un grande sviluppo delle presenze turistiche sul suo territorio durante tutti i mesi dell’anno e grande attenzione da parte dei visitatori è stata rivolta al patrimonio artistico e culturale presente in tutto il suo territorio.
A mio avviso fa pienamente parte del patrimonio culturale della città, assieme ai centri d’arte, ai musei, alle chiese, ai monumenti ed alle collezioni, anche la sua offerta teatrale, di danza e musicale, oltreché i molti laboratori artistici, studi di pittori e artigiani disseminati in città. La politica di un’ amministrazione comunale che avesse a cuore lo sviluppo della città e il benessere dei suoi cittadini, deve necessariamente ripartire dalla politica di valorizzazione dell’offerta culturale.
Il settore della cultura deve divenire anche strumento per la promozione individuale e collettiva e fattore importantissimo di coesione sociale, oltreché per farsi operatore attivo di meccanismi di sviluppo economico.
Bisogna pensare la cultura non più in termini settoriali e secondo uno schema frammentato, ma come sistema complesso e interrelato, in cui diverse tipologie di prodotto e diverse modalità di consumo concorrono in un’azione di promozione reciproca.
A questo proposito voglio segnalare qui sotto alcuni punti che mi sono appuntato in questi ultimi anni circa l’urgenza di una politica all’altezza della situazione e dei bisogni urgenti.
- La politica culturale di una amministrazione pubblica deve essere uno dei principali cardini attorno ai quali l’azione politica e amministrativa si deve articolare. Per questo occorre affiancare nuove personalità scientifiche, organizzative e gestionali alle competenze e professionalità esistenti, trattando la cultura come una grande risorsa per lo sviluppo economico del paese e per la creazione di nuova occupazione.
- - Le offerte e la tutela del patrimonio culturale e artistico di un territorio rappresentano motivo di attrazione da parte di turisti e investitori, oltreché di crescita per i cittadini tutti e il sostegno della amministrazione deve essere massimamente presente e efficace.
- L’accesso ai presìdi culturali del territorio è un diritto di tutti i cittadini ed è compito della pubblica amministrazione favorire e promuovere interventi e partecipazione.
- È un dovere di ogni amministrazione educare i giovani e gli studenti alla fruizione della cultura in tutte le sue manifestazioni, promuovendo e agevolando la loro partecipazione alle manifestazioni sul territorio e agevolando la partecipazione attiva e creativa.
- È un dovere della Pubblica Amministrazione agevolare la formazione delle professionalità necessarie per la tutela ed il mantenimento attivo della proposta culturale del territorio e promuovere e stimolare l’attività artistica e culturale dei suoi cittadini.
- È un dovere della Pubblica Amministrazione promuovere l’offerta culturale del territorio attraverso tutti i canali di comunicazione oggi disponibili per aumentare l’indotto economico derivato.
- L’Amministrazione Comunale deve superare la visione dell’ente pubblico che produce direttamente spettacolo o che valuta il valore artistico di artisti o di gruppi, per diventare strumento di distribuzione di servizi e di coordinamento del comparto.

CONSULTA DELLE ASSOCIAZIONI: QUANDO L'INSEDIAMENTO?

Ill. mo Commissario prefettizio,

Nella mia veste di ultimo presidente della Consulta delle associazioni, sollecitato da molti rappresentanti delle associazioni che hanno rinnovato la domanda d’iscrizione entro il 20 ottobre 2010, così come previsto da apposita delibera, Le chiedo cortesemente di voler dare seguito a tale adempimento previsto tra gli istituti di partecipazione indicati nello Statuto comunale.
“La Consulta delle Associazioni - recita il Regolamento - è un organismo di partecipazione democratica previsto dallo Statuto comunale che, ai sensi del Titolo III°, art.9 del regolamento, deve essere preventivamente interpellata per atti di competenza del Consiglio comunale inerenti i servizi pubblici locali, gli strumenti di programmazione generale quali, ad esempio, i Piani generali urbanistici, le modifiche allo Statuto comunale, il Piano Sociale di Zona ed il Bilancio comunale, quando sono necessarie valutazioni di solidarietà sociale e di partecipazione. La Consulta potrà esprimere i pareri richiesti con apposite relazioni notificate entro 15 giorni dalla richiesta, salvo casi eccezionali ed urgenti”.
Purtroppo, per tutta la durata del mio mandato, non abbiamo mai avuto l’onore di essere “consultati” dall’Amministrazione comunale, alla quale sia attraverso i periodici locali e i siti web, sia attraverso documenti, incontri, assemblee abbiamo sempre espresso la semplice esigenza di ricostruire uno spazio pubblico in cui rappresentare il bisogno di partecipazione emergente in diversi settori della comunità cittadina. Neanche la Commissione consiliare, che ha redatto il nuovo regolamento, ha avuto la sensibilità di invitarci e di trasmetterci la bozza del nuovo regolamento per offrire un contributo di idee alla luce della nostra esperienza diretta.
Sicuri di trovarci di fronte ad un amministratore più sensibile e più ligio ai propri doveri istituzionali, La invitiamo a convocare, ai sensi dell’art. 5 dello Statuto comunale “Rapporti con i cittadini ed informazione”, le associazioni aventi titolo al fine di procedere all’elezione degli organi previsti: presidente, vice-presidente e coordinamento, così come previsto dal relativo regolamento.
Distinti saluti.

PER UNA CITTA’ A MISURA DI CITTADINO

Governare Terlizzi per riconquistare il senso della storia, aggiornare i metri ed i modelli di valutazione, rompere alcuni degli anelli di una catena che potrebbero condurre alla progressiva marginalità del paese.
Questo è il grosso impegno che attende i futuri amministratori.
Lo scioglimento del Consiglio comunale ha evidenziato per l’ennesima volta l’esistenza del problema della collaborazione tra le forze interne ed esterne ai partiti. Ci si ostina a dire che la collaborazione debba comportare una sorta di mescolanza, di contaminazione di ideologie diverse; mentre, invece, la collaborazione e sulle cose da fare deve lasciare ben distinte le individualità, l’identità culturale e ideologica e deve saper trarre da queste diversità quel “prodotto” di idee e di stimoli che devono consentire l’azione fruttuosa di forze diverse.
Il punto di partenza è fare dei programmi che poi siano gestiti con uno sforzo di eccezionale solidarietà. Le contraddizioni più evidenti, i fenomeni più marcati nei loro aspetti macroscopici, relativi alla struttura demografica, allo sviluppo urbanistico, ai trasporti, alla sanità, all’occupazione, alle periferie, alle caratterizzazioni socio-culturali, alle emarginazioni, ai servizi devono poter trovare soluzioni omogenee di governo della città anche come sfida alla classe dirigente terlizzese che si è avvicendata nel tempo. Una sfida, cioè, tra i “vecchi” che fin qui hanno operato ed i nuovi che devono ancora entrare nella logica della gestione della cosa pubblica.
Per uscire da questa situazione d’impasse, i partiti politici alla vigilia della competizione elettorale come si pongono? Sono in grado di recuperare i ritardi accumulati? La nuova generazione non certo priva di tensioni e di posizioni differenti, come si presenta? Quali le idee e le proposte?
Una società ricca, articolata, pluralista – quella cittadina – deve rivendicare spazi di operatività, affrontando i problemi in maniera diversa: non più scaricando le responsabilità del non cambiamento su chi detiene il potere - cui il cittadino chiede assistenza, aiuto, favori – ma la società stessa deve sapersi assumere la responsabilità di concorrere concretamente al mutamento.
In questa speciale visione di governo deve essere costruita una strategia per Terlizzi, perché c’è l’esigenza di un grande patto tra le forze politiche che possano stare insieme per il governo della città al di là della stessa formula e della gestione comune, avendo prima la consapevolezza della necessità di questa cultura del cambiamento.
E’ necessario, però, tagliare alla radice le cause del clientelismo e dell’assistenzialismo o la stessa cultura dell’arroganza, intesa come cultura del “favore organizzato”, in contrapposizione alla tutela del diritto e della rivendicazione di questo “diritto”.
Occorre, allora, ricostruire un fronte su cui fondare un progetto di sviluppo per la vita e, quindi, un governo urbano, dignitoso e coerente. Non fare queste cose o, ancora peggio, far finta di non capirle, vorrebbe proprio dire ignorare e penalizzare i segnali che hanno portato allo scioglimento del Consiglio comunale.
Bisognerà non occuparsi esclusivamente di candidati sindaci, liste elettorali, campagna elettorale, ma anche e prioritariamente di programmi e progetti aperti e condivisi. Si dovrà, pertanto, avviare al più presto una fase di ascolto di tutte le realtà del territorio: sociali, sindacali, ambientaliste, culturali, imprenditoriali e di quartiere, per ritrovarsi poi tutti insieme in una convention di chiarificazione programmatica, che sancisca gli obiettivi prioritari da raggiungere nei cinque anni di amministrazione, a prescindere dal risultato elettorale e quindi dal ruolo di maggioranza o di minoranza.
Lo si deve fare investendo sulla società civile, ridando valore al ruolo storico della politica intesa come strumento pubblico al servizio della città e dei cittadini. Un rilancio programmatico che non può prescindere da un metodo fondato su una grande capacità di ascolto che solleciti una pratica partecipazione molecolare. Questo metodo, evidentemente, ci dirà che il tempo della mera amministrazione, dell’Ente locale come luogo di mediazione burocratica e del sottogoverno è finito per sempre.
Tutto questo si fonda sul ritorno al valore della polis, un ritorno alla centralità del locale, della città come risposta aperta e democratica ai problemi ed alle opportunità che la globalizzazione ci impone. Una comunità locale coesa e accogliente, con una identità in divenire, con un livello di cooperazione sociale e di attività culturali dispiegate territorialmente, è il miglior antidoto alla tentazione di chiudersi a riccio e respingere le diversità. E’ un lavoro necessario per combattere la solitudine, l’isolamento sociale, l’ignoranza e la diffidenza verso l’altro da sé.
Bisogna ripartire, dunque, dalla cosa pubblica, come cosa di tutti e di ognuno, come cosa da tutelare, difendere, autogestire, come cosa di cui farsi carico.
“La civiltà avrà veramente inizio quando il potere dell’amore sostituirà l’amore del potere” (Richard Aldington).

martedì 10 gennaio 2012

CRESCITA E SVILUPPO TERRITORIALE: COME ?

Si parla tanto di crescita, di sviluppo sia a livello nazionale con la “Fase 2” del Governo Monti che a livello locale tra coloro che guardano alle prossime elezioni amministrative. Sindaci, presidenti di province e regioni, burocrati e rappresentanti di interessi produttivi e commerciali si mettano l’animo in pace. Non c’è scampo: per garantire lo sviluppo locale occorre un protagonismo diverso dei soggetti istituzionali locali, che lasci da parte tentazioni e atteggiamenti dirigisti e che esalti invece il ruolo di mediazione, quello più politico, più adatto alle società democratiche, in grado di rispondere alle società collettive.
La crescita di un territorio dipende dalla capacità di cooperare nei processi decisionali, di mettere in collegamento i diversi interessi e di coordinare i soggetti pubblici e privati. L’elemento essenziale che lo contraddistingue è costituito dalla capacità dei soggetti locali di collaborare per produrre beni collettivi e per valorizzare i beni comuni, come il patrimonio ambientale e storico-artistico.
Occorre, pertanto, puntare su percorsi di sviluppo condivisi ,in grado di coinvolgere risorse e competenze locali, ma anche di attirare risorse esterne, economiche, politiche, culturali. Per fare questo non sono importanti solo le infrastrutture e i servizi per le imprese e i cittadini, ma diventa essenziale la qualità sociale: i servizi sociali e culturali, la formazione, l’accessibilità al mondo del lavoro.
Esaminare ciò che sta accadendo sullo scenario politico - amministrativo è doveroso da parte di tutti i partiti politici, ma analizzare la fase storico-politica che stiamo vivendo nella nostra Città non riesce evidentemente a tutti!
Eppure è il compito più importante, impellente, perché ci consentirebbe quanto meno di provare a trovare delle soluzioni in prospettiva, che sovvertano l’attuale andamento politico, amministrativo, istituzionale e sociale, in un momento in cui anche la forte crisi economica sta infliggendo un colpo durissimo alla nostra comunità.
L’assenza di una forte passione per la politica intesa come servizio al cittadino, il prevalere di interessi personali, delle ambizioni, del clientelismo e dell’arrivismo, associati ad una mediocrità culturale e ad una scarsa capacità di affrontare e risolvere tutti i problemi che ci circondano sono esattamente l’espressione più lampante del dilagante stato di insoddisfazione della maggior parte dei cittadini verso la politica, i partiti ed i loro rappresentanti ad ogni livello.
Noi pensiamo che il problema sia di natura culturale e, proprio per questo motivo, occorre lavorare a far nascere una concezione nuova della politica, immediatamente, così come è urgente sradicare questa mentalità malata, inquinata da una visione distorta della gestione del bene pubblico.
E’ fondamentale il rispetto, con onestà e trasparenza del patto con gli elettori al momento del voto, così come è necessario anche un rinnovamento delle classi dirigenti e istituzionali.
Constatiamo che il problema è trasversale sia ai partiti che a tutti i rappresentanti presenti in Consiglio comunale e che un’ondata nuova debba arrivare direttamente dalla gente di Corato, a partire dai giovani, ai quali chiediamo uno sforzo di maggiore partecipazione alla vita politica di questa città, nonché un’azione di verifica costante ed oculata sull’operato dell’Amministrazione comunale. Siamo convinti che solo con l’introduzione del concetto di democrazia partecipata, sia possibile debellare ogni strana concezione di gestione della cosa pubblica, ma anche di offrire uno stimolo importante ai partiti presenti sul territorio.
Questo è ciò a cui il Centro Studi Politici “A. Moro” sta lavorando da quando si è insediato sul territorio. Continueremo a proporre un modo diverso di intendere e di fare politica, una visione di società diversa, la realizzazione di uno stato sociale forte, in cui i diritti fondamentali siano garantiti a tutti.
Infine, l’appello che rivolgiamo a tutti coloro che si identificano con la nostra idea di Società è quello di convincersi ad avere un ruolo attivo, propositivo, poiché è solo co0sì che si può vincere una sfida troppo importante per il nostro futuro e quello delle prossime generazioni.
E’ una grande sfida, per la quale occorre coraggio, passione civile e politica.

venerdì 6 gennaio 2012

QUALI POLITICHE CULTURALI? RIFLESSIONI E PROPOSTE

All’indomani di un “Dicembre coratino” ricco di vari eventi che hanno dimostrato, ancora una volta, la capacità delle associazioni culturali e sociali, nonché dei diversi artisti locali di impegnarsi in un’attività organizzativa complessa e faticosa, sostenuta da patrocini sicuramente insufficienti da parte dell’amministrazione comunale e delle imprese cittadine, ci siamo chiesti se non sia giunto finalmente il momento di affrontare nelle sedi competenti il tema delle cosiddette “politiche culturali”, non sempre fatte oggetto di analisi e proposte da chi di dovere.
Innanzitutto dovremmo rispondere alla domanda: Cos’è la cultura? Se non si rischiasse di scivolare nel luogo comune si potrebbe, rispondere che ”Tutto è cultura”. Cultura, innanzitutto, è ciò che serve a coltivare l’animo umano: i libri degli scrittori, le opere degli artisti, le scoperte degli scienziati, le riflessioni dei filosofi. E nello stesso tempo cultura è ciò che da forma alla vita materiale e spirituale di una società: è l’insieme dei saperi, delle credenze, dei costumi. La cultura ci dice ciò che siamo.
Ma la cultura ci dice anche ciò che non siamo. La cultura, infatti, è nello stesso tempo ciò che differenzia una persona dall’altra, un popolo dall’altro, un mondo dall’altro: una precisa tradizione letteraria, una cucina tipica, uno stile architettonico, un certo modo di fare cinema e teatro, sono espressione di precise identità culturali.
Tutto, dunque, è cultura. Poi c’è chi è acculturato e chi deculturato. C’è chi scommette sulla cultura e chi la ignora. Chi la valorizza e chi la disprezza. Non solo ogni persona, ma ogni momento storico ha la sua cultura. Noi stimo vivendo il momento in cui la maggior parte dei cittadini rifiuta i temi forti della politica e della società, dell’etica e della morale. E’ quanto dimostrano le ultime vicende politiche a livelle nazionale e locale.
Con questa realtà si devono misurare gli attuali e i futuri amministratori comunali: tutti alle prese con ridotte disponibilità di bilancio e con la necessità di offrire ai cittadini stimoli intelligenti, e di fare in modo che le iniziative promosse producano significativi ritorni, anche economici, a favore della propria città.
Sarà loro dovere tenere innanzitutto in conto che la cultura non può e non deve essere ritenuta, un “corpo separato” rispetto all’idea di città che un buon sindaco e la sua giunta devono possedere e saper trasmettere. Al contrario, la cultura è parte integrante della “civitas”. Di nuovo, dunque, assessori alla cultura come “impresari”? E di nuovo un’amministrazione con tentazioni dirigistiche? Assolutamente no. Ma una municipalità non passiva, che sappia promuovere, sollecitare, interloquire con soggetti produttivi diversi: questo sì, è certamente auspicabile.
Soltanto facendo leva su una simile prassi, faticosa ma feconda, credo che l’iniziativa pubblica dell’Ente locale possa andare a farsi punto di riferimento per tutti, a cominciare dagli operatori più giovani e meno “istituzionalizzati”, investendo sui servizi, alimentando con finanziamenti mirati la diversità degli orientamenti, delle proposte e dei contenuti, così favorendo un autentico e irrinunciabile pluralismo.
Alla funzione della pubblica amministrazione, nel comparto delle attività culturali, è assegnato un ruolo primario nelle fasi di promozione, di stimolo, di coordinamento, della produzione territoriale. Un ruolo delicato e importante, che va svolto in forme e secondo modalità tali da consentire piena espressione a tutte le componenti creative del tessuto civile: sociali ed economiche oltre che, ovviamente, intellettuali e artistiche. Lo Stato, l’ente pubblico non devono “elaborare” cultura, ma “politica della cultura”. Una politica autenticamente capace di creare spazi, di fornire strumenti ed occasioni per fare cultura.
La progettualità dell’ente pubblico locale si manifesta anche nella capacità di “mettere in rete“ ogni singola e diversa realtà creativa, intellettuale, artistica che si manifesti nel proprio ambito culturale. Ai pubblici amministratori il compito di “governare” la vitalità: termine che va esclusivamente inteso come sforzo grande e sincero di interpretare globalmente la città, favorendo la fioritura e il libero intreccio di tutte le esperienze ideative che in essa si manifestano. Un approccio di sistema che, se ci è consentito esprimerci per un istante secondo categorie tecniche, significa in primo luogo creazione e incentivazione di elementi infrastrutturali, nonché di interrelazioni precisamente coordinate.
Questa è la “politica della cultura” che vorremmo vedere realizzata nella nostra città: essa si dimostrerebbe, ne siamo certi, uno strumento potente e utile nel ridurre la lamentata distanza tra cittadini e pubblici amministratori e nel restituire alla Politica con la “P” maiuscola il suo ruolo più autentico.

Lettera aperta al Commissario straordinario del Comune, dott. Mario Volpe Politiche socio – culturali: le proposte del Centro Studi Politici “A. Mor

Ill.mo Commissario,

a distanza di un mese dal Suo secondo insediamento a Palazzo di Città, desidero esprimerLe, unitamente all’apprezzamento per il gravoso impegno fino ad ora espletato, anche i termini della collaborazione richiesti più volte all’Amministrazione comunale che l’ha preceduta dal mondo associativo, scolastico e culturale terlizzese.
Nella consapevolezza della limitatezza del Suo mandato sia in termini di tempo che di risorse, ci consenta, tuttavia, di segnalarLe alcune delle proposte indirizzate alla Civica Amministrazione nella mia duplice veste di presidente della Consulta delle Associazioni e del Centro Studi Politici “A. Moro”, che sicuramente troveranno attenzione da parte Sua, così come accadde nove anni fa.
Si tratta di adempimenti orientati a stimolare la “Cittadinanza attiva”, di cui a Terlizzi si ha tanto bisogno, specialmente nel momento in cui i cittadini saranno chiamati tra breve ad eleggere i nuovi amministratori, che ci auguriamo abbiano una maggiore capacità di ascolto dei precedenti.
N Eppure, tali proposte non richiedevano impegni di spesa eccessivi, ma soltanto capacità d’ascolto e d’organizzazione funzionale alla trasparenza amministrativa ed alla programmazione degli interventi con il contributo delle parti interessate.
Terlizzi – come Lei ben sa – possiede i requisiti e le risorse umane per divenire città d’alta cultura, centro d’elaborazione dei temi della tolleranza e della pace, della convivenza, della solidarietà e del rispetto ambientale. Deve soltanto riattivare gli istituti di partecipazione previsti dallo Statuto comunale, guardarsi anche un po’ intorno e chiedersi come certe cose diventano possibili in altre realtà comunali, convincersi che il grado di civiltà di una città si misura col metro della qualità e della quantità degli interventi in campo scolastico, culturale e sociale.
Anche a Lei, pertanto, rivolgo la domanda formulata ai Suoi predecessori: “Prima di giungere a formulare un elenco di cose fatte o da fare, c’è una possibilità di dialogo sul versante della progettualità democraticamente e statutariamente intesa tra il Comune e le parti sociali, le istituzioni scolastiche, le associazioni ed i centri d’aggregazione giovanile? “.
Nel momento in cui alta e diffusa si leva la richiesta di tanti cittadini italiani per la difesa dei propri diritti e per la lotta unitaria contro la sperequazione sociale, l’evasione fiscale, le varie “caste”, l’illegalità diffusa, l’insicurezza anche noi terlizzesi siamo chiamati a fare la nostra parte ampliando, regolamentando e promovendo i diritti di cittadinanza e contribuendo alla creazione di una città più viva e più creativa, guidata da una classe dirigente aperta, moderna ed all’altezza delle nuove sfide culturali, sociali, economiche e politiche.
Le nostre proposte, con l’augurio che possano presto tradursi in accordi di programma ed in impegni condivisi - sono, pertanto, le seguenti:
- Istituzione di un Comitato Consultivo Permanente per le Politiche Scolastiche, Culturali e Giovanili, composto dai rappresentanti delle Associazioni e delle Scuole
- Elaborazione concertata del Piano dell’Offerta Formativa Territoriale.
- Sottoscrizionendi un Accordo di Programma con le istituzioni scolastiche e le associazioni interessate avente i seguenti obiettivi:
a) prevenire il disagio, le tossicodipendenze, la devianza minorile, l’insuccesso e la dispersione scolastica;
b) favorire l’orientamento scolastico e universitario, l’educazione alla legalità, la conoscenza e l’utilizzo dei finanziamenti e dei contributi europei, statali, regionali e provinciali, la costituzione di cooperative giovanili; l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri;
c) coordinare e realizzare i diversi progetti in rete proposti dalle Scuole, dalle Associazioni e dalle Cooperative;
- Promuovere il Forum Giovanile, quale strumento di autorappresentanza e partecipazione dei giovani alla vita politico – amministrativa;
- Promuovere la cultura dei “micro-progetti” per il recupero degli spazi abbandonati o degradati, per recuperarli con l’aiuto dei bambini, anche al fine di concorrere al premio di €100.329,14, istituito dal Ministero dell’Ambiente per il riconoscimento di “Città sostenibile delle bambine e dei bambini”, già ottenuto più volte dai Comuni di Molfetta e di Ruvo;
- Coordinare la presentazione dei progetti comunitari predisposi dalle Scuole, in modo da favorirne l’approvazione (Socrates, Comenius, La Scuola per lo sviluppo, Intercultura, ecc.);
- Istituire la “Festa dell’Albero”; partecipare alla “Giornata della Memoria”; promuovere la “Scuola della Pace”, dibattiti, cineforum, gemellaggi tra scuole italiane e straniere; realizzare il “Parco letterario”; istituire borse di studio e concorsi; ricordare i cittadini illustri scomparsi o emigrati; - Patrocinare le iniziative teatrali;
- Mettere a disposizione delle Scuole un sito Web che metta in rete Scuole, Comune ed Istituzioni varie;
- Contribuire alla redazione di un giornale cittadino scritto dagli alunni di tutte le scuole cittadine e/o sostenere quelli prodotti dalle singole scuole;
- Potenziare e ristrutturare, magari affidandolo ad una Cooperativa giovanile, il Centro Informa–Giovani/Informa – Imprese;
- Assistere le Scuole nella realizzazione degli obiettivi previsti dal progetto intercomunale sottoscritto ai sensi della legge 285/97 “Promozione di diritti e di opportunità in favore dell’infanzia e dell’adolescenza”;
- Promuovere la più volte sollecitata partecipazione dei ragazzi alla vita comunitaria attraverso l’istituzione del Consiglio Comunale dei Ragazzi, la nomina del Commissario e poi del Sindaco a Difensore Civico dell’Infanzia e la convocazione di una seduta monotematica, nella sala consiliare, in cui i ragazzi possano esprimere liberamente le proprie proposte.
Con l’auspicio che si superi la concezione particolaristica degli interventi a pioggia, dei contributi non regolamentati, dei patrocini insufficienti per procedere finalmente con una progettualità partecipata e condivisa dalle realtà interessate, che parta dalla conoscenza oggettiva dei bisogni delle persone e delle istituzioni locali, nel reciproco rispetto delle rispettive competenze, Le invio cordiali saluti.

domenica 1 gennaio 2012

IL SINDACO CHE VOGLIAMO

Chi sarà il Pisapia o il De Magisteri di Terlizzi?”. E stata questa la domanda che ci siamo posti come Centro Studi Politici “A. Moro” all'indomani dell'improvviso ed inaspettato scioglimento del Consiglio comunale, sostituito, ancora una volta, dall'eccellentissimo commissario prefettizio dott. Mario Volpe.

Prima del programma e della coalizione, così come solitamente avviene nelle competizioni elettorali amministrative, è la scelta del candidato sindaco che deve avere carattere prioritario, possibilmente attraverso le elezioni primarie nell'ambito delle coalizioni.

Nel momento in cui entrambi gli schieramenti politici decidono la candidatura a sindaco per le prossime elezioni amministrative è opportuno che anche la società civile faccia conoscere le sue idee in proposito. E noi che ne facciamo attivamente parte, non ci sottraiamo a questo imprescindibile dovere civico.


Più che la decisione, la qualità prima che un sindaco, e in generale colui che è impegnato nel servizio alla città, deve possedere è l’ascolto. Le scelte, specie quelle più difficili, devono affondare le loro radici nell’ascolto profondo della realtà. Il sindaco è un crocevia. Nella deriva delle diverse istituzioni politiche tradizionali, il sindaco resta uno dei pochi riferimenti sicuri per la comunità, ben al di là dei suoi già vasti ambiti di competenza. Padre,confessore,garante,potente:nell’immaginario collettivo il sindaco è una figura straordinariamente polifunzionale.

Parlare col singolo cittadino e guardare gli orizzonti della comunità. Freddo e inflessibile nell’applicazione delle procedure amministrative, ma caldo e appassionato nello slancio testimoniale. Non potrebbe sostenere quest’ incessante dilatazione del suo sguardo, non gli sarebbe possibile se non fosse capace di ascoltare profondamente, se non fosse cioè un abituale frequentatore dell’intimità collettiva. Profondamente dentro la città e le sue dinamiche, ma anche oltre, almeno quel tanto di distacco sufficiente ad osservarla nel suo insieme. E’ il più osservato della città, ma anche il suo migliore osservatore.

Non una, ma cento, mille città convivono nella stessa città. Mondi diversi s’intersecano e condizionano in un’intricata rete di relazioni, scambi, culture, stili di vita e anche conflitti. Cento città, ciascuna delle quali pensa se stessa come unica, essenziale, centrale. Che lotta perché il proprio bisogno sia riconosciuto per il suo superiore valore rispetto a quello degli altri.


La città come un campo di forze che si contendono lo spazio fino a raggiungere un equilibrio. Non è sempre facile ottenere che l’equilibrio sia anche giusto. Quando si decide, ad esempio, una zona pedonale non “pesano” nella stessa misura la forza rumorosa, compatta e caparbia dei commercianti e quella debole, frammentata e cedevole dei pedoni. Gli interessi

sono l’energia che muove le forze. Non sempre l’identità degli interessi è negativa, cioè con una matrice egoistica. Talvolta, più raramente, l’identità degli interessi può avere una radice ideale: ad esempio, la lotta dei gruppi ambientalisti per la difesa di un’emergenza ecologica del territorio, sarebbe altrimenti soccombente rispetto alla forza espressa da alcuni interessi economici.

La politica è il luogo dove si ricerca il punto di equilibrio “più giusto” tra le “forze” delle cento città.

Il sindaco, più in generale, l’amministratore, ne è l’arbitro. Parziale. Sì, parziale, nel senso che non può fermarsi alle esigenze che riescono autonomamente ed esplicitamente ad esprimersi. Deve anche essere, per quanto gli è possibile, in grado di avvertire, scorgere, intuire le voci deboli, la forza fragile, la città ancora sommersa degli anziani, dei giovani esclusi, dei disoccupati, che, priva di microfono, sta dall’altra parte del palcoscenico.

Il sindaco non è un notaio che ratifica l’esistente. E’ un comunicatore. Meglio, un facilitatore della comunicazione tra i gruppi e le persone. E’ un pedagogo della comunità, costruttore di democrazia. Dice a ciascuno dell’esigenza dell’altro. Agevola le relazioni e i reciproci, faticosi, anche conflittuali riconoscimenti. Perché se lo spazio non è sufficiente per il monopolio di una sola città, al contrario è abbondante per le cento città che possono crescere insieme nei diritti e nelle opportunità.

C’è poi un altro sindaco. Altro rispetto alle competenze già eccedenti che le leggi gli attribuiscono. Altro rispetto a colui che si occupa di strade, verde, pubblica illuminazione, edilizia pubblica, pianificazione del territorio, e, perfino dei massimi problemi sanitari della città. Un altro sindaco non codificato dalle norme, che scruta e ascolta le dinamiche che congiungono le modificazioni della città materiale ai cambiamenti della città degli uomini.

Il sindaco, poiché azzarda continuamente previsioni, se non vuole sbagliare molto deve saper ascoltare profondamente le intime connessioni tra le comunità degli uomini: i fittissimi scambi immateriali tra l’ambiente fisico e le persone. Realizzare una piazza o creare un giardino in un quartiere non significa modificare solo la morfologia di una parte del paesaggio urbano, significa restituire opportunità di aggregazione e di socializzazione ai cittadini, modificare il loro stile di vita, intervenire, in ultima analisi, sulle patologie della moderna incomunicabilità. Un parco giochi frequentato da pochissimi bambini e con un tasso elevato di vandalismo (che è indice di dello scarso senso di appartenenza alla comunità), sarà tale fino a quando non saranno i bambini stessi, con un sussulto di democrazia, a indicarne la riorganizzazione dello spazio e delle funzioni.

Insomma, la città materiale non è neutra né incolore. E’ il riflesso della cultura delle “immagini di mondo” della comunità. E’ il modo concreto con cui tutti i cittadini, o meglio, le loro forze organizzate articolano i luoghi in cui vivono.

Il sindaco deve difendere, dunque, con scelte anche drastiche, la voce veramente senza voce che parla il linguaggio del futuro.

Il tempo storico della politica e dei suoi codici. E’ sotto gli occhi di tutti quanto la politica a Terlizzi sia in grande e grave ritardo. Ha perso moltissimo tempo. I problemi profondi le sono sfuggiti di mano, occupata in faccende di tutt’altro tipo. Non le sarà facile recuperare il ritardo. Occorrerà molto tempo. E non è detto che ci riesca.

Ricostruire le fratture che separano la politica dai bisogni sociali, dall’economia alla stessa etica, è un’operazione improba. Spesso il sindaco è tentato di eludere il tempo, deve continuamente andare dal tempo lungo delle azioni profonde che cambiano la rotta della vita di una città, al tempo corto delle contraddizioni immediate, le emergenze di cui è riccamente farcita la sua attività quotidiana.

Altro che “governare con intelligenza i fatti “, la politica da tempo non ragiona sui problemi. Amministra ma non governa i processi.

E così al sindaco, nuovo formato stile legge 142/90 e a quello che uscirà dalle urne nella primavera prossima, è richiesto di riprendere il timone della rotta, senza lasciare però l’equipaggio in coperta, solo nella vita di ogni giorno. E accompagnato, come un’inseparabile fedelissima ombra, dalla sensazione di continua insufficienza rispetto agli arretrati di problemi e di attese accumulate, egli ci rimette tutto il tempo.

Infine, lacerato da questa ineludibile presa diretta con la realtà, non gli resta null’altro del suo tempo. Raccoglie i suoi cocci, senza attendere gratificazioni e riconoscimenti. Gli resta solo il privilegio dell’amicizia intima con la comunità.