sabato 27 giugno 2009

PD: TRAVAGLIO DEMOCRATICO


Con le elezioni europee e provinciali ed il referndum si è chiuso un appuntamento elettorale difficile. Nell’insieme, per il PD non è stato un risultato buono, ma neanche tanto cattivo da costringere il Segretario nazionale Dario Franceschini e il Coordinatore del Circolo di Corato Riccardo Mazzilli alle dimissioni. Tale risultato, infatti, a tutti i livelli non può impedirci di vedere che la destra deve ridimensionare le sue aspettative e che il PD può riprendere il proprio cammino.

All’amico Riccardo Mazzilli, che le ha presentate al Coordinamento cittadino, ricordo soltanto che gli esiti elettorali di un grande partito di centro-sinistra non sono certamente imputabili ad una singola persona, ma hanno ragioni e colpe diffuse. Ed è proprio per evitare che si possa discutere delle persone e non dei veri problemi che hanno causato la mancata elezione di Vito Ottobrini e di Maria Bovino, candidati del PD al Consiglio provinciale, che è necessario da parte di tutti offrire un proprio contributo di idee e di proposte.

Di fronte a quanto è accaduto, la maturità di una classe dirigente si valuta sulla propria capacità di ammettere gli errori e sconfitte, dai quali poi ripartire per creare nuove condizioni di aggregazione e di successo, senza prediligere rancori e vendette. Anche la possibilità di cedere il passo, se fosse utile e rigenerante, potrebbe essere una strada percorribile nel convincimento che sopra ogni cosa deve prevalere sempre l’interesse dei cittadini e mai il progetto ambizioso di pochi.

Ora, occorre ritrovare, sotto la guida del coordinatore attuale, quelle condizioni virtuose per rimettere insieme quella parte di elettorato che vuole continuare a crescere e a farsi rappresentare dignitosamente senza più fratture e lotte intestine. Lo sguardo è rivolto alla stagione dei congressi che da settembre animeranno un nuovo confronto.

Il PD deve riavvicinarsi ai cittadini per ricucire un rapporto di fiducia che rischia sempre più di venire meno. Mentre il partito, chiuso in se stesso, continua a parlare di equilibri interni e a discutere di assetti congressuali, la distanza dai cittadini e dai loro problemi aumenta sempre di più.

La politica ed il PD in particolare hanno bisogno di nuova linfa e i primi a doverlo capire sono i giovani che hanno creduto nel progetto del PD e che non devono perdere l’entusiasmo iniziale e partecipare attivamente alla vita politica senza timore di coloro che da trent’anni o più occupano la scena politica. Il progetto che ha in mente il Segretario nazionale passa, infatti, per “la costruzione di un partito rinnovato e aperto, un partito radicato, in cui si discute e poi si decide e soprattutto si torna ad ascoltare gli italiani”.

Riprendere il cammino per “portare il partito nel futuro” significa innanzitutto riconoscere senza esitazioni che ci sono cose da correggere, alla luce dell’esperienza dei primi venti mesi di vita del PD. C’è dunque bisogno di un confronto aperto e positivo; bisogna sottrarsi ai personalismi ed alle semplificazioni, che creano sfiducia e depressione in chi crede ancora nella politica come missione, in un partito che funzioni, che operi attraverso una partecipazione vera e produca il rinnovamento traendolo dalla realtà del territorio.

Il 21 luglio scade il termine del tesseramento al partito per poter eleggere i nuovi organismi dirigenti al prossimo congresso: speriamo che il partito possa presentarsi a questo appuntamento con una grande spinta innovativa per un serio progetto politico alternativo alle proposte del PDL e della Lega. In particolare, a Corato serve ritrovare il dialogo fra tutti coloro che si sentono alternativi alla destra per un’azione di seria opposizione all’attuale amministrazione comunale e al costituendo governo provinciale.

Il Partito democratico non deve rinnovarsi solo come gruppo dirigente, deve saper rinnovare il proprio impianto programmatico mettendo al centro della propria azione il riequilibrio generazionale delle risorse del welfare. Ma questo rinnovamento non avrebbe senso politico se non si ritrovassero in una innovativa proposta sul fronte delle intese politiche, andando oltre l’idea di coalizione e aprendo, anzi spalancando le porte del partito democratico a gruppi dirigenti ed elettori dell’ambientalismo, del socialismo, del comunismo democratico, del radicalismo di sinistra, del cattolicesimo sociale. Tutti dentro ad un nuovo PD privo di steccati, capace di costruire poi un’intesa con Udc e Italia dei Valori, per andare già alle regionali del 2010 invertendo l’attuale tendenza negativa.

E’ questa una piattaforma per persone libere. Spero, ad esempio, che Debora Serracchiani, a livello nazionale, e Mariangela Mosca a livello locale, vogliano impegnarsi a sostenere un impianto politico di questo genere.

A questo punto la parola passerà a tutti i simpatizzanti che eleggeranno il segretario alle primarie, che dovranno svolgersi il 25 ottobre. Chi avrà la maggioranza guiderà il partito in coerenza ai contenuti del progetto presentato, chi sarà in minoranza alimenterà la dialettica interna nell'interesse generale del partito.

Nel frattempo, dobbiamo continuare a confrontarci sul profilo del partito, sulle risposte da dare ai grandi temi sociali, culturali, etici, economici e amministrativi. Occorre, insomma, impegnarsi unitariamente far nascere un nuovo profilo e una nuova identità del partito.

venerdì 12 giugno 2009

”UN NUOVO MODO DI FARE POLITICA”.

Uno degli obiettivi fondamentali che, all’indomani della seconda competizione elettorale in cui si è cimentato nel breve arco di un anno ed in vista delle prossime scadenze congressuali ed elettorali (rinnovo del Consiglio regionale), il Partito Democratico si deve dare è quello di recuperare la fiducia dei cittadini nei partiti e in chi fa politica. Occorre convincere che non è vero che tutti i partiti e i politici sono uguali e che la politica non è una cosa sudicia. Per questo è sempre più necessario esercitare “un nuovo modo di fare politica”.

Certo, sarebbe da sciocchi pensare che la politica possa essere del tutto disinteressata dal gioco dei contrapposti interessi “particolari”, ma va riaffermato che essa mette in gioco anche e soprattutto ideali e tra questi il perseguimento del bene comune e dell’interesse generale. Per questo occorre opporsi ai comportamenti fondati sul doppio gioco, sull’insincerità, sull’inganno, sul dire una cosa e farne un’altra.

Il nuovo modo di fare politica dovrebbe quindi aumentare drasticamente la trasparenza e la coerenza dei comportamenti.

Come applicare questo principio ai processi di scelta dei responsabili ai vari livelli del Partito Democratico, ad esempio alle prossime designazioni dei Coordinatori dei circoli locali e del Segretario nazionale?

Per evitare il rischio di cadere nella pratica del doppio gioco e delle vecchie logiche consociative, la mia opinione è che sia preferibile un confronto tra più candidature, inteso non come contrapposizione di persone, ma come competizione di idee e di progetti, di linee politiche e programmatiche distinte, che valorizzi il dibattito e favorisca la partecipazione, così com’è stato per la designazione de Segretario nazionale il 14 ottobre 2007, del Coordinatore di circolo l’anno successivo e del candidato al Consiglio provinciale quest’anno.

Certo, è legittimo che i dirigenti del partito formulino delle proposte e cerchino un'intesa unitaria, purché questa rappresenti un progetto politico omogeneo e coerente e non sia il frutto di accordi verticistici di potere. Quando invece è evidente la sussistenza di più orientamenti è salutare che vi sia la possibilità di un confronto leale e democratico. Ossia un'articolata discussione sulle distinte proposte di progetto politico, aperta a tutti coloro che hanno il diritto di elettorato (non solo i componenti delle assemblee costituenti, ma anche i partecipanti alle primarie) e che si concluda con un voto. Chi avrà la maggioranza guiderà il partito in coerenza ai contenuti del progetto presentato, chi sarà in minoranza alimenterà la dialettica interna nell'interesse generale del partito.

Vi è chi sostiene che la pluralità di candidature costituirebbe una divisione dannosa per il Partito Democratico. A mio avviso, invece, una candidatura unitaria è positiva in quanto presupponga una convergenza sulla medesima proposta politica. Se, al contrario, vi sono più orientamenti la competizione trasparente tra la pluralità di proposte è garanzia di reale democrazia.

Da quando nel 2002 ho dato la mia disponibilità a lavorare prima per la per la Margherita e poi per il PD ho avuto la buona sorte di lavorare insieme a tante persone appassionate della politica degli ideali, attraverso percorsi trasparenti nell'interesse generale del partito e del territorio, sulla base della condivisione del medesimo progetto politico. Ora dobbiamo misurarci con la capacità di declinare i valori della trasparenza, coerenza e rispetto delle persone all'interno di un partito "plurale".

E, infine, come non vedere la straordinaria attualità di una concezione della politica non scissa da principi etici e regole morali. Per aver evocato la “questione morale” Berlinguer di cui il 10 giugno abbiamo ricordato il 25 anno dalla scomparsa, fi accusato di settarismo e moralismo. In realtà, in quella espressione c’era non soltanto la consapevolezza del degrado a cui il tessuto politico era pericolosamente esposto, ma soprattutto la ferma convinzione che la credibilità della politica e di chi la rappresenta consiste nella trasparenza, nella onestà, nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni, nell’osservanza delle leggi e nell’adozione di comportamenti che non violino essenziali principi etici e morali in cui i cittadini si riconoscono. Valori e concetti di cui possiamo ben apprezzare la necessità in un tempo in cui la politica italiana ci consegna ogni giorno immagini assai deprimenti.

Riflettere , dunque, su Berlinguer e su Aldo Moro, di cui abbiamo ricordato il 31 anniversario del rapimento e dell’uccisione, non per un’antistorica nostalgia, ma per avvalersi delle loro intuizioni, delle loro riflessioni e del loro esempio. In particolare non possiamo – noi del Centro Studi Politici “Aldo Moro” - dimenticare le sue virtù politiche, l’animo innovatore, la capacità di andare “oltre” e di anticipare i tempi, la propensione al dialogo. L’insegnamento di Moro mantiene ancora oggi una sua attualità forte e contro le odierne semplificazioni, l’esperienza morotea dovrebbe essere se non fonte di ispirazione, perlomeno spunto di riflessione.

Non possiamo più permetterci soluzioni di alchimia politica, basate sulla composizione ingegneristica degli organismi o sugli “imbellettamenti”. Dobbiamo interrogarci e confrontarci sul profilo del partito, sulle risposte ai grandi temi sociali, culturali, etici, economici e amministrativi. Occorre, insomma, far nascere un nuovo profilo e una nuova identità del partito.

Spero che si accantoni l’idea di essere autosufficienti per lavorare invece in termini di alleanze costruttive.