martedì 19 gennaio 2010

“La principessa e il figlio del professore”

CENTRO STUDI POLITICI “A. Moro”

Tel. 340-5195452 – deleo6844@tiscali.it – Blog: www.comunepartecipato.blogspot.com

ASSOCIAZIONE “DEMOSCOPEA”

Tel. 338- 7137443- vincenzopavan@libero.it

Siamo lieti di comunicarVi che le nostre associazioni il giorno 30 GENNAIO p.v., alle ore 18,30, presso la Biblioteca comunale, presenteranno agli amanti della lettura e della storia l’ennesima fatica letteraria dell’amico deputato on.le Gero Grassi: il romanzo storico

La principessa e il figlio del professore” (Ed.Palomar – giugno 2009).

Il racconto, scrive l’autore nella prefazione, ha una continuità storica, culturale, umana e politica con il suo primo romanzo “Il ministro e la brigatista”, che ha avuto l’onore di oltre centosessanta presentazioni in tutta Italia ed a Zurigo.

Anche questo libro, seppure in forma romanzata, contiene avvenimenti, fatti e luoghi veri, persone realmente esistite, che rivelano, ancora una volta, il legame viscerale di Gero Grassi con le proprie origini, con il paese natio.

E’ la storia di due giovani, Teresa e Daniele, gli unici personaggi ispirati, che s’intreccia con il fascismo, l’avvento della Repubblica, il trionfo della D.C., gli anni del terrorismo e dell’uccisione di Aldo Moro, i quali pur avendo vissuto la stessa vicenda umana e politica e condiviso gli stessi valori, si ritrovano ad essere avversari tra i banchi della Camera dei deputati dove saranno eletti nel 1948: l’una cattolica e democristiana, l’altro comunista, ma entrambi impegnati, seppure in partiti e in ruoli diversi, a far approvare il 23 dicembre 1978 la nuova legge sulla sanità.

“L’amore intenso e duraturo di Daniela e Teresa – afferma Livia Turco, (già Ministro della Salute nel Governo Prodi) – nutrito dei valori della dignità della persona, della libertà interiore, costituisce lo sprone per ciascuno di noi a costruire una pagina nuova della vita civile e democratica del nostro Paese”.

Leggere un romanzo scritto da Gero Grassi significa calarsi nei ricordi, respirare e vivere l’emozione del presente con i colori del passato. Con i profumi della Storia che riemerge prepotentemente nella testa, nel cuore, nell’anima del lettore.

Leggere – ripetiamo con l’invito formulato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri – è un viaggio nello spazio, nel tempo, nella fantasia. Dalle righe di inchiostro arrivano emozioni che ci coinvolgono, ci fanno compagnia, ci fanno conoscere meglio noi stessi. Leggere è un invito a un’altra avventura, a un’altra scoperta, un grande privilegio della nostra vita: un modo per informarci, per crescere, per conoscere il mondo.

Leggere è il cibo della mente……passaparola”.

Il Presidente del Centro Studi Politici “A. Moro” Il Presidente dell’Associazione “Demoscopea”

Prof. Vito De Leo Prof. Enzo Pavan



BEN VENGANO MILLE “GIORNATE DELLA MEMORIA”

Nel mito greco Mnemosyne, la memoria, è la madre delle Muse ossia di tutte le arti, di ciò che dà forma e senso alla vita, proteggendola dal nulla e dall’oblio. E’ il senso che, in occasione della “Giornata della memoria 2010”, il Presidio del Libro, (presidente Simonetta Mangione) la FIDAPA (presidente Raffaella Leone), la Libreria Anima Mundi e il coordinamento di Angela Pisicchio hanno voluto dare lunedì 18 gennaio all’incontro di letture e riflessioni sul tema dell’Olocausto con il patrocinio della Regione Puglia e dell’Assessorato alla Cultura tenuto presso la Biblioteca comunale, intitolato “La valigia del Lettore…”

Siamo grati agli organizzatori per averci dato, insieme agli oltre cento bambini presenti e accompagnati dalle rispettive maestre, la possibilità di ascoltare la lettura di passi tratti da “Il segreto della casa sul cortile” di Lia Levi e “Ballata di tempi lontani” di Marco Maestro.

La lettura di un libro, sempre, se effettuata con coinvolgimento e partecipazione, è in grado di creare emozioni e arricchimento spirituale. Non solo. La memoria – abbiamo riflettuto durante l’ascolto della brava interprete Michela Diviccaro, allieva dell’Accademia Teatrale ITACA- è il fondamento di ogni identità, individuale e collettiva, che si basa sulla libera conoscenza di se stessi, anche delle proprie contraddizioni e carenze, e non sulla rimozione, che crea paura ed aggressività. Custode e testimone, il ricordo è pure garanzia di libertà.

Dedicare ufficialmente il 27 gennaio al “Giorno della memoria”, istituito dal Parlamento italiano nell’anno 2000 in ricordo della Shoah: lo sterminio di sei milioni di ebrei nei campi di concentramento del Terzo Reich, comporta sicuramente un momento di riflessione, di cordoglio, di espiazione al pensiero di migliaia di famiglie trucidate, volutamente fatte sparire dalla storia e dalla coscienza storica. Una mattanza orribile, attuata con fredda ferocia dai nazisti agli ordini di un folle dittatore. Un genocidio pianificato ed attuato sulla scorta di pregiudizi razziali secolari e di teorie pseudoscientifiche.

Lodevole, quindi, la partecipazione all’iniziativa dell’Amministrazione comunale attraverso il consigliere delegato Giuseppe Dintrono e dell’assessore alla P.I. Franco Caputo; meritoria soprattutto la diffusione della stessa iniziativa presso le scuole della nostra città e presso gli studenti, bisognosi, più che mai, di non dimenticare, di alimentare la propria coscienza di uomini e di futuri cittadini con la memoria di ciò che è accaduto e che mai vorremmo che fosse successo.

“Ricordate che questo è stato”: è il comando di Primo Levi nel suo libro “Se questo è un uomo” ed esso è e deve essere sempre vivo, sempre attuale. Perché la memoria è un bene fragile, e facile a disperdersi sotto il peso potente e grave, del quotidiano che ci distrae, ci disorienta, ci porta altrove.

Ben venga quindi la “Giornata della memoria”, ben vengano mille “Giornate della memoria”, perché il nostro ricordo sia puntuale e sia completo, e la nostra indignazione non si eserciti solo sul passato, e su un passato. E dalla pietà per i cremati nei lager e dalla condanna implacabile degli aguzzini con la svastica tragga tragga linfa la nostra memoria, perché sia vigile e accorta nel considerare anche altre violenze, altre vittime, altri olocausti. Perché la memoria, la storia, letteralmente, ciò che abbiamo visto e possiamo raccontare, hanno un senso solo se, contemplando il passato, si rivolgono al presente, se lo rendono avvertito degli errori fatti, se, insomma, contribuiscono a costruirlo e a migliorarlo.

Il giorno del ricordo deve rappresentare per tutti noi l’impegno ad essere promotori di pace contro ogni conflitto e discriminazione, perché crimini come quelli delle foibe non abbiano più a ripetersi.

Un messaggio in tal senso ci piacerebbe poterlo ricevere dal nostro Consiglio comunale, appositamente convocato dal suo presidente Pasquale Tarantini, aperto ai giovani, a chi ha vissuto in quel tragico periodo storico, alle istituzioni scolastiche e culturali, per la votazione di un apposito ordine del giorno nel quale si esprime solidarietà a popolo ebraico, ai deportati italiani e a tutti coloro che subiscono violenze per la propria razza, per la propria ideologia, condannando ogni costrizione da qualsiasi colore politico essa provenga.

Nella consapevolezza che solo attraverso la memoria storica la convivenza civile di una nazione possa fondarsi su veri valori della democrazia. Riflettere sui gravi errori del passato significa poter preparare un futuro migliore alle giovani generazioni, valorizzando, in antitesi alla violenza e alla discriminazione, i principi di solidarietà, di pluralismo, di pace.

lunedì 18 gennaio 2010

PRIMARIE: LA GRANDE SFIDA TRA BOCCIA E VENDOLA

La telenovela del PD pugliese ha avuto finalmente termine con l’indizione delle primarie per il giorno 24 gennaio, che vedranno contendersi la candidatura alla presidenza della Regione Puglia il governatore uscente Nichi Vendola e lo stesso contendente del 2005 l’on. Francesco Boccia. Viene così premiato lo sforzo di tutti coloro, compresi noi stessi, che hanno creduto in questo strumento che rappresenta il dna del partito democratico.

“Meglio le primarie, piuttosto che portare il PD allo sfascio” è il ragionamento fatto all’unanimità del Coordinamento regionale e dallo stesso Francesco Boccia riunitisi il 16 gennaio all’hotel Sheraton di Bari. Il candidato del PD potrà quindi avvalersi di un’alleanza abbastanza larga, che si chiamerà “Alleanza per il Sud”, che legherà sul piano programmatico il PD, l’Idv, i Verdi, Alleanza per l’Italia, il Movimento di Divella, i Radicali Repubblicani e l’UDC, se dovesse vincere la sfida con Nichi Vendola.

Le primarie, pertanto, saranno un elemento di chiarezza, un richiamo alla responsabilità degli elettori pugliesi che, con Boccia, l’alleanza si allarga e ci si assicura l’appoggio di Vendola. Sarà questo il leitmotiv della campagna per le primarie, fortissimamente volute e chieste da Vendola sin dal 20 novembre in cui annunciò la sua candidatura alla Regione dichiarando: “Chi si oppone mi sfidi alle primarie. Il mio popolo mi vuole, vado avanti”.

Se qualche scettico avesse voluto toccare con mano la popolarità di Vendola a Bari gli sarà bastato, forse, l’applauso a scena aperta del Petruzzelli al suo arrivo in prima fila con Massimo Dalema, Giorgio Napolitano e Gianni Letta per festeggiare l’intitolazione dell’università ad Aldo Moro. Una standing ovation di compassati professori universitari, ricercatori e studenti. Un consenso personale che si riflette sui tabelloni 6x3 che tappezzano la città: “Difendi la Puglia migliore”, niente facce, niente simboli di partito. Solo lo slogan su sfondo rosso e una firma: “La fabbrica di Nichi”.

Evidentemente, la sua campagna per le primarie – lampo è già pronta. Ma a decidere saranno i pugliesi democratici. I gazebo non sono pilotabili. Se perdono, tutti sanno che la Puglia va a destra. La “primavera” del 2005 è lontana. Questa volta appare determinante la posizione dell’UDC, dichiaratosi indisponibile alle primarie e che sta ufficialmente alla finestra: “Non possiamo sciogliere i nodi che altri hanno aggrovigliato”.

La riedizione del duello del 2005, che l’attuale governatore si aggiudicò ribaltando tutti i pronostici, sarà quindi celebrata domenica prossima. Il nostro auspicio è quello di non assistere ad uno scontro tra persone, ma ad un confronto su piattaforme diverse, che possano far vincere la successiva battaglia elettorale del 27 e 28 marzo. Il problema adesso è verificare se la ritrovata unità dei democratici reggerà alla prova delle urne. Al di là delle formali dichiarazioni d’intenti, infatti, rimane da vedere se i vendoliani del PD seguiranno l’indicazione del partito o se sosterranno, anche se non ufficialmente, il presidente uscente.

In ogni caso, bisogna continuare a considerare i giovani come la nostra principale ricchezza, il loro talento rappresenta il capitale umano che deve essere posto alla base della crescita della Puglia, così come si è sforzato di fare con grande lungimiranza l’assessore delegato Guglielmo Minervini.

L’altra grande questione, che deve essere messa in cima al programma di sviluppo e non della cronaca nera mediatica, riguarda la sanità. Un settore nevralgico su cui il nuovo governo regionale deve giocare una partita decisiva. Le politiche sanitarie e del welfare sono parte fondamentale di una politica che intende porre la persona al centro del suo impegno. La sanità deve essere in funzione della persona. Non può avvenire il contrario. Vengono innanzitutto prima le esigenze dell’uomo e poi quelle del bilancio. Nessuno disconosce i vincoli contabili, che vanno rispettati. Ma la priorità resta il cittadino, l’ammalato.

Per quanto ci riguarda continuiamo a dire che bisogna attrezzarsi, che bisogna recuperare il tempo perduto, che bisogna puntare sulla partecipazione e sul coinvolgimento dei cittadini. Si deve, insomma, lanciare un messaggio di speranza, di una Puglia migliore, di una Regione con le gambe nel Mediterraneo e la testa in Europa.

Bisogna, insomma, saper costruire unitariamente una politica erede del grande filone storico-culturale di Moro, di Di Vittorio e di Salvemini, capace di parlare alla gente e soprattutto ascoltarne i bisogni per offrirvi risposte adeguate, soprattutto ai giovani.

domenica 17 gennaio 2010

IL BULLISMO: ricerca sui comportamenti antisociali in alunni di scuola dell’obbligo.

L’obiettivo di questa rubrica è quello di descrivere, osservandolo da vicino, un fenomeno che negli ultimi anni sta catturando l’attenzione sia dell’opinione pubblica che degli studiosi: il bullismo, una manifestazione di disagio e di violenza con caratteristiche ben precise.

La letteratura sull’argomento, a partire da Dan Olweus, psicologo norvegese che per primo se ne è interessato, ha definito con dovizia di particolari gli aspetti peculiari del bullismo, innanzitutto considerandolo come fenomeno di gruppo ed in questo differenziandolo quindi dalle prepotenze a carattere individuale o dai litigi tra coetanei.

La gravità del bullismo risiede nella continuatività degli episodi a danno di una o più vittime, che subiscono inermi, e nella chiara intenzionalità di fare del male attraverso varie modalità di tipo diretto o indiretto, fisico o verbale, che variano a seconda del genere e dell’età dei protagonisti.

Gran parte degli studiosi che si sono interessati empiricamente al bullismo hanno un’impostazione psico-pedagogica; dal punto di vista sociologico negli ultimi anni c’è stato un discreto sviluppo di ricerche riguardanti la qualità della vita dei giovani, ma quasi nulla su quella fase della vita a cavallo tra l’infanzia e la giovinezza, la cosiddetta preadolescenza, compresa tra i 9 e i 14 anni.

Nella frenetica era postmoderna del consumismo e della globalizzazione stiamo assistendo ad un crollo dei tradizionali modelli valoriali comuni sostituiti da un’individualizzazione esasperata. Di quest’epoca di incertezze e repentini cambiamenti risentono molto i preadolescenti e gli adolescenti, i quali sono alla continua ricerca di sicurezze e stabilità per contrastare la natura instabile e in via di formazione propria della loro condizione.

Da questo presupposto parte lo studio empirico sul bullismo fatto dal sottoscritto nella sua veste di docente di suola media, di psicopedagogista e di esperto PON.

La teoria a cui si rifà la mia ricerca fa risiedere le cause della diffusione crescente degli episodi di bullismo nella “socializzazione disadattate” attuata da diversi agenti quali la famiglia, la scuola, il gruppo dei pari.

Lo studio si sofferma in particolare sul peso che possono avere, nello sviluppo dei fenomeni di prevaricazione, stili educativi familiari autoritari o al contrario eccessivamente lassisti, clima familiare e scolastico caratterizzati da anomia relazionale e normativa e coinvolgimento dell’intero gruppo scolastico.

Per verificare se ipotesi e risultati relativi alla ricerca potessero essere validi anche in contesti sociali diversi tra loro ho condotto una ricerca sperimentale, sottoponendo a 200 alunni di scuola elementare e media di due città del circondario nord-barese un questionario strutturato. In seguito, all’analisi multidimensionale delle risposte degli intervistati ho comparato i risultati delle due ricerche al fine di comprendere se e come cambiano le dinamiche sottese alla diffusione del bullismo in relazione al fattore territoriale.

Ne è venuto fuori un volume che presto verrà dato alle stampe, con la speranza di aver offerto un contributo ai docenti ed alle famiglie per comprendere le dinamiche che sottendono il fenomeno del bullismo e per favorire la realizzazione di interventi volti a rafforzare il ruolo delle agenzie di socializzazione nell’educazione dei ragazzi, soprattutto attraverso un lavoro sinergicop tra scuola e famiglia, che renderebbe sicuramente più stabile ogni passo avanti fatto verso la lotta al disagio adolescenziale.