mercoledì 24 dicembre 2008

AUGURI


Nella ricorrenza delle Festività Natalizie e dell’inizio del Nuovo Anno 2009 formulo l’auspicio che la prossima festività del S .Natale possa arrecare a Te e ai Tuoi cari una grande ed intima gioia, così da scoprire ancora di nuovo le cose essenziali ed i valori autentici della nostra esistenza che sono la serenità d’animo, la gioia domestica da vivere insieme nell’amore e nell’armonia, la capacità di rinnovarci per arricchire la nostra personalità, la profonda solidarietà con tutti gli uomini, insieme ai quali ci è dato di compiere il cammino della nostra vita in questo momento della storia, non facile, ma pure ricco di possibilità e di promesse per gli uomini di buona volontà.


Auguri, inoltre, di un felice, fortunato e prospero Anno Nuovo 2009..

domenica 21 dicembre 2008

LA RIVOLUZIONE CIVICA DEL G.A.L.

Il programma di iniziativa comunitaria “Leader” promuove uno sviluppo integrato, endogeno e sostenibile delle aree rurali, incoraggiando e aiutando gli operatori rurali a riflettere sulle potenzialità del territorio in una prospettiva di lungo termine.

Il regolamento (C.E.) 1968 del 20/09/2005 prevede che il sostegno allo sviluppo rurale sia assicurato attraverso quattro assi d’intervento: Asse1: Miglioramento della competitività nel settore agricolo e forestale; Asse2: Miglioramento dell’ambiente e dello spazio rurale; Asse3:, qualità della vita nelle zone rurali e diversificazione dell’economia rurale; Asse 4: Leader.

I beneficiari dell’iniziativa comunitaria Leader sono i G.A.L., acronimo di Gruppi di Azione Locale, che sono chiamati a ricoprire un ruolo nella programmazione comunitaria, nazionale e regionale: ruolo di pianificazione, ruolo di innovazione, ruolo di organizzazione, ruolo di adozione di decisioni, ruolo di coordinamento, ruolo di distribuzione di responsabilità.

Nel mese di luglio si sono tenuti quattro incontri: due ad Andria (18 e 24 luglio) e due a Corato (17 e 22 luglio), coordinati dai rispettivi assessorati all’agricoltura e dalle associazioni di categoria aderenti. Per quanto riguarda il primo incontro di Corato, l’assessore Ignazio Salerno nel suo intervento introduttivo, spiegò ai pochissimi presenti (appena una quindicina di persone) che i Comuni di Andria (capofila), di concerto con le parti economiche e sociali espressione dei principali interessi del territorio, hanno raggiunto l’accordo per la sottoscrizione di un Protocollo d’Intesa per la costituzione di un Partenariato misto Pubblico – Privato promotore del G.A.L.

Il costituendo Gruppo di Azione locale - chiarì ulteriormente l’ing. Di Bari - si candida alla gestione di risorse (minimo 9 milioni di euro-massimo 16 milioni euro) che la regione Puglia destinerà alla realizzazione delle progettualità avanzate in fase di candidatura iniziale.

Il Protocollo d’Intesa – si ribadì - oltre al coinvolgimento delle organizzazioni di categoria, delle camere di commercio, degli enti di ricerca e delle banche, anche dei consorzi turistici e associazioni culturali no profit. Attraverso il Gruppo di Azione Locale gli enti consorziati potranno tra l’altro istituire corsi di formazione professionale per la riscoperta di antichi mestieri agricoli:dalla ricostruzione muretti a secco alle tecniche di potatura. Così come non mancheranno, come prevede il Piano, il sostegno e la nascita di microimprese, la tutela e riqualificazione del territorio rurale, gli incentivi alle attività turistiche.

E’ risaputo, infatti che esistono diverse problematiche: criticità del sistema imprese (ridotte dimensioni aziendali, debolezza nella commercializzazione, scarsa propensione all’innovazione e alla ricerca); criticità del sistema amministrativo (non sempre in grado di garantire con tempestività i bisogni espressi dal territorio; frammentazione delle azioni ed una scarsa ed inadeguata integrazione); criticità sociale (criticità legate al lavoro femminile e giovanile, stabilità del lavoro e dell’occupazione, scolarità non adeguata con le esigenze del territorio e fuga dei cervelli); criticità del territorio (mancanza di dialogo tra attori pubblici e privati, prese di posizione e interessi contrastanti, mancanza di una leadership territoriale).

Di contro, alle criticità elencate vanno sottolineate le potenzialità da esprimere. Bene ha fatto quindi l’Amministrazione comunale a stimolare il tessuto imprenditoriale, altrimenti assisteremo alla fuga di molte imprese coratine attratte dai sistemi locali limitrofi più dinamici.

Sull’argomento, ebbi già modo di esprimere con una nota giornalistica la piena condivisione del programma e dei progetti annunciati, auspicando la partecipazione e la solidarietà del sistema del Terzo Settore, sicuro che ogni soggetto, ognuno con le proprie conoscenze ed esperienze, vorrà sentirsi parte integrante del partenariato avviato con i G.A.L. Ciò permetterà sicuramente di valorizzare al meglio tutte le potenzialità, ogni possibile sinergia, tutte le varie forme di collaborazione tra i diversi attori in campo.

Ma alla volontà amministrativa di avviare una sorta di programmazione dal basso, che, purtroppo, come le precedenti iniziative (vedi Bilancio di previsione, Pirp, Pug e Gal) non ha trovato ancora un numero soddisfacente di aderenti, non corrisponde ancora quella del mondo politico, sindacale ed associativo che continua a rimanere estraneo alla “progettazione partecipata”, di condivisione, di progettazione dal basso, sino a questo momento perseguite e capaci di generare benefici incondizionati ed ugualmente distribuiti a favore del territorio e di tutte le parti sociali.

Prima, tuttavia, di rivestire tali ruoli - come opportunamente suggerisce nella nota inviatami l’esperto Toni Tota, laureando in Tecnologia delle trasformazioni e qualità dei prodotti agro-alimentari - occorre avviare un “processo di valutazione che è l’anello centrale della programmazione, la quale permette di elevare gli standard di qualità nell’attività della pubblica amministrazione e dei privati per agevolare il processo di razionalizzazione ed ottimizzazione delle poche risorse disponibili. Ciò permette – continua Toni Tota – di valorizzare al meglio tutte le potenzialità, ogni possibile energia, tutte le varie forme di collaborazione tra i diversi attori in campo. Valutazione iniziale, finalizzata ad una progettazione coerente con gli obiettivi e di qualità. Valutazione in itinere, finalizzata ad un monitoraggio interno ed eventuali modifiche. Valutazione finale, che consente di verificare il buon esito del progetto”.

Al di là di ogni considerazione e suggerimento, va comunque dato atto che gli amministratori comunali di Andria e di Corato si sono dimostrati aperti e responsabili, superando sterili posizioni partitiche e campanilismi, avendo come obiettivo comune e supremo lo sviluppo del territorio e il miglioramento della qualità della vita dei cittadini amministrati.

Misure anticrisi e bilancio partecipato

Ho partecipato con molto interesse alla conferenza stampa indetta dall’Amministrazione comunale per illustrare la delibera di Giunta in cui si descrivono le “Misure anti-crisi da adottarsi per gli anni 2008-2009”.

Il nostro auspicio formulato in precedenti interventi relativi alla discussione sul bilancio di previsione nei quali si esprimeva l’esigenza di rivolgere un’attenzione particolare alle fasce più deboli, al potenziamento dei servizi alla persona, sia assistenziali che socio-sanitari; all’attuazione di una politica fiscale attenta alle capacità contributive delle famiglie ed in particolare delle famiglie monoreddito e con prole, ha trovato concreta attuazione nelle previsioni di bilancio 2009.

In questo particolare momento di forte preoccupazione per più di cinquemila famiglie coratine indigenti e per tante altre che già non arrivano alla quarta settimana, che si aggiunge al timore di perdere anche il posto di lavoro, questo provvedimento, del tutto inedito nel panorama amministrativo provinciale e forse anche regionale, che va ad aggiungersi a quello della “social card” governativa e si articola in tre “Misure” a carattere fiscale, solidaristico e finanziario, rappresenta indubbiamente, con i suoi seicentomila euro d’investimento immateriale una boccata d’ossigeno per chi già da ora ha serie difficoltà a sbarcare il lunario.

Lasciando ad altri colleghi il compito di illustrarne i requisiti particolari, l’oggetto, gli obiettivi e le modalità di accesso da parte degli interessati, colgo, ancora una volta, l’occasione per proporre alcune iniziative utili a rendere il bilancio di previsione veramente “Partecipato”.

Sono convinto, infatti, che il bilancio di previsione 2009 è l’autentico start-up della maggioranza di governo, perché, al di là dei conti, bisogna guardare, giustamente, ad un paese che è sostanzialmente in crisi. Per cui l’auspicio è che nella visione di governo locale vengano poste al centro le esigenze delle categorie più deboli della comunità, le esigenze delle imprese, le esigenze dell’intera città, pur sapendo che bisogna fare i conti con le nuove norme introdotte dall’ultima legge finanziaria: si pensi al taglio dei trasferimenti collegato all’extra gettito ICI ed alla necessità di dover rispettare il “Patto di stabilità” imposta dalla Comunità europea.

Torno, pertanto, ad insistere sull’aspetto della partecipazione sulla quale intendo ora esprimere alcune considerazioni e formulare alcune proposte concrete.

Per il tramite del Centro Studi Politici “A.Moro” ho più volte proposto agli amministratori comunali di delineare, attraverso un accordo di programma, un piano di lavoro comune finalizzato a rendere più proficua ed efficace la collaborazione e più sistematica la partecipazione dei cittadini alle scelte politico-amministrative. I tempi, infatti, sono maturi per un riconoscimento ed uno spazio democratico per un volontariato che non sia solo testimonianza sociale negli interventi e nei servizi a favore della comunità, ma contestualmente soggetto politico, espressione di una società civile impegnata nella rimozione della cause del disagio, nell’affermazione, tutela, difesa e promozione dei diritti di cittadinanza.

Quello che continuo a proporre, insomma, in coerenza con lo Statuto comunale, è la costituzione di un “Laboratorio urbano”, che faccia proprio il motto “Una città per tutti”, formato da cittadini stanchi di lamentarsi della bassa qualità della vita e di contestare l’inerzia delle istituzioni, la chiusura dei partiti ad un reale rapporto con la cittadinanza attiva, desiderosi di uscire dalla condizione di dipendenza, superficialità qualunquismo, deresponsabilizzazione e disaffezione alla politica.

In altri termini, propongo ancora una volta, la condivisione di un impegno culturalmente e socialmente trasversale, lasciando che in altri ambiti i singoli e le associazioni operino in assoluta libertà le scelte più congeniali al proprio ruolo. Sarebbe utile ed interessante costituire una rete sinergica di forze singolarmente attive nella ricerca di una programmazione integrata sulla città, attraverso un costante confronto fra le diversità e le singole esperienze.

E’ questo – a mio avviso - il punto di partenza del cosiddetto Bilancio partecipato”. Un bilancio, cioè, in cui la politica si fa incontro, ascolto, ma soprattutto azione diretta, partecipazione autentica che consenta ai cittadini di scegliere democraticamente come e dove investire le risorse del proprio Comune.

La partecipazione si realizza innanzitutto su base territoriale: la città è divisa in quartieri. Nel corso di riunioni pubbliche la popolazione di ciascun quartiere è invitata ad esprimere i propri bisogni e a stabilire delle priorità in vari campi o settori (ambiente, educazione, salute, ecc.). A questo si aggiunge una partecipazione complementare organizzata su base tematica attraverso il coinvolgimento di categorie professionali o lavorative (sindacati, imprenditori, studenti…). Ciò permette di avere una visione più completa della città, attraverso il coinvolgimento dei cosiddetti settori produttivi della città. Gli amministratori comunali partecipano a tutte le riunioni di quartiere e a quelle tematiche.

Alla fine, ogni gruppo territoriale o tematico presenta le sue priorità all’Ufficio di pianificazione, che stila un progetto di bilancio, che tenga conto delle priorità indicate dai gruppi territoriali o tematici. Il Bilancio viene alla fine approvato dal Consiglio comunale.

Nel corso dell’anno, attraverso apposite riunioni, la cittadinanza valuta la realizzazione dei lavori e dei servizi decisi nel bilancio partecipativo dell’anno precedente.

Di solito le amministrazioni comunali, visti anche i vincoli di bilancio cui sono tenuti per legge, riconoscono alle proposte avanzate dai gruppi dei cittadini la possibilità di incidere su una certa percentuale del Bilancio comunale.

In conclusione, si tratta di uno strumento che serve per dare conto ai cittadini del progetto operato, nel tentativo di rendere trasparenti e comprensibili all’esterno i programmi, le attività e i risultati raggiunti.

Obiettivi nobili, da tutti decantati ed auspicati nella recente campagna elettorale, che devono essere assolutamente perseguiti in questo importante momento di avvio del nuovo anno, per capire prima e meglio quali siano le attese e i bisogni della nostra comunità.

giovedì 18 dicembre 2008

Proposta d’istituzione del Forum ambientale e della Consulta permanente per le problematiche ambientali ed ecologiche.- Terlizzi

Al Sig. Sindaco

Al Sig. Assessore all’Ambiente

Al Sig. Assessore Agli Istituti di Partecipazione

Al Sig. Presidente del Consiglio comunale

Al Sig. Presidente Commissione Consiliare per l’ambiente

Ai Sigg. Consiglieri comunali

Al Sig. Segretario Generale

Alle Segreterie dei Partiti

Alle organizzazioni sindacali

Alle Associazioni locali

Alle Scuole cittadine

Agli organi di stampa

LORO SEDI


Oggetto: Proposta d’istituzione del Forum ambientale e della Consulta permanente per le

problematiche ambientali ed ecologiche.


Non si tratta di progettare l’utopia, né di lasciarsi andare a sogni ecologici. L’intento non è quello di progettare la città impossibile e irrealizzabile, ma di individuare alcuni aspetti di una “città ecosostenibile” che sia possibile proporre e realizzare in modo condiviso e partecipato.

Si tratta, in pratica, di dare seguito agli Istituti di partecipazione previsti dallo Statuto comunale, e alle dichiarazioni programmatiche della nuova Amministrazione comunale.

In questa direzione va la nostra proposta d’istituzione del Forum ambientale e della Consulta permanente per le problematiche ambientali ed ecologiche.

Per Forum urbano ambientale intendiamo un sito che funga da punto d’incontro: un luogo in cui scoprire cosa può significare la protezione dell’ambiente, uno spazio per dibattere e assumere iniziative per collaborare con l’Amministrazione comunale impegnata su questo delicatissimo fronte.

Con quali compiti? Offrire informazioni alla cittadinanza sulla strategia del Comune per uno sviluppo sostenibile e sui programmi europei, nazionali e regionali di particolare rilevanza per la città; stimolare il dibattito ed incoraggiare la cooperazione tra le diverse componenti della cittadinanza al fine di favorire lo sviluppo sostenibile della città; diffondere le informazioni sulle esperienze realizzate in altre città; comunicare agli organi preposti gli sviluppi in atto nella città in relazione all’ambiente urbano e allo sviluppo sostenibile.

I servizi conseguenti da attivare potrebbero essere i seguenti: rispondere alle singole esigenze di informazione ricorrendo alle banche dati dell’Unione Europea e della Regione; portare a conoscenza della cittadinanza le norme e i programmi dell’UE, dello Stato e della Regione in materia di ambiente e di sviluppo sostenibile, diffondendo materiale informativo ed organizzando

dibattiti, conferenze, ecc.; offrire consulenze sulle possibilità di miglioramento dell’ambiente urbano tramite ricorso a programmi e norme di legge europee, nazionali e regionali; fornire accesso all’informazione sulle esperienze di altre città; costituire un punto d’incontro dove gli interessati possano scambiarsi esperienze in materia di ambiente e sviluppo sostenibile e, con l’aiuto del forum, elaborare progetti, svolgere discussioni e conferenze sugli attuali problemi e ambientali; tenere incontri con le altre città.

La forza competitiva di un territorio si basa sulla sua capacità di adattarsi alle grandi trasformazioni economiche che modificano velocemente l’assetto preordinato. Adattarsi significa rispondere in tempi brevi ai nuovi assetti, sia dal punto di vista strutturale che delle competenze professionali.

Tutte le iniziative devono avere l’obiettivo di rivitalizzare il territorio, costruendo un’offerta di servizi che consenta ai suoi cittadini di viverlo, sradicando fenomeni di disagio che favoriscono la crescita della criminalità.

Siamo convinti che le azioni indicate contribuiranno in maniera strutturale alla tutela del territorio per una crescita armoniosa ed equilibrata che rispetti l’ecosistema.

L’avvio del processo partecipativo sullo sviluppo ecosostenibile e sul nuovo Piano d’Azione Ambientale per il Nord barese e la contestuale intesa interistituzionale sono dunque tappe di un percorso comune che coinvolge le istituzioni e i cittadini nella scrittura di nuove regole condivise capaci di produrre città e paesaggi di qualità.

La partecipazione che intendiamo sollecitare, ancora una volta come Centro Studi Politici “Aldo Moro” e come cittadini responsabili, non è semplicemente informativa, condizione necessaria ma non sempre sufficiente, ma deve mirare ad una compartecipazione effettiva, consapevole, motivata e non passiva.

L’approccio, pertanto, non può essere basato solo su discorsi di circostanza o semplici patrocini organizzativi, ma su un’animazione perpetua, opportunamente regolamentata e prevista nello Statuto comunale. Si tratta, in conclusione, di realizzare un programma amministrativo portato avanti da un’Amministrazione comunale lungimirante e capace di innescare processi innovativi, anche grazie al contributo culturale degli operatori sociali, economici e scolastici, che, volontariamente e con mezzi limitatissimi, da sempre sono impegnati sul fronte dell’educazione all’osservazione dell’ambiente e del paesaggio.

Il modo migliore di realizzarlo – a nostro avviso - è l’istituzione di una Consulta cittadina permanente sulle problematiche ambientali, attraverso la quale l’Assessorato abbia la possibilità di ampliare l’analisi delle problematiche esistenti sul campo, annunciare le urgenze e le priorità d’intervento, concordare le metodologie, approfondire le verifiche, cogliere più attentamente le tensioni e le tendenze dinamiche che emergono dalla collettività, prevenire il degrado ambientale legato allo sviluppo economico, che spesso non affianca alla modernizzazione e alla tecnologizzazione il rispetto dell’ecosistema, dei suoi equilibri, della qualità della vita e della salute di tutti i cittadini.

Il nostro auspicio è che se ne torni a discutere nelle sedi competenti il più presto possibile. Chi ben comincia è a metà dell’opera.

In attesa di riscontro, invio cordiali saluti.

Un bilancio di previsione con e per i cittadini - Consulta delle Associazioni Terlizzi

L’Amministrazione comunale non ha ancora convocato una pubblica assemblea, per discutere la proposta di Bilancio di Previsione 2006. Ci auguriamo, che nel rispetto dello Statuto, lo faccia in tempo utile per consentire di offrire un’ effettivo contributo da parte dei cittadini e delle associazioni a quello che rappresenta uno dei momenti fondamentali della vita amministrativa.

L’ascolto dei cittadini, infatti, diventa sempre più una necessità per una comunità che voglia riscoprire il suo essere pienamente soggetto di testimonianza democratica, il nostro auspicio è che si vada sempre più verso un modo di amministrare che sappia coniugare lo sviluppo con la solidarietà; che guardi ai diritti di tutti e non ai privilegi di pochi, che promuova una crescita socio-culturale, che sostenga il sistema agricolo, imprenditoriale e commerciale, che tuteli la salute dei cittadini e ne migliori la qualità della vita; che abbia nel lavoro, nell’occupazione, nella difesa dell’ambiente e del territorio le priorità della sua programmazione politico – amministrativa.

Questi obiettivi potranno essere raggiunti attraverso una cultura del progetto, un piano strategico che colleghi efficienza e solidarietà, sviluppo e compatibilità sociali e finanziarie. Il lavoro per progetti – è noto – facilita il passaggio dalla semplice risposta alla promozione e alla sensibilizzazione della cittadinanza e della società civile. E’ importante superare la concezione particolaristica degli interventi a pioggia, dei contributi occasionali, dei patrocini “morali” per procedere secondo una visione progettuale, che parta da una conoscenza oggettiva, seria e documentata dei bisogni delle persone e delle realtà associative.

La Consulta delle Associazioni ha più volte proposto di delineare, attraverso accordi di programma specifici con le diverse realtà territoriali, un piano di lavoro comune finalizzato a rendere più proficua la collaborazione e più sistematica la partecipazione dei cittadini alle scelte amministrative.

Quello che continuiamo a proporre, in coerenza con lo Statuto comunale, che ci auguriamo sia dotato al più presto di tutti i regolamenti attuativi degli istituti di partecipazione, è la costituzione di un Laboratorio urbano, formato da cittadini desiderosi di uscire dalla condizione di dipendenza, superficialità, qualunquismo, deresponsabilizzazione, disaffezione alla politica e da tutte quelle espressioni della società civile realmente impegnate nella rimozione delle cause del disagio, nell’affermazione, tutela, difesa e promozione dei diritti di cittadinanza.

I tempi sono maturi per un riconoscimento per un riconoscimento di uno spazio democratico per un volontariato che non sia solo testimonianza sociale negli interventi e nei servizi a favore della comunità, ma contestualmente soggetto politico, protagonista del cosiddetto “bilancio partecipato”. Un bilancio, cioè, in cui la politica si fa incontro, ascolto, ma soprattutto azione diretta, partecipazione autentica che consenta ai cittadini di scegliere democraticamente come e dove investire le risorse del proprio municipio.

Per molti è un’utopia, per molti altri comincia ad essere uno strumento autorevole di crescita culturale e strategica del proprio territorio e diventa anche un mezzo per superare la crisi di credibilità della politica e delle istituzioni che la determinano. Di tanto ci hanno informato ed illustrato gli autori del libro “Pillola rossa o pillola blu”, che rappresenta il resoconto scritto della sperimentazione di Bilancio Partecipativo avviata nella città di Roma, invitati dall’ ex assessora Donatella Azzollini, il 19 marzo 2005, con l’intento, evidentemente, di avviare un processo analogo anche nella nostra città. Restiamo, a distanza di un anno, ancora in paziente attesa, non senza qualche delusione.

Il primo settore da prendere in considerazione in sede di redazione di bilancio di previsione è, continuiamo a proporre, nonostante tutto, è quello della “Partecipazione”, al quale devono essere destinate risorse sufficienti per l’avvio del Bilancio partecipato e il funzionamento delle Consulte, del Difensore Civico, dei Consigli di quartiere, del Consiglio comunale dei ragazzi, del Forum giovanile.

L’altro ambito d’azione è quello delle Politiche sociali. Integrare le politiche sociali, alla luce del Piano Sociale di Zona, di cui non è stata data ancora pubblicità, è una necessità non più rinviabile. La storia e tradizione consolidata di tali politiche è caratterizzata dalla frammentarietà, talora dall’occasionalità, dalla difficoltà di fare sistema e di sapere se le attività socio -assistenziali in atto contribuiscono effettivamente alla soluzione dei problemi sociali e se, più in generale, siano fattori di coesione sociale. Sarebbe quanto mai utile prevedere la spesa per la pubblicazione di una “Guida ai Servizi Sociali forniti dal Comune, dalla ASL e dal Terzo Settore, sinteticamente illustrati, divisi per aree sulle quali i referenti di associazioni e di enti siano chiamati a formulare suggerimenti.

Tutti vogliamo che Terlizzi cresca. Ma, come dice una pubblicità, “per crescere ci vuole spazio”. Ma dove sono quelli pubblici di aggregazione giovanile, dove far emergere le energie interne della città? I giovani attendono risposte e, soprattutto aiuti concreti quando devono organizzare manifestazioni di vario tipo (fitto locali, elettricità, Siae, manifesti, ecc.).

Concludendo, da queste brevi note si dovrebbe dedurre che l’inclusione non è un valore in sé ma un’opportunità che l’Amministrazione deve cogliere per anticipare i conflitti e recepire le possibili indicazioni che vengono da chi subirà le conseguenze delle decisioni prese. Non si tratta solo di mettere tutti d’accordo, ma di ascoltare tutti i portatori di interesse, perché spesso sono in grado di proporre soluzioni che soltanto chi è coinvolto direttamente e conosce tutte le variabili in gioco è in grado di suggerire.

LETTERA APERTA agli Amministratori comunali ed alle Organizzazioni sociali e politiche

Oggetto: Progetto cittadinanza attiva.

Pensando di fare cosa utile, in vista dei prossimi adempimenti statutari per il rinnovo cariche della Consulta delle Associazioni, rinnovo ancora una volta la proposta di realizzare un processo di cittadinanza attiva, ossia un ciclo di incontri pubblici con la civica amministrazione e le organizzazioni sociali, politiche e sindacali. L’obiettivo è quello di delineare un piano di lavoro comune, finalizzato a rendere più proficua ed efficace la collaborazione interistituzionale e più sistematica la partecipazione dei cittadini alle scelte politico – amministrative.
Il primo di questi incontri dovrebbe avere come autorevoli interlocutori tutti i rappresentanti dell’Amministrazione comunale per fare il punto sulla situazione amministrativa e prendere nota delle proposte della società civile in ordine al bilancio di previsione, alle politiche di sviluppo socio – economico e culturale di Terlizzi e agli istituti di partecipazione previsti dallo Statuto comunale, che attendono di essere ancora regolamentati. Questo anche per dimostrare la precisa e non più rinviabile volontà politico-amministrativa di tenere nella debita considerazione le istanze e le proposte delle diverse articolazioni della società civile, non avendo dato né nel passato e né fino a questo momento segnali di apertura e di coinvolgimento, soprattutto nella fase programmatica.
I tempi sono maturi, per un riconoscimento sostanziale e l’apertura di uno spazio democratico al volontariato civile, che non può essere solo testimonianza sociale negli interventi e nei servizi a favore della comunità, ma, contestualmente, ambisce ad essere “soggetto politico”, espressione di una società civile impegnata nella rimozione delle cause del disagio, nell’affermazione, tutela, difesa e promozione dei diritti di cittadinanza.

Le proposte
In questa direzione vanno le nostre proposte che intendiamo riproporre alla attenzione dei lettori. Proposte più volte ripetute attraverso una serie innumerevole di documenti, lettere, articoli, interventi pubblici e richiamate nell’incontro delle associazioni tenuto il 2 dicembre u.s. con l’assessore alla partecipazione Santina Mastropasqua Mi auguro che trovino finalmente ascolto o che s’indichino i motivi per cui non possono essere realizzate. Una mediazione è sempre possibile. Noi volontari, infatti, non siamo portatori di “interessi” personali, non dobbiamo difendere la nostra categoria, non chiediamo soldi per le nostre associazioni: chiediamo, invece, interesse per la gente meno protetta e meno garantita, ci battiamo per i più bisognosi d’attenzione e di risposte, sosteniamo politiche sociali che promuovono la giustizia e la persona nella sua integralità, lavoriamo, quindi, per una “città a misura d’uomo”.
Veniamo, dunque, alle proposte concrete, che riguardano in modo particolare i seguenti settori: “Partecipazione” – “Organizzazione amministrativa” - “Politiche sociali”- Statuto comunale” - “Bilancio partecipato”.

La partecipazione
E’ il primo settore che nel prossimo bilancio di previsione 2009 deve trovare appositi e congrui capitoli di spesa. La proposta riguarda gli organismi previsti dallo Statuto comunale. Si tratta di destinare risorse adeguate per il funzionamento della Consulta delle Associazioni e delle altre Consulte di Settore da istituire: Immigrati, Anziani, Pari opportunità uomo-donna, Sviluppo economico, Migliore vivibilità della città, (redigendo un progetto ambientale da inserire nell’iniziativa comunitaria regionale dell’Agenda 21 locale), istituzione del Difensore civico, del Consiglio comunale dei Ragazzi, dei Consigli di Quartiere, del Forum dei Cittadini, del Referendum consultivo.
Per quanto concerne la Consulta delle Associazioni, peraltro ancora priva di una sede attrezzata, contrariamente a quanto stabilito dallo Statuto precedente all’art. 3 per cui “La Consulta deve essere preventivamente interpellata per atti a carattere generale, di pertinenza del Consiglio comunale, relativi a Regolamenti, Revisione dello Statuto, Bilancio, Conto Consuntivo, Strumenti urbanistici”, ed a quanto previsto all’art. 14 “L’Amministrazione comunale assicura alla Consulta l’invio delle delibere del Consiglio e della Giunta al momento della pubblicazione”, nessuna di queste precise condizioni ha mai trovato modo di essere soddisfatta. La cosa – è evidente - si commenta da sé. Ma ad alcune domande abbiamo il dovere di rispondere insieme: Come si può continuare a svolgere una funzione così importante di aggregazione, di raccordo, di progettualità, di collaborazione senza una sede, senza attrezzature, senza risorse finanziarie adeguate, senza informazioni, senza coinvolgimento reale nelle decisioni, senza essere ascoltati?

L’ organizzazione amministrativa
Potenziare l’Ufficio relazioni con il pubblico e l’Ufficio stampa, anche alla luce del D.L.vo n. 29 del 1993 e della legge 150/2000, allo scopo di pianificare ed eseguire strategie proprie della comunicazione pubblica. Come?Attraverso la web comunication e l’istituzione del forum di discussione in internet sulle decisioni assunte dall’Amministrazione comunale. Secondo quelle che sono le direttive dettate dal Por 2000-2006, predisposti dalla Regione Puglia, è possibile, attraverso la stipulazione di un progetto ad hoc, aggregare soggetti per il conseguimento di un comune obiettivo che miri alla realizzazione di interventi finalizzati a diffondere la conoscenza e la possibilità di accesso all’uso delle tecnologie da parte dei cittadini, delle imprese e degli stessi enti locali.
Colmare le carenze di organico più gravi, specialmente l’Ufficio di Polizia municipale; favorire un più stretto coordinamento tra i vari settori, al fine di rendere più efficiente la macchina amministrativa. Affiancare dei pensionati, come ausiliari, nelle mansioni più semplici nei pressi delle scuole o in prossimità d’incroci pericolosi. Collaborare con le scuole nell’ambito dei progetti d’educazione stradale, d’educazione alla salute e d’educazione ambientale.

I Servizi sociali e scolastici
Vanno potenziati, sia in riferimento all’organico, sia riguardo alle risorse economiche, endemicamente al di sotto delle reali necessità. Propongo, pertanto, l’istituzione di:
una Consulta formata dai rappresentanti delle associazioni e delle scuole, al fine di elaborare il Piano dell’Offerta Formativa Territoriale, per prevenire la dispersione scolastica e favorire l’orientamento scolastico ed universitario e di redigere il Piano per l’infanzia e l’adolescenza, ai sensi della legge 285/97;
un Centro risorse interculturale di Territorio (CRIT), una rete intristituzionale, che con i contributi ministeriali potrà organizzare corsi di lingua italiana e madrelingua per minori e adulti non italiani;
un Osservatorio sul disagio”, con il compito di creare una banca dati;
un Centro di ascolto per gli adolescenti disagiati.
un Tavolo di lavoro per l’Anno Europeo delle Persone Disabili;
il Forum giovanile, quale strumento di autorappresentanza e partecipazione dei giovani alla vita dell’Amministrazione;
il Consiglio comunale dei Ragazzi anche per sviluppare la cultura dei “microprogetti” per il recupero degli spazi abbandonati o degradati, per recuperarli con l’aiuto dei bambini, anche al fine di concorrere al premio di €103.000,00 istituito dal Ministero dell’Ambiente per il riconoscimento di “Città sostenibile delle bambine e dei bambini”;
un Dipartimento per le politiche del lavoro, che funga da stimolo e da supporto agli Enti cui sono affidati istituzionalmente i compiti di promozione di nuove occasioni di sviluppo e di occupazione. Lavoro da collegare alla formazione. L’Ente locale può e deve svolgere una funzione propulsiva di raccordo, di indirizzo e di coordinamento dell’offerta formativa. A tal fine suggeriamo:
un “Osservatorio per lo studio delle dinamiche occupazionali e delle figure professionali più richieste dal territorio” per orientare le scelte della gioventù, formare figure professionali di qualità spendibili nel mercato dell’occupazione e creare un’integrazione efficace tra il mondo del lavoro ed il mondo della scuola e della formazione professionale;
sollecitare le aziende ad applicare la legge n.68/1999 che prevede una serie di norme e misure per il collocamento obbligatorio nel mondo del lavoro dei disabili e portatori di handicap;
Sollecitare le imprese costruttrici, con un avviso pubblico, ad applicare il programma sperimentale del governo sull’edilizia pubblica, per la realizzazione di alloggi da destinare in affitto agli anziani ultrasessantacinquenni allo stesso canone dell’edilizia residenziale pubblica ed un programma di assistenza e accompagnamento sociale per chi vi andrà a risiedere.
Sviluppare un modello di collaborazione fra le diverse forze del territorio utile per orientare i giovani e le famiglie a stili di vita favorevoli alla salute e per portare gli amministratori e tecnici a confrontarsi con altri definendo interventi efficaci.
Tutto questo potrà realizzarsi solo con un recupero dei valori e del senso civico. Una città in cui si rispettano le norme morali e civili, in primis, deve essere più ordinata e meno caotica per andare a vantaggio dei più deboli, degli anziani, dei bambini, per poi tradursi in beneficio di tutta la collettività. Ciò lo si ottiene con un ritorno ad un senso profondo di legalità e con l’anteporre i propri doveri al diritto di usare la città. A far rispettare le regole devono certo provvedere i vigili urbani: ma anche noi cittadini dobbiamo dare il buon esempio. Una città ordinata, più educata e vivibile, attira ricchezza e porta benessere anche in termini economici. Agendo in questo modo, ci si accorgerà che, dando alla città, si finirà per ricevere molto di più.

Lo Statuto comunale
Il nuovo Statuto del Comune di Terlizzi approvato il 27 novembre 2001 e pubblicato il 5 aprile 2002 sul Bollettino Ufficiale della regione Puglia, con annesso il regolamento consiliare. Redatto ai sensi della legge sulle Autonomie locali n.142/’90, dopo circa 17 anni attende ancora di essere applicato, regolamentato e aggiornato.
Dimenticato o più semplicemente, mai nominato il Difensore Civico, cioè il “garante del buon andamento, dell’imparzialità, della tempestività e della correttezza dell’azione amministrativa”. Il Comune di Terlizzi, non può fare a meno di una figura capace, oltre che di dipanare eventuali contrasti esistenti tra il cittadino e la pubblica amministrazione, di ovviare, anche, a quegli arbitri che molto spesso caratterizzano la vita amministrativa quotidiana. Un organo di trasparenza e di civiltà, in definitiva, disposto ad assistere i cittadini contro le disfunzioni pubbliche è necessario, oggi più che mai, anche per arginare gli ingenti esborsi di soldi che il Comune è costretto a sopportare per far fronte alle spese di contenziosi legali e liti varie.

Il Bilancio partecipato
Auspichiamo da sempre un “bilancio partecipato”. Un bilancio, cioè, in cui la politica si fa incontro, ascolto, ma soprattutto azione diretta, partecipazione autentica che consenta ai cittadini di scegliere democraticamente come e dove investire le risorse del proprio municipio. Per molti è un’utopia, per molti altri comincia ad essere uno strumento autorevole di crescita culturale e strategica del proprio territorio e diventa anche un mezzo per superare la crisi di credibilità della politica e delle istituzioni che la rappresentano.
Terlizzi, quindi, dopo tanti anni d’asfissia, deve tornare a sognare, a pensare in grande. E la sua classe dirigente deve individuare cinque o sei punti vitali per concretizzarli, facendo affidamento non solo su tutte le forze politiche presenti in Consiglio comunale, ma anche sulle associazioni. Ma anche i cittadini devono fare la loro parte.
Il nostro auspicio è che il 2009, insieme al risveglio, sia portatore di fatti concreti, recupero di valori e di senso civico. Se veramente dalla “Repubblica dei partiti” si sta passando alla “Repubblica dei cittadini”, noi che abbiamo nei rispettivi statuti costitutivi elevati valori e impegni sociali non possiamo stare alla finestra.
La nostra proposta d’incontro con la civica amministrazione e le forze politiche parte dalla consapevolezza che la difficile situazione politica e amministrativa in cui si trova Terlizzi non può vederci in situazione di attesa: ognuno deve apportare il proprio contributo. Urge uno sforzo comune per rifare il tessuto sfilacciato della nostra città e delle nostre rappresentanze politico – amministrative. Urge una cultura della partecipazione per una città più viva e creativa.
Nel nostro paese ci sono risorse umane, culturali ed economiche di tale spessore da poter recuperare quel primato che un nefasto sistema di relazioni interpartitiche ed un impoverimento culturale hanno gravemente compromesso in questi anni.
Eccoci, quindi, a testimoniare, ancora una volta, come sia possibile mobilitare forze vive e qualificate della vita cittadina e come sia possibile dialogare su temi e problemi che sono all’attenzione della gente comune. Ma siamo anche ambiziosi, perché proclamiamo e tentiamo di praticare la solidarietà, la pace, il dialogo e l’impegno, nella comune convinzione che queste siano le vere strade per lo sviluppo armonico della nostra cara Terlizzi.

Ricordare, Conoscere, Agire - Intervista a "Il Confronto delle idee"

Intervista al prof. Vito De Leo in occasione del ventennale dalla fondazione del periodico terlizzese “Il Confronto delle idee”.

Il prof. Vito De Leo è stato il primo direttore del nostro giornale edito da Radio Terlizzi Stereo, che lo ha anche avuto negli anni ottanta come conduttore, insieme a Felice Giangaspero, della trasmissione “Cambiamo le regole del gioco: un programma per Terlizzi”.

Vito De Leo nasce politicamente negli anni sessanta. Esponente della penultima generazione democristiana, ha vissuto intensamente le vicende politiche, sociali e culturali della nostra città ricoprendo incarichi di prestigio e ruoli istituzionali importanti, brevemente illustrati nelle precedenti note biografiche. In tutte le fasi della sua vita e negli incarichi ricoperti ebbe sempre coerenza e operò con reale convinzione ed una costante attenzione ai valori morali e costituzionali della vita, della persona, della scuola, della cultura delle autonomie locali e della politica.

La conversazione che abbiamo voluto realizzare sul filo della memoria, del presente e delle prospettive future aiuta a capire le diverse dimensioni nelle quali continua ad operare efficacemente e con garbo: cattolico, docente illuminato e moderno e stimato, rimasto improvvisamente vedovo (anche per responsabilità, riconosciuta in sede giudiziaria del Comune di cui si è tanto occupato come cittadino e politico), interprete ed amministratore della società in cui ha vissuto, persuasivo e convincente, buono ed onesto in politica, instancabile nel profondere ogni energia sul piano giornalistico e della cittadinanza attiva, occhi sempre aperti sulla realtà, fermo di carattere, circondato dalla stima dei colleghi e dei superiori, pregevole guida umana, politica ed amministrativa, anche nella città di Corato che lo ha adottato da quattro anni.

A nostro parere la vita di un uomo non va valutata solo attraverso la quantificazione di opere realizzate, ma in particolare attraverso la valutazione - da diverse angolazioni – dello spirito, della volontà, del senso di umanità e di dedizione, che hanno animato e sorretto un progetto di esistenza, finalizzato al progresso della comunità della quale siamo partecipi e, talora, come Vito De Leo, protagonisti.

Le pagine che seguono fanno cenno di tutto questo, ma non desiderano configurarsi come pagine di storia. Non ne assumono il tono, preferendo, piuttosto, caratterizzarsi come un racconto in presa diretta, talvolta detto anche in prima persona e con partecipazione emotiva, perché inteso ad offrire una testimonianza viva e possibilmente contagiosa di un modo del tutto coerente di ispirarsi alla lezione morotea, di cui continua a diffonderne convintamente, come vedremo, il messaggio culturale e politico.


Vito, tu sei stato il primo direttore de “Il Confronto delle idee”, vuoi condividere con noi i ricordi di quella esperienza?

Il Confronto delle idee” - Agenzia mensile d’opinione e d’informazione del Circolo A.C.L.I., del Circolo culturale “Michele De Napoli” e del Centro Studi “Aldo Moro” di Terlizzi, edito dalla Cooperativa Culturale Radio Terlizzi Stereo, la cui testata mutuava una frase ripetuta costantemente dal segretario nazionale della DC. Benigno Zaccagnini, ed accanto alla quale riportammo significativamente una celebre citazione di don Tonino Bello: “Il Vangelo vale più del dollaro. L’amore vale più della macchina. Il dialogo vale più del tornaconto”, con le sue cinquemila copie diffuse grazie all’impegno del direttore responsabile Michele De Santis, del sottoscritto che ne fui il fondatore insieme a Gero Grassi e il direttore editoriale fino all’agosto 1991, divenne presto una realtà presente oltre i confini locali e provinciali, in quanto punto di riferimento costante del pensiero e dell’azione di numerosi ed autorevoli esponenti della Sinistra morotea.


In quale contesto storico e politico decideste di dare vita ad un nuovo giornale cittadino?

Ricordo ancora l’impegno dichiarato nel mio primo editoriale del dicembre 1988, di dare vita, in quel particolare momento storico e a dieci anni di distanza dalla scomparsa di Aldo Moro, ad un periodico locale. Lo facemmo, infatti, subito dopo l’elezione a presidente della Giunta regionale pugliese, avvenuta il 23 novembre, di Giuseppe Colasanto, l’amico di sempre, il consigliere saggio e prudente, il conterraneo tanto caro alla nostra gente, di cui tante volte ne aveva interpretato le istanze. Ma eravamo anche alla vigilia del Congresso nazionale della Democrazia Cristiana., che si tenne a Roma il 18 febbraio 1989 e dell’intervista che ebbi l’onore di rivolgere il 5 marzo successivo all’ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando, in occasione della manifestazione organizzata dall’Azione Cattolica ispirata dall’altro indimenticabile messaggero di pace don Tonino Bello. L’attenzione di tutti, però, era rivolta alle elezioni amministrative del 28 maggio dello stesso anno, che sancirono l’elezione a consigliere comunale degli amici delle A.C.L.I. Pinuccio Colasanto e Gero Grassi, che risultò, con nostra massima soddisfazione, anche primo degli eletti tra i 13 consiglieri comunali democristiani, e sindaco di Terlizzi dal 18/6/1990 al 20/6/1991 ed artefice dello Scioglimento del Consiglio comunale avutosi a seguito dell’autosospensione.


Con quali intenti deste vita al progetto editoriale, che quest’anno festeggia il suo ventesimo anniversario?

L’obiettivo dichiarato nel mio primo editoriale fu quello di voler dare vita ad un giornale ispirato al pensiero e all’insegnamento di Aldo Moro. Un giornale inteso come strumento aperto e proiettato nell’impegno culturale, sociale e politico, volto a riscoprire l’autentica identità cattolica e democristiana, sempre finalizzato a condurre un corretto e fecondo dialogo con tutte le istanze ideologiche e culturali presenti nel partito e nel paese. Credo che questo impegno sia stato sicuramente mantenuto dai miei successori anche nei venti anni successivi.

Dopo nove mesi di gestazione, come un feto uscito dal grembo affettuoso di “Terlizzi ‘87”, diretto dall’amico Michele De Santis, che continuava a firmarlo come direttore responsabile, “Il Confronto delle idee”, impaginato dalla tipografia Fiorino e organizzato dall’onnipresente Michele Grassi, copriva già un territorio che andava oltre i confini locali, continuava ad autofinanziarsi solo con la pubblicità ed era spedito gratuitamente a mezzo abbonamento postale.

Il nostro mensile ambiva a diventare una sorta di laboratorio che sperimentava la possibilità di “confronto” per produrre ipotesi di lavoro comune nella società, nel partito e nelle istituzioni. Questo in un periodo in cui si avvertiva la mancanza di un disegno strategico comune delle stesse forze democratiche di maggioranza, pur vincolate da un patto di governo e dove si accentuava la crisi del rapporto tra cittadini, partiti e istituzioni.


Fu incoscienza o presunzione?

Quella volta il passo ci apparve davvero lungo ed impegnativo. Coprire un’area vasta come la provincia di Bari non fu né facile, né agevole. Se ne parlò per giorni e settimane. Incontri, ipotesi, idee, progetti. Alla fine partimmo. Incoscienza o presunzione? Forse. Sicuramente la voglia di dare un ulteriore contributo all’informazione locale, provinciale e regionale di carattere politico-amministrativo, spesso più legata alla cronaca che ai risvolti e alle conseguenze di ogni qualsiasi avvenimento.

All’inizio qualcuno ci guardò con scetticismo. Altri ci fecero degli esami e vollero verificare la sincerità e la coerenza di molte nostre dichiarazioni e prese di posizione. Al di là dei giudizi dei lettori, che erano sicuramente molti, noi ci sforzammo sempre di restare il più possibile vicini alla verità con la nostra identità di cattolici, di democratici cristiani, di morotei, senza mai sfiorare i sentimenti di alcuno. Il pettegolezzo e lo scandalismo spicciolo non trovarono mai posto in quelle pagine. Per una questione di mentalità, di cultura, di educazione, di professionalità, di rispetto per la persona, così come ci aveva insegnato Aldo Moro.


Quali problemi doveste affrontare e come li risolveste?

I problemi non furono pochi. Andavano dall’autonomia finanziaria al reperimento delle notizie e delle firme politiche più importanti; dalla scelta degli argomenti alla ricerca del relativo materiale fotografico; dalla puntualità con cui arrivare mensilmente ai lettori alla voglia di fare sempre più e meglio.

Pur sapendo che dovevamo camminare su una strada cosparsa di facili detrattori e di potenziali “nemici “della verità, non incrociammo mai le braccia, non posammo mai lo sguardo sui buffoni di corte, sugli impotenti intellettuali che si masturbavano con le vuote parole, né prestammo mai attenzione ai tanto i ciarlatani della piazza o ai mestatori di professione.

Il nostro lavoro poggiò sempre sui mille “perché” dei fatti che caratterizzavano la vita politica, del Comune di Terlizzi, della provincia di Bari e della Regione Puglia, nonché della USL e degli enti territoriali dai quali dipende ancora la nostra vita civile, sociale, culturale, economica e politica. Andavamo a curiosare dietro le quinte del Palazzo, a spulciare negli archivi e nelle rassegne stampa. Indagavamo sulle “manovre” che rallentavano o impedivano i processi di crescita delle popolazioni. Con i nostri editoriali e con gli articoli dei preziosi collaboratori tentavamo di approfondire le ragioni di certe “scelte”, di sgomberare il campo dai dubbi e di favorire una più chiara lettura del linguaggio usato da chi aveva in pugno le leve del comando.


Avete, in pratica, dato vita a quella definizione che viene riportata sotto la testata, cioè ad un’ “Agenzia mensile d’opinione e d’informazione”.

Non solo, ma anche di critica costruttiva e di proposte operative, al più completo servizio dei lettori delle comunità amministrate, degli elettori e dei nostri riferimenti politici ai vari livelli istituzionali: Gero Grassi e Pinuccio Colasanto nel Consiglio comunale di Terlizzi, Giuseppe Colasanto e Vito Mariella nel Consiglio regionale, Enzo Sorice e Renato Dell’Andro nella Camera dei deputati ed ai tanti amici della Sinistra morotea, che nei diversi consessi di partito erano chiamati a sopportare il peso delle decisioni politiche ed a promuovere quello sviluppo economico e sociale da tutti promesso nelle diverse campagne elettorali del Partito.

Questo nostro responsabile comportamento aveva il solo scopo di sottolineare l’inderogabile esigenza di dare anima e slancio alla “strategia dell’attenzione” e alla “strategia del confronto” in termini concreti e non già puramente verbali, nel solco del vivido messaggio lasciatoci dall’on. Aldo Moro, che così si esprimeva: “Valere per il servizio reso e non per lo sviluppo di favori o clientele, deve essere la nostra ambizione. Che si cessi dal contare per il mucchietto di voti controllati, è un’esortazione così comune che io non desidero soffermatici più che un momento. Ma certo è l’ora che la D.C. non si affidi per niente all’avvilente pratica del tesseramento di comodo, ma alla impegnata adesione degli uomini, che sia veramente aperta a tutti e da tutti liberamente vissuta la militanza di partito”.


Hai fatto riferimento al messaggio di Aldo Moro. Cosa resta oggi del monoteismo?

In un editoriale del febbraio ’89 intitolato proprio così lamentavo l’assenza di quel grande statista pugliese tanto amico e vicino alla gente di Terlizzi, che lo ha sempre accolto con enorme entusiasmo. Un uomo che il 23 settembre 2008 avrebbe compiuto 92 anni, che ha lasciato una grande eredità non raccolta, purtroppo, da nessun politico d’oggi.

Con il Centro Studi “A. Moro”, costituitosi all’indomani della sua barbara uccisione avvenuta il 9 maggio 1978, dopo essere stato 55 giorni prigioniero delle Brigate Rosse, continuiamo a ricordarne la figura umana e politica di grande statista, anche attraverso la presentazione di libri. In particolare, desidero ricordare la presentazione del libro di Giuseppe Giacovazzo “Moro 25 anni dopo – Misteri” avvenuta il 7 aprile 2004 nella biblioteca comunale e quella del libro della figlia Agnese intitolato “Un uomo così”, avvenuta il 30 novembre 2005, in cui viene descritto il ritratto dell’uomo, del padre affettuoso, del nonno.

Ogni anno, mentre la maggior parte dei politici sono immersi nel pragmatismo, nel cerchio angusto della “governance”, del tirare a campare, noi continuiamo a ricordare i valori fondanti del suo pensiero, il rispetto della persona, la capacità di ascolto ed il dialogo come riconoscimento dell’altro, come pure il significato profondo delle lettere scritte dalla prigione brigatista, che ci inducono ancora a chiederci perché fu lasciato solo e abbandonato dai suoi amici democristiani.

Cosa ricordi di quella vicenda elettorale del maggio 1978 che coincise con l’uccisione del presidente della DC ad opera delle Brigate Rosse?

La notizia del ritrovamento in una renault rossa, in via Castani a Roma il giorno 9 maggio, pochi giorni prima delle elezioni per il rinnovo del nostro Consiglio comunale, e a distanza di sei mesi dall’ultimo suo comizio tenuto a Terlizzi l’8 novembre 1977, procurò in tutti noi un’emozione sconvolgente. La sede della sezione D.C., in Piazza Pappagallo, si riempì subito di tanta gente. Fu subito programmata una messa serale in suffragio nella Cattedrale. Ricordo l’immenso corteo che si formò per raggiungere la chiesa, ma anche lo scontro con i giovani comunisti che volevano partecipare ufficialmente all’iniziativa innalzando le loro bandiere rosse. Ci opponemmo energicamente per evitare strumentalizzazioni politiche.


A distanza di trent’anni dalla sua scomparsa qual è il messaggio più significativo che ritieni abbia lasciato ai suoi successori?

Con il suo esempio – scrivevo in un articolo intitolato “Nel solco cristiano e moroteo” e pubblicato sul numero di dicembre ’88 - Moro ha saputo proporre una nuova immagine di politico: non attaccato al potere, non rigido burocrate, ma uomo tra gli uomini, con le stesse ansie, le stesse gioie, gli stessi dolori. Fu l’uomo politico che più di ogni altro aveva trasformato il potere in servizio, con la parola e l’esempio. Sentiamo oggi come non mai la necessità di interrogarci, di scoprire il messaggio della sua testimonianza politica.

E con ciò denunciavo il modo antidemocratico, esclusivo, scorretto, abusivo, arrivistico, prepotente e personalistico di fare politica di gran parte della classe dirigente locale. Moro non rinunciò mai ad un suo pensiero, ma ebbe come merito quello di confrontarlo con il pensiero degli altri: è questo il senso che dette alle “correnti”.

Un confronto da perseguire ed intensificare con la piena consapevolezza di dover operare, in primo luogo, la ricomposizione morale, in unità d’intenti, fra tutti gli iscritti al Partito, senza più steccati ed emarginazioni.

Agli immancabili detrattori rispondevamo con le parole del nostro Maestro: “Si ama anche se si rimprovera, critica, corregge…Non c’è abbandono e sfiducia, ma convinzione, vigore ed amore nello sforzo di fare nell’autocritica e nella critica una D.C. rinnovata, più sensibile e più presente in questo momento di storia”.


Che cosa parla ancora di lui nella nostra città?

In un tempo in cui, soprattutto in politica, avanzano semplificazione e sgangheratezza, riprendere un discorso di Moro è salire sulle spalle di un gigante. Ricchezza del linguaggio, spessore culturale, ironia, sottigliezza, simmetria, lucidità sono i valori persi anche nel lessico del “Palazzo”. Quanti ricordi, tante cose a Terlizzi parlano di lui. Egli dette fiducia a noi giovani facendoci capire che la D.C. non era e non doveva essere solo il partito del Governo.

Il suo rapporto con Bari e Terlizzi andava al di là del pur lungimirante e generoso servizio di un politico alla terra e alla gente da cui traeva il mandato parlamentare. Questi erano i luoghi del ritorno, i luoghi dove ritrovare amicizie ed affetti di folle, i luoghi dove riflettere sulle esperienze concluse e da dove ripartire.

Il suo tornare tra di noi si legava, in genere, a manifestazioni pubbliche. Ma non erano neppure ritorni di carattere occasionale o di circostanza. Di circostanza, infatti, non erano i memorabili discorsi che in tali occasioni pronunciava.

Il suo tornare aveva, quindi, il senso umano e politico insieme, di un rituffarsi nella familiarità di valori, sentimenti e radici culturali e psicologiche, quasi a voler sottoporre a una verifica di autenticità quanto di volta in volta egli andava elaborando in analisi e disegni di linee strategiche.

Quello che abbiamo avuto il privilegio di conoscere e che ha segnato il nostro modo di vivere l’esperienza politica, infatti, è il Moro del coraggio e della lucidità, è il Moro che leggeva il segno dei tempi e che superava steccati e vecchie mentalità, facendo emergere nuove prospettive epocali: i nuovi bisogni, la contestazione giovanile, la questione comunista, il ruolo del movimento dei cattolici democratici e così via. “Più le masse popolari – egli diceva – avranno il senso dello Stato attraverso il loro inserimento, più la democrazia sarà forte e le tentazioni autoritarie saranno eluse”.

Questa visione rimarrà sempre la via maestra del suo impegno politico e, forse, proprio per essa pagherà con la propria vita. Ma era per questa visione che il popolo lo capiva e lo amava. Specialmente qui a Terlizzi. E per questo che noi terlizzesi non lo abbiamo dimenticato e, a trent’anni dalla sua morte, lo ritroviamo più che mai presente nel ricordo e nell’animo della gente.

Io non so cosa avrebbe detto oggi, dopo trent’anni, ma di una cosa sono certo e cioè che avrebbe richiamato i politici ai valori sanciti nella Costituzione repubblicana (che tra l’altro, lo vide tra i più impegnati redattori) e avrebbe continuato a proclamare l’unità degli uomini capaci di realizzarli senza divisioni ideologiche, correntistiche (o, peggio, settaristiche), richiamandoli al più profondo senso di responsabilità, che va dal conoscere i propri limiti e dal moderare le ambizioni fino alla necessità di prepararsi per assolvere compiti nei quali sono coinvolti gli interessi della comunità e delle persone.


Torniamo al giornale. In particolare, verso chi andavano le critiche tue e de “Il Confronto delle idee”?

Le nostre sollecitazioni erano rivolte principalmente verso i nostri amici democristiani non sempre dimostratisi capaci di gestire il consenso elettorale in modo unitario, efficace, intelligente.

Le domande su cui si poggiava la nostra azione di stimolo e di confronto, secondo la prestigiosa scuola giornalistica per una comunicazione corretta e completa erano le seguenti: Who?, How?, When?, Where?, Why? Chi?, Come, Quando?, Dove?, Perché?

A queste domande si aggiungeva il nostro pressante invito ai consiglieri comunali ed ai dirigenti del partito a rivedere i propri i comportamenti, le scelte effettuate, gli errori commessi per consentire non solo il recupero di uomini nuovi, di energie fresche, di mentalità più aperte e disponibili, meno logorate dal lungo esercizio del potere, ma anche per uscire dalla lunga crisi ideale, politica e umana nella quale versava non trovò, purtroppo immediato riscontro.

Ma ciò non c’impedì di continuare a formulare tra le tante proposte una che è ancora sempre attuale e che le sintetizza tutte: una politica democratica, rinnovata negli uomini, nelle idee e nei metodi. Anche oggi come non più “giovane moroteo” e insieme a quanti gli sono rimasti fedeli e sono fermamente decisi a continuare sulla strada da lui tracciata con tanta comprensione e tolleranza, mi auguro che a tale metodo nei partiti si giunga al più presto.


Quali erano i politici del tempo cui facevate riferimento e che arricchivano la pubblicazione del giornale con i loro interventi diretti?

Mi riferisco ai suoi più importanti rappresentanti pugliesi: gli onorevoli. Renato Dell’Andro ed Enzo Sorice, il sen. Vito Rosa, i consiglieri regionali Vito Mariella e Giuseppe Colasanto, che a distanza di pochi giorni dalla sua elezione a presidente della Giunta regionale pugliese pentapartitica (DC,PSI,PRI,PSDI,PLI), avvenuta il 23 novembre 1989, mi concesse l’onore e il piacere di intervistarlo nella sua nuova veste, volendo per il tramite del nostro neonato giornale certamente rendere omaggio alla città che gli aveva dato i natali e che da sempre era stata oggetto delle sue attenzioni di amministratore regionale sensibile e preparato.


Verso chi va, in modo particolare il tuo ricordo?

In particolare il ricordo, ma anche la mia personale riconoscenza va al caro amico on.Renato Dell’Andro, che mi onorò, tra l’altro, insieme al senatore Vito Rosa, di presenziare come da testimone alle mie nozze nell’aprile 1973. E’ per me impossibile dimenticare il docente universitario, il più volte deputato e sottosegretario, il giudice costituzionale, l’amico e interprete fedele di Aldo Moro, come pochi amato dagli amici di partito, osannato dai giovani, stimato dagli avversari, così caro al popolo democratico terlizzese, soprattutto a quello giovanile e studentesco, che dopo le altrettanto premature scomparse di Aldo Moro e Vito Rosa, ci fece sentire orfani per la terza volta.

Non posso non ricordare con nostalgia chi ha rappresentato un costante punto di riferimento per noi giovani “morotei”, per chi ha sempre considerato la politica come mezzo e mai come fine, il bene comune obiettivo primario, lo Stato come diritto, l’uomo, la persona, il cittadino come centri di valori inalienabili, il partito come strumento, la società come solidale unione di persone e non come somma di individui da assistere.

Ci mancava già quando fu eletto all’alta carica di Giudice costituzionale, che lo allontanò dalla politica attiva; continuò a mancarci quando non potemmo più seguirlo ai convegni, alle conferenze, ai dibattiti, nei quali, dopo aver ascoltato sempre tutti, interveniva trasformando ogni discorso in “lectio”, in insegnamento, in riflessione.

Non abbiamo più potuto rivedere quella figura dall’eleganza sobria, il signore gentile e cortese, il leader autorevole per scienza e moralità, la guida esperta ed avveduta, il professore di diritto, il maestro di vita e di politica, il politico e l’uomo di governo che caratterizzava il suo impegno in termini di riflessione, di ricerca, di disponibilità paziente e sistematica al dialogo, al confronto, alla comprensione delle opinioni differenziate, delle sensibilità diverse, perché tutte le energie potessero essere ricomposte in termini costruttivi ed unitari.

Questa sua concezione della politica e questo stile moroteo” lo rendevano di fatto estraneo ai giochi di potere fine a se stesso, all’attivismo dispersivo e senza prospettive, ad azioni di partito statiche e settarie. Era, dunque, un esempio non solo da apprezzare (come tanti hanno detto e scritto) ma anche da imitare (come pochi hanno fatto).

In tutti, resta, però, come presenza morale e culturale, specialmente per quei terlizzesi come Raffaele De Scisciolo, Giuseppe Grassi, Giovanni De Candia, Gero Grassi e il sottoscritto ai cui inviti non si sottrasse mai e che puntualmente, convintamene e ampiamente, insieme a tanti altri amici delle A.C.L.I., di Radio Terlizzi Stereo, del Centro Studi “A. Moro” e del “Il Confronto delle idee” gli tributammo affetto, simpatia e consensi. Per tutti questi motivi rivolgemmo all’Amministrazione comunale nel 1991 la domanda, che fu puntualmente pubblicata sul nostro giornale, affinché gli fosse intitolata una strada o un edificio. Siamo ancora in attesa di una risposta.


Hai fatto riferimento anche al presidente Giuseppe Colasanto, il primo terlizzese, seguito da Nichi Vendola alla guida della Giunta Regionale Pugliese. Quali ricordi hai di lui?

Questo grande nostro amico e sostenitore, ci lasciò dopo appena dieci mesi dalla dipartita del comune amico Renato Dell’Andro: il 13 agosto 1991. Con lui finì l’epoca dei “morotei” vissuti con Moro che hanno “dato” alla politica. Peppino Colasanto – così lo chiamavamo - prima che politico era uomo di scuola, di cui fu anche dirigente e ispettore. Il suo orientamento, i comportamenti e il modo d’intrattenere i rapporti con il prossimo e con tutti coloro che si riferivano a lui, per le esigenze più diverse, erano ispirati dalla sua profonda fede e rivelavano la correttezza profonda di un’educazione personale e politica esemplare. E anche quando fu Presidente della regione Puglia non dimenticò mai le sue origini di maestro elementare. La sua attenzione verso la scuola fu continua.

Ricordare e documentare una vita spesa al servizio della propria terra può avere toni non adeguati alla realtà e ispirati ad emozioni contingenti, quando ci si deve riferire a vicende e persone vicine nel tempo e nell’amicizia.

La sua disponibilità verso tutti e per qualunque iniziativa creò intorno a lui un alone di simpatia che gli procurò una larga cerchia di amici, che furono il suo punto di forza per il suo esordio in politica e che non venne meno neanche l’ultimo giorno di vita, perché con il male che lo distruggeva – come ci riferiva suo nipote Gero Grassi, era lì, al telefono, per interessarsi di ogni cosa e per prestarsi a risolvere disparati problemi e, in particolare, quelli della povera gente, ritenuti da altri modesti e di scarsa forza elettoralistica, ma pur legati alle esigenze del quotidiano.

Se è vero che la politica è diventata oggi un affare per i più, legata ad intrallazzi, a compromessi e a macroscopici interessi privati, allora potremmo trovare anche la chiave di lettura dell’amara sconfitta subita dal Colavano alle elezioni regionali del 1990 e la sua grande dignità nell’accettare in silenzio la sottile e subdola congiura contro chi, come lui, a mio parere, era divenuto un personaggio scomodo di riferimento e rappresentava un pericolo di rottura per l’instaurato sistema delle lobbies correntizie, legate al mondo degli affari, prive di scrupoli e operanti attraverso clientele elettoralistiche.No ritengo di esagerare se affermo che si attaglia perfettamente a Peppino Colasanto l’espressione oraziana “Non omnis moriar; echegi momentum aere perennius…”.


Quali altri personaggi meritano, secondo te, di essere ricordati dalla comunità terlizzese?

Quello che è accaduto nel cuore del Novecento va continuamente rielaborato perché non è stato cancellato dal futuro. Appartiene alla storia del passato, ma l’oblio, la dimenticanza, le amnesie sono un crimine che non possiamo permetterci, perché, se dimentichiamo rischiamo di riprodurre esattamente una storia cattiva, di poter fare strazio di uomini giusti e di vite essenziali.

Come la vita buona di don Pietro Pappagallo (1984-1944), di un uomo che è riuscito a significarci che libertà e solidarietà sono le due gambe su cui cammina l’umanità. Tutti sanno, infatti, che la casa del sacerdote terlizzese, una delle 335 vittime dell’eccidio del 24 marzo 1944 delle Fosse Ardeatine, a cui fu offerta la possibilità di salvarsi e la rifiutò, a Roma fu porto di arrivo, di ospitalità, di amore, di comprensione, di umanità per tutti coloro che lì vi si recavano.

La vicenda di Don Pietro, dunque, traccia il carattere dei terlizzesi, fatto di modestia e di generosità, di quotidiane rinunce e piccole ritirate, ma anche di slanci fraterni. E propone un modello di eroismo sgranato in mille aiuti quotidiani; un modello di santità costruita sul sacrificio quotidiano, fino a quello della propria vita. Un eroismo ed una santità benedetta dalla mansuetudine, elevata a carattere nazionale e popolare.

Accanto al sacerdote va sempre ricordato il partigiano prof. Gioacchino Gesmundo (1908 – 1944), il giovane docente di storia e filosofia in un liceo romano, un fecondo intellettuale che fu anche apprezzato educatore, trucidato, anch’egli, in seguito all’attentato di Via Rasella, insignito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, il 15 agosto 1949, della Medaglia d’oro al valore militare e partigiano. Molto ci dice anche il fatto che nella sua stanza di studio, dove egli insegnò a tanti giovani i principi del suo Comunismo, fossero su due pareti un Crocifisso e un ritratto di Giuseppe Mazzini. Anch’egli aveva palpitato per il bene, la Giustizia, aveva amato gli umili, i sofferenti, i derelitti. Anch’egli aveva sognato una Patria libera da ogni tirannide; un cuore generoso che aveva fin dalla prima gioventù sentita la santità del sacrificio liberamente accettato e trovava nelle lugubri Fosse ardeatine il coronamento del suo apostolato.


Ci risulta che, tra gli altri, hai anche proposto al Comune l’intitolazione di una via a tuo nonno, il dott. Vito De Leo. Ce lo vuoi presentare?

Il dott. Vito De Leo nacque a Terlizzi nel 1870 e morì nel 1953. Si laureò all’Università di Napoli nel 1896 e fu tra i primi e, per lungo tempo, l’unico medico-chirurgo cittadino. Esercitò con encomiabile dedizione e professionalità la sua professione medica per oltre 50 anni, ricevendo notevoli apprezzamenti e riconoscimenti dall’intera comunità cittadina che lo ebbe anche come amministratore.

Dalle autorità amministrative e politiche del tempo ricevette numerosi e prestigiosi incarichi, che assolse con grande spirito di servizio, in particolar modo verso le persone più bisognose. Il suo ricordo resta ancora molto vivo presso i concittadini di una certa età, che ne decantano le doti umane e professionali e la grande disponibilità al servizio della città e dei pazienti.

L’auspicio è che il suo esempio di uomo probo, colto e instancabile professionista sia opportunamente riconosciuto e onorevolmente ricordato con l’intestazione di una strada o di un edificio cittadino.


E per i tempi più recenti chi pensi meriti di essere ricordato?

Innanzitutto il “Vescovo della strada” come amava definirsi il nostro amato Don Tonino Bello, che è bene precisare, nessuno può vantare l’esclusiva di una figura così rilevante e non è neanche riferibile soltanto alla nostra realtà territoriale. Ha però intrattenuto rapporti particolari, significativi e indelebili con la gente e con le comunità ecclesiali e civili affidate alla sua cura pastorale.Da questa reciprocità nasce la congiunzione con la nostra Terlizzi, che non è stata ancora adeguatamente indagata, se non a livello prettamente aneddotico, nonostante gli studi, le ricerche e le pubblicazioni, in particolare “Don Tonino e Terlizzi”, di Renato Brucoli, che fu al suo fianco, fino alla sua immatura e dolorosissima scomparsa avvenuta il 20 aprile 1993.

Don Tonino - lo ricordo ai più giovani – fu eletto vescovo della diocesi di Molfetta – Giovinazzo – Terlizzi- Ruvo da papa Giovanni Paolo II° il 10 agosto 1982, all’età di 47 anni, succedendo a mons. Aldo Garzia. Il suo motto episcopale fu sempre: “”Ascoltino gli umili e si rallegrino”. Ricordo ancora con emozione il suo primissimo messaggio indirizzato alla diocesi e pubblicato sul settimanale diocesano di Molfetta “Luce & Vita”: “Ancora non conosco i vostri volti, però stringo egualmente la mano di tutti, non solo di voi credenti, ma anche di coloro che, pur non condividendo le nostre stesse speranze cristiane, sperimentano come noi la durezza della strada e s’impegnano perché la loro vita e quella degli altri sia più degna dell’uomo”.

Campione del dialogo e costruttore infaticabile di pace, venne chiamato dalla Conferenza Episcopale Italiana a presiedere la sezione italiana del movimento internazionale “Pax Cristi”. In questa veste gira il mondo, proclamando la Parola di Dio e compiendo gesti di riconciliazione, come la marcia verso Serajevo e l’ingresso nella città bosniaca in piena guerra, dove profetizza la nascita di ”un’ONU dei popoli”, capace di affiancare quella degli stati, e l’efficace azione di smilitarizzazione della Puglia nel rispetto della sua vocazione di “arca di pace” piuttosto che “arca di guerra” proteso verso l’Oriente e i Sud del mondo.

Ma numerose sono state anche le iniziative da lui tese a valorizzare il ruolo di Terlizzi: tra l’altro, affidò incarichi importanti a terlizzesi, laici e presbiteri, istituì nel 1984 la comunità di recupero per tossicodipendenti “CASA” e nel 1987 la Caritas cittadina impegnata nel sostegno alle famiglie disagiate, collaborò con testate locali d’informazione religiosa come “Luce e vita”, fece sentire la sua presenza a Terlizzi, non soltanto in occasione delle festività religiose e patronali, avvertendo la necessità di una scossa alla religiosità locale ancora ferma su posizioni bigotte e bisognosa davvero di un vescovo fra la gente e della gente, diffondendo la sua efficace idea della “Chiesa del grembiule” vicina e concretamente impegnata nel sostegno a chi soffre.

Nell’evolversi di questo rapporto esclusivo, Don Tonino ha gratificato Terlizzi e la sua gente al pari di ogni altra comunità. E’ entrato nelle case e nelle storie familiari; ha celebrato la speranza cristiana nei luoghi sacri come nei bassi di cui la città è disseminata. Non si contano le persone, i gruppi e le comunità che oggi si ispirano al suo messaggio, così come le scuole, le strade, le piazze, i centri di accoglienza, le realtà associative e i movimenti che s’intitolano al suo nome. Memorabili sono gli incontri avuti più volte nella sede delle ACLI, in uno dei quali, in particolare, il 3 novembre 1988, ribadì una toccante riflessione svolta nell’incontro di spiritualità per gli Operatori della politica, tenutosi a Molfetta il 22 dicembre 1985.

La politica – disse – è innanzitutto arte. Il che significa che chi la pratica deve essere un artista. Un uomo di genio. Una persona di fantasia. Disposta sempre meno alle costruzioni della logica di partito e sempre più all’invenzione creativa che gli viene chiesta dalla irripetibilità della persona. La politica è, poi, arte nobile. Nobile perché legata al mistico rigore di alte idealità. Nobile perché emergente di incoercibili esigenze di progresso, di pace, di libertà. Nobile, perché ha come fine il riconoscimento della dignità della persona umana, nella sua dimensione individuale e comunitaria. La politica è, infine, arte nobile e difficile. Difficile perché le sue regole non sono assolute e imperiture. Sicché, proprio per evitare i rischi dell’ideologia, vanno rimesse continuamente in discussione. Difficile, perché esige il saper vivere nella conflittualità dei partiti, contemperando il rispetto e la lotta, l’accoglimento e il rifiuto, la convergenza e la divaricazione. Difficile, perché richiede, nei credenti in modo particolare, la presa di coscienza dell’autonomia della politica da ogni ipoteca confessionale, e il riconoscimento della sua laicità e della sua mondanità. Difficile, perché significa affermare, pur nell’ambito della comunità cristiana, un pluralismo di opzioni”.

Tutto si potrebbe, con sintesi mirabile, raccogliere attorno a tre parole, ormai famose, che don Tonino ci ha lasciato e che sono divenute tre piste certe e lucide per l’impegno della Chiesa nella politica e l’impegno di ogni politico nel mondo. Quelle tre parole sono: annunciare, denunciare, rinunciare. Tre gesti che diventano uno stesso stile, tre modalità di essere e di vivere il Vangelo, proprio dentro il vissuto di ogni giorno, fatto di un annuncio leale e chiaro, di una denuncia chiara e profetica, di una testimonianza coerente ed eroica, che parte dallo stesso cuore e stile di vita di chi è chiamato ad annunciare e a denunciare.

Muore a soli 57 anni dopo aver vissuto la sua malattia con fede eroica. Ha fatto storia, ma anche comunicazione attraverso la pubblicazione di numerose opere. La sua figura è gigantesca e proiettata nel futuro. Testimone della Fede, profeta della Speranza, costruttore infaticabile della Carità, trasforma il palazzo vescovile in una casa aperta a tutti i fratelli bisognosi in un mistico clima di convivialità. Costituisce l’incarnazione di un’esperienza moderna di santità: per la Chiesa istituzionale, che ne sta valutando la beatificazione e per la gente, già conseguita con l’esemplarità della vita e delle opere.

E dal punto di vista politico, amministrativo e civile?

Per i tempi più recenti, penso di interpretare il pensiero di molti concittadini richiamando alla memoria, soprattutto dei più giovani, le figure del prof. Antonio La Tegola, dell’avv. Nino Giangregorio, dell’ins. Salvatore De Chirico, i quali, a loro modo, in periodi diversi, hanno contribuito in modo responsabile e attivo al progresso del nostro paese e lo hanno saputo ben rappresentare nei diversi ruoli istituzionali ricoperti.

Il prof. Antonio La Tegola, docente nei licei, aderente all’Azione Cattolica e ai Comitati di Liberazione, perseguitato dal fascismo, tra i fondatori della Democrazia Cristiana prima e del Partito Nazionale Monarchico poi, protagonista incontrastato della vita politica terlizzese negli anni ’50, sindaco per due consigliature, candidato nella lista nella D.C nelle elezioni amministrative del 1972, risultò secondo degli eletti, contribuendo coi i suoi illuminati interventi in Consiglio comunale a dare sostegno all’azione amministrativa del sindaco Salvatore De Chirico.

Nella sua lunga esperienza politico-amministrativa seppe cogliere il passaggio da un’economia prettamente agricola ad un’economia industriale, che sfoderava con il suo eloquio razionale e roboante, non alieno da forme retoriche, tanto care alla folla acclamante nei suoi storici comizi, delle autentiche lezioni fondate su una cultura saldissima, nella quale si coglievano sempre i germi di una filosofia religiosa della vita, è sicuramente degno di essere ricordato dal sottoscritto, ma anche e soprattutto dalle istituzioni che ha sempre servito con onestà e competenza da tutti riconosciute.

Io che lo ebbi anche come docente non potrò mai dimenticare i suoi insegnamenti che andavano al di là della mera didattica letteraria e filosofica. Politica e cultura, la moralità politica, il potere come strumento per il soddisfacimento del bene comune e non come fine, la distinzione tra politica ed economia, la dignità della persona e della famiglia a fondamento della società e dello Stato: sono questi i temi sui quali c’intrattenevamo non solo dopo le lezioni, ma anche alla vigilia dei Consigli comunali che mi vedevano impegnato come capogruppo consiliare prima ed assessore poi.

Ricordare, pertanto, il prof. Antonio La Tegola con l’intitolazione di una strada è un ineludibile dovere etico dell’ Ente locale nei confronti di un protagonista assoluto e storicamente memorabile, che le nuove generazioni non possono non conoscere.

Per questo, nel 2003, nell’ambito del progetto di nuova toponomastica predisposto dall’allora assessore Gero Grassi, ne proposi l’intitolazione di una strada. Allora non fu possibile perché non erano ancora trascorsi – come prevede la legge - 10 anni. Oggi, insieme alla famiglia, di cui tra l’altro mi ritrovo a far parte, continuo a sperare nell’accoglimento della proposta da parte dell’Amministrazione comunale.

A seguire?

L’avv. Nino Giangregorio, eletto senatore nel 1983, dopo aver ricoperto per ben trentadue anni l’incarico di consigliere comunale, certamente merita, al di là della mia personale contrapposizione ideologica e partitica verso il M.S.I di allora che lo ebbe tra i fondatori e tra i più importanti rappresentanti, un sincero ricordo per la sua disponibilità, gentilezza, sempre pronto a ad offrire il suo contributo, dai banchi dell’opposizione in consiglio comunale, in modo particolare sulle mie relazioni che svolgevo come assessore alle finanze e al bilancio, sempre pronto a spiegare ai comunisti perché sbagliano e a colpire politicamente

gli errori dei democristiani, ma anche a suggerire interventi positivi e costruttivi che spesso trovavano benevola accoglienza da parte della maggioranza.

Infine, il tuo sindaco

A seguire, ma non ultimo, potrei citarne anche altri, l’ins. Salvatore De Chirico, sindaco della giunta di solidarietà nazionale, formatasi per la prima volta con l’appoggio del P.C.I. e di cui ebbi l’onore di far parte in qualità di assessore prima alla finanze, bilancio e programmazione e poi alla pubblica istruzione, cultura, sport, turismo e personale. Fu, dopo quella di capogruppo consiliare della D.C., un’esperienza indimenticabile in quanto fu, allo stesso tempo, esaltante e frustrante..

Esaltante e gratificante per le innumerevoli realizzazioni effettuate grazie alla sagacia, alla perseveranza e all’apertura politico – amministrativa del capo dell’Amministrazione, al quale va ascritto il merito storico di aver fatto conquistare alla D.C., per la prima ed unica volta, nelle elezioni amministrative successive del 28 maggio 2008, ben 13 consiglieri comunali su trenta, tra i quali – è bene ricordare – l’amico Gero Grassi risultò primo degli eletti.

Frustrante e deludente perché il mio impegno a sovvertire un certo modo di fare politica e amministrazione, che vedeva, tra l’altro, la finanza locale in soli termini contabili e clientelari e mai “partecipata”, fu osteggiato dai tanti avversari politici interni ed esterni che non condividevano un metodo siffatto.


Perché nel 1978, dopo tanto lavoro, non venisti eletto?

Proprio perché ero troppo impegnato a svolgere con la massima responsabilità e trasparenza un compito delicato e difficile nello stesso tempo, senza mai preoccuparmi delle conseguenze elettorali dei miei provvedimenti amministrativi, dovetti pagare il prezzo della non elezione. Evidentemente, il mio modo di fare politica che contestava certe mentalità, certe procedure non sempre trasparenti o legittime e scardinava certi meccanismi clientelari dette fastidio a chi da quel sistema traeva beneficio. La stessa cosa avvenne per l’amico Lelluccio De Scisciolo, sindaco prima di Salvatore De Chirico e, vedi caso, moroteo come me.


Torniamo all’attualità. Parliamo ora di politica. E’ cambiato qualcosa da allora? Registri un’evoluzione o un’involuzione?

La politica è stata sequestrata e privatizzata: o ci sono i grandi interessi che scelgono i loro rappresentanti, o ci sono i partiti che privatizzano la politica non avendo la vitalità di una volta. Adesso è arrivato il momento di costruire un tessuto di confronto, perché una discussione ora emerge. Basta assistere ai Consigli comunali per rendersi conto che sempre più frequenti sono i comportamenti che prediligono la quantità delle parole alla qualità degli interventi oratori. Una vera e propria mania esibizionistica che confina con la logorrea. Così accade che per varare un solo provvedimento, anche di scarsa rilevanza politica ed economica, a volte si spreca il tempo di una seduta consiliare per l’accavallarsi dei vari “distinguo” pro o contro.

Questo avviene anche perché la formazione delle liste, in genere, avviene senza fornire risposte adeguate alle domande che in un articolo pubblicato sul numero di marzo 1989, alla vigilia della competizione elettorale amministrativa ponevo: “La DC locale crede nel clientelismo o nel libero consenso?; Privilegia i gruppi consolidati di potere o le realtà emergenti?; Crede autenticamente nel rinnovamento o fa di esso un mero espediente linguistico?; Ha più fiducia negli uomini culturalmente e ideologicamente attenti o in quelli essenzialmente pragmatici?


Che ci sia a Terlizzi questa voglia di riscatto e di partecipazione è innegabile, ma come è possibile concretizzarla?

Sia attraverso i periodici locali, i siti web, i blog, i forum, le consulte delle associazioni, i notiziari dei quotidiani, sia attraverso le organizzazioni politiche, sindacali e le istituzioni, culturali e scolastiche.

Per quanto mi riguarda, unitamente ai tanti amici che si sono raccolti nei diversi movimenti che ho contribuito a far nascere e nei diversi ruoli istituzionali ricoperti, mai abbiamo mancato di far sentire la nostra voce con documenti, articoli, incontri e proposte, che abbiamo raccolto in una copiosa rassegna stampa e sul blog “http://comunepartecipato.blogspot.com/”. Con queste note ed interventi abbiamo espresso costantemente la sempre attuale esigenza di ricostruire uno spazio pubblico in cui rappresentare il bisogno di partecipazione emergente in diversi settori della comunità cittadina.


Il mondo associativo, che hai avuto modo di rappresentare per molti anni nella tua qualità di presidente della Consulta delle Associazioni, in quale misura ha inciso nel processo di crescita democratica della città?

Costruire uno spazio pubblico di discussione è un atto politico complesso e non facile a causa della pluralità, della trasversalità e, in alcuni casi, anche dell’autorerenzialità di alcuni organismi, più propensi al collateralismo con i detentori del potere, che all’autonomia delle scelte. Non si finge di non essere in politica.

La mia idea è stata sempre quella per cui non si tratta di sostituire la società civile ai partiti, ma di trovare una sede di discussione democratica in cui le istituzioni, l’amministrazione comunale e tutti i partiti si misurino e si sottopongano al giudizio costante dei cittadini. Abbiamo bisogno tutti di un momento di scambio, di cercare dentro le diverse sensibilità uno scenario positivo e propositivo, insomma un progetto da proporre.

Non sempre, purtroppo, le nostre ricorrenti richieste di essere ascoltati hanno trovato dai diversi amministratori alternatisi nel corso degli anni interlocutori attenti.


Quali sono state le proposte più significative da voi avanzate e che non hanno trovato riscontro da parte dei rappresentanti politici ed amministrativi?

Il nostro scopo è sempre stato quello di deprivatizzare la politica, senza occhi di riguardo per singoli partiti. Non avrebbe avuto senso una doppiezza in tale direzione. Non abbiamo mai avuto riserve mentali o pregiudizi ideologici. Siamo stati sempre aperti alla discussione con tutti ed in modo costruttivo e propositivo.

Personalmente resto ancora convinto, e continuo a ripeterlo nei miei articoli e nei consessi sociali e politici che mi offrono l’opportunità di parlare, che la politica deve partire dai valori per organizzare e rispondere alle speranze della gente. Politica non degenerata fatta da uomini e da partiti che fanno della solidarietà la ragion d’essere del proprio impegno concreto, efficace, partecipato. Politica che significhi non solo decidere, ma anche distribuire secondo i bisogni. E’ falsa la pretesa di ridurre la politica ad una pura organizzazione di funzioni burocratiche indifferenti a qualunque etica. Capire e interpretare, in modo razionale e non emotivo, il vero rapporto che c’è tra i cittadini e i partiti, tra i cittadini e le istituzioni è l’impegno che ieri come oggi continua a contraddistinguerci.


Su quali temi in particolare?

Per anni abbiamo insistito, con dibattiti, documenti, lettere, articoli sulla necessità di revisionare, adeguare e regolamentare gli istituti di partecipazione previsti dallo Statuto comunale, di eleggere il Difensore Civico, di promuovere la costituzione del Consiglio Comunale dei Ragazzi, del Forum dei Giovani, della Consulta degli Immigrati, della Consulta per le Pari Opportunità, della Consulta per l’Ambiente, di convocare un Consiglio comunale monotematico aperto al contributo dei ragazzi e dei giovani, di realizzare la Direttiva O.N.U. con la nomina del sindaco a Difensore civico dell’infanzia, di commissionare un’indagine conoscitiva sul fenomeno droga a Terlizzi, di istituire una commissione consiliare per la parità e le pari opportunità delle donne, di coordinare le politiche culturali, scolastiche e sociali con il mondo del volontariato e dell’associazionismo, di fare una politica di bilancio partecipata e più attenta alle esigenze dei giovani, di coinvolgere maggiormente le forze sociali, sindacali e politiche nei processi decisionali attivati per lo sviluppo socio – economico della città, di rendere l’informazione sull’attività amministrativa più puntuale e più ricca, non solo attraverso il bollettino “In Città”, che dovrebbe diventare un mensile, ma anche con incontri periodici aperti a tutta la cittadinanza.

L’ottica, insomma, è sempre stata quella di trasformare, se possibile, una serie di problemi per fare in modo che la discussione superasse il momento della critica e andasse oltre, configurando la struttura costituente di uno sviluppo partecipativo possibile.


Nello scenario politico attuale, che vede riconfermata l’amministrazione di centro-sinistra guidata dal sindaco Vincenzo Di Tria e dal neo partito di maggioranza relativa del Partito Democratico, quali domande rivolgeresti ai dirigenti politici ed agli amministratori comunali?

Quale PD deve proporsi all’elettorato nelle prossime competizioni provinciali, regionali ed europee? Quale PD deve venire fuori dalla campagna di tesseramento in corso? Quale PD deve sostenere l’Amministrazione comunale? Quale ruolo devono avere le”correnti” interne? Quale metodo deve essere usato per la scelta delle candidature ai diversi livelli istituzionali? Quali strumenti verranno adottati per favorire la massima partecipazione possibile, soprattutto dei giovani e delle donne? In quale modo saranno garantite le condizioni di agibilità politica, democratica ed interpersonale, nonché di rispetto dei ruoli, delle funzioni e dei compiti assegnati e concordati in sede di formazione del Coordinamento del Circolo e della Giunta comunale? Che cosa si farà nell’immediato per cambiare veramente il modo di fare politica e amministrazione, ossia coniugare l’autonomia della società civile, della cittadinanza sociale, della riqualificazione dell’amministrazione pubblica con il rilancio degli organi statutari, che portano a ripensare tutta l’identità del partito e a rifondare la sua cultura politica?

Sarà possibile, insomma, recuperare l’idea sturziana di “partito municipale”? L’idea, cioè, di forme della di rappresentanza della società civile, espressione di un problema reale, discusso con la gente, rispondente ai bisogni del territorio, tanto da riuscire a fare del partito un vero e proprio laboratorio per il rilancio e lo sviluppo della democrazia nella nostra città?

Ed agli amministratori comunali?

Non devo fare altro che ripetere quello che dico da quando cessai la mia esperienza di amministratore comunale trent’anni fa. In sintesi, si tratta di armonizzare metodi, contenuti e obiettivi attraverso una corretta analisi della situazione.

Innanzitutto va perseguita una maggiore qualità dell’azione amministrativa: 1) trasparenza delle procedure, dei bilanci e delle delibere attraverso un’informazione sistematica e puntuale attraverso i più svariati organi d’informazione; 2) fruizione dei diritti attraverso forme di difesa civica e di patrocinio sociale (Difensore civico, pari opportunità, Piano Sociale di zona); 3) promozione della partecipazione popolare attraverso comitati, consulte tematiche, consulte delle associazioni; Promozione del privato sociale in forme di gestione sociale e i convenzione dei servizi.

Per quanto riguarda le politiche sociali, queste vanno orientate sempre più 1) verso la lotta contro l’emarginazione, centrata su strategie di prevenzione, di accoglienza, di inserimento sociale, qualificata per prodotti-obiettivo sulla base delle diverse aree di intervento: tossicodipendenti, minori disadattati, immigrati extracomunitari, anziani soli e lungodegenti; 2) verso una politica dell’abitare e della qualità della vita, che rilanci una programmazione urbanistica qualificata sul nuovo Piano Urbanistico Generale, sul completo risanamento del Centro storico, sul recupero delle periferie e delle zone 167, su nuovi programmi di edilizia popolare, su progetti di promozione della cultura, dello sport e del tempo libero.

Relativamente alla politica locale di sviluppo; 1) occorre una politica del territorio incentrata sul risanamento ambientale, sulla ulteriore valorizzazione della vocazione produttiva (agricoltura, floricoltura e artigianato) e del mercato locale, sostenuta attraverso una politica delle infrastrutture e dei servizi; 2) bisogna, infine, realizzare una politica del lavoro che dia priorità alla promozione di un’imprenditorialità fondata sul lavoro associato e sulla piccola impresa, anche cooperativa.


Ci sono altri fini dietro queste continue sollecitazioni ?

Posso assicurare che dietro non c’è alcun altro scopo, se non quello della rinascita della vita culturale e politica della città.. Il nemico più forte resta l’individualismo, che frena la rinascita.

Il fatto che oggi sulla scena politica sta emergendo un nuovo partito, deideologizzato, pragmatico, movimentista, può modificare non solo i termini del confronto ma la qualità stessa della politica. Un esempio l’abbiamo avuto con la grande manifestazione tenutasi a Roma il 25 ottobre scorso che mi ha avuto convinto ed entusiasta partecipante e che ha dimostrato che la piazza è tornata a contare, come d’altronde, stanno dimostrando tutti coloro che continuano a protestare contro il decreto Gelmini sulla Scuola.


Ma ora contro quest’individualismo qualcosa si muove…

Certo. Noi ci muoviamo per campagne. Non siamo un soggetto politico e, perciò, discutendo riusciamo a superare le differenze su singoli oggetti. Non ci siamo mai limitati a segnalare le urgenze e le necessità della nostra comunità o a fare una sterile e qualunquistica critica ai responsabili amministrativi. Sui vari problemi relativi al bilancio comunale, all’attuazione dello Statuto, al coinvolgimento dei giovani nelle scelte che li riguardano, alla rinascita culturale, alla valorizzazione del patrimonio ambientale, al recupero delle periferie, al potenziamento dell’informazione amministrativa, all’educazione alla legalità, ai diritti di cittadinanza, alle pari opportunità, alle politiche sociali e scolastiche, alla costruzione, insomma, di una città sempre più a misura dei suoi cittadini, abbiamo sempre – con spirito costruttivo – avanzato proposte concrete e senza eccessivi oneri per le casse comunali.


Con quali risultati?

Purtroppo, molto scarsi, almeno sul piano della consultazione e della partecipazione alle scelte di fondo, come previsto dallo Statuto comunale, in larga parte disatteso dalla Civica amministrazione.

Di là dall’invito ad assistere alle diverse cerimonie e manifestazioni pubbliche, mai – ripeto - mai partiti, consiglieri comunali, amministratori hanno avvertito il bisogno di consultarci di coinvolgerci e di metterci a disposizione una sede per discutere i problemi d’interesse collettivo. Soltanto in occasione della predisposizione della bozza di bilancio previsionale siamo stati invitati, ma solo per ascoltare la relazione di accompagnamento dell’assessore alle finanze, senza alcun documento di sorta e, quindi, di possibilità d’intervento su singole voci. L’unico mezzo a nostra disposizione che abbiamo attualmente è la carta stampata e i portali web, attraverso i quali senza inutili polemiche continuiamo ad avanzare proposte.


Possiamo definirvi un laboratorio di riflessione sulla rinascita, un laboratorio aperto, che raccoglie forze positive per individuare una via alla soluzione dei problemi?

Possiamo essere considerati dei modesti operatori per la rinascita della cittadinanza attiva, formata da uomini e donne con opinioni politiche diverse, ma accomunati dalla convinzione che a Terlizzi sia necessario promuovere un contesto che esalti la creatività e le libertà individuali, ma includendo i cittadini e a tutti garantendo diritti e tutela. Puntiamo, in sintesi, a far vivere un’altra idea di politica, come esercizio della cittadinanza, come spazio pubblico.

Mi auguro che alla Consulta delle Associazioni si iscrivano un sempre maggior numero di organismi, decisi a collaborare con il nuovo Coordinamento che si andrà ad eleggere prossimamente ed a continuare a far sentire la propria voce nei termini propositivi e costruttivi che hanno caratterizzato gli interventi dei predecessori.

Un punto fondamentale resta quello della selezione dei quadri dirigenti dei partiti, degli amministratori locali, provinciali, regionali e degli stessi parlamentari nazionali ed europei. Senza una riforma dei meccanismi interni ai partiti e senza una riforma dei meccanismi elettorali sarà difficile cambiare l’attuale realtà che vede emergere, quasi fatalmente, un personale troppo dipendente dalla “pratica politica” quotidiana, insufficientemente preparato e troppo legato ai gruppi e alle risorse economiche che li sostengono. “Questo Paese non si salverà, la grande stagione dei diritti risulterà effimera, se non nascerà un nuovo senso del dovere”. (Aldo Moro)


Ma queste cose non le dicevi anche negli editoriali di vent’anni fa?

Credo che sia giunta l’ora di “Iniziare la fase costituente” così come infatti titolavo e chiedevo nell’editoriale pubblicato nel numero di agosto 1990. A distanza di 18 anni mi ritrovo ad insistere ancora sulle stesse proposte: l’applicazione per intero dell’art.6 legge di riforma delle Autonomie locali, la n. 142/’90, a partire dalla revisione dello Statuto comunale che attende ancora di vedere regolamentati e realizzati quasi tutti gli istituti di partecipazione: difensore civico, referendum, criteri per le nomine, ecc.

Ma bisogna dare anche un “taglio” nuovo alla vita dei partiti e del Comune. Come? Verificando continuamente il tipo di politica che s’intende attuare ed operando conseguentemente delle scelte politiche omogenee, idonee a raggiungere quei traguardi auspicati dagli operatori di ogni settore dell’attivismo civico.

Tutti dobbiamo essere veramente convinti che soltanto dall’apporto responsabile di ogni forza polita e sociale Terlizzi potrà ritrovare nuovi sbocchi al suo progresso e spinte efficaci per un’indilazionabile edificazione politica e culturale, che deve vedere in prima fila i suoi massimi rappresentanti istituzionali: il sindaco Vincenzo Di Tria, il presidente della Regione Nichi Vendola e l’on.le Gero Grassi .

Con un’adesione tanto solidale e pienamente partecipe, tutti insieme, ciascuno per la propria parte di responsabilità, potremo accompagnare la nostra città verso traguardi di progresso e serenità operosa, in clima di democrazia sincera e di genuina libertà.


Come potrebbe essere articolato questo programma di “cittadinanza attiva”?

A rischio di ripetermi penso che si dovrebbe procedere in queste tre direzioni, che potrebbero diventare anche la base di un vero e proprio corso di formazione civica: 1) Una comunità che educa alla cittadinanza: abitare la città; 2) Una comunità che educa alla responsabilità; 3) Una comunità che educa alla solidarietà. Questo vuol essere semplicemente un invito alla fiducia, una fiducia che deve basarsi su un impegno per invertire la marcia e per avviare un circolo virtuoso.

Quello che chiedo ora ai cittadini è di essere più attenti alla situazione sociale che sta diventando sempre più critica anche alla luce della grave depressione economica nazionale, ad un corretto e costruttivo rapporto con le istituzioni, oltre che a vivere una democrazia più autentica e perciò più attenta verso chi non ne beneficia come dovrebbe.

Un impegno che deve basarsi su tre direttrici. La prima: l’attenzione al territorio. La seconda: orientarsi nella politica attraverso una corretta informazione e senza lasciarsi strumentalizzare. La terza: esercitare la cittadinanza. In sintesi, dunque, chiedo a tutti di avere “discernimento”,vale a dire un pensiero critico che faccia capire con chiarezza come agire in modo da avere una città vivibile.

Per tutto questo dobbiamo rifiutare le tentazioni della passività, dell’individualismo dell’impazienza superficiale e del qualunquismo grillesco. Dobbiamo impegnarci tutti, al contrario, a ricreare il gusto della vita cittadina. Confermo la mia convinzione che la città può (ri)diventare dei cittadini se questi, compresi coloro che governano ed amministrano, riprendono a percorrere le strade dell’impegno e dell’appartenenza, lasciandosi alle spalle i sentieri dell’indifferenza e dell’individualismo.


Che cosa pensi del documento programmatico dell’Amministrazione Di Tria approvato dal Consiglio comunale nella seduta del 30 ottobre scorso?

Prendo con piacere atto che alcune delle nostre proposte avanzate nel corso della precedente amministrazione sono diventate parte integrante del programma amministrativo attuale. Mi riferisco in particolare, all’”impegno a cambiare il rapporto tra la politica e la società terlizzese, oltre che a mutare i rapporti di convivenza nella politica”. Il riferimento specifico è a quei cittadini con idee e competenze da spendere: professionisti, uomini di cultura, ricercatori, artigiani, imprenditori, “che non sono profeti in patria ma che sarebbero in grado di proporre soluzioni, creare alleanze, generare ricchezza, mettersi a disposizione per la propria città. E’ per questo – continua il sindaco – che vogliamo lavorare ad un vero e proprio programma denominato “Terlizzi ha talento”, consistente in una serie di iniziative, concorsi di idee, attivazione di consulte specialistiche, sperimentazioni e progetti per coinvolgere attivamente uomini e donne, ragazzi e ragazze, di buona creatività e volontà al miglioramento del nostro paese”.


Dopo aver svolto per alcuni anni il ruolo prestigioso di presidente del Collegio Regionale dei Probi Viri de “La Margherita”, anche se sei diventato coratino di adozione, hai continuato ad offrire il tuo contributo di idee e di esperienza alla nascita del nuovo soggetto politico denominato Partito democratico. Secondo te, che sei ritenuto oltre che seguace anche studioso del pensiero di Moro, il Pd sarebbe nato senza Moro?

Il Pd non è estraneo ai disegni di Moro, che voleva rendere compiuta la democrazia in Italia coronando l’emancipazione del Partito comunista dall’Unione Sovietica. Quando venne votato il referendum sul divorzio, comprese, inoltre, che le condizioni sociali dei venticinque anni seguiti alla guerra erano irrimediabilmente mutate e che la D.C. avrebbe dovuto divenire altro da quella che era stata per continuare ad esistere. Alla situazione odierna, però, hanno portato forze storiche che non dipendono da lui. Forze che superano anche tangentopoli e vanno dalla caduta del muro di Berlino all’esaurimento della ragion d’essere, nel nostro continente, delle democrazie cristiane dato che avevano raggiunto i loro obiettivi: la messa al centro della persona, l’economia sociale di mercato e la nascita dell’Unione europea. Il Partito democratico, perciò, non nasce da Moro e non sono i suoi disegni politici a confluirvi, ma molti dei suoi insegnamenti: un filone culturale che lui ha creato e dal quale nasceranno i nuovi obiettivi che noi sapremo inventarci nel solco di quelli che lui ha saputo realizzare.

Consentimi un’ultima sua citazione che appare ancora di grande attualità “ Noi non vogliamo essere gli uomini del passato, ma quelli dell’avvenire: Il domani non appartiene ai conservatori ed ai tiranni: è degli innovatori attenti, seri, senza retorica. E quel domani nella società civile appartiene, anche per questo, largamente alla forza rivoluzionaria e salvatrice del cristianesimo. Lasciamo dunque che i morti seppelliscano i morti. Noi siamo diversi, noi vogliamo essere diversi dagli stanchi e rari sostenitori di un mondo ormai superato”.


Come vuoi concludere questa conversazione condotta sul filo dei ricordi, della realtà presente e della speranza per un futuro migliore?

Con il formulare innanzitutto i migliori auguri per questa ennesima vostra pubblicazione che, che come tutte quelle che portano la firma di Gero Grassi, avrà un successo scontato anche perché i loro contenuti , come i precedenti, arricchiranno sempre di più il patrimonio documentario e archivistico della nostra cara Terlizzi.

Come già fu per la precedente pubblicazione curata da Gero nel 1984, insieme a Felice Giangaspero, ed intitolata “Terlizzi racconta: avvenimenti descritti dai protagonisti”, nella quale venivo intervistato dai due autori sulla mia esperienza amministrativa e politica, anche questa volta ho avuto il privilegio di ricevere uno spazio nel quale ho potuto attraversare gli ultimi vent’anni della mia vita culturale, sociale e politica, non solo in termini autobiografici, quanto piuttosto in termini di riflessioni e proposte, ispirate sempre alla lezione di Aldo Moro, che ancora una volta mi permetto di citare: “Abbiamo tutti idee diverse, culture diverse, eppure siamo impegnati, ognuno a sua modo, ad escludere cose mediocri per fare spazio a quelle grandi. Ecco, io credo che la mediocrità sia il nostro grande avversario in questo momento, io credo che ci sia un mondo che ci porta tutto sommato ad amare la mediocrità, perché ci toglie l’idea che possiamo fare cose importanti”.

Attraverso il Centro Studi Politici “Aldo Moro” di Corato, il Centro Studi “Quarta Fase” di Terlizzi ed “Il Confronto delle idee” continueremo ad interpretare, divulgare e realizzare il pensiero e l’opera di Aldo Moro, il cui martirio, come la sua figura umana e politica, non potranno mai essere dimenticati. Facciamo nostro il suo messaggio: altre impegnative mete culturali, sociali e politiche, infatti, sono in programma. Se alla scomparsa dell’uomo siamo ormai rassegnati, non lo siamo alla scomparsa del “mare “ di ricordi, della “storia” della sua tragica vicenda politica, della verità del suo tragico “destino, come brillantemente hanno scritto nei loro originali e fantasiosi e bei romanzi i cari amici Paolo Vallarelli “Il mare, una storia, un destino”, e Gero Grassi “, Il ministro e la brigatista”.

Maria Teresa De Scisciolo