giovedì 3 settembre 2009

Nuovo regolamento della Consulta delle Associazioni: atto burocratico o rinascita?

Non tutti sono a conoscenza del fatto che il presidente della 3° Commissione consiliare Leonardo De Vanna, sin dal 19 giugno scorso ha depositato per l’approvazione da parte del Consiglio comunale il nuovo Regolamento per la costituzione e il funzionamento della Consulta delle Associazioni ai sensi dello Statuto comunale. E nessuno sa che ai lavori della predetta Commissione nessuno degli organi elettivi della Consulta esistenti è mai stato invitato. A tale omissione si è cercato di riparare invitando il sottoscritto, nella sua qualità di presidente uscente e dimissionario, a organizzare un incontro con le associazioni cittadine nel quale poter esprimere suggerimenti anche a rettifica e/o integrazione al testo di cui alla bozza predisposta dalla 3° Commissione consiliare. Meglio tardi che mai!

Tale riunione, alla quale sono state invitate tutte le Associazioni locali, l’Assessore alla Partecipazione Santa Mastropasqua e il consigliere Leonardo De Vanna, si terrà il giorno martedì 8 settembre, alle ore 18,30, presso la sala consiliare del Comune.

In quella sede rinnoverò per l’ennesima volta ancora la proposta di realizzare un processo di cittadinanza attiva, ossia un ciclo di incontri pubblici con la civica amministrazione e le organizzazioni sociali, politiche e sindacali. Al di là dell’opportunità di aggiornare il Regolamento della Consulta, resta prioritario l’obiettivo di delineare un piano di lavoro comune, finalizzato a rendere più proficua ed efficace la collaborazione interistituzionale e più sistematica la partecipazione dei cittadini alle scelte politico – amministrative.

Da questo punto di vista resta non più rinviabile la necessità di fare congiuntamente il punto sulla situazione amministrativa e prendere nota delle proposte della società civile in ordine al bilancio di previsione, alle politiche di sviluppo socio – economico e culturale di Terlizzi e agli altri istituti di partecipazione previsti dallo Statuto comunale, che attendono di essere ancora regolamentati. Questo anche per dimostrare la precisa e non più rinviabile volontà politico-amministrativa di tenere nella debita considerazione le istanze e le proposte delle diverse articolazioni della società civile, non avendo dato nel passato reali segnali di apertura e di coinvolgimento, disattendendo, di fatto, sia le Legge n. 383 del 7/12/2000, che l’art.45 dello Statuto comunale.

I tempi sono maturi, per un riconoscimento sostanziale e l’apertura di uno spazio democratico al volontariato civile, che non può essere solo testimonianza sociale negli interventi e nei servizi a favore della comunità, ma, contestualmente, ambisce ad essere “soggetto politico”, espressione di una società civile impegnata nella rimozione delle cause del disagio, nell’affermazione, tutela, difesa e promozione dei diritti di cittadinanza.

In questa direzione vanno le proposte che hanno accompagnato la mia lettera di dimissioni dell’aprile 2008 e che intendo riproporre alla attenzione degli amministratori, dei rappresentanti delle associazioni e…dei lettori. Proposte più volte ripetute attraverso una serie innumerevole di documenti, lettere, articoli, interventi pubblici e richiamate nell’incontro delle associazioni tenuto il 2 dicembre 2008 con l’assessore alla partecipazione Santina Mastropasqua.

Mi auguro che trovino finalmente ascolto o che s’indichino i motivi per cui non possono essere realizzate. Una mediazione è sempre possibile. Noi volontari, infatti, non siamo portatori di “interessi” personali, non dobbiamo difendere la nostra categoria, non chiediamo soldi per le nostre associazioni: chiediamo, invece, interesse per la gente meno protetta e meno garantita, ci battiamo per i più bisognosi d’attenzione e di risposte, sosteniamo politiche sociali che promuovono la giustizia e la persona nella sua integralità, lavoriamo, quindi, per una “città a misura d’uomo”.

Veniamo, dunque, alle proposte concrete, che riguardano in modo particolare i seguenti articoli del Regolamento: “Finalità: Partecipazione” – Albo comunale delle Associazioni” “Consulte tematiche” – Finanziamento delle attività della Consulta“ - Politiche sociali” - Statuto comunale” - “Bilancio partecipato.

Art. 1: Finalità: la partecipazione

Prevista dall’art.1 del nuovo regolamento, non prevede tra gli organismi elettivi la presenza delle istituzioni scolastiche, del Consiglio comunale dei ragazzi e del Forum dei Giovani, che, una volta istituiti svolgeranno, analogamente all’associazionismo, la funzione di “promuovere la cultura civile e democratica della comunità di Terlizzi, ispirata ai valori della solidarietà, della non violenza, della pace, della partecipazione attiva alla vita sociale” , cosi come previsto nell’art.1. Non è prevista la presenza del Consiglio Comunale dei ragazzi, sempre da noi sollecitato e che sarebbe ora che la 3° Commissione consiliare ne facesse oggetto di studio e di regolamentazione.

Sarà necessario anche istituire un Centro risorse interculturale di Territorio (CRIT), una rete intristituzionale, che con i contributi ministeriali potrà organizzare corsi di lingua italiana e madrelingua per minori e adulti non italiani; un Osservatorio sul disagio, con il compito di creare una banca dati; un Centro di ascolto per gli adolescenti disagiati; il Forum giovanile, quale strumento di autorappresentanza e partecipazione dei giovani alla vita dell’Amministrazione; un Dipartimento per le politiche del lavoro, che funga da stimolo e da supporto agli Enti cui sono affidati istituzionalmente i compiti di promozione di nuove occasioni di sviluppo e di occupazione. Lavoro da collegare alla formazione. L’Ente locale può e deve svolgere una funzione propulsiva di raccordo, di indirizzo e di coordinamento dell’offerta formativa.

E’opportuno, quindi che l’articolo 1 sia integrato prevedendo la partecipazione di diritto dei rappresentanti di questi organismi.

Art. 3- Albo comunale delle Associazioni

E’ istituito l’Albo comunale delle Associazioni allo scopo di consentire la partecipazione, la valorizzazione, il monitoraggio ed il coordinamento delle formazioni associative presenti ed operanti nel territorio”. L’Albo è articolato per Sezioni di seguito definite, in ragione degli ambiti di attività e di impegno: Sezione ambiente, territorio e impegno civile; Sezione cultura; Sezione socio-assistenziale e sanitaria; Sezione socio-educativa, sportiva”. Comma 7 “La Consulta potrà essere preventivamente interpellata per atti a carattere generale, quali il Piano Urbanistico Generale ed il Bilancio comunale”

A tale proposito, ritengo opportuno prevedere l’estensione dell’obbligatorietà della consultazione l’interpello anche ai seguenti progetti: Piano Sociale di Zona, Piano dell’Offerta Formativa Territoriale, per prevenire la dispersione scolastica e favorire l’orientamento scolastico ed universitario; Piano per l’infanzia e l’adolescenza, ai sensi della legge 285/97.

Art.13 - Consulte tematiche

Queste, sono previste nell’art 13, sono presiedute da un Coordinatore di Sezione ed hanno il compito di “proporre programmi ed iniziative di formazione, di studio e di ricerca nei propri ambiti di competenza; invitare soggetti esterni ai fini degli argomenti trattati nei propri ambiti di competenza; promuovere la collaborazione tra le associazioni all’interno di ciascuna Sezione di appartenenza”. Tutto dipenderà dalla disponibilità dei Coordinatori e degli aventi diritto a partecipare molto dalla disponibilità degli organismi associativi, ma anche dalle risorse messe a disposizione dall’Amministrazione comunale.

Art.14 - Finanziamento dell’attività della Consulta

All’art. 14 del nuovo Regolamento è scritto: “L’Amministrazione garantisce il funzionamento della Consulta mettendo a disposizione: a) spazi di riunione, un fondo specifico; eventuali contributi per particolari iniziative promozionali e/o formative; sostegno organizzativo ed eventi ritenuti prioritari dall’ Amministrazione comunale”. Ai posteri l’ardua sentenza!

Non vorrei, però, che i nuovi rappresentanti della Consulta siano costretti, come è stato purtroppo per noi a porsi la triste domanda: come si può continuare a svolgere una funzione così importante di aggregazione, di raccordo, di progettualità, di collaborazione senza una sede, senza attrezzature, senza risorse finanziarie adeguate, senza informazioni, senza coinvolgimento reale nelle decisioni, senza essere ascoltati?

Conclusione

Tutto questo potrà realizzarsi solo con un recupero dei valori e del senso civico. Il mio auspicio è che se veramente dalla “Repubblica dei partiti” si sta passando alla “Repubblica dei cittadini”, noi che abbiamo nei rispettivi statuti costitutivi elevati valori e impegni sociali non possiamo stare alla finestra.

Eccoci, quindi, a testimoniare, ancora una volta, come sia possibile mobilitare forze vive e qualificate della vita cittadina e come sia possibile dialogare su temi e problemi che sono all’attenzione della gente comune. Ma siamo anche ambiziosi, perché proclamiamo e tentiamo di praticare la solidarietà, la pace, il dialogo e l’impegno, nella comune convinzione che queste siano le vere strade per lo sviluppo armonico della nostra cara Terlizzi.

Agendo in questo modo, ci si accorgerà che, dando alla città, si finirà per ricevere molto di più.

La riforma dei partiti tra partecipazione e responsabilità

Quale risposta dare alla crisi di rappresentanza dei partiti, come colmare il vuoto di partecipazione che caratterizza questa stagione della politica?

Se è vero che il Partito democratico deve essere un partito riformista, com’ è scritto nelle mozioni congressuali dei candidati alla Segreterie nazionali e regionali Dario Franceschini/Guglielmo Minervini, Pierluigi Bersani/Sergio Blasi, Ignazio Marino/Enrico Fusco e Michele Emiliano dovremmo domandarci insieme a tutti quelli che si accingono a partecipare alla kermesse prima di tutto: perché non cominciare a riformare la forma partito?

Forse non si tratta più di domandarsi tra gli addetti ai lavori della politica cosa può offrire di nuovo la politica al paese, alla società, ai cittadini…, ma di scoprire insieme, incontrandosi tra politici e cittadini, cosa chiedono i cittadini, il mondo globalizzato e localizzato alla politica e ai politici?

Non si tratta quindi di limitarsi a riformare i vertici dei partiti e delle istituzioni e poi scendere verso il basso per riformare la politica e la società.

In questo senso le dichiarazioni dei vari esponenti politici peccano di dirigismo e di presunzione nello stabilire ciò di cui l’Italia, le Regioni, le Province e i Comuni hanno bisogno, ma soprattutto è una lunga riproposizione di valori e di percorsi già noti.

Secondo noi, invece, ecco da dove si dovrebbe cominciare: provare a strutturare il nuovo Partito democratico con organismi politici partecipativi, cioè allargati, aperti, inclusivi, flessibili, leggeri, trasparenti, che facciano della partecipazione (dal basso) la conditio sine qua non deliberatum.

Allora l’innovazione salirà quasi spontaneamente dal basso, come s’inzuppa il pezzo di pane nel vino. Pensiamo forse pensare di poterlo fare una volta che tale partito sia rinato, magari precostituito con le stesse persone che lo hanno gestito precedentemente nei partiti di provenienza, attraverso i metodi tradizionali del tesseramento, della rappresentanza, della cooptazione?

Non sarebbe opportuno progettarlo, fin da subito, prevedendo di immettere al suo interno i geni della partecipazione collettiva, della conoscenza globale, della responsabilità individuale? La domanda che continuiamo a porre ed a porci sin dallo straordinario evento delle primarie celebratesi il 14 ottobre 2007 è: quale risposta dare alla crisi di rappresentanza dei partiti, come colmare il vuoto di partecipazione che caratterizza questa stagione della politica, come dare senso a quella cittadinanza attiva che dovrebbe essere il fulcro del precetto costituzionale secondo il quale ognuno può concorrere con metodo democratico a determinare la politica ad ogni livello.

Il Pd nasceva come risposta forte alla crisi di democrazia. Una crisi profonda. Una crisi che ha prodotto ferite profonde nella nostra società, allargando lo spazio delle ingiustizie, delle disuguaglianze, delle povertà. Contrapponendo in modo intollerabile libertà e solidarietà, sviluppo e coesione sociale, diritti e doveri. Rendendo insopportabile il divario tra garantiti e non garantiti. A tutto questo le nostre culture di riferimento non hanno saputo dare risposte convincenti. Ecco, dunque, la missione per cui deve nascere il PD: unire i riformismi per dare una risposta alle domande nuove che hanno cambiato l’Italia e la nostra realtà territoriale nel tempo della globalizzazione. Un’ambizione straordinaria, nel senso letterale del termine.

Quello che ci aspettiamo e che vogliamo contribuire a far nascere è dunque un partito realmente riformista, forte, radicato e dunque rappresentativo dell’intera società nazionale comunale, capace di declinare al futuro le sue culture democratiche, ed in particolare l’esperienza preziosa dell’Ulivo e di costruire su queste basi la sfida alla destra.

Un partito che, nel quadro della democrazia bipolare dell’alternanza, rappresenti il soggetto politico riformatore capace di mettere in campo una proposta di governo nazionale, regionale e locale competitiva, una nuova alleanza non solo per vincere ma che sia poi in grado di governare e amministrare.

Chi ritiene che lo schema della sinistra e del centro distinti e alleati (magari col trattino) funzioni meglio, di fatto nega le ragioni fondative del Pd. Certo la costruzione di un partito plurale, aperto, post-ideologico è difficile, perché occorre mettere in discussione vecchie appartenenze, modo di essere, certezze che si ritenevano definite.

Quello che ci aspettiamo è un partito radicato nel territorio, capace di resistere ad ogni indebita pressione o ingerenza. Un partito laico e plurale che fa della contaminazione tra le visioni del mondo e le culture politiche una straordinaria occasione di arricchimento reciproco e un argine efficace contro tutti gli integralismi e i fondamentalismi, religiosi come ideologici.

Ecco alcune caratteristiche del Pd che tutti insieme dobbiamo contribuire a costruire, al di là delle specifiche aderenze congressuali: un partito federale e aperto, plurale e laico. Una forza innovativa, insomma, capace di leggere e governare il cambiamento.

Progetto di massima di educazione alla legalità “Percorsi di crescita collaborativia”

In vista dell’incontro programmato dall’assessore alla Legalità on. Nichi Vendola al fine di predisporre una progettualità più dettagliata che miri a raggiungere gli obiettivi generali di legalità, mi pregio sottoporre alla Vs. attenzione alcune idee guida che possono contribuire alla “crescita collaborativa” che l’Amministrazione comunale intende portare avanti nella comunità terlizzese.

Il momento attuale è caratterizzato da situazioni e orientamenti complessi, talora contrastanti, nei riguardi della devianza sociale e ciò perché, negli ultimi anni, la tensione culturale sui problemi della devianza si è pesantemente concentrata sui temi istituzionali ed organizzativi dell’azione pubblica nel settore.

Le cause della devianza

Si è ritenuta prioritaria l’esigenza di approfondire la trasformazione dell’intervento pubblico, in termini di deistituzionalizzazione, di prevenzione, di decentramento delle competenze, di servizi sociali sul territorio, mentre scarsa attenzione, complessivamente, è stata data ai fattori di base dell’emarginazione, della devianza e della tossicodipendenza, con particolare riferimento alla crisi delle varie sedi di socializzazione e, prima fra tutte, la famiglia.

Si sono praticamente interrotti i circuiti relazionali che all’interno di un’organizzazione sociale rendono attuabili la concretizzazione e la circolazione di quei valori di cooperazione, di solidarietà e scambio che sono indispensabili alla promozione individuale e sociale.

Sono questi circuiti relazionali, infatti, che permettono una piena realizzazione individuale e collettiva, dando riscontro alle sollecitazioni in termini di motivazioni, aspettative e bisogni che provengono dal nucleo familiare ed alimentando nel contempo un flusso di valori, finalità e strumenti operativi che costituiscono il quadro di riferimento imprescindibile entro il quale la famiglia può calare la sua funzione di socializzazione primaria. Ne deriva allora un progressivo deterioramento del tessuto comunitario che rende più difficile trovare momenti di aggregazione, necessari agli individui per le loro esigenze di socialità.


Problematiche e tipi di devianze

Tipi di devianza, quali le tossicomanie per la loro presenza in tutti gli strati sociali mettono in crisi la validità assoluta delle analisi sociologiche che ponevano in stretta correlazione devianza sociale ed emarginazione, intesa come appartenenza a classi sociali subalterne ed a condizioni di sottosviluppo sociale.

I problemi sono quindi aumentati: accanto ai tradizionali serbatoi di devianza, costituiti dalle fasce di marginalità sociale, sono sorti altri filoni di devianza che prescindono totalmente da quelle condizioni di deprivazione socio - economica. Alle situazioni di abbandono materiale si affiancano, infatti, quelle di abbandono morale, non meno pericolose soprattutto nella fase adolescenziale.

In conclusione, è evidente, che devono essere posti in essere anche interventi rivolti ai singoli soggetti; ma se si vogliono fronteggiare dei processi sociali o culturali o comunque dei fatti più generali, occorre dare risposte anche di tipo collettivo, le opportunità utilizzabili da una più vasta utenza.


Modello d’intervento


Perciò il modello d’intervento che si propone aspira ad a superare il freddo tecnicismo dei servizi e, partendo dalla constatazione della stretta correlazione tra devianza e situazioni socio - ambientali esso ritiene che sia necessario agire contemporaneamente sul soggetto in difficoltà e sull’ambiente, sia per realizzare momenti di prevenzione primaria che per attivare processi positivi di recupero e di riabilitazione. A questo scopo non sarebbe sufficiente una organizzazione “scientifica” degli interventi dei servizi, mentre sarebbe necessario recuperare la “politicità” attraverso il costante collegamento del problema della devianza alle sedi politico - amministrative. Solo queste, infatti, sarebbero in grado di porre in essere interventi di carattere generale atti a fronteggiare il fenomeno nella sua globalità, dimensione sconosciuta ai servizi.

Tale orientamento mira contemporaneamente al recupero della dimensione comunitaria per arrivare ad una risposta partecipata e capace di consentire il riassorbimento della devianza ad opera dell’ambiente nel quale essa è nata.

Il progetto è evidentemente di quelli che non possono considerarsi conclusi in tempi brevi, riguardando anche processi di coinvolgimento della collettività ed investendo i criteri di percezione della devianza da parte dell’opinione pubblica.

Dobbiamo impegnarci quindi nella sperimentazione, umilmente, ma con grande serietà ed impegno per non lasciare nulla d’intentato per combattere il fenomeno della devianza e della tossicodipendenza, onde ridurne le conseguenze negative nella società.

Analizzate le cause della devianza, la strategia del progetto viene indirizzata verso due direttrici : la prima è intesa a realizzare momenti di prevenzione, la seconda di recupero e di risocializzazione.


Fase della prevenzione


Per incidere significativamente sulla devianza,in termini di prevenzione, occorrerebbe dare una risposta globale ai problemi della condizione giovanile.

Una prima risposta anche se parziale è identificabile in un progetto di creazione di strutture sul tempo libero del territorio (in particolare su quello a più alto rischio e quindi più pericoloso), che siano alternative a quelle di carattere consumistico offerte ai giovani: la creazione di “centri d’interesse” che possano definirsi come momento di aggregazione in una determinata zona allo scopo di promuovere la socializzazione, attraverso l’impiego del tempo libero, in attività che interessano particolarmente i giovani.


Finalità del “Centro d’interesse”


Il Centro ha come finalità precipua quella di ricostruire per il giovane un rapporto valido con la famiglia, con la scuola, con la società, nonché di agevolare l’inserimento di soggetti svantaggiati o emarginati.

Il Centro potrà abbracciare una vasta gamma di attività e si avvarrà anche della collaborazione di operatori appartenenti ad associazioni, enti, cooperative, nonché di gruppi di volontariato e sarà in contatto con il Servizio Sociale del Comune che costituisce il punto di riferimento per ogni iniziativa diretta ai giovani sul territorio.

Il Centro va realizzato utilizzando apposite strutture del Comune: ambienti - ritrovo, campi sportivi, palestre ed aule scolastiche disponibili o infine strutture private (parrocchie, oratori, ecc) con cui l’Ente locale dovrà convenzionarsi.

La gamma di attività del Centro sarà la più vasta e potrà comprendere tra l’altro incontri comunitari sui mass - media (films, programmi televisivi, giornali e riviste specializzate, ecc.) organizzazione di mostre, rappresentazioni teatrali, attività ludico - ricreative (gare sportive, cineforum, discoforum, alfabetizzazione informatica, giornalismo, orientamento scolastico e professionale, corsi di educazione alla legalità, alla salute, alla prevenzione da ogni tipo di dipendenza, per genitori, ecc.).

Ovviamente, la scelta delle attività dipenderà dalla valutazione di una serie di elementi che devono tener conto delle esigenze del territorio e degli interessi che si intendono sviluppare.

Il progetto educativo da realizzare deve tener conto delle necessità di coinvolgere le famiglie, le scuole e tutte le sedi istituzionali e associative extra - familiari che costituiscono il prolungamento naturale della funzione di socializzazione primaria tipica del nucleo familiare al fine di riallacciare i circuiti relazionali interrotti per ristabilire la circolazione di quei valori che sono indispensabili alla promozione umana e sociale.

Per la gestione del Centro d’interesse ci si potrà avvalere degli operatori appartenenti o convenzionati con associazioni e cooperative o dai gruppi di volontariato particolarmente competenti nei settori di attività gestiti dai centri e che saranno convenzionati dal Comune; non si esclude l’utilizzo di obiettori di coscienza previo convenzionamento con il Ministero della Difesa.

Non è possibile predeterminare il numero e la qualificazione professionale degli operatori da destinare al Centro d’interesse in quanto essi dipendono da diversi fattori quali la dimensione del Centro, la natura e la quantità delle attività che si intende svolgere. Indispensabile, tuttavia, appare il ruolo, la funzione e la figura dell’operatore psico-pedagogico, già impiegata in alcune scuole medie e utilizzata dal Distretto scolastico. Particolare significato assumono, infatti, per la realizzazione degli obiettivi che il progetto di propone di perseguire, le scelte operative.

Esse saranno effettuate in modo da convogliare intorno al “Centro” gli interessi dei destinatari del progetto, nonché gli interessi dei destinatari del progetto, nonché la scelta degli operatori che dovranno essere particolarmente motivati. E’ indispensabile, quindi, che l’Ente locale chiamato in concreto a realizzare il progetto si sforzi di calibrare scelte appropriate volte a soddisfare in misura la più larga possibile, la domanda che si leva dal territorio. Ne discende, quindi, la necessità che il programma venga preparato in ogni dettaglio con margini di rischio in negativo ridotto al minimo.

La sperimentazione come avvio di un processo culturale.

Occorre precisare che il tipo di sperimentazione che gli Assessorati ai Servizi Sociali, alla Legalità ed alla Politiche giovanili potrebbero realizzare con l’adozione del suddetto progetto non si esaurisce nella stesura di un “piano” come complesso di scelte e prescrizioni. Il Progetto deve presentarsi come mossa d’avvio per la maturazione di un processo culturale, attraverso momenti di confronto e di verifica, consentendo, quindi, anche flessibilità e aderenza delle proposte alle diverse realtà territoriali

Gestione del Centro d’interesse

In questa direzione, pertanto, gli obiettivi che si intendono perseguire e sottoporre al confronto sul piano generale rispetto ai servizi sociali e sanitari sono :

  • unificazione progressiva nel Comune dei servizi ora gestiti da diversi Enti;

  • unità organica tra servizi socio - assistenziali e sanitari e loro integrazione con altri servizi;

  • caratterizzazione dagli interventi nel senso della prevenzione sanitaria e sociale intesa come strategia alternativa all’attuale sistema di tipo riparativo;

  • superamento di ogni forma di emarginazione e segregazione;

  • utilizzazione di tutte le risorse esistenti (pubbliche e private, strutture e personale);

  • previsione di momenti di riqualificazione del personale;

  • inscindibilità tra contenuti, organizzazione dei servizi e formazione di base e permanente degli operatori;

  • promozione di una più ampia partecipazione alla gestione dei servizi.

Le nostre associazioni, in forme, modi e tempi da concordare in un’apposita convenzione, dispongono di risorse professionali altamente qualificate ed esperte, che potranno concorrere alla realizzazione degli obiettivi previsti dal progetto, anche attraverso il coordinamento di un eventuale gruppo di progetto, che faccia della “flessibilità innovativa” il filo conduttore della sua modulazione specifica.

In particolare, si segnala la disponibilità ad elaborare un progetto di prevenzione contro la droga, sulla base delle disposizioni legislative 19/7/91, n. 216, del D.P.R. 309/90 (Piano di azione per i minori); della legge 26/6/90 n. 162; e della legge del 28/8/97 “Promozione di diritti e di opportunità per l’infanzia e l’adolescenza”..

In attesa di riscontro, invio cordiali saluti.