sabato 24 aprile 2010

Il Bilancio di previsione 2010 e Bilancio pluriennale 2010-2012 ai nastri di partenza.

Siamo ormai giunti al 30 aprile, ultimo termine di scadenza imposto dalla legge per la deliberazione dei Bilancio di previsione 2010, del Bilancio Pluriennale e della Relazione revisionale e Programmatica per il triennio 2010-2012 e nessuna convocazione per la consultazione da parte dei cittadini è stata fatta dall’Amministrazione comunale. Dalla stampa abbiamo appreso che il nostro sindaco Luigi Perrone e l’assessore alla Programmazione finanziaria Massimo Mazzilli hanno indirizzato al Presidente del Consiglio una nota sull’”iniquità” del Patto di Stabilità 2009”, che, essendo stato violato dal Comune di Corato, lo esclude dal novero dei Comuni “virtuosi”. Le conseguenze, secondo i nostri amministratori, per l’anno in corso saranno, pertanto, le seguenti: taglio alla spesa corrente con conseguente riduzione dei servizi per i cittadini; rinuncia ai contributi statali e regionali previsti per il Piano Sociale di Zona; impossibilità di sottoscrizione dell’Accordo di programma con Provincia e Regione per la realizzazione del Polo Scolastico e Sportivo; blocco dei lavori pubblici in corso e conseguenti contenziosi con le imprese appaltatrici private dei rispettivi emolumenti.
A differenza degli anni precedenti, quei pochi cittadini che hanno accolto l’invito tramite manifesto pubblico dell’assessore Massimo Mazzilli, quest’anno, anche a causa della concomitanza dell’elezioni regionali, non hanno avuto la possibilità di contribuire alla redazione del bilancio comunale di previsione 2010.
Se fossimo stati interpellati ai sensi dello Statuto comunale e dei relativi istituti di partecipazione, oltre che della direttiva del 17 febbraio 2006 del Ministero della Funzione Pubblica relativa alla rendicontazione sociale nelle Amministrazioni pubbliche, avremmo avuto modo di segnalare i contenuti essenziali che a nostro modesto avviso dovrebbero caratterizzare il documento contabile che il Consiglio comunale si appresta a deliberare.
Riservandoci di intervenire in modo più circostanziato nel merito del documento contabile subito dopo la sua approvazione da parte del Consiglio comunale, è sull’aspetto della partecipazione che ancora una volta intendiamo esprimere alcune considerazioni. Come più volte sottolineato nelle precedenti assemblee relative alla presentazione del Piano Urbanistico Generale (PUG), del Programma Integrato di Riqualificazione delle Periferie (PIRP), del Gruppo di Azione Locale (GAL) e del Programma della Consulta della Cultura, in cui la presenza dei cittadini, delle associazioni e delle scuole, come al solito, è stata modesta, continuiamo a chiederci ed a chiedere se effettivamente il difetto è nella comunicazione istituzionale o nella mancanza di senso civico della cittadinanza o in entrambi i casi.
Il Centro Studi Politici “A. Moro” ha più volte proposto agli amministratori comunali di delineare, attraverso un Accordo di programma, un piano di lavoro comune finalizzato a rendere più proficua ed efficace la collaborazione e più sistematica la partecipazione dei cittadini alle scelte politico-amministrative. Le assicurazioni fornite dal sindaco e dagli assessori che si sono avvicendati nei vari incontri tenuti con i sodalizi cittadini non hanno prodotto ancora i risultati da tutti auspicati. I tempi sono maturi per un riconoscimento ed uno spazio democratico per un volontariato che non sia solo testimonianza sociale negli interventi e nei servizi a favore della comunità, ma contestualmente soggetto politico, espressione di una società civile impegnata nella rimozione della cause del disagio, nell’affermazione, tutela, difesa e promozione dei diritti di cittadinanza.
Quello che proponiamo, insomma, in coerenza con lo Statuto comunale, è la costituzione di un “Laboratorio urbano”, che faccia proprio il motto “Una città per tutti”, formato da cittadini stanchi di lamentarsi della bassa qualità della vita e di contestare l’inerzia delle istituzioni, la chiusura dei partiti ad un reale rapporto con la cittadinanza attiva, desiderosi di uscire dalla condizione di dipendenza, superficialità, qualunquismo, deresponsabilizzazione e disaffezione alla politica.
In altri termini, proponiamo la condivisione di un impegno culturalmente e socialmente trasversale, lasciando che in altri ambiti i singoli e le associazioni operino in assoluta libertà le scelte più congeniali al proprio ruolo. Sarebbe utile ed interessante costituire una rete sinergica di forze singolarmente attive nella ricerca di una programmazione integrata sulla città, attraverso un costante confronto fra le diversità e le singole esperienze, così come stanno facendo i soggetti politici e sociali aderenti alla rete promossa dal Movimento Giovanile del PD, che si accinge a riprendere il percorso sulla “Cittadinanza attiva” finalizzato alla creazione di un Comune “virtuoso”.
Potrebbe essere questo il punto di partenza del cosiddetto “Bilancio partecipato”, di cui più volte abbiamo parlato e scritto. Un bilancio, cioè, in cui la politica si fa incontro, ascolto, ma soprattutto azione diretta, partecipazione autentica che consenta ai cittadini di scegliere democraticamente come e dove investire le risorse del proprio Comune.
Proviamo ad immaginarne il percorso, le tappe, i tempi del prossimo bilancio di previsione 2011, che dovrebbe essere avviato subito dopo l’estate ed essere approvato, secondo legge, entro il dicembre 2010.
In sintesi: il bilancio di previsione verrà redatto al termine di un ciclo di assemblee pubbliche, nel corso delle quali sindaco ed assessori discuteranno e decideranno insieme ai cittadini gli interventi più importanti da realizzare nel corso dell’anno. Questo rappresenterebbe il primo dei due momenti di confronto tra cittadini e amministratori da realizzarsi in tempo effettivamente utile, senza attendere le varie proroghe governative al termine fissato per legge al 31 dicembre. Il secondo ciclo di assemblee dovrebbe tenersi prima della discussione consiliare sul bilancio consuntivo, non più tardi del mese di ottobre, per rendere conto, in termini di efficacia, efficienza ed economicità dei risultati raggiunti.
La partecipazione si realizza innanzitutto su base territoriale: la città è divisa in quartieri. Nel corso di riunioni pubbliche la popolazione di ciascun quartiere è invitata ad esprimere i propri bisogni e a stabilire delle priorità in vari campi o settori (ambiente, educazione, salute, sevizi sociali, ecc.). A questo si aggiunge una partecipazione complementare organizzata su base tematica attraverso il coinvolgimento di categorie professionali o lavorative (sindacati, imprenditori, studenti…). Ciò permette di avere una visione più completa della città, attraverso il coinvolgimento dei cosiddetti settori produttivi della città. La municipalità è presente a tutte le riunioni di quartiere e a quelle tematiche, attraverso un proprio rappresentante, che ha il compito di fornire le informazioni tecniche, legali, finanziarie e per fare delle proposte, attento, però, a non influenzare le decisioni dei partecipanti alle riunioni.
Alla fine, ogni gruppo territoriale o tematico presenta le sue priorità all’Ufficio di pianificazione, che stila un progetto di bilancio, che tenga conto delle priorità indicate dai gruppi territoriali o tematici. Il Bilancio viene infine approvato dal Consiglio comunale.
Nel corso dell’anno, attraverso apposite riunioni, la cittadinanza valuta la realizzazione dei lavori e dei servizi decisi nel bilancio partecipativo dell’anno precedente.
Di solito le Amministrazioni comunali, visti anche i vincoli di bilancio cui sono tenuti per legge e secondo il sopraccitato Patto di Stabilità, riconoscono alle proposte avanzate dai gruppi dei cittadini la possibilità di incidere su una certa percentuale del Bilancio comunale.
In conclusione, si tratta di uno strumento che serve per dare conto ai cittadini del progetto operato, nel tentativo di rendere trasparenti e comprensibili all’esterno i programmi, le attività e i risultati raggiunti.
Obiettivi nobili, da tutti decantati ed auspicati nella recente campagna elettorale, che devono essere assolutamente perseguiti, per capire prima e meglio quali siano le attese e i bisogni della nostra comunità.

lunedì 12 aprile 2010

Recupero di Piazza Abbazia: contributo al dibattito.

Siamo molto grati all’organo d’informazione cittadino Coratolive ed alla sua brava redattrice Marzia Ferrante per aver sottoposto all’’attenzione dei lettori e dei cittadini l’originale ed interessante progetto alternativo al recupero di Piazza Abbazia. Com’è stato opportunamente ricordato, l’Amministrazione comunale e la Pro Loco “Quadratum”, il 10 febbraio 2010, promossero un incontro con la cittadinanza al fine di illustrare il progetto dell’architetto napoletano Francesco Venezia, che non riscosse, per la verità, molti consensi, soprattutto da parte dei residenti e degli architetti intervenuti.
Ci ha fatto molto piacere venire a conoscenza della proposta progettuale alternativa illustrata dall’architetto Gioacchino Rubini che “contrappone all’idea di piazza intesa come luogo di riposo e tranquillità, l’idea di piazza come salotto e luogo di vita, area di passeggio e ristoro, su cui si affacciano negozi, uffici e palazzi di rappresentanza come salotto e luogo di vita…Un progetto ambizioso e costoso, ma che renderebbe Largo Abbazia una piazza di grande richiamo artistico ed architettonico e darebbe a Corato un grande prestigio”.
La ridefinizione, in termini strutturali, funzionali ed architettonici degli spazi illustrati anche con bellissime immagini fotografiche, segna e sancisce i cambiamenti, addirittura epocali, nella vita della nostra comunità. Pensare in questa ottica la ridefinizione delle piazze cittadine ed, in particolare, di Piazza Abbazia, significa infatti chiedersi che senso ha farlo oggi, in questo momento storico della vita del paese.
Condividiamo, pertanto, il programma dell’Amministrazione comunale, teso a ridefinire spazi che rappresentano il cuore propulsore del vivere collettivo. Nel triangolo segnato da Piazza Indipendenza, Piazza Vittorio Emanuele, Piazza Abbazia s’intrecciano attività commerciali da secoli linfa dell’economia di questa comunità, e attività aggregative di gruppi diversi di cittadini, accomunati da diversi interessi, talvolta attorno a temi specifici e talvolta a specifici bisogni, legati all’appartenenza ad un'unica fascia generazionale.
S’intrecciano, inoltre, per questi luoghi le comunicazione interne ed esterne del paese che ha protetto e custodito questa coesistenza, con la quale oggi si deve confrontare per adeguare, velocizzandola, la percorrenza delle arterie di traffico alle mutate esigenze, anche di tipo ecologico alle quali si cercherà di venire incontro con le piste ciclabili attualmente in cantiere.
Bisogna, quindi, ripensare questi luoghi per un paese che cambia e che vuole porsi in osmosi diretta con un mondo che cambia, un mondo che impone la capacità di relazionarsi con flussi informativi e di aggregazione, che si muovono a velocità spesso estremamente differenziate tra loro, e che quindi richiedono grossa duttilità e capacità di reggere un saldo senso di identità, in situazioni in continuo cambiamento. Identità e cambiamento, sembra questo il binomio che guida il nuovo essere nel mondo e che il progetto dell’architetto Gioacchino Rubini interpreta brillantemente.
E’ lungo queste linee di riferimento che si snoda il suo lavoro progettuale. Esso, infatti, pur rispettando l’architettura preesistente, tende a reinterpretarla, puntando - se abbiamo ben compreso - a marcare la base identitaria dei luoghi, per marcare la base identitaria della vita collettiva; accogliere e sostenere le spinte al cambiamento evidenziando, confrontandole, le differenti velocità esistenziali, intergenerazionali e interindividuali; sancire la coesistenza rigeneratrice di progresso delle varie spinte aggregative.
Riservandoci di avere maggiori delucidazioni dall’autore, esprimiamo l’auspicio che, come è stato fatto con l’architetto Francesco Venezia, anche al suo collega Gioacchino Rubini fosse data l’opportunità di illustrarlo direttamente ai cittadini, agli organismi politici, amministrativi, sociali, culturali, turisitici e ai liberi professionisti.
In attesa di riscontro, invio cordiali saluti.

PD: un partito che deve guardare lontano

Ho ascoltato con molta attenzione gli interessanti interventi degli amici intervenuti all’assemblea del 7 aprile scorso intelligentemente introdotta dal vicesegretario Benny Piarulli. Considerata l’ora tarda mi sono astenuto dall’intervenire, ma questo non m’impedisce – come è mia abitudine - di fornire il mio modesto contributo alla riflessione comune sul futuro del PD cittadino.
Confidando, perciò nella pazienza dei lettori, aggiungo alle Vs. anche alcune mie proposte, che m auguro possano essere seguite da iniziative concrete, sistematiche e coinvolgenti e che in parte sono state anche anticipate sul mio blog (http//:comuneprtecipato.blogspot.com) e nei miei scritti pubblicati nei giorni scorsi sui siti del Pdcorato (6/4: “Supervendola: travolge e avvolge”; L’astensionismo: un fenomeno da non trascurare”; Coratolive: 6/4 “Bilancio di previsione 2010,”quando ne discuteremo? - ripreso anche da Vivicorato l’8/4 -; Terlizzilive 8/4 “Il voto alle regionali”).
Come è stato sottolineato nei diversi interventi, nei quali tutti hanno condiviso lo straordinario successo di Nichi Vendola, accompagnato da quello altrettanto soddisfacente del nostro candidato Riccardo Mazzilli, sento anch’io l’esigenza di ricordare alcune mie note scritte prima della campagna elettorale in cui parlavo della nuova passione che Vendola aveva saputo far sgorgare negli animi e nei sentimenti, non solo dei giovani, tanto da meritarsi il “Premio Nobel 2010 per la Poesia”, come ha brillantemente ricordato il nostro segretario-candidato nella sua lettera di ringraziamento agli elettori pubblicata il 7 aprile scorso sui siti di Corato.
Quello di Nichi è evidentemente un nuovo modo di comunicare la politica, tanto da essere premiato dall’Ateneo di Roma 3 per “originalità, coerenza e creatività”, ma anche di fare la politica che, attraverso l’evocazione del sogno, inteso come desiderio di fatti concreti, parla di programmi reali con chiarezza, senza ambiguità. Sui temi etici, sul lavoro, sulla scuola, sulla cultura, sull’immigrazione, sul mondo imprenditoriale, sulle professioni. Senza quell’ambiguità che sta soffocando il centrosinistra e sta accecando chi, deluso, non va a votare o, magari al Nord, vota Lega perché la loro comunicazione, i loro spot gratificano il bisogno non di sicurezza, ma di rassicurazione.
Ma torniamo all’assemblea. Nonostante i numerosi interventi delle amiche-donne, tutte capaci, in gamba e affascinanti, che ben si univano al bel sorriso di Riccardo, nessuno ha evidenziato che il prossimo Consiglio regionale, conterà la presenza delle donne sulle dita di una mano: appena 4. Certo, un soffio in più delle due donne consigliere della scorsa legislatura, ma sempre troppo poche, così come nel nostro Consiglio comunale che ne conta soltanto una e di cui giustamente si è cominciato a parlare in vista delle rinnovo previsto per il 2013, affermando sin da ora il principi delle pari opportunità sia a livello di partito che di rappresentanza nelle liste dei candidati.
Tutto questo deve essere inquadrato in quello spirito unitario che ha caratterizzato la campagna elettorale di Riccardo Mazzilli che, fermi restanti i rispettivi riferimenti provinciali e regionali di ciascuno, deve continuare a rappresentare, insieme alla dialettica interna, anche il corpo e l’anima di un partito che finalmente è uscito allo scoperto senza distinzioni di parte.
Ora è venuto il momento di accelerare su questo progetto identitario, politico, programmatico, gestionale ed amministrativo, aprendo porte e finestre del Pd in ogni quartiere, scuola e posto di lavoro aprendolo alla partecipazione di tutti.
Bisogna, insomma, voltare pagina. E’ tempo che a Corato si affrontino i problemi reali del 2010 con un approccio nuovo, in linea con i tempi, guardando alla situazione di oggi e non a realtà ormai sorpassate.
Il nuovo è una categoria dello spirito, non è solo anagrafe. Come me, tanti amici anni fa sono stati seduti in Consiglio comunale, ma è passato molto tempo, durante il quale ci siamo occupati di altro acquisendo una competenza che ora tornerà utile. Per me, il Nuovo è avere idee chiare per la città che non copino le strade già percorse, è circondarsi di giovani e vedere il mondo attraverso i loro occhi, è trovare soluzioni per aiutare i cittadini a combattere questa devastante crisi economica che ci sta mettendo in ginocchio.
Si volta pagina, quindi, chiamando e offrendo alla cittadinanza maggiore partecipazione ed un più ampio dibattito sulle scelte che li riguardano. Si volta pagina facendo spazio alle forze fresche del Partito, che hanno energia e voglia di offrire la propria collaborazione; si volta pagina stimolando competenze, creatività e fantasia di tutti coloro che hanno creduto alle primarie nelle potenzialità del nuovo Partito democratico.
Molto opportunamente Riccardo Mazzilli ha messo in programma un incontro con i partiti del centrosinistra per dare vita ad una coalizione – la più ampia possibile – che rappresenti una discontinuità rispetto alla destra che governa la città. Le precedenti consultazioni elettorali hanno dimostrato l’esistenza nelle organizzazioni coinvolte di barriere preconcette e di personalismi che di fatto hanno impedito la costruzione, a livello locale, di una forza politica alternativa coesa e credibile. Per tali ragioni, al momento, il Partito democratico resta l’unica vera realtà in grado di costruire un’Alternativa di Governo a Corato, ma deve continuare il proprio processo di consolidamento come soggetto politico di riferimento per i giovani, per il mondo del lavoro e per chi vuole che Corato sia sempre di più una città vivibile e piacevole.
Presentiamoci subito ai cittadini con un manifesto, il nostro progetto per il Comune, la Provincia e la Regione, nel quale siano evidenziati alcuni punti chiari ed argomentati, facilmente comprensibili, nei quali il PD lancia il suo progetto. Lavoro, sviluppo, sanità, ambiente, protezione sociale, istruzione, infrastrutture, casa, sicurezza, partecipazione civica, pari opportunità, immigrati: c’è molto da fare, da immaginare, da proporre in questi campi intorno ai quali mobilitare le forze vitali della città in una battaglia comune per il futuro governo.
Da qualche tempo nel nostro Partito si sente questo fermento nuovo, cui Riccardo Mazzilli ha cercato di dare voce e sostanza. E’ evidente che è in gestazione una nuova creatura che sta per nascere e di cui, per il momento, si intravedono appena le fattezze, ma che presto sarà una realtà viva e nuova non solo per Corato, ma per l’intera provincia di bari, con tutte le sue potenzialità e forze di rinnovamento che dovranno necessariamente emergere nei prossimi congressi per l’elezione delle segreterie e dei coordinamenti a livello Provinciale e di Circolo, oltre che nei nuovi assetti regionali.
A tutti noi, va quindi l’augurio e l’auspicio che cominci a chiedersi perché non siamo riusciti a intercettare il partito degli scontenti, che metta subito in campo una proposta ed un progetto credibili, che gli consentano di recuperare credibilità e di costruire alleanze che non siano semplici ammucchiate. Non possiamo più essere percepiti, e quindi definiti, solo in base ai NO che diciamo (e sia chiaro servono anche quelli), ma piuttosto per le risposte che siamo capaci o meno di mettere in campo.
Questo, credo, è il PD che può ricominciare a farsi capire dalle persone. Certo, non un Pd che si guarda l’ombelico: ma neanche uno che ha deciso di smetter proprio di guardare coprendosi gli occhi.

Bilancio di previsione 2010: quando lo discuteremo?

Ill.mi Signori,
essendo stato sollecitato dagli organismi associativi aderenti alla Consulta delle Associazioni, mi faccio portavoce dell’istanza, sempre ripetuta e mai accolta, di aprire la discussione sul bilancio di previsione 2010 in tempo utile ed in modo partecipato.
Anche quest’anno, la data prevista dalla legge di deliberare il bilancio di previsione entro il 31 dicembre, non è stata accolta, avendo fruito l’Amministrazione comunale delle proroghe concesse dal Governo. Resta comunque il dato sconcertante che sono trascorsi oltre tre mesi e di bilancio “sociale” o “partecipato”, che dir si voglia, non se ne parla ancora, nonostante le ripetute note indirizzate alle SS.LL., ai sensi dello Statuto comunale e delle Direttive ministeriali.
Eppure lorsignori sono ben consapevoli della direttiva del 17 febbraio 2006 del Ministero della Funzione Pubblica relativa alla rendicontazione sociale nelle Amministrazioni pubbliche, nella quale sono dettate le linee guida per la stesura del bilancio sociale, visto come completamento del processo di trasparenza iniziato negli ani ’90 con la legge 241/’90, poi riformata dalle leggi n.15/2005 e n. 267/2000.
A chi le avesse dimenticate umilmente ricordiamo che la rendicontazione sociale si basa su una visione unitaria dell’Amministrazione, dovendo rendere evidenti all’esterno i risultati dell’azione amministrativa. A sua volta, il controllo strategico comporta la necessità di valutare il sistema sociale e politico come una pluralità di attori interagenti fra loro su un piano di pari dignità. Il risultato ultimo di questa attività di “governance” dovrebbe essere la capacità di stimolare la crescita di formule auto-organizzative della società civile. Questo assunto, evidentemente, permette di stimolare il dibattito sulla qualità dell’intervento pubblico, sui compiti che esso deve assumersi in via prioritaria e sulle logiche ad esso sottese attraverso le tipologie d’intervento attuate. Si ha, in tal modo, il superamento della prospettiva, piuttosto riduttiva, dei soli criteri di efficacia, efficienza ed economicità dell’azione amministrativa. L’adozione, pertanto, del bilancio effettivamente partecipato, se non vuole ridursi ad un mero elenco propagandistico di azioni compiute e di buone intenzioni, comporta quindi l’impianto di un sistema complesso in cui i vari attori siano motivati e disposti ad un coordinamento.
La direttiva ministeriale sopraccitata espone con precisione i presupposti della rendicontazione sociale. Ne citiamo solo alcuni: la chiara formulazione del valore, degli obiettivi e l’identificazione dei programmi, piani e progetti in cui l’azione amministrativa si articola; l’attribuzione delle responsabilità politiche e dirigenziali; il coinvolgimento della comunità nella valutazione degli esiti e nell’individuazione degli obiettivi di miglioramento; la continuità temporale dell’iniziativa.
Se ne deduce, quindi, che una decisione unilaterale oltre che mostrare uno stile poco democratico nell’amministrazione della città, presuppone una responsabilità unilaterale. Al fine di evitare questo rischio, continuiamo a dichiarare la nostra disponibilità a partecipare ad un tavolo di concertazione aperto a tutti gli organismi politici, sociali, economici e culturali per individuare i reali bisogni del territorio e condividere le modalità d’investimento delle risorse del Comune.
In questo modo l’Amministrazione sicuramente riuscirà a stimolare processi che aumentino l’entusiasmo e la partecipazione alla vita politica cittadina. In altre parole, si tratta di ripensare in maniera flessibile la relazione tra Comunità e Municipio: una relazione basata sul principio di negoziazione, estendibile potenzialmente a tutte le attività del Comune, ma materialmente applicata alle priorità che emergono nella Comunità, dove i bisogni generano cittadini disposti a partecipare attivamente alla soluzione dei problemi.
La strada per intraprendere queste prospettive di miglioramento deve necessariamente passare dal coinvolgimento attivo della cittadinanza: in questo modo emergeranno persone, gruppi e associazioni disposte a condividere il proprio tempo, le proprie idee, le proprie competenze. E noi siamo sicuramente tra questi.

martedì 6 aprile 2010

ASTENSIONISMO: FENOMENO DA NON TRASCURARE

Un elettore su tre ha deciso di non andare a votare nella tornata elettorale appena conclusasi. Le cause possono essere molte: disaffezione per la politica, disorientamento, caos liste. Il calo è stato più contenuto nella nostra Regione anche grazie all’effetto trascinamento del candidato alla presidenza Nichi Vendola.
Ma anche nella sua Terlizzi, rispetto alle precedenti competizioni elettorali amministrative, il numero dei cittadini che hanno deciso di non votare, per sfiducia nelle istituzioni, per scelta o semplice pigrizia, è stato rilevante. Alle urne, infatti, si è recato solo il 63% (14471) degli aventi diritto al voto (22744). Più di ottomila terlizzesi, dunque, hanno disertato i 22 seggi elettorali
La disaffezione è sicuramente causata dalle tante variabili impazzite introdotte nel confronto politico. A risentirne maggiormente sono stati i giovani, così angosciati per l’incertezza del futuro, che vengono poco invogliati ad esercitare il diritto - dovere di scegliere i propri rappresentanti.
I ragazzi, abituati ai messaggi diretti della cultura mediatica, in cui sono impastati e cresciuti, provano difficoltà a capire il linguaggio criptico di tanti politicanti. Nonostante Nichi Vendola, il cantastorie e uomo del web dall’eloquio alato, che ha costruito la sua campagna elettorale con un gruppo di ragazzi che non arrivano ai trent’anni: “la Fabbrica di Nichi”, anche la Puglia, sia pure in formato ridotto rispetto alle altre Regioni, ha risentito di questa scarsa partecipazione al voto.
La questione, in ogni caso, è troppo seria per non rappresentare il primo punto nell’agenda, se non l’incubo, di quanti hanno scelto di fare politica, di interessarsi, cioè, delle sorti degli altri.
Nonostante la distanza tra il linguaggio di certa politica e le ansie e le domande dei cittadini, è giusto ricordare come sia assolutamente importante non rinunciare al fondamentale diritto di partecipazione democratica.
Perché è importante partecipare alla vita politica? La domanda è stata formulata dall’Istat nella rilevazione sulla “partecipazione politica” degli italiani, i quali in grande maggioranza si sono dichiarati lontani dalla politica perché sfiduciati. Circa due terzi di chi non s’informa di politica (66,4%) sono motivati dal disinteresse, un quarto (24,8%) dalla sfiducia nella politica. Il 13,8% considera la politica troppo complicata e il 6,% non ha tempo da dedicarvi.
Le donne esprimono più degli uomini, tra le motivazioni, il disinteresse e il linguaggio troppo complicato; gli uomini più delle donne il non avere tempo e la sfiducia nella politica. La mancanza d’interesse è particolarmente diffusa tra i giovani fino a 24 anni (oltre il 72%).
Questi dati confermano la progressiva disaffezione dei giovani e dei meno giovani dalla politica. Forse, è un allontanarsi dalla politica delle promesse e delle parole. E ogni qualvolta vi sono elezioni nell’aria, sono molti i cittadini che si domandano: “Perché devo andare a votare?”, “Per chi devo votare?”, “Tanto non cambia nulla: quelli sono uguali agli altri”.
L’allarme astensione dei sondagisti si è rivelato quindi centrato, dopo una campagna elettorale segnata da scandali, da liste non presentate e da decreti per salvarle, dai ricorsi e dai casi di corruzione e tangenti. Il calo è un trend che ha coinvolto tutte le 13 regioni al voto .
Quel che si temeva, dunque, è purtroppo accaduto e in una misura assai impressionante. Evidentemente, il Paese è stanco, infastidito, preoccupato, deluso. E’ il segno di un disagio, di una lucida disaffezione, una calcolata risposta ad una deriva giudicata evidentemente insopportabile, che merita molta attenzione. E’ qualcosa di più di un campanello di allarme: è un autentico segnale di pericolo per il nostro futuro democratico.
E’la prova evidente dello scollamento ormai quasi drammatico tra la politica, per come viene percepita, e i bisogni, le domande, le aspirazioni del nostro popolo.
Ma è anche evidente quella che potremmo definire la qualità della democrazia. Se si svuota giorno dopo giorno il contenuto partecipativo dell’esperienza democratica, la pienezza delle sue articolazioni e dei suoi equilibri, la sua capacità di coinvolgimento quotidiano nelle scelte e nelle decisioni collettive, se la si riduce a puro assenso alle azioni di un leader, è inevitabile, che la stessa cerimonia del voto perda senso nella percezione di molti, scda a rituale in fondo inutile, da cui ci sipò facilmente distogliere.
E’ il segno di un Paese che si scopre, ancora una volta, drammaticamente incompiuto, eternamente sospeso tra dannazione e riscatto.

SUPERVENDOLA: TRAVOLGE E AVVOLGE

di Vito De Leo*
Nichi Vendola: poeta di Terlizzi ed amministratore regionale, politico di grande capacità e carisma, uomo fuori dagli schemi dei partiti, “Berlusconi del Sud”, cantastorie e uomo del web, comunista e credente, omosessuale dichiarato, eloquio alato, citazioni dotte, che ha costruito la sua campagna elettorale con un gruppo di ragazzi che non arrivano ai trent’anni: “La fabbrica di Nichi”, una fucina di idee senza logo di partito, uomo nel potere ma non del potere, non uomo della Provvidenza, ma uomo del popolo pugliese, che ha premiato la sua “narrazione”, che ancora una volta gli ha creduto, che ha avuto fiducia in lui, che è stato dalla sua parte.
Un leader riconosciuto ormai anche da chi non lo ha votato alle primarie del PD ed ora pronto a mettersi alla prova anche su scala nazionale, dopo aver superato le primarie per fare il candidato premier di un centrosinistra unito nel 2013. Fantapolitica? No! Perché un successo così netto e isolato, autorizza a sognare. Anche il suo ingresso nel PD: “Vedo una prospettiva comune” ha detto Bersani, ma “Il Pd deve ricordare – gli ha risposto Nichi – che non ci sono raccolti senza semine”. E ora per il poeta potrebbe arrivare la tentazione di inventare un racconto popolare capace di parlare a tutto il Paese.
Partendo dalla vittoria di Nichi Vendola si prospetta, infatti, l’alternativa a Berlusconi. La si deve, però, costruire tutti insieme, la deve costruire una coalizione che deve parlare la stessa lingua, spiegando bene agli italiani quale idea di società abbiamo.
Dalla Puglia deve partire un grande laboratorio capace di superare gli errori e le inquietudini derivate da quanto è accaduto alla regione Puglia negli ultimi mesi.
Astensione e calo del consenso non potranno non pesare sulle prossime scelte e, soprattutto, sulla necessità di affrontare pure a sinistra la questione di una nuova classe dirigente che abbia più a cuore le sorti della collettività che le proprie. Servono persone e idee, serve ristabilire un rapporto diretto con la gente.
Sì, la politica, i partiti avranno il loro peso nelle scelte della Regione, ma quello scarto così evidente tra il consenso personale che le urne hanno assegnato a Nichi Vendola e quello riservato alla sua coalizione, gli concedono maggiori spazi di autonomia rispetto a cinque anni fa, per realizzare la “Puglia migliore”. Per piantare pale eoliche al posto dei capannoni, installare pannelli solari invece di centrali nucleari, mandare i giovani nei “ritorni al futuro”. Altri cinque anni, insomma, per sistemare quella sanità che continua ad essere il pozzo senza fondo di ogni regione, per rimediare agli errori o ai ritardi che pure sono stati commessi – nelle Asl come nell’Acquedotto – e completare le cose buone fatte. Non sono questioni risolvibili con alchimie legate ad incarichi e prebende. Bisogna cambiare e per davvero, guardando ai numeri e ai talenti.
“Credo che ciascun attore del centrosinistra sia inadeguato, sia portatore di una storia parziale, di cose anche importanti, ma del tutto inadeguato alla necessità di ricostruire un’egemonia culturale e politica a sinistra”. Ciascuno di questi attori – dice Vendola – “dovrebbe fare un passo indietro, per poter fare tutti insieme un passo avanti, per mettere in piedi il cantiere dell’alternativa” Vendola è assolutamente certo: nel centrosinistra “mancano le forme dell’agire politico, mancano ancora le parole. Il vocabolario dell’alternativa non è stato ancora scritto”. Non possiamo connotarlo con le parole di Montale – conclude – “Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”. “Cominciamo da due belle parole: lavoro e libertà. Serve un passo avanti, annunciare il cambiamento non basta: va praticato”.